Sentenza n.35 del 1986

 

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SENTENZA N. 35

ANNO 1986

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. Livio PALADIN, Presidente

Avv. Oronzo REALE

Avv Albero MALAGUGINI

Prof. Antonio LAPERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL’ANDRO,Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 44, legge 14 aprile 1975, n. 103 (Nuove norme in materia di diffusione radiofonica e televisiva) promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 7 novembre 1977 dal pretore di Porretta Terme nel procedimento penale a carico di Cesarini Mario ed altri, iscritta al n. 6 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 74 dell'anno 1978;

2) ordinanza emessa il 15 marzo 1984 dal tribunale di Alessandria nel procedimento civile vertente tra s.r.l. Teleradiocity e s.p.a. Propagazione Audiovisivi, iscritta al n. 452 del registro ordinanze 1984 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 273 dell'anno 1984.

Visto l'atto di costituzione della s.p.a. Propagazione Audiovisivi, nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica dell'8 gennaio 1986 il Giudice relatore Aldo Corasaniti;

udito l'avvocato dello Stato Giorgio Azzariti per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - La legge 14 aprile 1975, n. 103, recante "Nuove norme in materia di diffusione radiofonica e televisiva", dopo avere assoggettato a preventiva autorizzazione del Ministero delle poste e telecomunicazioni l'installazione di "nuovi" impianti ripetitori di programmi sonori e televisivi esteri (art. 38) o della concessionaria del servizio pubblico nazionale italiano (art. 43), dispone, all'art. 44, primo comma, che i titolari degli impianti di cui ai suddetti articoli "già installati" sul territorio nazionale devono presentare, entro 60 giorni dalla data di pubblicazione del regolamento di esecuzione della legge, domanda di autorizzazione corredata dalle indicazioni delle caratteristiche tecniche degli impianti; stabilisce inoltre, nel secondo comma, che il funzionamento in via provvisoria degli impianti suddetti é consentito fino al rilascio dell'autorizzazione, a condizione che sia stata presentata nei termini la domanda di cui al comma precedente, non vengano modificate le caratteristiche tecniche operative degli impianti e, per i ripetitori di programmi esteri, non siano diffusi messaggi pubblicitari esteri o nazionali; prevede infine, nel terzo comma, che, ove sia accertato che l'impianto non risponde ai requisiti stabiliti dalla legge e dal relativo regolamento di esecuzione, l'autorizzazione non può essere rilasciata ed il Ministero, previa diffida ad adeguare l'impianto entro tre mesi, in difetto di adempimento ne dispone la disattivazione, da eseguirsi anche d'ufficio; sono soggetti a disattivazione, ai sensi del quarto comma, anche gli impianti per i quali non sia stata presentata la domanda nel termine di cui al primo comma.

2. - Il Pretore di Porretta Terme, con ordinanza emessa il 7 novembre 1977 nel corso del procedimento penale a carico di Cesarini Mario ed altri, denunciati dal Ministero delle poste e telecomunicazioni per avere installato impianti ripetitori via etere di programmi televisivi esteri o nazionali senza aver chiesto e ottenuto l'autorizzazione prevista dalla legge n. 103 del 1975, ha sollevato d'ufficio questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 3 Cost., del già citato art. 44, in quanto esclude dalla facoltà di esercizio provvisorio i titolari di impianti "già installati" al momento dell'entrata in vigore della legge n. 103 del 1975 (quali sono gli imputati), che abbiano presentato la domanda di autorizzazione oltre il termine fissato, ovvero non l'abbiano presentata affatto.

Quanto alla rilevanza della questione, osserva l'ordinanza che essa sussiste, poiché, in forza della disposizione impugnata, dovrebbe essere disposta la disattivazione degli impianti, avendo alcuni imputati presentato la domanda fuori termine.

La questione é ritenuta non manifestamente infondata sulla base delle seguenti considerazioni:

a) la prefissione del termine per la proposizione della domanda di autorizzazione sarebbe irragionevole, perché inutile, in relazione alla pratica impossibilità - per carenza nell'amministrazione di strutture adeguate, e in ogni caso in relazione alla mancanza di volontà politica - di effettuare i controlli presupposto dell'autorizzazione o del diniego di essa e in tal caso della disattivazione, cui é preordinato l'adempimento;

b) la prefissione del termine (recte: la sanzione ad essa collegata) darebbe luogo a disparità di trattamento fra gli esercenti che abbiano presentato la domanda tempestivamente e quelli che l'abbiano presentata tardivamente o non l'abbiano presentata affatto, disparità ingiustificato in relazione all'inutilità dell'adempimento dovuta sia all'impossibilità, sopra indicata, del raggiungimento dello scopo, sia alla possibilità per il Ministero delle poste e telecomunicazioni di raggiungere lo scopo altrimenti e cioé procurandosi aliunde (particolarmente dalla RAI) i dati (da indicare nella domanda di autorizzazione e quindi) necessari ai controlli.

