Sentenza n. 299 del 1993

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SENTENZA N. 299

ANNO 1993

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA,

Giudici

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 5 della legge 16 febbraio 1987, n. 81 (Delega legislativa al Governo della Repubblica per l'emanazione del nuovo codice di procedura penale) e dell'art. 72, primo e secondo comma, del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario) come sostituito dall'art. 22 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 449 (Approvazione delle norme per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario al nuovo processo penale ed a quello a carico di imputati minorenni , promossi con ordinanze emesse il 14 dicembre 1992 (n. 3 ordinanze), l'11 gennaio 1993 (n. 2 ordinanze) ed il 13 gennaio 1993 (n. 2 ordinanze) dal Pretore di Torino - Sezione distaccata di Moncalieri, iscritte ai nn. 31, 32, 153, 154, 155, 156 e 157 del registro ordinanze 1993 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 5 e 15, prima serie speciale, dell'anno 1993.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 26 maggio 1993 il Giudice relatore Francesco Greco.

Ritenuto in fatto

1. - Il Pretore di Torino -Sezione distaccata di Moncalieri- nel corso del procedimento penale a carico di Siniscalchi Vincenzo, rilevato che alla udienza dibattimentale le funzioni di pubblico ministero erano state delegate dal Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Torino in sede di avocazione ad un ufficiale di polizia giudiziaria, con ordinanza del 14 dicembre 1992, R.O. n. 31 del 1993, ha sollevato questione di legittimità costituzionale:

a) dell'art. 5 della legge 16 febbraio 1987, n. 81 di delega al Governo per l'emanazione del nuovo codice di procedura penale, il quale stabilisce che "Il Governo della Repubblica é delegato ad emanare le norme necessarie per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario al nuovo processo penale ed a quello a carico degli imputati minorenni";

b) dell'art. 72, primo e secondo comma, del r.d. n. 12 del 1941 (Ordinamento giudiziario) come sostituito dall'art. 22 del d.P.R. n. 449 del 1988 il quale, in attuazione della detta delega, prevede che le funzioni di pubblico ministero nella udienza dibattimentale pretorile possono essere svolte, per delega specifica e nominativa del Procuratore della Repubblica presso la Pretura, da ufficiali di polizia giudiziaria.

Secondo il giudice a quo sarebbe violato l'art. 76 della Costituzione perchè nella norma sub a) non v'é traccia di principi e criteri direttivi che il precetto costituzionale pone come condizione fondamentale di una legittima delega al Governo dell'esercizio della funzione legislativa. Sebbene il legislatore delegato abbia ritenuto di poter ricavare indicazioni dai principi e dai criteri enunciati negli artt. 2 e 3 della legge n. 81 del 1987 che concernono le deleghe per l'emanazione del codice di procedura penale e la normativa per il processo a carico di imputati minorenni, tale soluzione non é corretta perchè la legge n. 81 del 1987 contiene varie deleghe, aventi oggetti diversi.

Nè il richiamo, non esplicito del legislatore, può essere dedotto in via interpretativa, sia perchè a norma del citato art. 76 della Costituzione i principi e i criteri direttivi, pur introducibili anche solo per relationem, devono formare il contenuto di una espressa manifestazione di volontà del legislatore, sia perchè, in assenza di tale manifestazione, il ricorso allo strumento interpretativo non assicura il richiesto carattere di determinatezza.

2. - La medesima questione é stata sollevata dallo stesso Pretore con altre sei ordinanze di identico contenuto (R.O. nn. 32 e 153 del 1993 in data 14 dicembre 1992, R.O. n. 154 in data 13 gennaio 1993, R.O. nn. 155 e 156 in data 11 gennaio 1993, R.O. n. 157 in data 13 gennaio 1993).

3. - Nei giudizi susseguenti alle ordinanze R.O. nn. 153, 154, 155, 156 e 157 del 1993 é intervenuta l'Avvocatura Generale dello Stato, in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, che ha concluso per la infondatezza della questione rilevando che i principi e i criteri direttivi di cui il giudice remittente ha lamentato la mancanza nell'art. 5 della legge n. 81 del 1987, sono desumibili dagli artt. 2 e 3 della legge stessa, concernenti il codice di procedura penale, sia in via immediata, perchè alcune direttive hanno per oggetto l'ordinamento giudiziario (dir. 68 e 103), sia come effetto delle soluzioni adottate nel testo delegato, mentre la limitatezza delle indicazioni andrebbe interpretata nel senso che il Parlamento non ha inteso dare delega per una organica riforma dell'ordinamento giudiziario, ma soltanto delegare le modifiche di quello vigente nella misura necessaria per adeguarlo al nuovo rito penale.

