Sentenza n. 245/2001

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SENTENZA N.245

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai Signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Fernando SANTOSUOSSO 

- Massimo VARI         

- Riccardo CHIEPPA  

- Gustavo ZAGREBELSKY  

- Valerio ONIDA        

- Carlo MEZZANOTTE         

- Guido NEPPI MODONA    

- Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Annibale MARINI    

- Franco BILE 

- Giovanni Maria FLICK        

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della delibera della Camera dei deputati del 15 settembre 1998, relativa all'insindacabilità delle opinioni espresse dall'on. Vittorio Sgarbi nei confronti del dott. Giancarlo Caselli, promosso con ricorso del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Caltanissetta, notificato il 3 luglio 2000, depositato in cancelleria il 26 settembre 2000 ed iscritto al n. 43 del registro conflitti 2000.

  Visto l'atto di costituzione della Camera dei deputati;

  udito nella camera di consiglio del 4 aprile 2001 il Giudice relatore Franco Bile;

Ritenuto in fatto

1.- Nel corso di un procedimento penale a carico del deputato Vittorio Sgarbi, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Caltanissetta, con ricorso depositato l’8 febbraio 2000, ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati, in relazione alla deliberazione - adottata il 15 settembre 1998 - con la quale era stata approvata la proposta della Giunta per le autorizzazioni a procedere di dichiarare che i fatti, per i quali il dottor Giancarlo Caselli aveva presentato querela - in data 26 ottobre 1995 - nei riguardi del suddetto deputato, riguardavano opinioni espresse dal medesimo nell’esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione.

In ordine allo svolgimento della vicenda che ha provocato l’adozione del provvedimento impugnato, il ricorso espone che, con atto del 26 ottobre 1995, il dottor Giancarlo Caselli, all’epoca Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, aveva presentato querela per il reato di diffamazione aggravata, commesso con il mezzo della stampa, nei riguardi del deputato Sgarbi, il quale, in data 26 luglio 1995, come conduttore della trasmissione televisiva <<Fatti e misfatti>>, trasmessa dall’emittente televisiva <<Italia 1>>, aveva gravemente offeso la sua reputazione con la seguente affermazione: <<la situazione dei pentiti mette grande paura in uomini come .. e Caselli .., evidenzia la ridicolaggine della loro azione puramente politica e quindi criminale contro Andreotti .. loro in realtà andrebbero arrestati perchè hanno scambiato la lotta politica con una questione giudiziaria ... non é Andreotti che aggiusta i processi con Carnevale ma é Caselli che aggiusta i pentiti>>.

Instauratosi il procedimento a seguito della querela, nel corso della fase delle indagini preliminari, il deputato Sgarbi eccepiva l’applicabilità dell’art. 68, primo comma, Cost. ed il Giudice per le indagini preliminari sospendeva il procedimento, ai sensi dell’art. 2 del decreto-legge 6 settembre 1996, n. 466 (Disposizioni urgenti per l’attuazione dell’art. 68 della Costituzione), allora vigente, disponendo la trasmissione di copia degli atti alla Camera dei deputati, che adottava l’impugnata deliberazione, a seguito della quale il pubblico ministero formulava richiesta di archiviazione, mentre il querelante parte offesa si opponeva.

Il Giudice per le indagini preliminari - dopo avere rilevato l’inammissibilità dell’opposizione all’archiviazione, in quanto essa prospettava solo la richiesta di elevazione di conflitto fra poteri dello Stato - si é ritenuto legittimato a sollevare il conflitto quale organo competente a dichiarare, nell’ambito delle funzioni esercitate, la volontà del potere di appartenenza, ed ha sostenuto che la deliberazione della Camera inibirebbe l’esercizio delle sue funzioni giurisdizionali e lo costringerebbe a disporre la definitiva archiviazione del procedimento contro il deputato.

