Sentenza n.286 del 1985

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SENTENZA N. 286

ANNO 1985

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Livio PALADIN, Presidente

Avv. Oronzo REALE

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi promossi con ricorsi del Presidente del Consiglio dei ministri, notificati il 18 febbraio 1977, il 12 agosto 1977, il 24 ottobre 1977, il 23 marzo 1978 (n. 2 confl.), il 27 maggio 1978, il 19 febbraio 1979, il 7 giugno 1979, il 28 giugno 1979, il 20 dicembre 1979, il 29 luglio 1980 (n. 2 confl.), l'11 ottobre 1980 e il 15 gennaio 1981, depositati in cancelleria il 2 marzo 1977, il 27 agosto 1977, il 7 novembre 1977, il 3 aprile 1978, il 4 aprile 1978, il 15 giugno 1978, il 3 marzo 1979, l'8 giugno 1979, il 10 luglio 1979, il 9 gennaio 1980, il 4 agosto 1980, il 5 agosto 1980, il 28 ottobre 1980 e il 27 gennaio 1981, ed iscritti ai nn. 5, 18 e 20 del registro 1977; nn. 10, 11 e 15 del registro 1978; nn. 6, 17 e 19 del registro 1979; nn. 2, 21, 22 e 31 del registro 1980; n. 3 del registro 1981, per conflitti di attribuzione sorti a seguito dei decreti dei Presidenti delle Regioni Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Puglia, Lombardia e della Provincia autonoma di Bolzano, concernenti varianti a piani regolatori.

Visti gli atti di costituzione delle Regioni Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Lombardia e della Provincia autonoma di Bolzano;

udito nell'udienza pubblica dell'8 ottobre 1985 il Giudice relatore dott. Francesco Saja;

uditi l'avvocato dello Stato Giorgio Azzariti per il Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati Sergio Panunzio per la Provincia autonoma di Bolzano, Giulio Cevolotto per la Regione Veneto e Umberto Pototschnig per la Regione Lombardia.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con decreto n. 02031/Pres. 207 del 30 novembre 1976 il Presidente della Giunta regionale del Friuli-Venezia Giulia approvava il regolamento edilizio ed il programma di fabbricazione del Comune di Trasaghis, nel quale un'area edificata, appartenente al patrimonio indisponibile dell'Amministrazione militare dello Stato, veniva destinata a "zona di rispetto stradale e cimiteriale, inedificabile".

Contro il decreto la Presidenza del Consiglio dei ministri sollevava un conflitto di attribuzione, chiedendone l'annullamento con ricorso notificato il 18 febbraio 1977 (reg. ric. n. 5 del 1977).

Quanto all'ammissibilità, la ricorrente osservava di proporre una questione non già attinente all'opportunità del vincolo di destinazione urbanistica bensì relativa all'individuazione dell'autorità competente a disporre in materia: questione, dunque, appartenente alla giurisdizione costituzionale e non a quella amministrativa.

Nel merito la ricorrente sosteneva che la sottrazione di beni del demanio e del patrimonio indisponibile statale alla loro destinazione doveva avvenire nei modi stabiliti dalla legge (artt. 828 e 829 cod. civ.), e quindi non certo con atto unilaterale delle regioni.

2. - Con successivi ricorsi di analogo contenuto la Presidenza del Consiglio dei ministri impugnava i seguenti atti:

- decreto n. 01163 del 17 maggio 1977, con cui il Presidente della Giunta regionale del Friuli-Venezia Giulia aveva approvato una variante al piano regolatore generale del Comune di Tarvisio, statuente la destinazione a "zona stradale" dell'area occupata da alcuni alloggi militari (ricorso notificato il 12 agosto 1977, reg. ric. n. 18 del 1977);

- deliberazione n. 1221 del 23 marzo 1977 (in B.U. n. 27 del 27 giugno 1977) con cui la Giunta regionale del Veneto aveva approvato una variante al piano regolatore generale del Comune di Venezia, che destinava a verde pubblico alcuni beni del demanio marittimo (ricorso notif. il 24 ottobre 1977, reg. ric. n. 20 del 1977);

- deliberazione n. 3356 del 26 luglio 1976 (in B.U. n. 4 del 23 gennaio 1978), con cui la suddetta Giunta aveva approvato una variante del piano regolatore generale di Venezia, che destinava a verde pubblico alcuni beni del demanio ferroviario (ricorso notif. il 23 marzo 1978, reg. ric. n. 10 del 1978);