Non vi é stata costituzione di parti private. É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri rappresentato dall'Avvocatura dello Stato.

Osserva l'interveniente che, in sostanza, il giudice a quo richiede, inammissibilmente, alla Corte costituzionale una verifica che riguarda il merito della norma impugnata, non la sua conformità a precetti costituzionali.

Siffatta censura é comunque infondata, in quanto non tiene conto della ratio dell'art. 44 della l. n. 103 del 1975, che é quella di regolarizzare precedenti situazioni di fatto (legittimate dalla Corte con la sentenza n. 225 del 1974), inserendole nell'ambito della nuova regolamentazione, che subordina l'installazione di nuovi impianti ad autorizzazione ministeriale (artt. 38 e 43). Non poteva quindi prescindersi dall'imposizione di una domanda di autorizzazione entro un determinato termine anche ai titolari di impianti già installati che intendessero conseguire la facoltà di esercizio provvisorio (fino al rilascio dell'autorizzazione, ricorrendone le condizioni), onde assicurare un ordinato passaggio dal regime di fatto a quello legale, ed evitare ingiustificato discriminazioni in danno dei titolari di nuovi impianti.

3. - Nel corso del procedimento civile instaurato dalla emittente televisiva locale Teleradiocity s.r.l. nei confronti della Propagazione Audiovisivi S.p.a., esercente un impianto ripetitore di programmi esteri, per conseguire la cessazione delle trasmissioni della convenuta, in quanto produttive di interferenze per effetto del sopravvenuto potenziamento dell'impianto da 200 a 10.000 Watt, il Tribunale di Alessandria, con ordinanza emessa il 15 marzo 1984, ha sollevato, su istanza di parte, questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 21 e 41 Cost., dell'art. 44 della l. 14 aprile 1975, n. 103, nella parte in cui subordina il funzionamento in via provvisoria degli impianti ripetitori di programmi televisivi esteri, già installati sul territorio nazionale, alla condizione che, una volta proposta la domanda di autorizzazione, non vengano modificate le caratteristiche tecnico-operative degli impianti.

In punto di rilevanza osserva il giudice a quo che la convenuta, dopo aver tempestivamente proposto domanda di autorizzazione all'esercizio del ripetitore, già installato al momento dell'entrata in vigore della legge, ai sensi del suddetto art. 44, aveva modificato le caratteristiche tecnico- operative dell'impianto (incremento di potenza), ponendo Così in essere un'attività costituente reato, che non può ricevere tutela dall'ordinamento e che dovrebbe quindi essere inibita, con conseguente accoglimento della domanda.

La questione é ritenuta non manifestamente infondata sulla base delle seguenti considerazioni:

a) l'imposizione della condizione in parola per l'esercizio provvisorio dei ripetitori porrebbe gli esercenti in posizione ingiustificatamente deteriore rispetto agli esercenti impianti di diffusione di programmi televisivi propri in ambito locale, non sottoposti alla stessa condizione o ad altra analoga (salvo il rispetto dei diritti quesiti altrui);

b) l'imposizione costituirebbe un limite "innaturale" alla libertà di manifestazione del pensiero ed alla libertà d'impresa.

Si é costituita la Società Propagazione Audiovisivi S.p.a., sollecitando la dichiarazione di illegittimità costituzionale.

É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, rilevando che la questione appare inammissibile, o, in subordine, infondata.

Circa la pretesa violazione dell'art. 3 Cost., osserva l'Avvocatura dello Stato che non può essere posta a raffronto la situazione delle emittenti locali con quella degli impianti ripetitori, in quanto per le prime manca una disciplina legislativa (che doveva essere adottata a seguito della sentenza n. 202 del 1976 della Corte costituzionale); in ogni caso, si tratta di situazioni oggettivamente diverse.

Per quanto concerne, poi, l'asserito contrasto con gli artt. 21 e 41 Cost., rileva l'interveniente che la censura appare inammissibile, in quanto volta a sindacare nel merito una norma di polizia dell'etere, oltretutto con carattere di provvisorietà, e comunque infondata, poiché nel settore delle telecomunicazioni la Corte costituzionale ha ripetutamente ravvisato non solo opportuno, bensì necessario (sentt. n. 202 del 1976 e n. 148 del 1981), un regime di autorizzazione nell'ambito del quale libertà private e potestà pubbliche possano coesistere ed armonizzarsi tra loro.

