Sentenza n. 88 del 1989

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SENTENZA N.88

ANNO 1989

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Marche approvata il 26 luglio 1988 e riapprovata il 29 settembre 1988 dal Consiglio regionale, avente per oggetto: Modifiche alla legge regionale 6 giugno 1980, n. 50: Organizzazione amministrativa della Regione" e alla legge regionale 31 ottobre 1984, n. 31: Disposizioni sull'ordinamento giuridico e sul trattamento economico dei dipendenti regionali6, e successive modificazioni> promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 19 ottobre 1988, depositato in cancelleria il 27 ottobre 1988 ed iscritto al n. 35 del registro ricorsi 1988.

Visto l'atto di costituzione della Regione Marche;

udito nell'udienza pubblica del 24 gennaio 1989 il Giudice relatore Mauro Ferri;

udito l'Avvocato dello Stato Gaetano Zotta per il ricorrente.

 

Considerato in diritto

 

1.-Il ricorso del Governo contesta la legittimità costituzionale della legge della Regione Marche approvata il 26 luglio 1988 e riapprovata, dopo il rinvio governativo, il 29 settembre dello stesso anno.

L'impugnativa é diretta in particolare avverso tre norme della legge in esame, la prima delle quali, posta all'articolo 1, quarto comma, lettera c), in relazione anche all'art. 4, lettera e), prevede che i profili professionali del contingente del personale del Consiglio regionale siano definiti mediante apposito regolamento del Consiglio medesimo dopo aver sentito le organizzazioni sindacali.

Ad avviso del ricorrente la norma costituirebbe violazione del combinato disposto degli artt. 2 e 3 della legge quadro sul pubblico impiego 29 marzo 1983 n. 93, che demanda la determinazione e descrizione dei profili professionali, nell’ambito di ciascuna qualifica funzionale, agli accordi contemplati nella detta legge. Donde il Governo deduce: a) violazione dell'art. 117 Cost., derivata dalla violazione della ripetuta legge quadro, quale principio fondamentale della materia; b) violazione del principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 Cost., in relazione agli altri dipendenti della Regione Marche ed agli altri dipendenti pubblici in generale; c) violazione della riserva di legge prevista dall'art. 97, primo comma, Cost., essendo demandata a norme regolamentari la disciplina degli uffici del Consiglio Regionale.

La questione non é fondata sotto nessuno dei profili prospettati.

Esaminando in ordine di antecedenza logica l'ultimo di questi, occorre osservare che, in linea generale, la riserva di legge di cui all'art. 97 Cost. non esclude certamente la potestà di disciplinare con norme regolamentari, di carattere integrativo e sussidiario, l'organizzazione ed il funzionamento dei pubblici uffici. Nell'ambito di questi limiti i regolamenti detti <di organizzazione> traggono la propria legittimazione dall’esistenza di norme primarie idonee a concretamente e sufficientemente delimitare l'esercizio, da parte della pubblica Amministrazione, di detto potere di normazione secondaria.

Ciò posto, la norma di legge impugnata costituisce attuazione degli artt. 14 e 15 dello Statuto regionale - i quali (analogamente a quanto hanno previsto tutte le altre Regioni) garantiscono l'autonomia organizzativa e funzionale del Consiglio Regionale - e, nel demandare al regolamento interno la definizione dei profili professionali del personale del Consiglio, si limita ad affidare a tale strumento l’integrazione di disposizioni meramente funzionali all'attività dell'organo, secondo direttive già sufficientemente delineate dalla legge stessa.

Sono infatti stabiliti per legge sia il numero dei servizi in cui é articolata l'organizzazione amministrativa del Consiglio Regionale, sia il contingente complessivo del personale in servizio e la sua distribuzione per qualifiche funzionali.

All'interno di dette previsioni, affidare allo strumento regolamentare l'individuazione delle figure professionali che l'organo considera funzionali alla propria attività certamente non esorbita dai limiti prima indicati e non costituisce quindi violazione della riserva di legge prevista dall'art. 97, primo comma, Cost.

La portata della norma, quale ora precisata, esclude del pari che sia ravvisabile un contrasto con gli artt. 2 e 3 della legge quadro sul pubblico impiego 29 marzo 1983 n. 93 e quindi una violazione dell'art. 117 della Costituzione.

Le discipline in raffronto si pongono infatti su piani diversi e possono certamente coesistere nel senso che mentre i criteri per la determinazione delle qualifiche funzionali e dei profili professionali in ciascuna di esse compresi, nonché l’identificazione delle qualifiche in rapporto alle mansioni espletate, rimangono regolati rispettivamente dagli artt. 2 e 3 della citata legge quadro, ciò non toglie che al Consiglio Regionale spetti comunque la competenza a stabilire, in sede di regolamento interno, quali siano le figure professionali necessarie alla propria organizzazione amministrativa.

Quanto ora detto rende altresì inconferente ogni richiamo al rispetto del principio di eguaglianza in relazione agli altri dipendenti della Regione, o agli altri dipendenti pubblici in generale, poiché non solo la norma impugnata non comporta disparità di trattamento nello stato giuridico o nel trattamento economico dei dipendenti del Consiglio Regionale, ma la stessa attribuzione in concreto dei profili professionali a ciascun dipendente resta disciplinata dall'esplicito richiamo alle vigenti leggi in materia effettuato dall'art. 4 lettera e) della legge in esame.

2.-La seconda questione sollevata dal ricorso concerne l'art. 2 della legge regionale, nella parte in cui prevede una dotazione organica della seconda qualifica dirigenziale (dieci unità) non correlata al numero massimo dei servizi (quattro) fissato dal precedente art. 1; il che, sostiene l'Avvocatura dello Stato, contrasterebbe con la normativa contrattuale, recepita con la legge regionale 31 ottobre 1984 n. 31, che individua la seconda qualifica dirigenziale al livello di responsabili delle strutture organizzative di secondo grado.