- deliberazione n. 5109 del 15 novembre 1977 (in B.U. n. 4 del 23 gennaio 1978), con cui la suddetta Giunta aveva approvato una variante del piano regolatore generale di Venezia, che destinava a verde pubblico ed a parcheggio automobilistico alcune aree del demanio marittimo, prevedendo anche la demolizione di alcuni immobili demaniali e la costruzione di edifici pregiudicanti la manutenzione delle difese a mare (ricorso notif. il 23 marzo 1978, reg. ric. n. 11 del 1978);

- decreto n. 2619 del 31 ottobre 1977 (in B.U. n. 86 del 29 marzo 1978), con cui il Presidente della Giunta regionale della Puglia aveva approvato il piano particolareggiato per il restauro della città vecchia di Taranto, piano che destinava ad attrezzature pubbliche di interesse generale e ad autosilos alcuni beni del demanio e del patrimonio indisponibile statale (ricorso notif. il 27 maggio 1978, reg. ric. n. 15 del 1978);

- deliberazione n. 7162 del 23 ottobre 1978 (in B.U. n. 67 del 27 dicembre 1978), con cui la Giunta provinciale di Bolzano aveva approvato una variante al piano urbanistico del Comune di Campo di Trens, statuente la destinazione di una area del demanio ferroviario a zona agricola e ad insediamenti produttivi di interesse provinciale. La ricorrente osservava che la potestà amministrativa della Provincia autonoma di Bolzano, stabilita dall'art. 16 dello Statuto della Regione Trentino-Alto Adige in correlazione con la potestà legislativa attribuita dal precedente art. 8 n. 5, non escludeva il potere dello Stato di decidere autonomamente la destinazione dei propri beni demaniali (ricorso notif. il 19 febbraio 1979, reg. ric. n. 6 del 1979);

- deliberazione n. 2931 del 13 giugno 1978 (in B.U. n. 18 del 17 aprile 1979) con cui la Giunta regionale del Veneto aveva approvato il piano particolareggiato del Comune di Venezia - zona Santa Marta, che mutava la destinazione di alcune aree del demanio ferroviario (ricorso notif. il 7 giugno 1979, reg. ric. n. 17 del 1979);

- deliberazione n. 1711 del 12 marzo 1979 (in B.U. n. 22 del 12 maggio 1979), con cui la Giunta provinciale di Bolzano aveva approvato una variante al piano urbanistico del Comune di Sluderno, che destinava a parcheggio pubblico un'area del demanio ferroviario (ricorso Min. dei trasporti notif. il 28 giugno 1979, reg. ric. n. 19 del 1979);

- deliberazione n. 6100 del 21 settembre 1979 (in B.U. n. 53 del 23 ottobre 1979), con cui la suddetta Giunta provinciale aveva approvato una variante al piano urbanistico del Comune di San Candido, che destinava un'area del demanio militare a "zona per attrezzature collettive" (ricorso notif. il 20 dicembre 1979, reg. ric. n. 2 del 1980);

- deliberazione n. 2726 del 12 maggio 1980 (in B.U. n. 29 del 30 maggio 1980), con cui la suddetta Giunta provinciale aveva approvato il "piano urbanistico rielaborato" del Comune di Bolzano, che mutava la destinazione di un'area del demanio militare (ricorso notif. il 29 luglio 1980, reg. ric. n. 21 del 1980); nonché di diversi beni del demanio e del patrimonio ferroviario (ricorso notif. il 29 luglio 1980 reg. ric. n. 22 del 1980);

- deliberazione n. 29471 del 26 febbraio 1980 (in B.U. n. 22 del 28 maggio 1980) con cui la Giunta regionale della Lombardia aveva approvato una variante del piano regolatore generale del Comune di Milano che mutava la destinazione di alcuni beni del demanio e del patrimonio ferroviario, ovvero imponeva su di essi vincoli incompatibili con la loro attuale destinazione (ricorso notif. l'11 ottobre 1980, reg. ric. n. 31 del 1980);

- deliberazione n. 6324 del 17 ottobre 1980 (in B.U. n. 57 del 18 novembre 1980), con cui la Giunta provinciale di Bolzano aveva approvato una variante del piano urbanistico del Comune di Bressanone, che destinava un'area del demanio militare ad attrezzature sportive e verde pubblico (ricorso notif. il 15 gennaio 1981, reg. ric. n. 3 del 1981).

3. - Si costituivano i rappresentanti delle Regioni interessate e della Provincia autonoma di Bolzano.

