Sentenza n. 461 del 1990

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SENTENZA N.461

 

ANNO 1990

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

 

Prof. Giovanni CONSO, Presidente

 

Prof. Ettore GALLO

 

Dott. Aldo CORASANITI

 

Prof. Giuseppe BORZELLINO

 

Dott. Francesco GRECO

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 202 cpv., 169, ultimo comma, e 175 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 9 febbraio 1986 dalla Corte di cassazione sul ricorso proposto dalle parti civili Giannini Giannino ed altri nel procedimento penale a carico di Iannarello Riccardo ed altro, iscritta al n. 385 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell'anno 1990.

 

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nella camera di consiglio del 26 settembre 1990 il Giudice relatore Luigi Mengoni.

 

Ritenuto in fatto

 

1.- Con ordinanza del 9 febbraio 1989, pervenuta alla Corte costituzionale il 30 maggio 1990, la Corte di cassazione ha sollevato, in riferimento agli arti. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dei combinato disposto degli artt. 202, secondo comma, 169, ultimo comma, e 175 del codice di procedura penale del 1930 nella parte in cui anche per le impugnazioni di una sentenza o di un altro provvedimento penale proposte per i soli interessi civili, quando siano notificate nelle forme di cui all'art. 169, ultimo comma, considera perfezionata la notificazione nel momento del recapito al destinatario della raccomandata recante l'avviso di deposito nella casa comunale di copia dell'atto.

 

Esclusa la possibilità di una interpretazione restrittiva, pur accolta da qualche sentenza della stessa Cassazione, o nel senso che il termine di decadenza prescritto dall'art. 202, secondo comma, dovrebbe ritenersi rispettato allorchè entro lo stesso l'interessato abbia richiesto la notifica all'ufficiale giudiziario ovvero nel senso che la decadenza non si verificherebbe allorchè l'inosservanza sia imputabile a negligenza dell'ufficiale giudiziario o del servizio postale, il giudice a quo reputa la normativa denunciata contrastante anzitutto col diritto di difesa, in quanto fa dipendere l'esercizio di un diritto, soggetto a un breve termine di decadenza, "da un'attività del tutto indipendente dal titolare e persino dallo stesso pubblico ufficiale preposto alle notifiche, dall'attività. cioé, dell'ufficio postale, cui rimangono ignote le esigenze di cui all'art. 202 cpv.".

 

In secondo luogo é ritenuto violato anche il principio di eguaglianza, non trovando alcuna giustificazione il diverso regime applicato dalle norme in questione alla notifica delle impugnazioni di sentenze penati per i soli interessi civili rispetto a quello previsto in Situazioni analoghe dall'art. 140 cod. proc. civ. per la notifica delle impugnazioni civili.

 

2.- Nel giudizio davanti alla Corte é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.

 

Dopo avere ricordato che in riferimento all'art. 24 Cost. la questione é stata dichiarata inammissibile dalla sentenza n. 33 del 1986, l'Avvocatura osserva che, per quanto concerne l'art. 3 Cost., essa appare infondata anche sotto il nuovo profilo della Pretesa irrazionalità della disparità di trattamento rispetto al regime delle notifiche delle impugnazioni delle sentenze civili. La disparità é giustificata dalle peculiari esigenze del processo penale, alle cui modalità l'azione civile deve adattarsi quando si svolga nel suo ambito.

 

Considerato in diritto

 

1.-La Corte di cassazione censura il combinato disposto degli artt. 202, secondo comma, e 169, ultimo comma, del codice di procedura penale del 1930, nonchè dell'art. 175 dello stesso codice, giudicandolo contrario agli artt. 3 e 24 della Costituzione nella parte in cui, in caso di irreperibilità del destinatario o di rifiuto di ricevere la copia dell'atto opposto dalle persone indicate dalla legge, stabilisce che la notificazione alle altre parti della dichiarazione di impugnazione di un provvedimento penale limitata ai capi concernenti gli interessi civili, da eseguirsi entro tre giorni a pena di decadenza, si perfeziona nel momento del recapito al destinatario della lettera raccomandata recante l'avviso dell'avvenuto deposito nella casa comunale.

 

La questione è riproposta in termini più circoscritti (quanto al petitum) e parzialmente diversi (quanto alla causa petenda) da quelli già esaminati da questa Corte con la sentenza n. 33 del 1986 e con le ordinanze nn. 930 e 1135 del 1988. Non è più contestata per se stessa la brevità del termine di decadenza entro il quale la dichiarazione di impugnazione deve essere notificata alle altre parti, ma si concentra la censura sul grave impedimento che all'esercizio del diritto di impugnazione della parte civile deriva dalla combinazione del termine col requisito della consegna della raccomandata al destinatario quale momento perfezionativo della notifica.

