Ordinanza n. 443/2000

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ORDINANZA N. 443

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Fernando SANTOSUOSSO 

- Massimo VARI 

- Cesare RUPERTO 

- Riccardo CHIEPPA 

- Gustavo ZAGREBELSKY 

- Valerio ONIDA 

- Carlo MEZZANOTTE 

- Fernanda CONTRI 

- Guido NEPPI MODONA 

- Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Annibale MARINI 

- Franco BILE 

- Giovanni Maria FLICK 

ha pronunciato la seguente   

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. da 11 a 20 della legge della Provincia autonoma di Trento 19 febbraio 1993, n. 6 (Norme sulla espropriazione per pubblica utilità), promossi con due ordinanze emesse il 29 giugno 1999 dalla Corte d'appello di Trento nei provvedimenti civili vertenti tra Dalcolmo Ezio ed altri e da Fambri Camillo S.p.a. e il Comune di Pergine Valsugana, iscritte ai nn. 535 e 536 del registro ordinanze 1999 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell'anno 1999.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 27 settembre 2000 il Giudice relatore Riccardo Chieppa.

Ritenuto che, nel corso di un procedimento di opposizione alla stima dell’indennità relativa ad un esproprio di area edificabile, l’adìta Corte d’appello di Trento sollevava questione di legittimità costituzionale degli artt. da 11 a 20 della legge della Provincia autonoma di Trento 19 febbraio 1993, n. 6 (Norme sulla espropriazione per pubblica utilità), che prevedono un sistema indennitario, con riferimento ai casi di espropriazione, che si incentra su parametri tabellari, senza alcun collegamento con elementi attinenti al valore reale dell’area occupata, ciò che, ad avviso della Corte rimettente, potrebbe condurre ad una ingiustificata compressione dei diritti dei singoli largamente al di sotto della soglia minima del "serio ristoro";

che la Corte costituzionale, con ordinanza n. 402 del 1998, restituiva gli atti al giudice a quo, per la valutazione della persistenza del requisito della rilevanza della questione sollevata, alla luce della considerazione che, successivamente alla rimessione della stessa, il legislatore provinciale era nuovamente intervenuto nella materia de qua con la legge 11 settembre 1998, n. 10, che con l’art. 41, comma 6, aveva sostituito l’art. 14 della legge provinciale n. 6 del 1993, stabilendo che per le aree edificabili la indennità di espropriazione fosse determinata dalla media aritmetica fra il valore che le stesse avrebbero avuto in una contrattazione sul libero mercato immobiliare, come quantificato dal servizio espropriazioni, ed il valore agricolo determinato ai sensi dell’art. 13 della citata legge provinciale n. 6;

che lo stesso art. 41 della legge sopravvenuta, al comma 16, disponeva, poi, che per le indennità notificate anteriormente alla data della sua entrata in vigore, qualora, a tale data, fosse stata proposta opposizione alla stima, i promotori della espropriazione ed i soggetti interessati al pagamento dell’indennità, entro trenta giorni dalla medesima data, potessero chiederne la rideterminazione secondo la nuova disciplina;

che, riassunta la causa da parte degli opponenti, nel corso dell’udienza del 7 maggio 1999, il procuratore degli stessi dichiarava che i propri assistiti non avevano esercitato l’opzione di cui all’art. 41, comma 16, della legge provinciale n. 10 del 1998;

che la Corte d’appello di Trento, rilevato che, in tale situazione, non possono che applicarsi, per la determinazione della indennità, i criteri di cui alla legge provinciale n. 6 del 1993, con ordinanza emessa il 29 giugno 1999 (r.o. n. 535 del 1999), ha nuovamente sollevato la questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 24, 3 e 42 della Costituzione, degli artt. 17, 18 e 19 di detta legge, che disegnano un sistema indennitario incentrato su parametri esclusivamente tabellari, senza la possibilità di mediazione con elementi di valore reale, coinvolgendo nella censura anche gli artt. da 11 a 16 e l’art. 20 della stessa legge, in quanto, in caso di caducazione dei soli artt. 17, 18 e 19, e di automatica sostituzione di essi con l’art. 5-bis del d.l. 11 luglio 1992, n. 333, convertito, con modificazioni, nella legge 8 agosto 1992, n. 359, sarebbe impossibile, a meno di non voler determinare un inammissibile scoordinamento amministrativo, la contemporanea applicazione del citato art. 5-bis e delle norme di cui agli artt. da 11 a 16 e 20 della legge provinciale dettate sul presupposto della operatività delle disposizioni fondamentali degli artt. 17, 18 e 19;