Risultavano fuori termine, ossia effettuati dopo venti giorni dalla notifica del ricorso (artt. 41 e 25 l. n. 87 del 1953), gli atti di costituzione della Regione Friuli-Venezia Giulia (n. 18/1977) e Veneto (n. 20/1977, 10 e 11/1978), nonché della Provincia di Bolzano (n. 2, 21 e 22/1980).

4. - La Regione Friuli-Venezia Giulia, nella causa n. 5 del 1977, contestava l'ammissibilità dei ricorsi, riferiti, a suo dire, alla legislazione ordinaria sui beni pubblici statali e non riguardanti perciò alcuna norma della Costituzione ovvero integrativa di quest'ultima.

Per di più il piano regolatore doveva ritenersi, in quanto mero programma, privo di efficacia idonea alla lesione immediata di qualsiasi posizione giuridica soggettiva.

Nel merito la Regione osservava che il piano stesso doveva riguardare l'intero territorio comunale (art. 7 l. n. 1150 del 1942, modif. dall'art. 1 l. n. 1187 del 1968), e quindi anche le aree demaniali, soggette al potere di pianificazione degli enti locali per espresso disposto dell'art. 31 l. n. 1150 del 1942.

A questi argomenti aderiva sostanzialmente la Regione Veneto, costituitasi nella causa n. 17 del 1979.

La Provincia di Bolzano (cause n. 6 e 19 del 1979, 3 del 1981) escludeva anch'essa l'ammissibilità dei ricorsi, sostenendo anzitutto che lo Stato attraverso di essi esercitava una semplice vindicatio rei e aggiungendo che le questioni sollevate concernevano non già l'astratta sussistenza della propria potestà amministrativa nella materia urbanistica, bensì il modo del suo esercizio: esse appartenevano quindi alla giurisdizione amministrativa.

La Provincia deduceva ancora che oggetto delle impugnazioni dello Stato erano semplici provvedimenti comunali, ossia gli strumenti di pianificazione urbanistica rispetto ai quali l'intervento delle autorità regionali o provinciali aveva una mera funzione di controllo: essi pertanto non erano idonei a dar luogo ai conflitti di attribuzione previsti dall'art. 134 Cost.

Che poi nelle proprie potestà amministrative, aggiungeva la resistente, rientrasse il controllo di tutta la pianificazione provinciale, risultava dal d.P.G.P. 23 giugno 1970 n. 20 e succ. mod., emanato nell'esercizio della potestà legislativa primaria.

Nella causa n. 17 del 1979 si costituiva anche il Comune di Venezia.

5. - In data 24 giugno 1985 il Ministero dei trasporti depositava un atto di rinuncia al ricorso n. 19 del 1979, accettato l'8 luglio successivo dalla controparte.

6. - In prossimità dell'udienza le parti hanno presentato alcune memorie.

La Regione Friuli-Venezia Giulia (causa n. 5 del 1977) sostiene la legittimità costituzionale delle previsioni urbanistiche del Comune di Trasaghis. Infatti nel momento di formazione degli strumenti urbanistici, contenenti norme meramente indicative, non sarebbe possibile, per le ragioni già dette nell'atto di costituzione, alcun conflitto attuale e concreto tra autorità statali e poteri locali, onde risulterebbe inutile, inopportuna ed inattuabile un'intesa.

La Provincia di Bolzano, nella causa n. 6 del 1979, insiste sulla già dedotta inammissibilità dei ricorsi, non concernenti - a suo dire - conflitti di attribuzione.

Nel merito la Provincia esclude essere, di regola, necessaria un'intesa con lo Stato nella formazione dei piani regolatori comunali.

Nella causa n. 3 del 1981, essa afferma infine che l'art. 81 d.P.R. n. 616 del 1977, applicabile estensivamente anche nelle regioni a statuto speciale, prevede una competenza esclusiva dello Stato solo per quanto riguarda la realizzazione di opere di difesa nazionale e non concerne dunque la fattispecie per cui é causa, in cui si tratta di un immobile non destinabile ad un diretto impiego bellico e comunque inutilizzato e perciò appartenente ormai al patrimonio disponibile dello Stato.

 

Considerato in diritto

 

1. - I quattordici ricorsi per conflitto di attribuzione promossi dallo Stato contro le Regioni Lombardia, Veneto, Puglia, Friuli-Venezia Giulia e la Provincia autonoma di Bolzano hanno fondamentalmente il medesimo oggetto, poiché riguardano la competenza dello Stato ovvero delle Regioni e delle Province autonome nella formazione degli strumenti urbanistici, quanto al mutamento di destinazione dei beni pubblici statali (demaniali e patrimoniali indisponibili). I relativi giudizi vanno perciò riuniti per essere decisi con unica sentenza.

