Ordinanza n. 150/2001

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ORDINANZA N. 150

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Cesare                         RUPERTO                       Presidente

- Fernando                    SANTOSUOSSO             Giudice

- Massimo                     VARI                                      "

- Riccardo                     CHIEPPA                              "

- Gustavo                      ZAGREBELSKY                  "

- Valerio                        ONIDA                                  "

- Carlo                           MEZZANOTTE                    "

- Guido                         NEPPI MODONA                "

- Piero Alberto              CAPOTOSTI                         "

- Annibale                     MARINI                                "

- Franco                         BILE                                       "

- Giovanni Maria          FLICK                                    "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 52, commi 1 e 2, e 56, comma 1, lettera c, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CEE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio), promosso con ordinanza emessa il 22 maggio 1997 dal Pretore di Roma, iscritta al n. 718 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell’anno 2000.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 4 aprile 2001 il Giudice relatore Valerio Onida.

Ritenuto che, con ordinanza emessa il 22 maggio 1997, pervenuta a questa Corte il 27 ottobre 2000, il Pretore di Roma ha sollevato, in riferimento agli artt. 76, 77 e 9, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 52, commi 1 e 2, e 56, comma 1, lettera c, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CEE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio);

che il remittente osserva che le norme che prevedevano i reati contravvenzionali per i quali si procede – concernenti la omessa tenuta dei registri di carico e scarico relativi alla produzione di rifiuti speciali e tossico-nocivi, e l’omessa comunicazione nei termini della quantità e qualità dei rifiuti prodotti e smaltiti –, vale a dire gli artt. 3, commi 3 e 5, e 9-octies del decreto legge 9 settembre 1988, n. 397 (convertito, con modificazioni, nella legge 9 novembre 1988, n. 475), sono state abrogate dall'art. 56 del d.lgs. n. 22 del 1997, mentre l'art. 52 dello stesso d.lgs. n. 22 del 1997 punisce oggi quei comportamenti omissivi con una sanzione amministrativa pecuniaria;

che la sopravvenuta depenalizzazione appare al remittente in contrasto, in primo luogo, con i principi e criteri direttivi dettati dalla legge di delega 22 febbraio 1994, n. 146 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee – legge comunitaria 1993), sulla cui base (a seguito della sostituzione del termine originario della delega, disposta dall’art. 6, comma 1, della legge n. 52 del 1996) é stato emanato il d.lgs. n. 22 del 1997, e dunque in contrasto con l'art. 76 della Costituzione, sia perchè la norma di delega, prevedendo che fosse fatta "salva l'applicazione delle norme penali vigenti", avrebbe vietato di degradare ad illeciti amministrativi comportamenti già penalmente sanzionati; sia perchè l'interesse alla tutela dell'ambiente, a presidio del quale sono dettate le norme in questione, rientrerebbe nell'ambito degli interessi generali dell'ordinamento interno "del tipo di quelli tutelati dagli artt. 34 e 35 della legge 24 novembre 1981, n. 689", per i quali la citata norma di delega prevede l'impiego di sanzioni penali; sia infine perchè la stessa norma di delega, imponendo di prevedere sanzioni identiche a quelle comminate per fattispecie omogenee e di pari offensività, precluderebbe a sua volta la depenalizzazione delle condotte considerate, e impedirebbe modifiche del quadro sanzionatorio per condotte riconducibili alla medesima ratio di altre relative a materie "vicine", non interessate dalla delega;

che la disposta depenalizzazione contrasterebbe inoltre con l’art. 9, secondo comma, della Costituzione, giacchè sarebbe leso il bene della protezione dell’ambiente;

che é intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile e comunque infondata.

Considerato che questa Corte, con sentenza n. 456 del 1998 e con ordinanze n. 193 e n. 267 del 1999, successive all’ordinanza di rimessione introduttiva del presente giudizio, e da ultimo con l’ordinanza n. 86 del 2001, ha già esaminato analoghe questioni, sollevate in riferimento agli stessi parametri e sotto i medesimi profili, dichiarandole non fondate e manifestamente infondate;

che, in particolare, la Corte ha ritenuto che l’art. 2, lettera d, della legge di delega non precludeva al legislatore delegato di rivedere anche l’impianto sanzionatorio nella materia, oggetto, sulla base della stessa delega, di una nuova compiuta disciplina, restando entro i limiti stabiliti dall’art. 2, comma 1, lettera d, terza proposizione, della medesima legge n. 146 del 1994; che il riferimento agli interessi "del tipo di quelli tutelati dagli articoli 34 e 35 della legge 24 novembre 1981, n. 689" si configura come un limite alla facoltà del legislatore delegato di stabilire nuove sanzioni penali, più che come una direttiva che lo vincolasse a prevedere comunque siffatte sanzioni, sicchè il legislatore delegato poteva scegliere, in base ad un apprezzamento largamente discrezionale, se ricorrere alle sanzioni penali – che non costituiscono l’unico strumento di tutela degli interessi ambientali – o a quelle amministrative in relazione alle violazioni in esame, non potendosi d’altra parte meccanicamente ricavare dal tipo di sanzione l’esistenza di un diverso livello di protezione dell’ambiente, anche tenuto conto che la scelta delle sanzioni é legata essenzialmente ad una valutazione, ampiamente discrezionale, di efficacia e di proporzionalità delle medesime; e che non vale il richiamo al criterio della identità delle sanzioni rispetto ad altre violazioni già punite a titolo di reato dalla legislazione previgente e aventi caratteristiche di omogeneità e di pari offensività, trattandosi nella specie di infrazioni specificamente riferite alla disciplina dei rifiuti, in ordine alle quali non é dato rinvenire nella legislazione vigente, rispetto ad altre violazioni, termini di raffronto così stringenti da far ritenere imposta una identità di sanzioni (ordinanza n. 267 del 1999);

che, quanto alla denunciata violazione dell’art. 9, secondo comma, della Costituzione, la Corte ha affermato che non é possibile invocare la protezione costituzionale dell’interesse alla tutela dell’ambiente, in assenza di obblighi di penalizzazione ricavabili dalla Costituzione, come fondamento per l’estensione della sanzione penale a condotte che il legislatore, unico abilitato a individuare i reati e le pene, non abbia ritenuto di sottoporre a tale sanzione (ordinanze n. 267 del 1999 e n. 86 del 2001);

che l’odierna ordinanza di rimessione, di tenore identico a quella esaminata con l’ordinanza n. 86 del 2001, non prospetta argomenti nuovi rispetto a quelli già scrutinati dalla Corte, sicchè la questione appare manifestamente infondata sotto ogni profilo.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 52, commi 1 e 2, e 56, comma 1, lettera c, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CEE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio), sollevata, in riferimento agli artt. 76, 77 e 9, secondo comma, della Costituzione, dal Pretore di Roma con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 maggio 2001.

Cesare RUPERTO, Presidente

Valerio ONIDA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 17 maggio 2001.