Secondo il ricorrente, la deliberazione della Camera sarebbe espressione di un’erronea valutazione dei presupposti di operatività della garanzia costituzionale del primo comma dell’art. 68 Cost. e di un uso non corretto del potere di decidere in ordine alla ricorrenza dei presupposti di applicabilità di tale norma, onde ne sarebbe conseguita una menomazione della sfera di attribuzioni dell’autorità giudiziaria.

2.- Il conflitto é stato dichiarato ammissibile con ordinanza n. 218 del 19 giugno 2000 di questa Corte.

L’autorità giudiziaria ricorrente ha provveduto a notificare alla Camera dei deputati il ricorso e l’ordinanza di ammissibilità in data 3 luglio 2000, osservando il termine indicato in quest’ultima. Ha, quindi, provveduto a depositare tali atti con la prova dell’avvenuta notifica, nella cancelleria della Corte costituzionale in data 26 settembre 2000.

3.- La Camera dei deputati si é tempestivamente costituita, svolgendo difese sul merito del conflitto e, successivamente, nell’imminenza della camera di consiglio, ha depositato - in data 21 marzo 2001 - memoria integrativa, nella quale ha eccepito l’improcedibilità del giudizio per il tardivo deposito del ricorso e dell’ordinanza dichiarativa di ammissibilità da parte del ricorrente.

Considerato in diritto

1.- E’ stato sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, da parte del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Caltanissetta, nei confronti della Camera dei deputati, in ordine alla deliberazione con cui la Camera ha ritenuto che le opinioni, per l’espressione delle quali il deputato Vittorio Sgarbi é sottoposto a procedimento penale a seguito di presentazione di querela per il delitto di diffamazione aggravata commesso con il mezzo della stampa, costituiscono esercizio delle funzioni di parlamentare e sono quindi insindacabili ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione. Secondo il giudice ricorrente, la deliberazione della Camera sarebbe viziata dall’erronea valutazione dei presupposti di operatività della garanzia costituzionale, rivelando un uso non corretto del potere di decidere in ordine alla ricorrenza dei presupposti per la sua applicabilità, e così avrebbe menomato la sfera di attribuzioni dell’autorità giudiziaria.

2.- Preliminarmente, va rilevata l’improcedibilità del giudizio, eccepita dalla Camera dei deputati nella memoria integrativa.

Il giudizio per conflitto di attribuzione si articola in due fasi, rimesse entrambe all’iniziativa della parte interessata. Nella specie, esauritasi la prima fase, relativa alla sommaria delibazione dell’ammissibilità del giudizio, l’iniziativa dell’autorità giudiziaria ricorrente si é articolata in modo intempestivo: essa, infatti - dopo aver provveduto (a norma dell’art. 37, quarto comma, della legge n. 87 del 1953, richiamato dall’art. 26, quarto comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale) alla tempestiva notifica, in data 3 luglio 2000, del ricorso e dell’ordinanza di ammissibilità del conflitto - ha eseguito il deposito di tali atti, con la prova dell’avvenuta notificazione, soltanto il successivo 26 settembre e, quindi, quando era da tempo decorso il termine di venti giorni dall’ultima (ed in questo caso unica) notificazione, previsto dal terzo comma del citato art. 26.

Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, l’osservanza di questo termine, attesa l’autonomia delle due fasi del giudizio per conflitto di attribuzione e la sussistenza rispetto ad entrambe dell’iniziativa di parte, costituisce un adempimento necessario per l’apertura della seconda fase, relativa alla decisione sul merito del conflitto.

Conseguentemente, il suddetto termine é da ritenere di natura perentoria (cfr., ex multis, sentenze nn. 203 e 50 del 1999) e la sua inosservanza determina il difetto di un adempimento necessario per il prosieguo del giudizio.

Non avendo l’autorità giudiziaria ricorrente rispettato il termine, il presente giudizio per conflitto deve, dunque, essere dichiarato improcedibile.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara improcedibile il giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Caltanissetta nei confronti della Camera dei deputati con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 luglio 2001.

Cesare RUPERTO, Presidente

Franco BILE, Redattore

Depositata in Cancelleria il 12 luglio 2001.