Ordinanza n. 83/2000

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ORDINANZA N. 83

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Francesco GUIZZI

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI

- Cesare RUPERTO

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 204, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), e del combinato disposto degli artt. 204, comma 1, 205 e 195 del citato decreto legislativo n. 285 del 1992, promosso con ordinanza emessa il 24 ottobre 1998 dal Pretore di Palermo nel procedimento civile vertente tra Tricarico Maria Cristina e il Prefetto di Palermo, iscritta al n. 97 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, prima serie speciale, dell'anno 1999.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 23 febbraio 2000 il Giudice relatore Fernando Santosuosso.

Ritenuto che, nel corso di un giudizio di opposizione ad ordinanza–ingiunzione prefettizia con la quale si intimava il pagamento di una somma di denaro a titolo di sanzione amministrativa per violazione del codice della strada, il Pretore di Palermo, con ordinanza emessa il 24 ottobre 1998, ha sollevato due questioni di costituzionalità;

che, in linea principale, non sarebbe manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 204 del Nuovo codice della strada (decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285) in riferimento all'art. 3 della Costituzione per violazione del principio di uguaglianza, dal momento che disciplinerebbe in modo difforme una situazione identica all'ipotesi in cui il cittadino può ottenere che l'amministrazione riveda il suo operato in contraddittorio (ex art. 18, secondo comma, della legge n. 689 del 1981) senza il rischio di un innalzamento del minimo edittale della sanzione fino al doppio; sarebbe inoltre violato il principio del buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 della Costituzione), che impone di valorizzare il principio del contraddittorio come regola democratica dell'azione amministrativa; e, infine, sarebbe violato il diritto di difesa (art. 24 della Costituzione) perché questo non può essere limitato da sbarramenti sanzionatori;

che, in linea subordinata, ove gli artt. 204, 205 e 195 del codice della strada si interpretino in combinato disposto tra loro, nel senso che il giudice può ridurre la sanzione anche sotto il limite di cui all'art. 204 cod. strada, verrebbero violati l’art. 3 della Costituzione sotto il profilo del principio di ragionevolezza, atteso che sarebbe contraddittorio, nel sistema, introdurre una disposizione in funzione deflattiva e poi consentire che la sanzione possa essere eliminata con un procedimento più gravoso per la stessa amministrazione nel suo complesso; l’art. 97, primo comma, della Costituzione, in quanto il principio di buon andamento della pubblica amministrazione verrebbe leso dall'aggravio derivante dall'instaurazione di procedimenti giurisdizionali volti a realizzare l'adeguamento della sanzione alle circostanze del caso; l’art. 113 della Costituzione, in quanto la norma così intesa comporterebbe la facoltà per il giudice ordinario di modificare un provvedimento amministrativo anche se conforme alla legge e che ha irrogato il minimo sanzionatorio; l’art. 24 della Costituzione, atteso che per ottenere la riduzione della sanzione il cittadino dovrebbe sopportare i costi del giudizio con il rischio di non essere ristorato a causa della impossibilità per il giudice di condannare l'amministrazione al pagamento anche parziale delle spese per un provvedimento legittimo; in alternativa, infine, con il profilo da ultimo indicato, sarebbe ancora violato l'art. 97, primo comma, della Costituzione, per il rischio di una condanna dell'amministrazione alle spese giudiziali nonostante la legittimità del proprio operato;

che, in ordine alla rilevanza della questione principale, il remittente osserva che dal suo rigetto conseguirebbe la conferma dell'ordinanza–ingiunzione per il pagamento di una sanzione maggiorata fino al doppio del minimo e per la questione subordinata che, rigettata la prima, si dovrebbe modificare il provvedimento impugnato con riduzione della sanzione adeguandola ai criteri ex art. 195 cod. strada;

che nel presente giudizio di legittimità costituzionale è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l'inammissibilità o per l'infondatezza della questione.

Considerato che, quanto alle questioni principali, le dedotte censure sono state più volte rimesse a questa Corte e decise da ultimo con l'ordinanza n. 306 del 1998 (in precedenza, con le ordinanze n. 324 del 1997, n. 268 del 1996, la sentenza n. 366 del 1994, le ordinanze n. 67 e n. 350 del 1994), in cui si è rilevato che: a) la misura della sanzione può ben essere modulata dal legislatore in modo da perseguire finalità deflattive del contenzioso amministrativo; b) è, comunque, sempre esperibile il ricorso giurisdizionale, in cui il giudice, anche quando respinge l'opposizione, non è vincolato da alcun limite per la determinazione della sanzione, che può essere fissata nella misura corrispondente a quella «ridotta» di cui all'art. 202 del codice della strada;

che parimenti infondato è l'asserito vulnus al principio di buon andamento della Pubblica amministrazione, atteso che esigenze di celerità e di snellimento del procedimento di accertamento dell'infrazione giustificano una iniziale unilateralità dell'azione amministrativa, non disgiunta da una seconda fase di verifica prefettizia del pregresso operato della pubblica amministrazione;

che le proposizioni che precedono fanno venir meno anche le argomentazioni poste a base delle censure del rimettente al combinato disposto di cui agli att. 204, comma 1, 205 e 195 del codice della strada in relazione agli artt. 3 e 97 della Costituzione, poiché le varie fasi esaminate forniscono al cittadino maggiori garanzie difensive attribuendogli la doppia facoltà, amministrativa e giurisdizionale;

che, in ordine alla asserita violazione dell'art. 113 della Costituzione, è sufficiente richiamare la giurisprudenza di questa Corte (ordinanze n. 324 del 1997 e n. 268 del 1996) ribadendo l'autonomo potere del giudice ordinario di rideterminare l'entità della sanzione, in sede di opposizione alla ordinanza–ingiunzione, prescindendo dalle valutazioni compiute dall'amministrazione e quindi anche in presenza di un provvedimento legittimo;

che, quanto all'asserita violazione dell'art. 24 della Costituzione da parte delle disposizioni di cui sopra, giova osservare che, secondo l'interpretazione adeguatrice della normativa del codice della strada compiuta da questa Corte (sentenza n. 437 e ordinanza n. 315 del 1995, sentenze n. 255 e n. 311 del 1994), il previo esperimento del ricorso amministrativo è facoltativo, in quanto l'interessato può rivolgersi al giudice indipendentemente dallo stesso;

che, pertanto, le questioni devono essere dichiarate manifestamente infondate sotto tutti i profili prospettati dal giudice rimettente.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale, sollevate dal Pretore di Palermo con l'ordinanza in epigrafe:

a)                       dell'art. 204, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), in riferimento agli artt. 3, 97 e 24 della Costituzione;

b) del combinato disposto degli artt. 204, comma 1, 205 e 195 del citato decreto legislativo n. 285 del 1992, in riferimento agli artt. 3, 97, primo comma, 113 e 24 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 marzo 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Fernando SANTOSUOSSO, Redattore

Depositata in cancelleria il 24 marzo 2000.