Sentenza n. 448 del 1990

 CONSULTA ONLINE 

 

SENTENZA N.448

 

ANNO 1990

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

 

Prof. Francesco SAJA, Presidente

 

Prof. Giovanni CONSO

 

Prof. Ettore GALLO

 

Dott. Aldo CORASANITI

 

Prof. Giuseppe BORZELLINO

 

Dott. Francesco GRECO

 

Prof. Renato DELL'ANDRO

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi promossi con ricorsi della Regione Toscana notificati il 27 aprile 1990, depositati in cancelleria il 5 maggio 1990, per conflitti di attribuzione sorti a seguito degli artt. 1, 7 e 8 del decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste 8 febbraio 1990, n. 34 (Regolamento recante disposizioni di adattamento alla realtà nazionale del regime di aiuto per l'estensivizzazione della produzione di cui al regolamento C.E.E. del Consiglio delle Comunità europee n. 797/85) e degli artt. 1, 8 e 9 del decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste 8 febbraio 1990, n. 35 (Regola mento recante disposizioni di adattamento alla realtà nazionale del regime di aiuti per il ritiro dei seminativi dalla produzione di cui al regolamento C.E.E. del Consiglio delle Comunità europee n. 797/85), ed iscritti ai nn. 14 e 15 del registro conflitti 1990.

 

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nell'udienza pubblica del 10 luglio 1990 il Giudice relatore Mauro Ferri;

 

uditi l'avvocato Mario P. Chiti per la Regione Toscana e l'Avvocato dello Stato Paolo D'Amico per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1.- Con ricorso notificato il 27 aprile l990, la Regione Toscana ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in ordine agli arti. 1, 7 e 8 del decreto dei Ministro dell'agricoltura e delle foreste 8 febbraio 1990 n. 34, intitolato "Regolamento recante disposizioni di adattamento alla realtà nazionale del regime di aiuto per l'estensivizzazione della produzione di cui al regolamento C.E.E. del Consiglio delle Comunità europee n. 797/85".

 

La ricorrente premette che il decreto ministeriale impugnato interviene nel contesto della disciplina, essenzialmente comunitaria, rivolta al miglioramento dell'efficienza delle strutture agricole, dettata, oltre che dal citato regolamento n. 797/85, dai successivi n. 1094/88 del Consiglio e nn. 1272 e 1273/88 della Commissione. Dal quadro normativo vigente in materia, costituito dall'art. 6 del d.P.R. n. 616 del 1977, dall'art. 5 della legge 8 novembre 1986, n. 752 (Legge pluriennale per l'attuazione degli interventi programmati in agricoltura), nonchè dalle più recenti leggi 16 aprile 1987, n. 183 (art. 11) e 9 marzo 1989, n. 86 (artt. 4 e 9). in tema di attuazione degli atti normativi comunitari, risulta, prosegue la ricorrente. la competenza regionale in ordine all'applica2áone dei regolamenti comunitari (nel caso di specie, in materia di agricoltura); la specifica responsabilità regionale per l'attuazione del regolamento C.E.E. n. 797/85, ivi compresi gli interventi finanziari; le modalità dei trasferimenti finanziari alle regioni attraverso il Fondo di rotazione istituito con la citata legge n. 183 del 1987; l'insussistenza, infine, di alcuna delle situazioni previste dall'art. 71 del d.P.R. n. 616177 che possono giustificare la permanenza delle competenze statali, in particolare di quella relativa ad "interventi di interesse nazionale per la regolazione del mercato agricolo".

 

Inoltre, il regolamento C.E.E. in esame é finalizzato ad interventi strutturali, che non possono in alcun modo essere confusi con interventi relativi a prezzi e termini del mercato agricolo (cfr. sentenza di questa Corte n. 433 del 1987).

 

Infine, le deliberazioni del C.I.P.E. del 12 settembre 1989 e del 15 marzo 1990 confermano il ruolo primario delle regioni in materia, riconoscendo ad esse per l'anno 1990 661,800 miliardi, di cui 403 per l'attuazione del solo regolamento n. 797/85, mentre al Ministero dell'agricoltura e all'A.I.M.A. spettano - per la realizzazione di particolari interventi orizzontali o interregionali - solo 83 miliardi complessivi e 10 por il citato regolamento.

