Ordinanza n.1136 del 1988

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ORDINANZA N.1136

ANNO 1988

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 131 del codi ce di procedura penale e dell'art. 1 del d.P.R. 8 agosto 1955, n. 666 (Norme di attuazione, transitorie e di coordinamento della legge 18 giugno 1955, n. 517, contenente modificazioni al codice di procedura penale), promosso con ordinanza emessa il 3 novembre 1987 dalla Sezione istruttoria della Corte d'appello di Messina nel procedimento relativo ad Autru Ryolo Luigi ed altri, iscritta al n. 63 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell'anno 1988.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 12 ottobre 1988 il Giudice relatore Giovanni Conso.

Ritenuto che la Sezione istruttoria della Corte d'appello di Messina, con ordinanza del 3 novembre 1987, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità dell'art. 131 del codice di procedura penale e dell'art.1 del d.P.R. 8 agosto 1955, n. 666 (Norme di attuazione, transitorie e di coordinamento della legge 18 giugno 1955, n. 517, contenente modificazioni al codice di procedura penale), perché <lo stesso fatto di cui si fa colpa al difensore, cioè l'abbandono di difesa dell'imputato, da luogo alla simultanea apertura di due distinti procedimenti della medesima natura (disciplinare), che seguono ciascuno la propria via davanti a organi costituzionalmente diversi e non collegati fra di loro (Consiglio dell'ordine e Sezione istruttoria), ma con poteri ugualmente afflittivi (sanzioni disciplinari) nei confronti dell'inquisito>, pur essendo identico il fatto addebitato ed identiche <la struttura e la funzione dei due giudizi>;

e che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata manifestamente in fondata;

considerato che l'ordinanza di rimessione, nel dolersi della <duplicazione> dei giudizi disciplinari, non permette di individuare con sicurezza il petitum effettivamente avuto di mira dal giudice a quo, oscillandosi in essa fra la richiesta (insita nell'affermazione che <con siffatta soluzione di compromesso ... il legislatore del 1955-riconoscendo l'autonomia istituzionale dell'ordine forense, ma al tempo stesso mortificandola con l'antica diffidenza-venne a introdurre nel sistema quell'inutile, dannoso e illogico doppione di procedimento disciplinare>) di annullare la norma che, in relazione ai casi di <abbandono della difesa> dell'imputato, legittima ad irrogare l'eventuale sanzione disciplinare il consiglio dell'ordine forense, annullamento che avrebbe l'effetto di conservare la relativa competenza alla sola sezione istruttoria della Corte d'appello, e la richiesta (insita nelle restanti parti della motivazione, oltreché nel dispositivo dell'ordinanza) di annullare la norma che, in relazione agli stessi casi, legittima ad irrogare l'eventuale sanzione disciplinare la sezione istruttoria della corte d'appello, annullamento che avrebbe l'effetto di conservare la relativa competenza al solo consiglio dell'ordine forense; e che, quindi, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile (v. sentenze n. 164 del 1985 e n. 67 del 1984).

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 131 del codice di procedura penale e dell'art. 1 del d.P.R. 8 agosto 1955, n. 666 (Norme di attuazione, transitorie e di coordinamento della legge 18 giugno 1955, n. 517, contenente modificazioni al codice di procedura penale), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dalla Sezione istruttoria della Corte d'appello di Messina con ordinanza del 3 novembre 1987.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14/12/88.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Giovanni CONSO, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 22 Dicembre 1988.