Ordinanza n.350 del 1994

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ORDINANZA N. 350

ANNO 1994

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA Presidente

Prof. Gabriele PESCATORE

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

Avv. Massimo VARI

Dott. Cesare RUPERTO

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 18, 22 e 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), promosso con ordinanza emessa il 12 ottobre 1993 dal Pretore di Alessandria nel procedimento civile vertente tra Zanotti Alessandro e la Prefettura di Alessandria, iscritta al n. 757 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 53, prima serie speciale, dell'anno 1993.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 22 giugno 1994 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello.

Ritenuto che, nel corso di un giudizio di opposizione avverso l'ordinanza-ingiunzione emessa dal Prefetto di Alessandria per il pagamento di una somma a titolo di sanzione conseguente alla violazione dell'art. 158 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), il Pretore di Alessandria, con ordinanza del 12 ottobre 1993, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale degli artt. 18, 22 e 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), "laddove, durante l'espletamento della procedura di opposizione all'ordinanza-ingiunzione, non prevedono la sospensione dei termini di decorrenza per il pagamento della sanzione nella misura ridotta";

che il giudice a quo sostiene che gli artt. 18 e 22 della legge n. 689 del 1981, pur avendo introdotto un apposito sistema di verifica della contestazione elevata, costringerebbero l'interessato, "per il gioco delle coincidenti previsioni temporali", o a pagare comunque la sanzione, ancorchè illegittima o presunta tale, nella misura ridotta al fine di limitare il danno economico ovvero, solo per aver azionato il previsto procedimento, a vedersi raddoppiata la sanzione per la mera decorrenza dei termini;

così che l'automatico aumento della sanzione violerebbe il diritto di chi agisce per ottenere la tutela delle proprie ragioni; nè il diritto violato potrebbe essere recuperato successivamente, giacchè le norme citate non prevedono "alcun effetto sospensivo", pur in presenza dell'esperimento dell'opposizione avverso l'ordinanza-ingiunzione; e sarebbe altresì violato l'art. 3 della Costituzione per l'arbitraria discriminazione che si creerebbe tra coloro che usufruiscono del rimedio dell'opposizione e coloro che invece effettuano il pagamento in misura ridotta;

che lo stesso giudice rimettente ravvisa la rilevanza delle questioni, perchè dal loro eventuale accoglimento deriverebbe per l'interessato la garanzia di "un giusto procedimento di riesame della punizione irrogata senza contraddittorio e senza sentenza o altro provvedimento definitivo, in alte razione alla normale dialettica processuale", senza dover "preventivamente soggiacere a maggiorazioni ingiustificate e prive di possibilità di concreto recupero", una volta che le somme siano state indebitamente versate;

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, per il tramite dell'Avvocatura generale dello Stato, osservando che il giudice a quo solleva le questioni di legittimità costituzionale nel presupposto interpretativo secondo cui il soggetto destinatario di una sanzione amministrativa, proponendo l'opposizione all'ingiunzione di pagamento, dovrebbe nell'ordine: 1) perdere il beneficio del pagamento in misura ridotta; 2) pagare ancor prima della definizione del giudizio; 3) essere esposto ad un aumento dell'importo della sanzione per effetto della decorrenza dei termini;

che in relazione a ciò la difesa dello Stato deduce la inammissibilità dell'incidente di costituzionalità per irrilevanza, dal momento che nessuna delle questioni prospettate influisce sulla decisione che il giudice è chiamato a prendere; infatti, se il giudice accoglie l'opposizione, non vi è pagamento alcuno, mentre, se la respinge, pur potendo modificare la misura della sanzione, non può in ogni caso disporre il pagamento in misura ridotta secondo l'art. 16 della legge n.689, nè escludere la maggiorazione che la legge riconnette al semplice decorso del tempo.