 

Tutto ciò premesso, la ricorrente rileva che l'impugnato decreto ministeriale n. 34 dell'8 febbraio 1990 modifica il delineato quadro delle competenze, relativamente al regime di aiuto per l'estensivizzazione della produzione e viola, negli arti. 1, 7, e 8, gli artt. 117 e 118 della Costituzione, in relazione alla normativa sopra citata.

 

In particolare, la regione osserva quanto segue.

 

A) L'art. 1, terzo comma, rompe l'ordine legittimo delle competenze prevedendo che "l'intervento é attuato dal Ministero dell'agricoltura e delle foreste, dal Ministero dei tesoro, dalle regioni a statuto ordinario, dalle regioni a statuto speciale e dalle province autonome di Trento e Bolzano".

 

Rispetto al sistema precedente, affidato alla esclusiva competenza delle regioni e delle province autonome (cfr. in particolare il decreto ministeriale 16 gennaio 1989, n. 34, ora sostituito con il decreto ministeriale 8 febbraio 1990, n. 35, impugnato con separato ricorso), viene introdotto un nuovo ruolo di intervento diretto del Ministero dell'agricoltura e del Ministero del tesoro, in contrasto evidente con la richiamata normativa.

 

Il sistema dei finanziamenti e degli aiuti finalizzati al miglioramento della efficienza delle strutture agrarie, ed alle altre finalità di politica agricola strutturale, si é sempre incentrato sul ruolo regionale, rispetto al quale il Ministero e, più di recente, il Fondo regionale ex legge n. 183/1987 hanno svolto attività meramente integrative. Basti pensare all'ammontare degli interventi finanziari per l'attuazione dei regolamento n. 797/85 affidati dalla delibera C.I.P.E. del 15 marzo 1990 alle regioni e quelli, ben più modesti globalmente e finalizzati a problemi particolari, riconosciuti al Ministero ed al Fondo di rotazione.

 

É allora evidente che il decreto ministeriale impugnato altera del tutto illegittimamente il sistema delle competenze in materia, attribuendo uno specifico ruolo al Ministero dell'agricoltura ed al Ministero del tesoro, non giustificato nè giustificabile.

 

 

B) Il disegno istituzionale sotteso all'impugnato decreto ministeriale n. 34/1990 ulteriormente si chiarisce nella sua incostituzionalità in riferimento anche al disposto degli arti. 7 e 8, rispettivamente riguardanti le domande di aiuto, l'istruttoria delle domande ed i controlli.

 

Sviluppando il principio generale di cui all'art. 1, terzo comma, che affida anche allo Stato la responsabilità dell'intervento, l'art. 7 prevede che le domande per ottenere la concessione dei contributi siano indirizzate dagli interessati sia al Ministero che alle regioni.

 

Anche per quanto riguarda l'istruttoria delle domande, l'erogazione dei contributi ed i controlli, l'art. 8 del decreto ministeriale impugnato modifica il precedente sistema, mantenendo alle regioni solo il ruolo di ente responsabile per la fase istruttoria. Per di più sotto un'inedita forma di controllo del Ministero (art. 8, secondo comma), che la eserciterà anche avvalendosi del Corpo forestale dello Stato.

 

Per apprezzare appieno l'illegittimità delle nuove disposizioni é opportuno ricordare che analoghe norme precedenti (contenute nel già citato decreto ministeriale 16 gennaio 1989, n. 34) prevedevano che le domande di contributo fossero presentate esclusivamente alle regioni, le quali provvedevano poi anche all'istruttoria e all'emissione dell'atto di liquidazione dell'importo degli aiuti. Ancora le regioni, in modo esclusivo, avevano il potere di controllo sulle aziende beneficiarie. Allo Stato veniva unicamente riconosciuto di essere tenuto informato sull'attività svolta dalle regioni, sui problemi da loro incontrati e sugli eventuali casi di accertate, gravi irregolarità per gli adempimenti previsti in sede comunitaria.

 

Contrariamente a questo corretto modello, il nuovo decreto ministeriale n. 34 del 1990 vanifica completamente il principio che le regioni sono i soggetti responsabili per l'attuazione delle politiche comunitarie, ed in particolare del regolamento C.E.E. n. 797 del 1985. Il ruolo principale viene adesso assunto dal Ministero dell'agricoltura - con l'apporto dei Corpo forestale dello Stato - rispetto al quale le regioni risultano solo gli enti cui é demandato un mero potere istruttorio, per di più controllato annualmente ancora dagli organi dello Stato.