Considerato in diritto

1. - Le due ordinanze indicate in epigrafe sollevano entrambe, ciascuna per un distinto aspetto, questione di legittimità costituzionale dell'art. 44 della legge 14 aprile 1975, n. 103 (Nuove norme in materia di diffusione radiofonica e televisiva).

I relativi giudizi possono pertanto essere riuniti e definiti con unica sentenza.

2. - La legge n. 103 del 1975 regola la materia delle trasmissioni radiotelevisive a seguito dell'intervento di questa Corte, che ha fissato i criteri ai quali la disciplina del monopolio statale avrebbe dovuto rispondere per essere considerata costituzionalmente legittima (sent. n. 225 del 1974), ed ha escluso dalla riserva allo Stato l'esercizio dei ripetitori di stazioni trasmittenti estere e degli impianti televisivi via cavo (sentt. nn. 225 e 226 del 1974).

La sentenza n. 225 del 1974, in particolare, nel riconoscere l'illegittimità del monopolio statale quanto ai ripetitori di stazioni trasmittenti estere, ha osservato che, "senza apprezzabili ragioni, l'esclusiva statale sbarra la via alla libera circolazione delle idee, compromette un bene essenziale della vita democratica, finisce con il realizzare una specie di autarchia nazionale delle fonti di informazione".

Ha tuttavia ammesso la Corte, con la suindicata pronuncia, che l'impianto e l'esercizio di siffatti ripetitori "debbano essere sottoposti ad una disciplina legislativa in considerazione della salvaguardia di pubblici interessi", la cui tutela "può realizzarsi con un regime di autorizzazione".

3. - Il titolo III della legge n. 103 del 1975 riguarda gli impianti ripetitori di programmi radiotelevisivi esteri (art. 38) e nazionali (art. 43) e detta, con l'impugnato art. 44, norme transitorie per quelli già installati al momento di entrata in vigore della legge.

La normativa prevede anzitutto che l'installazione e l'esercizio dei nuovi impianti ripetitori di programmi sonori o televisivi esteri sono assoggettati a preventiva autorizzazione del Ministero delle poste e telecomunicazioni, al quale spetta il potere di coordinare tutti i sistemi di radiocomunicazione nel rispetto delle esigenze prioritarie dei servizi pubblici nazionali e del loro sviluppo, e di assegnare le frequenze di funzionamento (art. 38, primo comma). Stabilisce, inoltre, che i suddetti impianti ripetitori non devono interferire con le reti del servizio pubblico nazionale di radiodiffusione circolare, né con gli altri servizi di telecomunicazioni (artt. 38, secondo comma, e 41, primo comma), e devono essere conformi alle norme tecniche stabilite dal regolamento di esecuzione della legge, previsto dall'art. 26 (art. 38, terzo comma).

Analoga disciplina é prevista anche per l'installazione e l'esercizio di impianti ripetitori privati dei programmi della RAI (art. 43).

L'art. 44 dispone che i titolari degli impianti ripetitori (sia di programmi esteri che di programmi nazionali) già installati al momento dell'entrata in vigore della legge sono autorizzati al funzionamento in via provvisoria, purché presentino, entro un certo termine (sessanta giorni dalla pubblicazione del regolamento), domanda di autorizzazione corredata dalle indicazioni relative alle caratteristiche tecniche degli impianti, e purché non modifichino le dette caratteristiche (una terza condizione, dettata per i ripetitori di programmi esteri, e cioé il divieto di diffusione di messaggi pubblicitari, é venuta meno per effetto della sent. di questa Corte n. 231 del 1985). La mancata presentazione della domanda nei termini é sanzionata con la disattivazione degli impianti, Così come la non rispondenza di questi ultimi ai requisiti stabiliti dalla legge e dal regolamento.

Connotato della disciplina é il, riconoscimento, al Ministero delle poste e telecomunicazioni, del "governo tecnico" dell'etere, e cioé del potere generale di coordinare tutti i sistemi di radiotelecomunicazione al fine di assicurarne la reciproca compatibilità, con i connessi poteri strumentali di assegnare le frequenze, e di prescrivere le caratteristiche tecniche degli impianti, nonché di vigilare sull'osservanza delle prescrizioni date, sia subordinando alla medesima l'autorizzazione sia intervenendo in caso di interferenze.

