Ordinanza n.313 del 1988

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ORDINANZA N.313

ANNO 1988

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1 bis della legge 21 agosto 1978, n. 641 (<Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 18 agosto 1978, n. 481, con cernente fissazione al 1 o gennaio 1979 del termine previsto dall'art. 113, decimo comma, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, per la cessazione di ogni contribuzione, finanziamento o sovvenzione a favore degli enti di cui alla tabella <B> del medesimo decreto, nonchè norme di salvaguardia del patrimonio degli stessi enti, delle I.P.A.B. e della disciolta A.A.I.>), promosso con ordinanza emessa il 20 luglio 1984 dalla Corte d'appello di Napoli, iscritta al n. 317 del registro ordinanze 1985 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 232 bis dell'anno 1985;

visti gli atti di costituzione della Regione Campania nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udito nella camera di consiglio del 10 dicembre 1987 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello.

Ritenuto che la Corte d'Appello di Napoli - la sez. civile-con ordinanza emessa il 7 novembre 1984 nel procedimento civile tra l'<Ente Patronato Regina Margherita pro-ciechi Paolo Colosimo> di Napoli ed altri e Regione Campania ed altri, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 18, 38, ultimo comma, 42 e 43 Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 bis della legge 21 agosto 1978, n. 641 (<Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 18 agosto 1978, n. 481, concernente fissazione al 1° gennaio 1979 del termine previsto dall'art. 113, decimo comma, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, per la cessazione di ogni contribuzione, finanziamento o sovvenzione a favore degli enti di cui alla tabella B del medesimo decreto, nonchè norme di salvaguardia del patrimonio degli stessi enti, delle I.P.A.B. e della disciolta A.A.I.>) nella parte in cui sopprime e pone in liquidazione l'ente pubblico <Ente Patronato Regina Margherita pro-ciechi Paolo Colosimo> di Napoli prevedendo il trasferimento alle regioni dei beni e del personale ed alle regioni ed agli enti locali delle relative entrate;

che, ad avviso del giudice a quo, l'Ente, in base al proprio statuto, a) svolge attività educativa con accentuato carattere religioso, essendone la direzione affidata ad un sacerdote che fa parte del consiglio di amministrazione e provvede alla formazione spirituale dei giovani assistiti; mentre alcuni servizi (guardaroba, lavanderia, cucina e mensa, portineria) é affidata a suore che sovrintendono alla catechesi sacramentaria degli assistiti più giovani; b) ha struttura associativa, essendo costituito in base ad una oblazione di soci volontari i quali dispongono del governo del Patronato e, a norma dell'art. 12 dello statuto, sono ammessi, nominati e radiati dal Consiglio direttivo eletti dagli stessi soci (art. 24 Statuto);

che, quindi, la norma denunciata, nel disporre direttamente l'estinzione dell'ente, senza alcun riferimento ai criteri ispiratori che hanno presieduto a tale determinazione e senza l'osservanza dello speciale procedimento previsto, ai fini del l'estinzione, per altri enti, dall'art. 113 del d.P.R. n. 616 del 1977, si porrebbe in contrasto con l'art. 3 Cost. perchè avrebbe prodotto una inspiegabile ed immotivata discriminazione nei confronti di tutte le altre istituzioni di assistenza e beneficenza comprese nella tab. B del d.P.R. n. 616 del 1977; con l'art. 18 Cost., perchè avrebbe impedito di accertare la natura associativa dell'ente oggetto della controversia, in vista della sua conservazione ai sensi dell'art. 115 del d.P.R. n. 616 del 1977; con l'art. 38, ultimo comma, Cost., che afferma il principio della libertà della assistenza privata; con gli artt. 42 e 43 Cost. nella parte in cui opera, peraltro senza indennizzo, il trasferimento di tutto il patrimonio dell'ente alla regione e agli enti locali, senza alcun riferimento o diversificazione tra quelli collegati al fine religioso e prescindendo comunque dalla loro provenienza, dalla loro condizione giuridica e dai vincoli cui fossero soggetti per statuto ovvero per volontà dei soci eroganti;

che si é costituita nel giudizio davanti a questa Corte la Regione Campania, chiedendo che venga dichiarata l'inammissibilità, per difetto di rilevanza, ovvero l'infondatezza del la questione;

che il Presidente del Consiglio dei ministri, intervenuto in giudizio, ha chiesto che la predetta questione sia dichiarata inammissibile, perchè unico oggetto del giudizio é la diretta contestazione di legittimità costituzionale della norma che ha soppresso l'ente, ovvero infondata.