 

Il carattere assorbente dei sopraesposti rilievi, conclude la ricorrente, rende superfluo approfondire altri motivi connessi all'improprio avvalimento del Corpo forestale da parte del Ministero dell'agricoltura, in spregio al principio che il Corpo forestale dello Stato é alle dipendenze funzionali delle regioni.

 

2.- Con ricorso notificato anch'esso il 27 aprile 1990, la Regione Toscana ha altresì sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in ordine agli artt. 1, 8 e 9 del decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste 8 febbraio 1990, n. 35, intitolato "Regolamento recante disposizioni di adattamento alla realtà nazionale del regime di aiuti per il ritiro dei seminativi dalla produzione di cui al regolamento C.E.E. del Consiglio delle Comunità europee n. 797/85".

 

La ricorrente, precisato che il decreto ministeriale impugnato sostituisce espressamente (peraltro con una motivazione generica e comunque tale da non alterare l'ordine istituzionale delle competenze) il precedente già citato decreto 16 gennaio 1989, n. 34, nel quale era invece riconosciuta la competenza delle regioni in materia, svolge, avverso gli artt. 1, secondo comma, 8 e 9 del decreto stesso (di contenuto analogo a quello degli arti. 1, terzo comma, 7 e 8 del coevo decreto ministeriale n. 34 sopra esaminato) argomentazioni sostanzialmente identiche a quelle di cui al ricorso sub I.

 

3.- Si é costituito in entrambi i giudizi il Presidente del Consiglio dei ministri, concludendo per l'infondatezza dei ricorsi.

 

L'Avvocatura generale osserva, quanto agli artt. 1, terzo comma, del decreto ministeriale n. 34 e 1, secondo comma, del decreto ministeriale n. 35, che trattasi di disposizioni più descrittive e di sintesi che direttamente operative, limitandosi esse a rendere esplicito il ruolo già svolto in materia dagli organi dello Stato.

 

Per quanto concerne le altre censure, l'Avvocatura, rilevato che esse appaiono rivolte più precisamente a quelle parti delle norme denunciate che prevedono che la domanda di aiuto sia Presentata in doppio originale, uno al Ministero e l'altro alla regione, e che il Ministero effettua controlli in loco, avvalendosi anche del Corpo forestale dello Stato, osserva che sussistono responsabilità dello Stato verso la Comunità per la leale applicazione della normativa C.E.E. e per la corretta attribuzione degli aiuti. Doveroso, quindi, prima che legittimo é il duplice "monitoraggio", in fase di domanda e in fase di controllo in loco; del resto, la redazione degli elenchi degli aventi diritto, attività centrale della procedura, é affidata alle regioni.

 

L'Avvocatura conclude rilevando che entrambi i regolamenti in esame perseguono interessi nazionali, con inevitabile adozione di metodi e standards uniformi sull'intero territorio nazionale.

 

Considerato in diritto

 

1. -Con i ricorsi in esame la Regione Toscana solleva conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in ordine ad alcune norme dei decreti del Ministro dell'agricoltura e delle foreste nn. 34 e 35 dell'8 febbraio 1990, recanti disposizioni di adattamento alla realtà nazionale rispettivamente del regime di aiuto per l'estensivizzazione della produzione e del regime di aiuto per il ritiro di seminativi dalla produzione: tali regimi sono stati istituiti dal regolamento C.E.E. del Consiglio n. 797/85, come modificato dal regolamento n. 1094/88, e le relative modalità di applicazione sono state dettate dai regolamenti della Commissione nn. 1272/88 e 4115/88.

 

Per la sostanziale identità delle norme impugnate e delle relative censure, i giudizi vanno riuniti e decisi con unica sentenza.

 

2. - Deve, innanzitutto, rilevarsi che la ricorrente non censura in radice gli indicati decreti ministeriali, non contesta, cioé, in linea generale, la legittimità, nei casi in esame, della interposizione di una normativa statale recante modalità applicative uniformi dei regolamenti comunitari in questione, bensì si limita a denunciare soltanto alcune ben precise disposizioni dei decreti stessi: ciò è ulteriormente dimostrato dal fatto che la ricorrente opera un continuo confronto tra le norme impugnate ed analoghe disposizioni di un precedente provvedimento ritenuto da essa stessa corretto (d.m. 16 gennaio 1989, n. 34).

