Ordinanza n. 484/2000

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ORDINANZA N. 484

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI 

- Cesare RUPERTO 

- Riccardo CHIEPPA 

- Gustavo ZAGREBELSKY 

- Valerio ONIDA 

- Carlo MEZZANOTTE 

- Fernanda CONTRI 

- Guido NEPPI MODONA 

- Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Annibale MARINI 

- Franco BILE 

- Giovanni Maria FLICK 

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 17 del d.P.R. 19 giugno 1979, n. 348 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la Sardegna in riferimento alla legge 22 luglio 1975, n. 382, e al d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616), promosso con ordinanza emessa il 20 aprile 1994 dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione I, sui ricorsi riuniti proposti dalla Casa di riposo “Regina Margherita” di Sassari ed altri contro la Presidenza del Consiglio dei ministri ed altri, iscritta al n. 511 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell’anno 1999.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 27 settembre 2000 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti.

Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione I, con ordinanza emessa il 20 aprile 1994, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 17 del d.P.R. 19 giugno 1979, n. 348 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la Sardegna in riferimento alla legge 22 luglio 1975, n. 382 e al d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616), in riferimento agli artt. 3, 18, 38, 116 e 117 della Costituzione;

che il giudizio principale, risultante dalla riunione di dodici procedimenti, ha ad oggetto l'impugnazione, da parte di altrettante istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (in seguito: IPAB) operanti nella Regione Sardegna, dei decreti con cui il Presidente del Consiglio dei ministri ne ha disposto la soppressione ed il trasferimento ai comuni dei loro beni, attività e personale;

che, ad avviso del giudice rimettente, la norma impugnata, fissando inderogabilmente le condizioni per l'esclusione del trasferimento ai comuni ed individuando dettagliatamente gli elementi ed i requisiti necessari ad integrare dette condizioni, in violazione degli artt. 116 e 117 della Costituzione, precluderebbe scelte autonome nella materia dell'assistenza e beneficenza pubblica, riservata alla potestà legislativa "concorrente" della Regione dall'art. 4, primo comma, lettera h), dello statuto speciale approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3;

che la collocazione a livello comunale di tutte le IPAB infraregionali, disposta senza tener conto dell'ambito territoriale dell'attività effettivamente svolta e delle potenzialità delle singole istituzioni, potrebbe non corrispondere ad un criterio di razionalità e buon andamento della pubblica amministrazione, con violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione, e realizzerebbe inoltre un'ingiustificata disparità di trattamento rispetto ad analoghe istituzioni di carattere nazionale ed alle IPAB operanti nelle regioni a statuto ordinario;

che, secondo il giudice a quo, la mancanza di un criterio che àncori la sopravvivenza degli enti in questione, eventualmente nella veste di associazioni private, alla loro capacità di contribuire a garantire migliori condizioni di assistenza e beneficenza pubblica, contrasterebbe con un sistema pluralista fondato sul concorso di tutti gli operatori al conseguimento dell'obiettivo di assicurare agli inabili ed indigenti condizioni accettabili di vita, secondo un principio di solidarietà sociale che lascia spazio anche all'iniziativa dei privati;

che il terzo comma, lettera a), dell'art. 17, nella parte in cui prevede che «sono in ogni caso soppresse» le IPAB il cui organo deliberante sia composto in maggioranza da membri designati da enti pubblici, sarebbe irragionevole, in quanto l'elemento prescelto risulterebbe scarsamente significativo della natura pubblica dell'ente, a causa delle modifiche statutarie subìte dagli enti in questione prima dell'entrata in vigore della Costituzione;

che, nel giudizio dinanzi alla Corte, è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato, il quale ha eccepito l'inammissibilità e l'infondatezza della questione di legittimità costituzionale.