Considerato, preliminarmente, che l'eccezione di inammissibilità, dedotta dalla Avvocatura Generale dello Stato, deve essere disattesa, in quanto la questione e stata ritualmente sollevata, in via incidentale, nel corso di un giudizio, con riferimento all'art. 1 della legge n. 641 del 1978, dalla cui applicazione dipende la definizione del giudizio a quo, instaurato da una domanda giudiziale diretta, come risulta dall'ordinanza di rimessione, a far dichiarare che <l'ente svolge in modo precipuo attività inerente la sfera educativo-religiosa, ha struttura associativa e conseguentemente, ai sensi dell'art. 115 d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, conserva la titolarità dei beni necessari allo svolgimento delle attività associative e di quelle derivanti da atti di liberalità o contributi agli associati>, il che sarebbe impedito dalla norma denunciata che ha, invece, disposto l'estinzione dell'ente ed il passaggio del personale e dei suoi beni alla regione ed agli enti locali;

che, per quel che riguarda il merito delle questioni sollevate va precisato che <Ente Patronato Regina Margherita pro-ciechi Paolo Colosimo> di Napoli, riconosciuto con R.D. 1° aprile 1920, n. 946, essendo stato incluso nella tabella <B> allegata al d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, ha natura non già di istituzione pubblica di assistenza e beneficenza infraregionale, cui si riferiscono le previsioni dell'art. 25 di detto d.P.R., ma di ente interregionale operante nella materia della assistenza pubblica e, in quanto tale, nella categoria di quelli già sottoponibili alla speciale procedura prevista dall'art. 113 e seguenti dello stesso decreto delegato n. 616 del 1977, diretta al trasferimento integrale alle Regioni o agli enti locali dei beni e del relativo personale;

che, pertanto, appaiono in primo luogo inconferenti gli argomenti dell'ordinanza di rinvio che, sia pure in forma generica, fanno riferimento all'art. 25 del d.P.R. n. 616 del 1977, nonchè alla sentenza di questa Corte n. 173 del 1981 che ne ha dichiarato l'illegittimità costituzionale, perchè, sia detta disposizione normativa che la richiamata sentenza riguardavano una categoria di enti (cioe le I.P.A.B. infraregionali) nella quale non era compreso l'Ente patronato Regina Margherita pro-ciechi <Paolo Colosimo>, di Napoli;

che, individuata invece nei citati artt. 113 e seg. la disciplina normativa preesistente, cui ha derogato la legge 21 ottobre 1978, n. 641 (cioé la legge censurata in questa sede), va rilevato che non e controverso che l'Ente menzionato, al pari di tutti gli enti di assistenza sociale, nazionali o interregionali, già ricompresi dalla tabella <B> del d.P.R. n. 616 del 1977 e soppressi dall'art. 1 bis della legge 21 ottobre 1978, n. 641, avesse natura di ente pubblico;

che, pertanto, la questione di legittimità costituzionale, sollevata con riferimento agli artt. 18 e 38, ultimo comma, Cost., e manifestamente infondata in quanto, proprio in ragione del carattere <pubblico> dell'ente, non ricompreso peraltro tra quelli di rilevanza costituzionale (es.: art. 114 Cost.), rientrava nella potestà del legislatore disporne l'estinzione e la devoluzione dei beni e del patrimonio alle regioni e ad altri enti pubblici divenuti titolari delle funzioni amministrative loro trasferite e già di spettanza di detto ente, non potendo perciò ritenersi cosi vulnerato ne il principio della libertà di associazione ne quello della libertà dell'assistenza privata, appunto perchè trattavasi di un ente <pubblico>;

che, conseguentemente, anche la questione di legittimità costituzionale, sollevata in riferimento agli artt. 42 e 43 Cost., é manifestamente infondata perchè la devoluzione dei beni ad altri enti pubblici, era necessariamente connessa al trasferimento a questi delle funzioni già spettanti all'ente soppresso, apparendo irrilevante, dato che si trattava del patrimonio di un ente <pubblico>, accertare la provenienza dei suoi beni e gli eventuali vincoli di destinazione, non potendosi ravvisare alcuna garanzia, in questo senso, nelle norme costituzionali invocate, nel mentre é inconferente il riferimento contenuto nell'ordinanza di rimessione, alla circostanza che non fosse previsto un indennizzo, essendo evidente come, nella specie, si é al di fuori di una vicenda di tipo espropriativo, nel mentre, essendo la devoluzione dei beni conseguente alla estinzione dell'ente che ne era proprietario, non si vede in favore di chi si potesse prevedere, nella norma denunciata, la corresponsione di un indennizzo;

