Ordinanza n. 192/2001

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ORDINANZA N. 192

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI         

- Riccardo CHIEPPA             

- Gustavo ZAGREBELSKY              

- Valerio ONIDA                    

- Carlo MEZZANOTTE                     

- Fernanda CONTRI               

- Guido NEPPI MODONA                

- Piero Alberto CAPOTOSTI             

- Annibale MARINI               

- Franco BILE             

- Giovanni Maria FLICK                    

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 22 della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori), promosso con ordinanza emessa il 12 maggio 2000 dal Tribunale per i minorenni di Napoli sull’istanza proposta da Cola Nereo ed altra, iscritta al n. 677 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell’anno 2000.

  Udito nella camera di consiglio del 21 febbraio 2001 il Giudice relatore Fernanda Contri.

Ritenuto che il Tribunale per i minorenni di Napoli, investito dell’esame di una istanza di adozione presentata da una coppia di coniugi risultata non idonea a seguito dell’istruttoria compiuta, con ordinanza emessa il 12 maggio 2000 ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 22 della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori), nella parte in cui non prevede che l'inidoneità degli aspiranti all’adozione - qualora la coppia che presenta domanda di adozione nazionale non possieda i requisiti di cui all'art. 6 della stessa legge - debba essere dichiarata con un espresso provvedimento del giudice minorile, per violazione degli artt. 24, primo e secondo comma, e 111, primo comma, della Costituzione;

che, secondo il collegio rimettente, contrariamente a quanto previsto per l’adozione internazionale, in quella nazionale la legge non prevede l’emissione di alcun provvedimento, positivo o negativo, che accerti l’idoneità della coppia, essendo l’intervento giurisdizionale articolato in due momenti, il primo rivolto ad accertare l’esistenza dei requisiti minimi di capacità educativa, di istruzione e di mantenimento, nonchè l’assenza di separazione tra i ricorrenti e la durata del matrimonio da almeno tre anni, il secondo rivolto all’esame comparativo tra le esigenze del minore da affidare e le coppie disponibili al fine di individuare quella più adatta alle esigenze dello stesso;

che, sempre secondo il Tribunale per i minorenni di Napoli, mentre la seconda fase prevede l'emissione del decreto di affidamento preadottivo, l’accertamento da parte del giudice circa la sussistenza dei requisiti resterebbe "senza espressione";

che il giudice a quo osserva che vi sarebbe un insanabile contrasto tra la disciplina dell’adozione nazionale e quella dell’adozione internazionale, pur essendo identici i requisiti di idoneità richiesti alle coppie, mentre il principio per il quale l’adozione é ispirata all’esigenza di dare una famiglia adeguata al minore non dovrebbe sacrificare il "diritto processuale" di chi agisce in giudizio per far dichiarare la propria disponibilità ad adottare ad un provvedimento che dichiari l’esito della sua richiesta;

che il giudice a quo, dopo aver escluso che in base alle legge sia configurabile un diritto ad adottare, ritiene che vi sarebbe comunque un interesse legittimo di chi presenta la domanda che la stessa venga convenientemente esaminata e la legittima aspettativa di un provvedimento in ordine all’esistenza (o all’assenza) dei requisiti previsti dalla legge, la cui mancanza comprometterebbe i principi costituzionali che regolano il processo civile con la conseguente violazione dei parametri invocati.

Considerato che il Tribunale per minorenni di Napoli dubita della legittimità costituzionale dell’art. 22 della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori), nella parte in cui non prevede che l'inidoneità degli aspiranti all’adozione nazionale che non siano in possesso dei requisiti di cui all'art. 6 della stessa legge venga dichiarata con un espresso provvedimento del giudice minorile, ritenendo che tale omessa previsione violi gli artt. 24, primo e secondo comma, e 111, primo comma, della Costituzione;

che il giudice a quo osserva che, mentre nella disciplina dell’adozione internazionale la legge prevede, in esito agli accertamenti compiuti dal tribunale, l’emissione di un provvedimento col quale la coppia che aspira all’adozione viene dichiarata o meno idonea, un analogo provvedimento non é previsto nella procedura di adozione nazionale e che tale omissione lederebbe il diritto degli interessati ad agire e difendersi in giudizio secondo le norme del giusto processo;

che l’equiparazione della adozione nazionale a quella internazionale, da cui prende le mosse il giudice rimettente, appare erronea poichè - come questa Corte ha già affermato - pur essendo i due istituti connotati da principi comuni, le relative procedure sono differenziate dal momento che "solo nella prima il collegamento tra coniugi adottanti e minore da adottare é tale da consentire l’immediata valutazione, da parte del tribunale per i minorenni, dell’idoneità di quei coniugi ad offrire la famiglia di accoglienza adatta al minore per il quale si pronuncia, dopo il periodo di affidamento, il provvedimento di adozione" (sentenza n. 10 del 1998);

che occorre ulteriormente considerare che questa Corte ha già affermato (sentenza n. 281 del 1994) che "l'aspirazione dei singoli ad adottare non può ricomprendersi tra i diritti inviolabili dell'uomo";

che l’adozione dei minorenni, "pur traendo origine da un atto di autonomia degli adottanti, non si perfeziona con la mera domanda dei medesimi" ma solo col provvedimento giudiziario – dal quale discendono le conseguenze giuridiche volute dalla legge - rispetto al cui contenuto il rilievo attribuito alla volontà degli istanti é subordinato "alla preminente considerazione dell’interesse del minore" (sentenza n. 197 del 1986);

che nella adozione nazionale l’idoneità della coppia adottante deve riferirsi specificatamente al singolo minore adottabile, in modo da consentire un suo inserimento mirato sulla base delle potenzialità di quella specifica coppia, per cui nessuna utilità potrebbe avere un provvedimento che valutasse in astratto tale idoneità;

che nella fase relativa all’accertamento dei requisiti della coppia che aspira all’adozione non vengono quindi per nulla in rilievo posizioni di diritto soggettivo di parti fra loro contrapposte, trattandosi di accertamenti preliminari e propedeutici al successivo, eventuale, provvedimento di affidamento preadottivo, da assumere nello specifico interesse di un minore;

che a tale fase non possono quindi essere applicati i principi costituzionali che regolano il processo civile;

che pertanto la questione é manifestamente infondata sotto ogni profilo.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 22 della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori), sollevata, in riferimento agli artt. 24, primo e secondo comma e 111, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale per i minorenni di Napoli con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 giugno 2001.

Cesare RUPERTO, Presidente

Fernanda CONTRI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 14 giugno 2001.