Ordinanza n. 285 del 1996

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ORDINANZA N. 285

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

-     Prof. Valerio ONIDA

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, promossi con ordinanze emesse il 3 gennaio 1996 dal Tribunale di Avellino, il 5 febbraio 1996 dalla Corte d'appello di Ancona, il 6 dicembre 1995 dalla Corte d'appello di Milano, il 17 ottobre 1995 dal Tribunale di Catanzaro, il 6 novembre 1995 dal Tribunale di Verona, il 22 febbraio 1996 dal Tribunale di Teramo, il 27 febbraio 1996 dal Tribunale di Siena, il 31 gennaio 1996 dal Tribunale di Foggia, il 22 febbraio 1996 dal Tribunale di Napoli, il 14 dicembre 1995, il 15 febbraio 1996, il 14 dicembre 1995, il 27 febbraio 1996 e il 1° febbraio 1996 dal Tribunale di Foggia, rispettivamente iscritte ai nn. 374, 385, 400, 424, 425, 441, 454, 469, 470, 475, 476, 483, 484 e 491 del registro ordinanze 1996 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, prima serie speciale, nn. 19, 20, 21 e 22 dell'anno 1996.

Udito nella camera di consiglio del10 luglio 1995il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky.

RITENUTO che il Tribunale di Avellino, con ordinanza del 3 gennaio 1996 (R.O. 374 del 1996); la Corte d'appello di Ancona, con ordinanza del 5 febbraio 1996 (R.O. 385 del 1996); la Corte d'appello di Milano, con ordinanza del 6 dicembre 1995 (R.O. 400 del 1996); il Tribunale di Catanzaro, con ordinanza del 17 ottobre 1995 (R.O. 424 del 1996); il Tribunale di Verona, con ordinanza del 6 novembre 1995 (R.O. 425 del 1996); il Tribunale di Teramo, con ordinanza del 22 febbraio 1996 (R.O. 441 del 1996); il Tribunale di Siena, con ordinanza del 27 febbraio 1996 (R.O. 454 del 1996); il Tribunale di Foggia, con ordinanze del 14 dicembre 1995 (R.O. 475 e 483 del 1996), del 31 gennaio 1996 (R.O. 469 del 1996), e del 1°, 15 e 27 febbraio 1996 (R.O. 491, 476 e 484 del 1996); il Tribunale di Napoli, con ordinanza del 22 febbraio 1996 (R.O. 470 del 1996), hanno sollevato questioni di legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio dibattimentale il giudice che abbia fatto parte del collegio del tribunale del riesame o dell'appello - profilo, quest'ultimo, dedotto dai Tribunali di Verona, Teramo e Napoli - in tema di misure cautelari personali, in riferimento agli articoli 3, 10, primo comma (in relazione agli artt. 6 della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e 14 del patto internazionale relativo ai diritti civili e politici; parametro invocato dal Tribunale di Catanzaro), 24, 25 e 27, secondo comma, della Costituzione, sul rilievo, comune alle ordinanze di rimessione, del verificarsi, in tali ipotesi, di una duplice valutazione di merito da parte del medesimo giudice, tale da vulnerarne l'imparzialità.

CONSIDERATO che le questioni prospettate sono identiche o analoghe, e che pertanto i relativi giudizi possono essere riuniti e decisi congiuntamente;

che l'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale è già stato sottoposto all'esame di questa Corte, sotto il profilo indicato;

che con la sentenza n. 131 del 1996 è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale di detta norma, nella parte in cui non prevede l'incompatibilità alla funzione di giudizio dibattimentale (e abbreviato) del giudice che, come componente del tribunale del riesame (art. 309 del codice di procedura penale), si sia pronunciato sull'ordinanza che dispone una misura cautelare personale nei confronti dell'indagato o dell'imputato, ovvero che, come componente del tribunale dell'appello avverso l'ordinanza che provvede in ordine a una misura cautelare personale nei confronti dell'indagato o dell'imputato (art. 310 dello stesso codice), si sia pronunciato su aspetti non esclusivamente formali dell'ordinanza anzidetta;

che pertanto, essendo stata la disposizione impugnata già dichiarata costituzionalmente illegittima nel senso prospettato dai giudici rimettenti, le relative questioni devono essere dichiarate manifestamente inammissibili (v. anche ordinanze nn. 184 e 213 del 1996).

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, sollevate, in riferimento agli art. 3, 10, primo comma, 24, 25 e 27, secondo comma, della Costituzione, dai Tribunali di Avellino, Catanzaro, Verona, Teramo, Siena, Foggia e Napoli e dalle Corti di appello di Ancona e Milano, con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 luglio 1996.

Mauro FERRI, Presidente

Gustavo ZAGREBELSKY, Redattore

Depositata in cancelleria il 22 luglio 1996.