Considerato preliminarmente che, nonostante che il giudice a quo, nel sollevare le questioni, abbia nel dispositivo dell'ordinanza fatto riferimento esplicito agli artt. 18, 22 e 23 della legge n. 689 del 1991, tuttavia dall'intero contesto dell'ordinanza medesima è desumibile l'intento di denunziare, sotto i profili dedotti, gli artt. 202, 203, 204 e 205 del decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285 (Nuovo codice della strada), che contengono la specifica disciplina in tema di circolazione stradale;

che, difatti, nell'ordinanza si pone l'accento sull'istituto "del pagamento in misura ridotta", disciplinato, in via generale per tutte le sanzioni amministrative, dall'art. 16 della citata legge n.689, ma, con riferimento a quelle in materia di circolazione stradale, dall'art. 202 del nuovo codice della strada nonchè, quanto agli effetti in caso di mancato pagamento in tale misura, dagli artt. 203, 204 e 205 del medesimo codice della strada;

che pertanto la Corte ritiene, in conformità alla propria giurisprudenza (sentt. nn. 115 del 1990, 138 del 1986 e 47 del 1962), di correggere l'errore materiale in cui si è incorsi nel dispositivo dell'ordinanza, dovendosi individuare negli articoli per ultimo indicati l'oggetto delle questioni;

che, come è desumibile dal contesto dell'ordinanza di rimessione, il giudice a quo dubita della legittimità costituzionale della disciplina contenuta in tali disposizioni "laddove, durante l'espletamento della procedura di opposizione all'ordinanza-ingiunzione, non prevedono la sospensione dei termini di decorrenza per il pagamento della sanzione nella misura ridotta", così tendendo a far conservare al contravventore la possibilità di avvalersi del beneficio del pagamento in misura ridotta, di cui all'art. 202 del nuovo codice della strada, pure in presenza di gravame;

che, in ordine a tale petitum va invece osservato che il beneficio predetto è offerto al contravventore in funzione deflattiva dei procedimenti contenziosi, sia amministrativi che giurisdizionali, alla pari di analoghi istituti presenti in al tre discipline processuali;

che sarebbe perciò in contrasto con tale finalità consentire al contravventore di potersi ancora avvalere del beneficio in parola, nell'ipotesi in cui attivi in sede amministrativa o giudiziaria un rimedio contenzioso; in relazione alla perdita del beneficio stesso, non appare violato l'art. 24 della Costituzione, perchè, diversamente da quanto si sostiene nell'ordinanza di rinvio, da un lato non si è in presenza di un'ipotesi di solve et repete, che si avrebbe solo se la facoltà di esperire i rimedi avverso il provvedimento sanzionatorio fosse condizionata dal previo pagamento della somma e, dall'altro, l'art. 22, ultimo comma, della legge n. 689 del 1981, richiamato dall'art. 205, comma 3, del nuovo codice della strada, prevede espressamente, qualora venga proposta opposizione, il potere del Pretore di sospendere il pagamento, ricorrendone le condizioni;

che non appare neppure violato l'art. 3 della Costituzione perchè, proprio in ragione delle finalità deflattive perseguite dall'istituto del pagamento in misura ridotta, la situazione di chi non si avvale del rimedio del gravame per lucrare il beneficio è diversa da quella di chi si avvale del rimedio, tenuto comunque anche conto che, come già sottolineato da questa Corte (ordinanza n. 67 del 1994), il giudice, nel respingere l'opposizione, non è vincolato ad alcun limite per la determinazione della misura della sanzione da irrogare, ben potendo determinarla, nella sua discrezionalità ed ove ne ricorrano le condizioni, nel minimo previsto, cioé nella misura corrispondente a quella "ridotta" di cui all'art. 202 del nuovo codice della strada.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 18, 22 e 23 della legge 24 novembre 1981, n.689 (Modifiche al sistema penale) [recte: degli artt. 202, 203, 204 e 205 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada)], sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Pretore di Alessandria con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19/07/94.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Vincenzo CAIANIELLO, Redattore

Depositata in cancelleria il 25 Luglio 1994.