4. - Il Pretore di Porretta Terme denuncia il suindicato art. 44 in riferimento all'art. 3 Cost. in quanto: a) la prefissione del termine per la proposizione della domanda sarebbe irragionevole, perché inutile, in relazione alla concreta impossibilità per l'amministrazione - per carenza di adeguate strutture e mancanza di volontà politica - di effettuare i controlli, presupposto dell'autorizzazione, ai quali é preordinato l'adempimento; b) la prefissione del termine (recte: la sanzione ad essa collegata) darebbe luogo a disparità di trattamento tra gli esercenti di impianti già installati che abbiano presentato nei termini la domanda, e quelli che l'abbiano presentata fuori dei termini o non l'abbiano presentata affatto, disparità ingiustificato in relazione all'inutilità dell'adempimento, dovuta sia alla già rilevata impossibilità del raggiungimento dello scopo al quale esso é preordinato, sia alla possibilità per l'amministrazione di raggiungere lo scopo altrimenti, cioé procurandosi aliunde i dati necessari ai controlli.

5. - La questione non é fondata.

Il giudice a quo non ravvisa violazione del principio di eguaglianza nell'avere la legge assoggettato al descritto regime autorizzatorio gli esercenti impianti ripetitori già installati malgrado una supposta diversità di situazione fra essi e gli (aspiranti) esercenti nuovi impianti. Censura, invece, la prefissione di un termine perentorio per la presentazione della domanda di autorizzazione da parte degli esercenti impianti già installati siccome ingiustificato, e altresl' siccome ingiustificatamente discriminatoria fra esercenti impianti già installati a seconda che osservino o che non osservino il termine.

Ma la censurata prefissione di termine per un verso é coerente ad esigenze di attuazione del regime autorizzatorio (regime in sé, ripetesi, non censurato) nei confronti degli esercenti impianti già installati: autorizzarli ex lege in via generale, sia pure formalmente soltanto all'esercizio provvisorio, ma - come auspicato - sine die per la presentazione della domanda di autorizzazione all'esercizio definitivo, avrebbe importato in pratica esonerarli dal regime suindicato, che si sostanze dell'emanazione di atti amministrativi singolari, da porre in essere sulla base dell'accertata ricorrenza dei presupposti e dei requisiti (anche tecnici) di legge. Per altro verso la censurata prefissione di termine é coerente all'esigenza di parificare nell'assoggettamento al regime autorizzatorio (parificazione in sé, ripetesi, non contestata) gli esercenti impianti già installati e gli esercenti impianti nuovi: autorizzare quelli nel modo come sopra auspicato avrebbe importato collocarli in posizione di privilegio rispetto a questi, sottoposti ad autorizzazione preventiva, e Così realizzare una disparità di trattamento effettivamente ingiustificato e in ogni caso più grave di quella (fra esercenti impianti già installati) che qui é lamentata, disparità di trattamento quest'ultima la cui ingiustificatezza é discutibile (in relazione alla reale diversità di situazione fra chi osserva un termine e chi non l'osserva) e sarebbe comunque assai meno grave.

Né varrebbe obbiettare che la prima delle due esigenze - ma in ogni caso non la seconda - avrebbe potuto essere ugualmente soddisfatta anche senza la prefissione del termine, in quanto sarebbe stato sufficiente disporre la cessazione o la revoca dell'autorizzazione provvisoria in caso di accertamento negativo - da operare quando alla pubblica amministrazione fosse stato possibile o parso opportuno - della ricorrenza dei presupposti e dei requisiti prescritti dalla legge per l'autorizzazione definitiva: ritenuta non ingiustificato la soluzione adottata dal legislatore, non può questa Corte valutare se e quale altra soluzione sarebbe stata egualmente, o per avventura ancor più, coerente o adeguata alle esigenze avute di mira.

6. - Il Tribunale di Alessandria censura l'art. 44 della legge n. 103 del 1975 nella parte in cui subordina il funzionamento provvisorio degli impianti ripetitori di programmi televisivi esteri già installati alla condizione che, successivamente alla presentazione della domanda di autorizzazione, non vengano modificate le caratteristiche tecnico-operative degli impianti.

Ad avviso del giudice a quo sarebbe in tal modo violato l'art. 3 Cost., in quanto la suddetta condizione porrebbe gli esercenti degli impianti ripetitori in posizione ingiustificatamente deteriore rispetto agli esercenti impianti di diffusione di programmi propri in ambito locale, non sottoposti ad analoga limitazione.