 

Tanto precisato, vanno in primo luogo esaminate le censure avverso le norme di cui agli artt. 1, terzo comma, del decreto n. 34 e 1, secondo comma, del decreto n. 35, i quali, con formulazione pressochè identica, stabiliscono che < l'intervento è attuato dal Ministero dell'agricoltura e delle foreste (in appresso denominato Ministero), dal Ministero del tesoro, dalle regioni a statuto ordinario, dalle regioni a statuto speciale e dalle province autonome di Trento e Bolzano>; (nel decreto n. 35 non è compresa la provincia di Trento, in quanto esentata dall'applicazione del regime di ritiro dei seminativi dalla produzione ai sensi dell'ultimo comma dello stesso art. 1, mentre è aggiunta l'A.I.M.A.).

 

Lamenta la ricorrente che tali disposizioni, introducendo un ruolo diretto, prima non previsto, dei Ministeri dell'agricoltura e del tesoro nell'attuazione dei regimi di aiuto in esame, violano le competenze regionali in tema di applicazione di regolamenti comunitari, nella specie in materia agricola (artt. 117 e 118 della Costituzione, 6 del d.P.R. n. 616 del 1977).

 

In ordine alle anzidette censure i conflitti sono inammissibili.

 

Le norme impugnate contengono una mera elencazione, senza ulteriori specificazioni, dei soggetti ai quali è demandata l'attuazione degli interventi previsti dai regolamenti comunitari cui si riferiscono i decreti ministeriali in discussione. Poichè, da un lato, la ricorrente non contesta in radice la presenza di qualsivoglia attività degli organi statali nell'iter procedurale di detti interventi (com'è anche dimostrato dal rilievo che essa non impugna altre norme che prevedono una tale presenza ed anzi riconosce la legittimità di un intervento statale, sia pure < integrativo>), e, dall'altro, le norme in esame non precisano quale sia il ruolo e la funzione attribuiti ai singoli soggetti elencati (nè può al riguardo avere alcun rilievo l'ordine in cui gli stessi sono menzionati), deve concludersi che avverso le norme stesse, di contenuto di per sè generico e meramente descrittivo, vi è carenza di interesse a ricorrere da parte della Regione Toscana.

 

3.-La ricorrente impugna, in secondo luogo, le disposizioni contenute negli artt. 7 del decreto ministeriale n. 34 e 8 del decreto ministeriale m 35, relativi alle < domande di aiuto>.

 

Va premesso che le censure vanno circoscritte al solo primo comma delle citate norme, che stabilisce, in maniera sostanzialmente identica per entrambi gli articoli, che il richiedente, per ottenere la concessione dell'aiuto, deve compilare la domanda in duplice copia, da indirizzare una al Ministero e l'altra ai competenti uffici delle regioni; solo di ciò, infatti, la Regione si lamenta, sostenendo che l'invio di una copia della domanda al Ministero (mentre nel precedente decreto ministeriale 16 gennaio 1989, n. 34 era previsto che la domanda fosse presentata solo alle regioni) lederebbe le proprie competenze in materia di attuazione di regolamenti comunitari, riconosciute dalle norme sopra indicate.

 

I ricorsi non sono fondati.

 

Le norme impugnate, di natura procedurale, sono dirette ai soggetti richiedenti, ai quali fanno obbligo, come detto, di compilare la domanda in duplice copia e di inviarne una al Ministero: tale obbligo è evidentemente imposto a fini meramente conoscitivi, in quanto nè le norme stesse, nè altre successive attribuiscono al Ministero alcun potere di decisione sulle domande medesime Anzi, il primo comma dell'art. 8 del decreto ministeriale n. 34, e l'analogo primo comma dell'art. 9 del decreto ministeriale n. 35, dispongono che spetta alle regioni accertare la rispondenza alla normativa vigente dal punto di vista amministrativo dell'impegno sottoscritto dal richiedente e della relativa domanda di aiuto, e quindi inviare al Ministero gli elenchi delle aziende aventi diritto al pagamento degli aiuti.

 

Ciò posto, va escluso che le norme censurate ledano le competenze della ricorrente.

 

4.-La ricorrente impugna, infine, gli artt. 8 del decreto ministeriale n. 34 e 9 del decreto ministeriale n. 35, i quali, al primo comma, come detto al numero precedente, attribuiscono alle regioni il potere di istruire le domande e di inviare gli elenchi degli aventi diritto al Ministero, e, al secondo comma, identicamente dispongono che < il Ministero, avvalendosi anche del Corpo forestale dello Stato e in collaborazione con le regioni e le province autonome, fatta salva ogni altra disposizione di più ampia portata in materia di controlli, effettua ogni anno controlli in loco>, secondo le modalità prescritte dai regolamenti comunitari.