Considerato che la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha ad oggetto l'art. 17 del d.P.R. n. 348 del 1979, il quale, nell'ambito del trasferimento alla Regione Sardegna delle funzioni amministrative in materia di assistenza e beneficenza pubblica, disciplina la soppressione delle IPAB operanti nel territorio regionale, ed il trasferimento ai comuni dei relativi beni, attività e personale;

che questa Corte, con sentenza n. 396 del 1988, nel dichiarare costituzionalmente illegittimo l'art. 1 della legge 17 luglio 1890, n. 6972, nella parte in cui non prevedeva che le IPAB regionali e infraregionali potessero continuare a sussistere assumendo la personalità giuridica di diritto privato, qualora avessero ancora i requisiti di un'istituzione privata, ha affermato che l'art. 38, ultimo comma, della Costituzione, prevedendo che l'assistenza privata è libera, conforma l'intero sistema assistenziale ai principi pluralistici, e comporta quindi il superamento del regime di obbligatoria pubblicizzazione delle IPAB, che hanno diritto a vedersi riconosciuta una qualificazione giuridica conforme alla propria effettiva natura;

che, in questo senso, è stato ritenuto, nella medesima decisione, che l'art. 17 del d.P.R. n. 348 del 1979 costituisca «utile punto di riferimento», in quanto «indica una serie di caratteristiche e di presupposti come idonei a consentire la trasformazione in persone giuridiche private, di enti già in precedenza appartenenti alla categoria delle IPAB, sottraendoli così alla soppressione prevista per le istituzioni aventi natura di enti pubblici veri e propri»;

che tale disposizione, avente natura di norma di attuazione dello statuto regionale speciale, è finalizzata a dar vita, in corrispondenza ai contenuti ed agli obbiettivi dello statuto stesso, ad una disciplina che, nell'unità dell'ordinamento giuridico, concilii, armonizzandole, l'organizzazione delle autonomie regionali con quella dei pubblici poteri e delle pubbliche funzioni (cfr. sentenza n. 213 del 1998), sicché non sussiste la prospettata violazione degli artt. 116 e 117 della Costituzione;

che priva di fondamento è anche la censura riferita agli artt. 3, 18 e 38 della Costituzione, in quanto la norma impugnata, prevedendo che le istituzioni dotate dei requisiti indicati nel secondo comma «continuano a sussistere come enti morali, assumendo la personalità giuridica di diritto privato e rientrando nella relativa disciplina», garantisce il libero dispiegarsi dell'iniziativa privata nel settore assistenziale, così soddisfacendo l'esigenza del pluralismo istituzionale;

che neppure sussiste la violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione, in quanto, per le IPAB alle quali non sia stata riconosciuta natura di istituzioni private, è riservata alla discrezionalità del legislatore la determinazione in ordine all'estinzione ed alla devoluzione dei relativi beni, attività e personale ai comuni, ai quali l'art. 16 del d.P.R. n. 348 del 1979 attribuisce le funzioni relative all'organizzazione ed all'erogazione dei servizi di assistenza e beneficenza (cfr. ordinanza n. 313 del 1988, sentenza n. 173 del 1981);

che è altresì insussistente la denunziata disparità di trattamento rispetto ad analoghe istituzioni di carattere nazionale ed alle IPAB operanti nelle regioni a statuto ordinario, in quanto la norma impugnata, che s'inscrive nell'ampio processo di trasferimento alle regioni delle funzioni in materia di assistenza e beneficenza pubblica, detta una disciplina conforme a quella degli artt. 113 e ss. del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, aventi ad oggetto l'estinzione degli enti nazionali ed interregionali operanti nelle materie trasferite, e specificamente assunta quale modello normativo ai fini delle direttive impartite alle regioni a statuto ordinario per il riconoscimento della personalità giuridica di diritto privato alle IPAB regionali ed infraregionali (cfr. d.P.C.m. 16 febbraio 1990);

che la censura concernente il terzo comma, lettera a), della norma impugnata è inammissibile, in quanto il Tar ha prospettato, peraltro in termini dubitativi, la mera eventualità che, anteriormente all'entrata in vigore della Costituzione, le IPAB possano avere subìto modifiche statutarie, omettendo altresì di esplicitare quali esse siano state, nonché le ragioni della loro eventuale incidenza sul carattere pubblico delle istituzioni in riferimento alla fattispecie sottoposta al suo esame.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 17 del d.P.R. 19 giugno 1979, n. 348 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la Sardegna in riferimento alla legge 22 luglio 1975, n. 382 e al d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 18, 38, 116 e 117 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione I, con l'ordinanza indicata in epigrafe;

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 17, terzo comma, lettera a), del d.P.R. 19 giugno 1979, n. 348 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la Sardegna in riferimento alla legge 22 luglio 1975, n. 382 e al d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616), sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione I, con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 ottobre 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Piero Alberto CAPOTOSTI, Redattore

Depositata in cancelleria il 9 novembre 2000.