che, ad avviso del collegio rimettente, una normativa, come quella in esame, che consente all’espropriato, e anche all’espropriante, difese solo all’interno di tabelle, limita i diritti processuali, garantiti dall’art. 24 della Costituzione, esponendo, inoltre, gli interessati a liquidazioni indennitarie prive dei requisiti di cui agli artt. 3 e 42 della Costituzione, a fronte dei criteri, già restrittivi, introdotti dal citato art. 5-bis, che è norma rientrante nel novero di quelle di grande riforma economico-sociale, e, come tale, destinata ad imporsi anche agli ordinamenti delle Regioni a statuto speciale e Province autonome, con conseguente obbligo della Provincia di Trento di adeguarvi la propria legislazione, ai sensi dell’art. 2 del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, recante "Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento"; obbligo che sarebbe inadempiuto;

che la medesima questione, in riferimento agli artt. 3, 24, primo comma, 42, terzo comma, della Costituzione, e 8, primo comma, dello statuto della Regione Trentino-Alto Adige, è stata sollevata dalla Corte d'appello di Trento con ordinanza del 29 giugno 1999 (r.o. n. 536 del 1999), in un giudizio nel quale, come nel caso precedente, gli opponenti non si erano avvalsi della opzione per l'applicazione della nuova disciplina dell'indennità di espropriazione ex art. 41 citato della legge della Provincia autonoma di Trento n. 10 del 1998;

che, in particolare, si rileva nella ordinanza che il meccanismo tabellare di cui alle norme impugnate vincolerebbe il giudice, restringendo la sua cognizione all’interno di predeterminate classi legali;

che le classificazioni legali porterebbero necessariamente, ad avviso del collegio rimettente, a giudizi di uguaglianza nelle disuguaglianze, ciò che sarebbe inammissibile in una materia tanto incisiva sui diritti del cittadino quale quella afferente alle espropriazioni: si profilerebbe, così, il contrasto con gli artt. 3 e 42 della Costituzione;

che nel dettaglio, la legge provinciale impugnata accrediterebbe, con l'effetto di drastiche diversificazioni indennitarie, alcune "perimetrazioni" cartografiche che, dal punto di vista economico, nella realtà si configurerebbero in forme meno rigide e più variegate;

che, in ogni caso, il legislatore provinciale non si sarebbe adeguato, come sarebbe stato suo obbligo, alla legislazione statale in materia entro il termine di cui all'art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992;

che, nel giudizio introdotto con l'ordinanza r.o. n.535 del 1999, ha spiegato intervento la Provincia autonoma di Trento, che ha preliminarmente segnalato che nella materia in questione il legislatore provinciale è nuovamente intervenuto con la legge 27 agosto 1999, n. 3, che, all'art. 28, ha riaperto il termine per la presentazione della domanda per la rideterminazione della indennità di espropriazione prevista dalla legge provinciale n. 10 del 1998, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge stessa, e fino al 30 giugno 2000;

che pertanto, a prescindere dal fatto che le parti non si sono avvalse in precedenza della opzione loro consentita dalla legge n. 10 (e, aggiunge la Provincia, persino nella ipotesi in cui esse avessero dichiarato di non volerla esercitare), detta riapertura dei termini imporrebbe di attendere la nuova scadenza, al fine di valutare la rilevanza della questione nel giudizio a quo;

che in ogni caso, sempre secondo la difesa della Provincia autonoma, l'introduzione, ad opera della legge n. 10, della possibilità di scelta del criterio indennitario, renderebbe inammissibile la questione prospettata, in quanto concernente solo una delle discipline applicabili;

