Ordinanza n. 193/99

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ORDINANZA N. 193

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Francesco GUIZZI   

- Prof.    Cesare MIRABELLI

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO 

- Avv.    Massimo VARI         

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA  

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Avv.    Fernanda CONTRI   

- Prof.    Guido NEPPI MODONA    

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof.    Annibale MARINI    

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 52 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, come modificato dal decreto legislativo 8 novembre 1997, n. 389 (Modifiche ed integrazioni al d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, in materia di rifiuti, di rifiuti pericolosi, di imballaggi e di rifiuti di imballaggio), promosso con ordinanza emessa il 21 settembre 1998 dal Pretore di Ancona, sezione distaccata di Senigallia, iscritta al n. 839 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 47, prima serie speciale, dell’anno 1998.

  Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio del 28 aprile 1999 il Giudice relatore Valerio Onida.

Ritenuto che, con ordinanza emessa il 21 settembre 1998, pervenuta a questa Corte il 5 novembre 1998, il Pretore di Ancona, sezione distaccata di Senigallia, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 76 della Costituzione, dell'art. 52 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CEE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio), come modificato dal decreto legislativo 8 novembre 1997, n. 389;

che il remittente osserva che il reato contravvenzionale per il quale si procede, concernente l’omessa comunicazione dei dati relativi alla quantità e qualità dei rifiuti prodotti, era previsto dagli artt. 3, commi 3 e 5, e 9-octies del decreto legge n. 397 del 1988, abrogati dall'art. 56 del d.lgs. n. 22 del 1997, e che l'art. 52 dello stesso d.lgs. n. 22 del 1997 punisce oggi quel comportamento omissivo con una sanzione amministrativa pecuniaria;

che tale sopravvenuta depenalizzazione appare al remittente in contrasto con i principi e criteri direttivi dettati dalla legge di delega 22 febbraio 1994, n. 146 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee – legge comunitaria 1993), sulla cui base (a seguito della sostituzione del termine originario della delega, disposta dall’art. 6, comma 1, della legge n. 52 del 1996) é stato emanato il d.lgs. n. 22 del 1997, e dunque in contrasto con l'art. 76 della Costituzione, sotto un duplice profilo;

che, in primo luogo, sarebbe violato l'art. 2, comma 1, lettera d, primo periodo, della legge di delega, secondo cui "salva l'applicazione delle norme penali vigenti, ove necessario per assicurare l'osservanza delle disposizioni contenute nei decreti legislativi, saranno previste sanzioni amministrative e penali per le infrazioni alle disposizioni dei decreti stessi", in quanto, dovendosi fare salve le norme penali previgenti, e prevedere nuove sanzioni amministrative o penali solo "ove necessario", il decreto legislativo non avrebbe potuto degradare ad illecito amministrativo un comportamento già penalmente sanzionato;

che ad avviso del giudice a quo sarebbe, in secondo luogo, violato il criterio direttivo di cui all'art. 2, comma 1, lettera d, secondo periodo, della legge di delega, a tenore del quale le sanzioni penali, entro limiti quantitativi fissati, "saranno previste … solo nei casi in cui le infrazioni ledano o espongano a pericolo interessi generali dell'ordinamento interno del tipo di quelli tutelati dagli artt. 34 e 35 della legge 24 novembre 1981, n. 689 …", criterio in base al quale dovrebbe ritenersi riservata alla sanzione penale la materia delle violazioni, come quella in discussione, che espongono a pericolo l’interesse ambientale, in quanto la mancata comunicazione dei dati relativi ai rifiuti potrebbe impedire le prescritte verifiche circa la gestione dei rifiuti stessi e quindi la messa in atto degli strumenti di tutela;

che é intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile e comunque infondata.

Considerato che questa Corte, con sentenza n. 456 del 1998, successiva all’ordinanza di rimessione introduttiva del presente giudizio, ha dichiarato non fondata una identica questione, sollevata in riferimento allo stesso parametro e sotto gli stessi profili;

che, in particolare, la Corte ha ritenuto che l’art. 2, lettera d, della legge di delega non precludeva al legislatore delegato di rivedere anche l’impianto sanzionatorio nella materia, oggetto, sulla base della stessa delega, di una nuova compiuta disciplina, restando entro i limiti stabiliti dall’art. 2, comma 1, lettera d, terza proposizione, della medesima legge n. 146 del 1994; e che il riferimento agli interessi "del tipo di quelli tutelati dagli articoli 34 e 35 della legge 24 novembre 1981, n. 689" si configura come un limite alla facoltà del legislatore delegato di stabilire nuove sanzioni penali, più che come una direttiva che lo vincolasse a prevedere comunque siffatte sanzioni, onde il legislatore delegato poteva scegliere, in base ad un apprezzamento largamente discrezionale, se ricorrere alle sanzioni penali – che non costituiscono l’unico strumento di tutela degli interessi ambientali – o a quelle amministrative in relazione alle violazioni in esame;

che l’odierna ordinanza di rimessione non reca argomenti nuovi nè comunque tali da indurre la Corte a rivedere le proprie determinazioni.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 52 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CEE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio), come modificato dal decreto legislativo 8 novembre 1997, n. 389 (Modifiche ed integrazioni al d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, in materia di rifiuti, di rifiuti pericolosi, di imballaggi e di rifiuti di imballaggio), sollevata, in riferimento all’art. 76 della Costituzione, in relazione all’art. 2, comma 1, lettera d, della legge 22 febbraio 1994, n. 146 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee – legge comunitaria 1993), dal Pretore di Ancona, sezione distaccata di Senigallia, con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 maggio 1999.

Renato GRANATA, Presidente

Valerio ONIDA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 25 maggio 1999.