Considerato in diritto

 l. - I sette ricorsi vanno riuniti per essere decisi con un'unica sentenza in quanto prospettano identica questione.

2. - La Corte deve verificare:

a) Se l'art. 5 della legge 16 febbraio 1987, n. 81, il quale stabilisce che il Governo della Repubblica è delegato ad emanare le norme necessarie per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario al nuovo processo penale ed a quello a carico degli imputati minorenni, violi l'art. 76 della Costituzione per mancanza della indicazione di quei principi e criteri direttivi che tale disposizione costituzionale pone come condizioni fondamentali di una legittima delega al Governo dell'esercizio della funzione legislativa;

b) se, in conseguenza della illegittimità dell'art. 5 della legge n. 81 del 1987, debba considerarsi costituzionalmente illegittimo, per violazione dello stesso art. 76 della Costituzione, l'art. 72, primo e secondo comma, r.d. del 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario), come sostituito dall'art. 22 del d.P.R. 449 del 1988 - che, in attuazione della delega di cui al citato art.

5-stabilisce che le funzioni di pubblico ministero nell'udienza dibattimentale pretorile possono essere svolte, per delega specifica e nominativa dal Procuratore della Repubblica presso la Pretura, da ufficiali di polizia giudiziaria.

3. - La questione non è fondata.

La delega concessa con la norma censurata non riguarda l'organica riforma dell'intero ordinamento giudiziario ma solo la emanazione di disposizioni strettamente necessarie per l'adeguamento del suddetto ordinamento al nuovo processo penale e a quello a carico di imputati minorenni.

Proprio la limitatezza delle finalità da raggiungere giustifica adeguatamente la mancata indicazione di principi e criteri specifici.

Ai fini che interessano è sufficiente che la nuova disciplina si collochi all'interno del nuovo processo penale, ne attui le finalità e costituisca il coerente sviluppo e la concreta attuazione dei criteri e dei principi ispiratori della riforma (sentt. nn. 68 e 181 del 1991).

Inoltre, possono utilmente dedursi principi e criteri direttivi dagli artt.2 e 3 della legge n. 81 del 1987, concernente il codice di procedura penale ed, in via immediata, dalle direttive che hanno per oggetto l'ordinamento giudiziario. E cioè dalla direttiva n. 68, la quale prevede che le funzioni di pubblico ministero in udienza siano esercitate con piena autonomia, e dalla direttiva n. 103, secondo cui il processo davanti al pretore deve svolgersi con criteri di massima semplificazione e, tra l'altro, con la garanzia della distinzione delle funzioni di pubblico ministero e di giudice.

Inoltre, sono da tenere in considerazione la più volte rilevata carenza di magistrati professionali e l'esigenza della definizione la più sollecita possibile, dei processi penali.

4. - Del resto, si è ritenuta non fondata (sent. n. 333 del 1990) e manifestamente infondata (ordd. nn. 451, 517, 574 del 1990 e 59 del 1991), anche in riferimento all'art. 76 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 72 del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, nel testo modificato dall'art. 22 del D.P.R. n. 449 del 22 settembre 1988, ora di nuovo censurato, sia pure in via conseguenziale.

Si sono considerate le modalità di conferimento da parte del Procuratore della Repubblica della delega agli ufficiali di polizia giudiziaria per l'esercizio delle funzioni di P.M. nelle udienze dinanzi al Pretore, la sua provvisorietà ed il suo conferimento per singoli processi, nonchè l'assicurazione della autonomia e della indipendenza di cui godono i giudici anche ai suddetti, e l'ammissibilità, anche secondo la Costituzione, dell'attribuzione a persone estranee all'ordine giudiziario di compiti attinenti all'amministrazione della giustizia (artt. 104, 102, secondo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione).

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 riuniti i giudizi,

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale questione di legittimità costituzionale dell'art. 5 della legge 16 febbraio 1987, n. 81 (Delega legislativa al Governo della Repubblica per l'emanazione del nuovo codice di procedura penale) e dell'art. 72, primo e secondo comma, R.D. 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario) come sostituito dall'art. 22 del d.P.R.22 settembre 1988, n. 449 (Approvazione delle norme per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario al nuovo processo penale ed a quello a carico di imputati minorenni), sollevata, in riferimento all'art. 76 della Costituzione, dal Pretore di Torino - Sezione distaccata di Moncalieri - con le ordinanze in epigrafe.

 Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24/06/93.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Francesco GRECO, Redattore

Depositata in cancelleria il 01/07/93.