 

Perciò, ai fini dell'art. 3 Cost., invocato come ulteriore parametro di incostituzionalità in connessione alla denunciata violazione dell'art. 24, il termine di comparazione non è più identificato nell'art. 199-bis dello stesso codice di procedura penale o nell'art. 325 del codice di procedura civile, bensì nell'art. 140 di quest'ultimo.

 

2. - La questione è fondata.

 

L'unione processuale dell'azione civile a quella penale giustifica - in considerazione delle esigenze cautelari caratteristiche di questo tipo di processo - l'assoggettamento della parte che impugna la sentenza per i soli interessi civili all'onere di notificare la dichiarazione alle altre parti entro il breve termine di tre giorni, a pena di inammissibilità dell'impugnazione. Non giustifica, invece, l'estensione del criterio dell'art. 169 per cui la notifica si intende perfezionata solo alla data risultante dall'avviso di ricevimento della raccomandata spedita dall'ufficiale giudiziario.

 

Tale criterio ha una ragion d'essere limitatamente ai casi, come appunto quelli previsti dall'art. 169, in cui la notifica ha la funzione di far decorrere un termine assegnato al destinatario per il compimento di certi atti: la decorrenza degli effetti della notificazione dal ricevimento della raccomandata garantisce all'interessato la disponibilità dell'intero termine per prendere cognizione dell'atto notificato ed esaminare in cancelleria i documenti inerenti. Quando invece, come nel caso dell'art. 202, secondo comma, la notifica non stabilisce il dies a quo di un termine a carico del destinatario, ma è essa stessa soggetta a un termine che il notificante deve osservare a pena di decadenza dal suo diritto, la regola che ne fa coincidere il perfezionamento con la ricezione dell'avviso raccomandato, mentre non soddisfa esigenze di tutela di interessi apprezzabili delle altre parti, rende alla parte civile gravemente difficoltoso, se non impossibile, l'esercizio del diritto di difesa.

 

3.-La violazione dell'art. 24 Cost. è accentuata da una valutazione della disciplina in esame riferita anche all'art. 3 Cost.

 

Tale disciplina, oltre che irragionevole in se stessa per le considerazioni sopra esposte, lo è anche comparativamente, quando sia messa a confronto con la disciplina della notifica delle impugnazioni nel codice di procedura civile. In situazioni analoghe a quelle di cui è causa l'art. 140 di questo codice considera perfezionata la notificazione nel momento in cui l'ufficiale giudiziario, a completamento delle altre formalità prescritte dalla legge, spedisce la lettera raccomandata con avviso di ricevimento, mentre è irrilevante la data di arrivo all'indirizzo del destinatario.

 

Il rilievo che nel nostro caso l'azione civile è inserita nel processo penale non vale a escludere l'omogeneità dei termini del confronto, e quindi la possibilità di trarre dall'art. 140 cod. proc. civ. un modello normativo al quale riferirsi per riportare la disciplina delle modalità di notifica della dichiarazione di impugnazione nei limiti del < rispetto del diritto di difesa e del principio di razionalità> (cfr. sent. n. 213 del 1975). Poichè l'onere di notifica imposto all'impugnante dall'art. 202 cod. proc. pen. non risponde ad esigenze proprie del processo penale, ma è una formalità derivante dai principi del processo civile relativi alla costituzione del contraddittorio (formalità, peraltro, non conservata dal nuovo codice del 1988, secondo il quale alla notifica provvede senza ritardo il cancelliere: art. 584, integrato dall'art. 164 disp. att.), il criterio di pari trattamento in pari causa vuole che anche le modalità della notifica dell'avvenuto deposito di copia dell'atto nella casa comunale siano improntate alla regola del codice di procedura civile.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 169, ultimo comma, 175 e 202, secondo comma, del codice di procedura penale del 1930, nella parte in cui prevede che la notificazione nelle forme stabilite dall'art. 169, ultimo comma, dell'impugnazione di una sentenza o di un altro provvedimento penale per i soli interessi civili si perfeziona al momento del recapito dell'avviso raccomandato al destinatario, anzichè al momento della spedizione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26/09/90.

 

Giovanni CONSO, PRESIDENTE

 

Luigi MENGONI, REDATTORE

 

Depositata in cancelleria il 16/10/90.