che la Provincia autonoma osserva, nel merito delle questioni, che la legge impugnata non sarebbe nata come deviazione rispetto ai principi della legislazione statale, ma proprio dalla ricerca di una soluzione convergente con quella statale, nel momento in cui questa andava modificata per adeguare la disciplina vigente alle sentenze della Corte costituzionale nn. 5 del 1980 e 223 del 1983, che avevano dichiarato costituzionalmente illegittimo il criterio di valutazione ai fini dell'indennità stabilito dalla legge n. 865 del 1971 per i terreni edificabili. A tal fine, il 10 novembre 1989 era stato presentato un disegno di legge al Senato, del quale la legge provinciale censurata aveva ripreso i contenuti;

che, sempre secondo la Provincia, mentre in ambito statale l'iter parlamentare non poté giungere a conclusione per lo scioglimento anticipato delle Camere, sicché si provvide con una disciplina che doveva essere provvisoria, quella di cui all'art. 5-bis del d.l. n. 333 del 1992, nella Provincia autonoma di Trento il procedimento legislativo iniziato fu portato a termine, e diede luogo alla legge n. 6 del 1993;

che, infine, la Provincia esclude che possa profilarsi un contrasto con la legislazione statale, in quanto la legislazione provinciale condurrebbe ad un risultato equivalente, in termini di onere per la finanza pubblica, a quello comportato dalla legislazione statale.

Considerato che, preliminarmente, deve essere disposta la riunione dei giudizi stante la connessione oggettiva per identità delle questioni, relative ad indennità di espropriazione per aree edificabili nella Provincia di Trento;

che, successivamente alle ordinanze di rimessione, è stata emanata la legge della Provincia autonoma di Trento 27 agosto 1999, n. 3, che, all'art. 28, ha riaperto il termine per la presentazione della domanda per la rideterminazione della indennità di espropriazione prevista dalla legge provinciale n. 10 del 1998, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge stessa, e fino al 30 giugno 2000;

che dal mancato esercizio della precedente opzione - prevista dall’art. 41, comma 16, della legge della Provincia autonoma di Trento 11 settembre 1998, n. 10 - non può direttamente trarsi alcuna preclusione in questa sede, a seguito della riapertura dei termini, trattandosi di diritto attribuito a ciascuno dei soggetti, sia espropriato, sia espropriante, ed esercitabile al di fuori della sede giurisdizionale fino al 30 giugno 2000, e la cui valutazione spetta al giudice ordinario;

che si rende, pertanto, necessaria la restituzione degli atti al giudice rimettente, al quale spetta di valutare se, alla luce dell'intervenuto mutamento del quadro normativo, cui fa riferimento l’anzidetta ordinanza di rimessione, le questioni sollevate siano tuttora rilevanti per la definizione dei giudizi a quibus;

che, in occasione di tale verifica, lo stesso giudice potrà valutare, complessivamente, anche il criterio alternativo (combinato disposto degli artt. 14 della legge della Provincia autonoma di Trento 19 febbraio 1993, n. 6, nel testo sostituito dall’art. 41, comma 6, della legge provinciale 11 settembre 1998, n. 10; art. 28 della legge provinciale 27 agosto 1999, n. 3), indipendentemente dalla scelta dei soggetti interessati; dovendo il sistema essere esaminato unitariamente sotto il profilo della legittimità costituzionale delle alternative offerte dal legislatore provinciale per risolvere talune situazioni transitorie;

che inoltre lo stesso giudice potrà preliminarmente verificare i risultati, in termini monetari, cui si perverrebbe adottando, oltre i criteri di valutazione rispettivamente previsti dall’originario art. 14 della legge della Provincia autonoma di Trento 19 febbraio 1993, n. 6 e dal nuovo testo dello stesso art. 14, introdotto dall’art. 41, comma 6, della legge provinciale 11 settembre 1998, n. 10, anche quelli del testo vigente dell’art. 5-bis del d.l. 11 luglio 1992, n. 333, convertito, con modificazioni, nella legge 8 agosto 1992, n. 359.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

ordina la restituzione degli atti alla Corte d'appello di Trento.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 ottobre 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Riccardo CHIEPPA, Redattore

Depositata in cancelleria il 26 ottobre 2000.