Ordinanza n.327 del 1988

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ORDINANZA N.327

ANNO 1988

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 16 della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), promosso con ordinanza emessa il 16 marzo 1982 dalla Commissione tributaria di primo grado di Genova, iscritta al n. 361 del registro ordinanze 1984 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 259 dell'anno 1984.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 24 febbraio 1988 il Giudice relatore Mauro Ferri.

Ritenuto che la Società Entomologica Italiana, con sede in Genova, proponeva ricorso alla Commissione tributaria di primo grado della stessa città avverso la registrazione di variazione negli atti del N.C.E.U. emessa dall'Ufficio tecnico erariale, il quale aveva rilevato il frazionamento di una unita immobiliare di proprietà della ricorrente-classificata in categoria A/1, classe 2a _ in due distinte unità ed aveva a queste attribuito la categoria A/2 e la classe 3a;

che la ricorrente deduceva che, da un lato, il declassamento della categoria catastale da A/1 a A/2 determinava, per effetto dell'applicazione dell'art. 16 della legge 27 luglio 1978, n. 392 (<Disciplina delle locazioni di immobili urbani>), una rilevante diminuzione del reddito reale (pari alla somma dei canoni di locazione delle due unita immobiliari frazionate, che risulterebbe inferiore al canone dell'unica unita originaria);

dall'altro, per converso, l'attribuzione della classe 3a ai due appartamenti comportava un notevole aumento del reddito imponibile (pari alla somma delle rendite catastali, che risulterebbe superiore a quella dell'appartamento originario);

che la adita Commissione tributaria, con ordinanza del 16 marzo 1982 (pervenuta alla Corte il 22 marzo 1984), ha sollevato questione di legittimità costituzionale del citato art. 16 della legge 27 luglio 1978, n. 392, deducendo che la norma (peraltro inderogabile ai sensi dell'art. 79 della stessa legge) violerebbe:

a) l'art. 3 Cost., per disparità di trattamento tributario tra chi utilizza l'immobile direttamente quale titolare di un diritto reale di godimento su di esso e chi lo utilizza mediante locazione, in quanto nel primo caso il reddito imponibile e ritenuto ex lege coincidente con quello reale quantificato nella rendita catastale rivalutata, mentre, nel secondo, il reddito imponibile coincide con il canone locatizio in concreto percepito, ove superiore alla rendita catastale;

b) l'art. 53 Cost., per violazione del principio della capacita contributiva, in quanto può verificarsi, come avvenuto nella fattispecie, che alla diminuzione del reddito reale (canone di locazione) corrisponda un aumento del reddito imponibile;

che, in conclusione, il giudice a quo censura l'art. 16 citato <in quanto, in relazione alla tipologia, fa riferimento alla sola categoria catastale e non anche alla classe nell'ambito di ciascuna categoria, o piuttosto alla rendita catastale dell'immobile>, così adottando, a suo avviso, un criterio lacunoso, ambiguo e determinante risultati contraddittori;

che il Presidente del Consiglio dei ministri, intervenuto in giudizio, chiede che la questione sia dichiarata inammissibile per irrilevanza o, comunque, infondata.

Considerato che questa Corte ha costantemente affermato che il nesso di pregiudizialità necessario per la rilevanza della questione di legittimità costituzionale deve consistere in un rapporto di rigorosa strumentalità tra la risoluzione della questione stessa e la decisione del giudizio a quo e che il dubbio deve, perciò, investire una norma dalla cui applicazione il giudice remittente dimostri di non poter prescindere (da ult., ordd. nn. 595/87 e 167/88);

che nella fattispecie, come ha esattamente rilevato l'Avvocatura dello Stato, il giudice a quo non potrà nè dovrà mai fare applicazione della norma censurata, in quanto il giudizio sottoposto al suo esame concerne esclusivamente la legittimità del provvedimento dell'u.t.e. in ordine alla <qualificazione> e alla <classificazione> delle unita immobiliari in questione e non certo i riflessi che detto provvedimento potrà comportare, in base alla norma impugnata, sulla determinazione del canone di locazione;

che, peraltro, non può non rilevarsi che la censura investe la scelta effettuata dal legislatore nell'ambito della sua sfera di discrezionalità tecnica, e che tale scelta, secondo la consoli data giurisprudenza di questa Corte (da ult., ordd. nn. 386 e 573 del 1987), non é sindacabile in questa sede, salvo che non ne sia evidente l'arbitrarietà e irrazionalità, il che certamente non accade nel caso di specie.

Visti gli artt. 26 della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9 delle Norme integrative per i giudizi dinanzi alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 16 della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., dalla Commissione tributaria di primo grado di Genova con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10/03/88.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Mauro FERRI, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 17 Marzo 1988.