 

Ad avviso della ricorrente, le indicate norme violano le proprie competenze in materia di attuazione di regolamenti comunitari, in quanto riconoscono ad essa una mera funzione istruttoria, ed attribuiscono al Ministero un inedito potere di controllo, per di più con l'< avvalimento> del Corpo forestale dello Stato, che è invece alle dipendenze funzionali delle regioni: il tutto, anche in questo caso, a differenza di quanto previsto nel precedente decreto n. 34 del 1989, in base al quale le regioni, oltre all'istruttoria, provvedevano anche all'emissione dell'atto di liquidazione dell'importo degli aiuti ed esercitavano in via esclusiva il controllo sulle aziende beneficiarie, salvo a tener informato il Ministero dell'attività svolta.

 

I ricorsi non sono fondati.

 

Premesso che, in ordine a queste censure come alle precedenti, non ha evidentemente di per sè alcun rilievo ai fini della decisione la differenza di formulazione delle norme impugnate rispetto a quelle adottate in altro provvedimento ritenuto dalla ricorrente legittimo, va rilevato, quanto al primo comma, che, posto anche che il silenzio delle norme effettivamente comporti che la liquidazione degli aiuti sia effettuata per entrambi i regimi dagli organi statali, ciò non è sufficiente a concretizzare una lesione delle competenze regionali. Trattasi, invero, di una modalità procedurale attinente ad una fase meramente esecutiva dell'iter di concessione dei benefici in questione, mentre ciò che conta è che, come detto al numero precedente, l'attività fondamentale della procedura, cioè quella decisionale in ordine alla individuazione dei soggetti aventi diritto agli aiuti, è espressamente attribuita alle regioni: tanto basta a far salve le competenze regionali.

 

Deve, peraltro, osservarsi che, quanto meno in ordine al decreto ministeriale n. 35 - relativo al regime di aiuti per il ritiro di seminativi dalla produzione-, il fatto che il pagamento dei benefici sia effettuato dallo Stato risponde pienamente alle prescrizioni comunitarie. Si legge, infatti, nell'ultimo < considerando> del regolamento n. 1094/88 che, poichè il regime di ritiro delle terre dalla produzione, oltre a inserirsi nell'azione comune intesa a migliorare l'efficienza delle strutture agrarie, si prefigge anche l'obiettivo di contribuire a ripristinare l'equilibrio tra la produzione e la capacità del mercato, è opportuno che esso sia considerato anche quale intervento destinato a regolarizzare i mercati agricoli, ai sensi del regolamento C.E.E. n. 729/70, e sia, pertanto, finanziato in parti uguali dalla sezione < garanzia> e dalla sezione < orientamento> del FEOGA, ma con applicazione in ogni caso delle modalità finanziarie della sezione garanzia; così poi dispone il citato regolamento n. 1094/88 all'art. 1, paragrafo 1, lettera b, e ciò è confermato dal telex 12 giugno 1989 della Commissione delle Comunità europee citato nelle premesse del decreto impugnato e depositato dall' Avvocatura dello Stato.

 

In conformità, pertanto, a tali modalità finanziarie della sezione garanzia dettate in sede comunitaria, l'attività di erogazione degli aiuti è correttamente svolta dallo Stato, ed in particolare dall'A.I.M.A., quale organismo d'intervento dello Stato italiano nella materia della organizzazione comune dei mercati agricoli (art. 3, primo comma, lettere a ed e, della legge 14 agosto 1982, n. 610).

 

Passando alla censura concernente il secondo comma delle norme impugnate, in materia di controlli in loco (successivi all'erogazione degli aiuti) sulle aziende beneficiarie, va rilevato che i regolamenti comunitari (v. artt. 14, 15 e 16 del regolamento n. 1272/88; 15, 16 e 17 del regolamento n. 4115/88) impongono agli Stati membri di adottare rigorose forme di controllo < per garantire che gli impegni siano rispettati dai beneficiari>, prevedendo che, in caso di irregolarità importanti, ne sia immediatamente informata la Commissione, e che, in base ai controlli effettuati, venga elaborato un rapporto particolareggiato sull'adempimento degli impegni. Il mancato rispetto di questi comporta, poi, salvo il caso di forza maggiore, l'applicazione di sanzioni finanziarie che, nei casi gravi, devono almeno prevedere il recupero dell'aiuto indebitamente versato, maggiorato degli interessi. É, infine, stabilito che gli Stati membri trasmettano annualmente alla Commissione una dettagliata relazione sull'applicazione dei regimi in questione.