Da ciò conseguirebbero, ad avviso del ricorrente, due profili di illegittimità costituzionale: non solo violazione della detta normativa contrattuale, e quindi in via mediata dell'art. 117 Cost., ma anche del principio di buon andamento Dell'amministrazione di cui all'art. 97, primo comma, Cost., poi che l'aumento del numero dei dirigenti di massimo livello in servizio presso il Consiglio, ferma restando la dotazione organica regionale complessiva, priverebbe dei relativi responsabili alcuni servizi regionali alterando l'attuale corrispondenza tra numero dei servizi esistenti e numero dei dirigenti da preporre agli stessi.

Sotto il primo dei detti profili la questione é infondata.

La legge regionale n. 31 del 31 ottobre 1984 non postula necessariamente, nella tabella A ad essa allegata, un'assoluta corrispondenza tra numero dei servizi ed organico del personale della seconda qualifica dirigenziale poiché questi ultimi: <esercitano le proprie funzioni a livello di responsabili delle strutture organizzative di secondo grado...e/o per compiti di studio, ricerca ed elaborazione complesse, etc>. In conseguenza, l'organico di 10 unità previsto dalla norma in esame, pur se superiore al numero massimo dei servizi in cui si articola la struttura amministrativa del Consiglio Regionale, non può essere ritenuto illegittimo, potendo i dirigenti venire adibiti ai compiti di studio e di ricerca prima citati, che sono altrettanto <tipici> delle loro funzioni istituzionali (quali delineate nella citata legge regionale n. 31 del 1984) e che appaiono naturalmente correlati all'attività dell'assemblea legislativa regionale.

In ordine al secondo profilo d'illegittimità costituzionale prospettato avverso l'art. 2 della legge, la Regione Marche ha sollevato eccezione d'inammissibilità in quanto del tutto assente nell'atto di rinvio al Consiglio Regionale precedentemente compiuto dal Governo.

L'eccezione é fondata.

Questa Corte ha più volte sottolineato (sentt. n. 8 del 1967, n. 147 del 1972, n. 212 del 1976, n. 107 del 1983, n. 217 del 1987) che, stante la sostanziale unitarietà del procedimento previsto dall'art. 127 Cost. -nelle due distinte fasi del rinvio governativo al Consiglio Regionale e dell'eventuale impugnazione della legge, ove questa sia stata riapprovata - i motivi prospettati nel ricorso devono essere prefigurati, quantomeno nelle loro linee essenziali, nell'atto di rinvio per il riesame; ciò al fine di porre il Consiglio Regionale nella condizione di poter utilmente conoscere i dubbi di legittimità prospettati e quindi di poterli eliminare in sede di riesame oppure di contestarne la fondatezza.

Nel caso di specie si riscontra in effetti un'evidente divergenza tra l'osservazione al punto n. 2 del rinvio governativo, che rileva (in riferimento all'art. 117 Cost.) una dotazione organica della seconda qualifica dirigenziale <non correlata al numero dei servizi (del Consiglio Regionale) risultanti dal precedente art. 1.> e l'ulteriore profilo dedotto solo in sede di ricorso che tende invece a censurare, in riferimento ad un'altra norma costituzionale (art 97, primo comma), una mancanza di correlazione di diverso tipo, e cioè tra numero dei servizi esistenti nell'intera Regione e numero complessivo dei dirigenti da preporre agli stessi.

Sotto tale profilo la questione deve pertanto ritenersi inammissibile.

3. - La terza questione sollevata dal Governo investe, infine, l'art. 5 della legge regionale, il quale, nel disciplinare le attribuzioni e la durata dell'incarico di coordinamento nell’ambito della struttura amministrativa del Consiglio Regionale, non consentirebbe di stabilire, data la sua genericità, se il numero di detti incarichi sia conforme al limite massimo previsto dall'art. 3 della legge regionale n. 31 del 1984 che recepisce il vigente accordo nazionale. Donde la presunta violazione degli artt. 97 e 117 Cost.

La questione non é fondata.

La norma disciplina le attribuzioni e la durata dell'incarico di coordinatore presso il Consiglio Regionale ma non prende affatto in considerazione il numero dei detti incarichi, ed anzi l'uso, nella lettera della legge, della locuzione <dell'incarico> al singolare fa ritenere che la norma sia pienamente conforme all'art. 3 della citata legge regionale n. 31 del 1984, che assegnava al Consiglio Regionale la facoltà di conferire un solo incarico del genere. Tale ultima norma inoltre non risulta né incompatibile né espressamente abrogata dall'art. 12 della legge di modifica ora in esame per cui nulla può indurre a ritenere che essa abbia in qualche modo modificato, sul punto, la disciplina previgente.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

a) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale della legge della Regione Marche riapprovata il 29 settembre 1988 recante: <Modifiche alla legge regionale 6 giugno 1980, n. 50: 6Organizzazione amministrativa della regione", ed alla legge regionale 31 ottobre 1984, n. 31: 6Disposizioni sull'ordinamento giuridico e sul trattamento economico dei dipendenti regionali6, e successive modificazioni>, sollevate dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe, nei confronti: - dell'art. 1, quarto comma, lettera c) in riferimento agli artt. 3, 97 e 117 Cost.; - dell'art. 2 in riferimento all'art. 117 Cost.; - dell'art. 5 in riferimento agli artt. 97 e 117 Cost.

b) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 della medesima legge regionale in riferimento all'art. 97 Cost.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22/02/89.

 

Francesco SAJA, Presidente - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL'ANDRO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI.

 

 

Depositata in cancelleria il 03/03/89.

 

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Mauro FERRI, REDATTORE