Ordinanza n. 357/97

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ORDINANZA N.357

ANNO 1997

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI           

- Prof.    Francesco GUIZZI               

- Prof.    Cesare MIRABELLI              

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO  

- Avv.    Massimo VARI         

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE

- Avv.    Fernanda CONTRI   

- Prof.    Guido NEPPI MODONA    

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI 

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 5 luglio 1996 dal Pretore di Forlì nel procedimento penale a carico di Fornari Alessandro ed altri, iscritta al n. 939 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell’anno 1996.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 18 giugno 1997 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.

Ritenuto che il Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Forlì ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede l’incompatibilità a svolgere funzioni di giudice del dibattimento del giudice per le indagini preliminari che ha in precedenza autorizzato la proroga delle indagini a norma degli articoli 406, comma 4, e 553, comma 2, cod. proc. pen., per violazione dell’art. 24, secondo comma, della Costituzione;

che la norma é censurata dal giudice rimettente in quanto l’esclusione della incompatibilità determinerebbe una violazione del diritto di difesa, che risulterebbe " pregiudicato da una predeterminazione nella valutazione delle prove" , avendo egli autorizzato la proroga perchè " gli scarsi elementi a disposizione rendevano le indagini particolarmente complesse" ;

che il Pretore rimettente ha al riguardo menzionato le sentenze di questa Corte n. 453 del 1994 e n. 432 del 1995, richiamandosi al principio ivi esposto secondo cui una valutazione di merito circa l’idoneità delle risultanze delle indagini preliminari a fondare un giudizio di responsabilità sull’imputato vale a radicare l’incompatibilità;

che é intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per l’infondatezza della questione, in quanto non é ipotizzabile alcun condizionamento della funzione di giudizio da un’attività ordinatoria di tipo meramente processuale, inidonea ad esprimere qualsiasi valutazione in ordine alla colpevolezza dell’indagato.

Considerato che l’ordinanza con cui il giudice per le indagini preliminari autorizza la proroga delle indagini ha natura e contenuto meramente processuali, in quanto con essa il giudice si limita a verificare la sussistenza dei presupposti della proroga, individuati nell’art. 406, commi 1 e 2, cod. proc. pen., nella giusta causa, ovvero, in caso di ulteriori proroghe, nella particolare complessità delle indagini o nella oggettiva impossibilità di concluderle entro il termine prorogato, e che pertanto é estranea a tale ordinanza qualsiasi valutazione di merito sulle risultanze delle indagini preliminari;

che le sentenze di questa Corte richiamate dal giudice rimettente non sono conferenti, in quanto si riferiscono a situazioni in cui la funzione ritenuta pregiudicante si sostanzia effettivamente in una valutazione di merito sulle risultanze delle indagini e sulla colpevolezza dell’indagato, tale da pregiudicare il giudizio conclusivo sulla responsabilità dell’imputato (rispettivamente, la reiezione della domanda di oblazione per la ritenuta diversità del fatto e l’ordinanza con cui viene disposta una misura cautelare personale);

che, al contrario, in situazioni del tutto analoghe a quella oggetto del presente giudizio questa Corte ha ritenuto non sussistere alcuna lesione dei princìpi della terzietà e dell’imparzialità del giudice, escludendo che abbiano effetti pregiudizievoli sulla funzione di giudizio, tali da determinare ipotesi di incompatibilità, l’ordinanza con cui il giudice, respinta la richiesta di archiviazione, abbia disposto, a norma dell’art. 409, comma 4, cod. proc. pen., che il pubblico ministero svolga ulteriori indagini (ordinanze n. 281 del 1996 e n. 157 del 1993), nonchè il decreto motivato con cui il giudice autorizza la riapertura delle indagini ex art. 414 cod. proc. pen. (sentenza n. 455 del 1994);

che, a maggior ragione, nel caso in cui autorizza la proroga delle indagini, il giudice assume determinazioni che attengono esclusivamente allo svolgimento del processo, di carattere meramente interlocutorio, come tali inidonee ad avere effetti pregiudicanti sulla funzione di giudizio, in quanto estranee a qualsiasi valutazione sul merito delle ipotesi di accusa (v. sentenza n. 131 del 1996);

che, di conseguenza, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento all’art. 24, secondo comma, della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Forlì, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 novembre 1997.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: guido NEPPI MODONA

Depositata in cancelleria il 21 novembre 1997.