 

Dal complesso di tali disposizioni emerge che sussiste evidentemente una responsabilità dello Stato verso la Comunitàin ordine alla attuazione dei regimi stessi e, in particolare, alla corretta utilizzazione degli aiuti, anche perchè le conseguenze finanziarie derivanti dall'impossibilità di recuperare le somme versate sono a carico della Comunità (cfr. artt. 15 del reg. n. 1272/88 e 16 del reg. n. 4115/88).

 

Ciò è sufficiente a far ritenere legittime le norme impugnate, le quali, d'altra parte, da un lato non escludono - come si evince dall'inciso < fatta salva ogni altra disposizione di più ampia portata prescritta in materia di controlli> e come ritiene la stessa Avvocatura dello Stato- che le regioni esercitino in materia i poteri di controllo ad esse in linea generale riconosciuti, e, dall'altro, si limitano ad affiancare il Ministero alle regioni stesse nell'attività di controllo in loco: questa è infatti effettuata < in collaborazione> con le regioni, vale a dire con la loro diretta e paritaria partecipazione. Del resto, questa Corte ha varie volte avuto modo di sottolineare l'importanza che il principio di cooperazione riveste, tanto più nella sua forma più autentica e originaria (quella, appunto, paritaria), al fine di instaurare più efficienti raccordi tra l'amministrazione dello Stato e quella regionale (cfr. sentt. nn. 1029 e 1031 del 1988, 242 e 407 del 1989).

 

Quanto, infine, all'asserito illegittimo avvalersi, da parte del Ministero, per l'effettuazione dei controlli, del Corpo forestale dello Stato, la censura è chiaramente infondata.

 

Va, innanzitutto, rilevato che questa Corte ha ritenuto in linea generale legittima la facoltà dello Stato di avvalersi di uffici regionali (nell'ambito della necessaria cooperazione che presiede ai rapporti tra apparati statali e regionali), con la sola precisazione che, qualora ciò comporti alterazioni significative nell'organizzazione degli uffici o turbamenti sostanziali nello svolgimento della normale attività degli uffici stessi, tale facoltà può essere esercitata dallo Stato non con atto unilaterale, ma previa intesa con la regione interessata (cfr. sentt. nn. 216 del 1987 e 996 del 1988).

 

Ora, a prescindere dal rilievo che nel caso di specie è ben difficile sostenere che si verifichino tali condizioni, vi è anche la garanzia consistente nel fatto che i controlli in questione, e quindi anche l'utilizzazione del Corpo forestale, avvengono, come detto, < in collaborazione> tra Stato e regioni.

 

É, d'altro canto, evidente che non si può parlare nel caso in esame di una ipotesi di utilizzazione di uffici regionali da parte dello Stato, dal momento che il suddetto Corpo forestale non può essere considerato un < ufficio regionale>.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riuniti i giudizi,

 

a) dichiara inammissibili i conflitti di attribuzione proposti, in ordine agli artt. 1, terzo comma, del decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste 8 febbraio 1990, n. 34, e 1, secondo comma, del decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste 8 febbraio 1990, n. 35, dalla Regione Toscana con i ricorsi in epigrafe, in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione;

 

b) dichiara che spetta allo Stato: 1) richiedere ai soggetti interessati, a fini conoscitivi, copia della domanda per la concessione dei benefici relativi ai regimi di aiuto per l'estensivizzazione della produzione e per il ritiro di seminativi dalla produzione, previsti dal regolamento C.E.E. n. 797/85 del Consiglio - come modificato dal regolamento n. 1094/88-e dai regolamenti C.E.E. nn. 1272/88 e 4115/88 della Commissione;

 

2) provvedere, sulla base degli elenchi delle aziende aventi diritto inviati dalle regioni, alla erogazione dell'importo dei benefici medesimi;

 

3) effettuare annualmente, avvalendosi anche del Corpo forestale dello Stato e in collaborazione con le regioni, controlli in loco sulle aziende beneficiarie degli aiuti per garantire il rispetto della richiamata normativa comunitaria.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26/09/90.

 

Francesco SAJA, PRESIDENTE

 

Mauro FERRI, REDATTORE

 

Depositata in cancelleria il 12/10/90.