Sarebbero inoltre lesi gli artt. 21 e 41 Cost., in quanto la condizione in parola costituirebbe un limite "innaturale" alla libertà di manifestazione del pensiero ed alla libertà di impresa.

Neppure queste censure sono fondate.

Quanto alla violazione dell'art. 3 Cost., il giudice a quo pone a raffronto il regime degli impianti ripetitori, dettato dalla legge n. 103 del 1975, con quello, che assume più favorevole, delle emittenti televisive in ambito locale. Ma, come é noto, vi é in tale ultimo settore una situazione di carenza legislativa, non essendosi provveduto alla regolamentazione positiva che questa Corte, con la sent. n. 202 del 1976, mentre ha negato la legittimità della riserva allo Stato dell'emittenza di portata non eccedente l'ambito locale, ha nondimeno ritenuto indispensabile, riconoscendo fra l'altro l'esigenza di un regime autorizzatorio al fine di assicurare, secondo i criteri prescelti, il coordinamento fra la detta emittenza e tutti gli altri servizi e le altre attività di radiotelediffusione.

Ne deriva l'evidente infondatezza della questione, atteso che il principio di uguaglianza viene invocato in senso inverso a quello proprio, assumendosi una situazione normativa anomala quale parametro di legittimità di una norma, che da un lato fa parte di una regolamentazione positiva, dall'altro, concorrendo a istituire un regime autorizzatorio analogo a quello vigente per tutte le altre attività di diffusione radiotelevisiva, riflette un aspetto generale dell'ordinamento della intera materia (cfr. in tal senso la sent. di questa Corte n. 237 del 1984).

Circa la lesione degli artt. 21 e 41 Cost., va rilevato che il Tribunale di Alessandria non denuncia come limitativo delle libertà con essi garantite il regime autorizzatorio adottato dal legislatore, regime connotato dal conferimento, sopra posto in evidenza, alla pubblica amministrazione, del governo tecnico dell'etere, al fine di assicurare, anche attraverso la prescrizione per regolamento di date caratteristiche tecniche degli impianti e la verifica in sede di autorizzazione dell'osservanza di esse, la compatibilità reciproca fra le varie attività di diffusione radiotelevisiva.

Senza dire che tale compatibilità rende possibile la pluralità delle fonti di informazione radiotelevisive, sicché essa compatibilità dovrebbe ritenersi comunque un limite pienamente apponibile tanto all'esercizio della libertà di manifestazione del pensiero, quanto (o tanto più) all'esercizio della libertà di iniziativa economica, che nella materia delle attività di radiotelediffusione é strettamente collegato al primo (la sentenza n. 231 del 1985 ha ravvisato la configurabilità di un'autonoma compressione del secondo solo rispetto alla diffusione di messaggi pubblicitari ed ha comunque ritenuto che anche in tal caso, se é illegittima la compressione consistente nell'assoluto divieto di effettuare tali messaggi per i ripetitori esteri, non sono illegittime le limitazioni imposte al fine di assicurare il pluralismo delle fonti di informazione).

Ciò posto, non si vede come possa ritenersi autonomamente limitativo, e in ogni caso come possa ritenersi indebitamente limitativo, delle libertà suindicate il divieto di modificazione delle caratteristiche tecniche degli impianti ripetitori già installati, che é strettamente funzionale al sistema come sopra adottato e alle finalità di esso.

É infatti evidente che l'indiscriminata modificabilità delle caratteristiche tecniche degli impianti in regime provvisorio - nel senso, chiaramente postulato dal giudice a quo, del loro potenziamento - potrebbe dar luogo a interferenze, prima non sussistenti, fra ripetitori ed altre fonti di diffusione radiotelevisiva, e più in generale pregiudicare l'effettività della disciplina regolamentare dei ripetitori e Così quella compatibilità reciproca fra le varie attività di diffusione radiotelevisiva, che il governo tecnico dell'etere é teso a garantire.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi relativi alle ordinanze indicate in epigrafe, dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 44 della legge 14 aprile 1975, n. 103 (Nuove norme in materia di diffusione radiofonica e televisiva), sollevata, in riferimento all'art. 3 Cost., dall'ordinanza del Pretore di Porretta Terme del 7 novembre 1977;

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 44 della legge suindicata, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 21 e 41 Cost., dall'ordinanza del Tribunale di Alessandria 15 marzo 1984.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 gennaio 1986.

 

Livio PALADIN - Oronzo REALE - Albero MALAGUGINI - Antonio LAPERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL’ANDRO

 

Depositata in cancelleria il 3 febbraio 1986.