che é, altresì, manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata in riferimento all'art. 3 Cost., apparendo giustificato e comunque non discriminatorio che il legislatore, che in un primo momento aveva incluso l'ente in parola fra quelli da sopprimere, con l'osservanza del procedimento previsto dall'art. 113 del d.P.R. n. 616 del 1977, abbia successivamente ritenuto di provvedere, con la legge denunciata, alla sua diretta soppressione, unitamente ad altri enti pubblici assistenziali, prima della conclusione del predetto procedimento;

che, difatti, non essendovi una garanzia costituzionale del l'osservanza di un determinato procedimento, per la soppressione di enti pubblici, non appare ingiustificatamente discriminatorio che il legislatore abbia ritenuto di seguirlo per alcune ipotesi di soppressione-in vista della possibilità di mantenere in vita certi enti per il perseguimento di funzioni residue diverse da quelle trasferite, delegate o attribuite alle regioni ed agli altri enti locali (art. 113, commi quarto e settimo d.P.R. n. 617 del 1977) o, in altri casi, per la possibilità di trasformazione in enti privati di quelli aventi struttura associativa (art. 115, d.P.R. cit.) - mentre abbia ritenuto di prescindere da quel procedimento per sopprimere altri enti, tra i quali quello oggetto della presente controversia, non avendo ravvisato, nel proprio discrezionale apprezzamento, la ricorrenza di particolari finalità da salvaguardare;

che, quindi, in concreto, non può ritenersi discriminatorio che il legislatore, tenuto conto del carattere <pubblico> dell'ente, che di per se ne giustificava la soppressione come diretta conseguenza dell'avvenuto trasferimento delle relative funzioni alle regioni e ad enti locali, non abbia ritenuto di far accertare l'eventuale esistenza di funzioni residue non trasferite, esistenza la cui dimostrazione, peraltro, e dall'ordinanza di rimessione affidata a taluni indizi che non appaiono, ictu oculi, idonei a far considerare che si fosse in presenza di funzioni diversificate da quelle di assistenza trasferite, essendo strettamente compenetrate con queste;

che é manifestamente infondata anche l'altra questione di legittimità costituzionale sollevata, in riferimento all'art. 3 Cost., nell'assunto che, con la intervenuta soppressione ope legis, senza seguire il procedimento già previsto dall'art. 113 del d.P.R. n. 616 del 1977, sia stato impedito l'accertamento della struttura associativa dell'ente che ne avrebbe consentito la conservazione, previa trasformazione come ente privato, ai fini dell'art. 115 d.P.R. n. 616 del 1977 cit.;

che, in proposito, va ribadito che trattandosi di un ente <pubblico> del quale il legislatore poteva disporre in occasione del generale riassetto delle funzioni pubbliche già spettantegli, nessun parametro costituzionale, fra quelli invocati, ne garantiva necessariamente l'assimilazione agli altri enti per i quali l'art. 115 del d.P.R. n. 616 del 1977, prevedeva la possibilità di trasformazione in ente privato, onde non appare privo di giustificazione ne irrazionale che il legislatore, tenendo presente le sue funzioni e la sua struttura, abbia ritenuto di escluderlo, unitamente ad altri enti, dalla possibilità di trasformazione in ente privato;

che, pertanto, appare manifesta l'infondatezza di tutte le questioni prospettate.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 bis della legge 21 agosto 1978, n. 641 (<Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 18 agosto 1978, n. 481, concernente fissazione al 1° gennaio 1979 del termine previsto dall'art. 113, decimo comma, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, per la cessazione di ogni contribuzione, finanziamento o sovvenzione a favore degli enti di cui alla tabella B del medesimo decreto, nonchè norme di salvaguardia del patrimonio degli stessi enti, delle I.P.A.B. e della disciolta A.A.I.>) nella parte in cui sopprime e pone in liquidazione l'Ente patronato Regina Margherita pro-ciechi <Paolo Colosimo> di Napoli e provvede al trasferimento alle regioni dei suoi beni e all'attribuzione alle regioni ed agli enti locali delle sue entrate, sollevata, in riferimento agli articoli 3, 18, 38, ultimo comma, 42 e 43 Cost., dalla Corte d'Appello di Napoli, con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10/03/88.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Vincenzo CAIANIELLO, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 17 Marzo 1988.