Ordinanza n.395 del 1988

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ORDINANZA N.395

ANNO 1988

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 37 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (<Istituzione dei tribunali amministrativi regionali>), promosso con ordinanza emessa l'8 maggio 1980 dal TAR del Lazio, iscritta al n. 228 del registro ordinanze 1981 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 207 dell'anno 198l.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 24 febbraio 1988 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello.

Ritenuto che nel corso di un giudizio di ottemperanza ad una sentenza di condanna al pagamento di somme, emanata dal giudice ordinario a carico dell'E.N.P.A.S., il T.A.R. Lazio, con ordinanza in data 8 maggio 1980, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 37 l. 6 dicembre 1971, n. 1034, nella parte in cui (commi secondo e terzo) attribuisce esclusivamente al Consiglio di Stato in unico grado la competenza in ordine ad alcuni ricorsi diretti ad ottenere l'adempimento dell'obbligo dell'autorità amministrativa di conformarsi al giudicato, per contrasto con gli artt. 3 e 125, comma secondo, Cost.;

che, nella fattispecie sottoposta all'esame del giudice a quo, l'ente tenuto ad eseguire la sentenza, emanata dall'autorità giudiziaria ordinaria, esercita la sua attività oltre i limiti della circoscrizione territoriale del tribunale adito;

che in tali ipotesi, ai sensi del secondo comma del citato art. 37, la cognizione e l'esecuzione dell'obbligo di conformarsi al giudicato spetta al Consiglio di Stato in unico grado, donde la rilevanza della questione sollevata, dovendo il giudice a quo declinare la propria competenza ove venisse meno la disposizione impugnata;

che oggetto dell'incidente di legittimità costituzionale é anche il terzo comma dello stesso art. 37, nella parte in cui (individuando il giudice competente all'attuazione dei giudicati amministrativi) attribuisce, in relazione al comma successivo, sempre al Consiglio di Stato la competenza in ordine ai giudizi di ottemperanza relativi a decisioni emesse dal medesimo organo giudiziario, purchè non confermative delle pronunce di primo grado;

che, aderendo all'ormai consolidata giurisprudenza amministrativa che ammette l'appellabilità delle sentenze per l'esecuzione del giudicato, l'attribuzione di una parte dei relativi ricorsi al Consiglio di Stato in unico grado, porrebbe in essere, ad avviso del Tribunale rimettente, una ingiustificata disparità di trattamento <tra controversie> aventi la medesima natura;

che, a differenza di quanto avviene per tutte le altre giurisdizioni, per le quali si esclude il principio della costituzionalizzazione del doppio grado, per la < giustizia amministrativa ordinaria>, la costituzionalizzazione dell'anzidetto principio troverebbe il suo specifico fondamento nella norma dell'art. 125 comma secondo, Cost., la quale avrebbe sancito per tutte le controversie da sottoporre al giudice amministrativo <l'ineluttabilità di un primo grado> di giurisdizione;

che é intervenuta l'Avvocatura Generale dello Stato chiedendo che la questione sia dichiarata infondata e dubitando della sua rilevanza, in quanto l'eventuale eliminazione delle norme impugnate non comporterebbe l'automatico insorgere della competenza del T.A.R. Lazio, dovendosi escludere l'applicabilità al caso di specie dei criteri territoriali dettati dall'art. 3, comma terzo, legge n. 1034 del 1971, e, più in generale, trattandosi di materia processuale, la possibilità di integrazioni analogiche.

Considerato che il dubbio di rilevanza prospettato dall'Avvocatura Generale dello Stato appare privo di fondamento in quanto, una volta esclusa, in ordine alla fattispecie in esame, la competenza funzionale del Consiglio di Stato, ben potrebbe il T.A.R. adito definire il giudizio a quo, non risultando, dall'ordinanza di rimessione, la proposizione del regolamento di competenza;

che, ai fini del merito, va osservato che questa Corte ha più volte escluso l'esistenza di una norma costituzionale che garantisca il principio del doppio grado di giudizio (sentt. nn. 41 del 1965, 22 e 117 del 1973, 186 del 1980, 78 del 1984 e 80 del 1988);

che per quanto riguarda la giurisdizione amministrativa non può indurre a conclusioni diverse la norma di cui all'art. 125, comma secondo, della Costituzione che, prevedendo, nella regione, l'istituzione di organi di giustizia amministrativa di primo grado <disciplina innanzitutto una modalità che deve assumere il sindacato giurisdizionale sugli atti amministrativi della Regione.... in un sistema di giustizia amministrativa nel quale, in base all'art. 111, ultimo comma, Cost., non si dà ricorso in Cassazione per violazione di legge> (sent. n. 62 del 1981);

che tale norma comporta soltanto l'impossibilita di attribuire al T.A.R. competenze giurisdizionali in unico grado e la conseguente necessaria appellabilità di tutte le sue pronunce, e, quindi, una garanzia del doppio grado riferita alle controversie che il legislatore ordinario attribuisca agli organi locali della giustizia amministrativa;

che solo in tal senso assume rilevanza costituzionale, come affermato dalla sentenza di questa Corte n. 8 del 1982, il predetto principio del doppio grado di giudizio, non potendo, l'art. 125 della Costituzione comportare l'inverso, perchè nessun'altra norma della Costituzione indica il Consiglio di Stato come giudice solo di secondo grado;

che, pertanto, sotto tale profilo la questione va dichiarata manifestamente infondata;

che ad identica conclusione deve pervenirsi anche in relazione alla lamentata violazione dell'art. 3 Cost., non potendosi ritenere sperequate le posizioni giuridiche tutelabili, con possibilità di impugnazione, davanti al T.A.R. e quelle di cui conosce, invece, direttamente il Consiglio di Stato, in ragione della posizione di vertice che riveste nel complesso della giurisdizione amministrativa;

che questa Corte, del resto, in presenza di norme che attribuiscono direttamente all'istanza superiore controversie che spetterebbero di norma al giudice di primo grado, ne ha giustificato la sottrazione a questi in ragione della <peculiarità del contesto> in cui i giudizi si collocano (sentt. nn. 62 del 1981 e 80 del 1988), peculiarità che sono certamente ravvisabili nelle fattispecie di cui all'art. 37, commi secondo e terzo, della legge n. 1034 del 1971.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 37, comma secondo e terzo, della l. 6 dicembre 1971, n. 1034, in riferimento agli artt. 3 e 125 della Costituzione, sollevata dal T.A.R. Lazio, con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23/03/88.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Vincenzo CAIANIELLO, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 31 Marzo 1988.