2. - Dei ricorsi suindicati va anzitutto dichiarato inammissibile quello proposto contro la Regione Lombardia (reg. ric. n. 31 del 1980) e concernente la deliberazione della Giunta regionale n. 29471 del 26 febbraio 1980, con cui é stata approvata una variante al piano regolatore di Milano.

Infatti il provvedimento é stato pubblicato sul Bollettino ufficiale della Regione n. 22 del 28 maggio 1980, data dalla quale, in base all'art. 39, secondo comma, l. 11 marzo 1953 n. 87, ha inizio il decorso del termine perentorio di sessanta giorni, mentre il conflitto é stato nella specie proposto con atto dell'11 ottobre 1980 e pertanto oltre il termine suddetto.

3. - Deve poi essere dichiarato estinto il giudizio relativo al ricorso n. 19 del 1979, proposto contro la Provincia autonoma di Bolzano, in quanto lo Stato vi ha rinunziato con atto del 24 giugno 1985 ed é intervenuta l'accettazione della controparte in data 8 luglio successivo.

4. - Si rileva ancora che in alcuni giudizi la costituzione delle Regioni e della Provincia di Bolzano é avvenuta oltre il termine di venti giorni fissato dal combinato disposto degli artt. 25 e 41 cit. l. 11 marzo 1953 n. 87, termine che ha carattere perentorio, come questa Corte ha costantemente ribadito; si tratta dei giudizi relativi ai ricorsi n. 18/1977 contro la Regione Friuli-Venezia Giulia, nn. 20/1977, 10 e 11/1978 contro la Regione Veneto e nn. 2, 21 e 22/1980 contro la Provincia di Bolzano. Pertanto la Corte non può esaminare gli scritti difensivi delle parti resistenti, relativi ai suindicati giudizi, ma deve tener conto soltanto di quelli presentati nei procedimenti in cui la costituzione é avvenuta tempestivamente, ossia in quelli concernenti i ricorsi n. 5/1977 contro la Regione Friuli-Venezia Giulia, n. 17/1979 contro la Regione Veneto e nn. 6/1979 e 3/1981 contro la Provincia di Bolzano (la Regione Puglia non si é costituita).

Va, infine, dichiarata inammissibile la costituzione in giudizio del Comune di Venezia (cui era stato notificato il ricorso n. 17/1979) per un duplice ordine di ragioni: sia perché essa é avvenuta al di là del richiamato termine di venti giorni, sia perché, com'é noto, non é consentito l'intervento dei comuni nei conflitti tra Stato e Regioni (o Province autonome), essendo il contraddittorio limitato ai soggetti espressamente legittimati dagli artt. 134 Cost., 20 e 39 l. n. 87 del 1953 a promuovere il conflitto ovvero a resistervi (cfr. ord. 23 aprile 1975, 3 giugno 1976, 25 febbraio 1977).

5. - Ciò posto, rileva la Corte che con i ricorsi in esame lo Stato, secondo quanto inequivocabilmente si evince dal loro contenuto, si duole che le Regioni e la Provincia autonoma suddetta abbiano approvato strumenti urbanistici comunali, attraverso i quali é stata mutata la destinazione di beni pubblici statali senza il concorso della sua volontà.

Le Regioni e la Provincia resistenti contestano l'ammissibilità dei ricorsi predetti con varie eccezioni, che non sembrano però fondate.

Inaccettabile, anzitutto, é l'assunto della Provincia, che si traduce peraltro in una mera affermazione, secondo cui lo Stato eserciterebbe una rei vindicatio, inidonea a formare oggetto di un giudizio per conflitto di attribuzione, essendo per contro in discussione, come é stato già accennato, il potere dello Stato medesimo in ordine alla destinazione dei suoi beni pubblici.

Non regge poi l'altra deduzione della Provincia, secondo cui i ricorsi riguarderebbero non questioni di competenza, ma, eventualmente, un esercizio non corretto del potere ad essa spettante, che si risolverebbe in un vizio deducibile soltanto davanti al giudice amministrativo. É vero, infatti, che, come sarà chiarito in prosieguo, il potere reclamato dallo Stato in subiecta materia non é assoluto ed esclusivo ma va coordinato con quello appartenente in materia urbanistica agli enti di governo locale (regione, o provincia autonoma, e comune): ciò però non esclude la configurabilità del conflitto di attribuzione, il quale é ammissibile non soltanto se ricorra invasione di competenza ma anche quando, come nella specie, l'ordinamento richieda la collaborazione di una pluralità di enti e, per contro, uno di essi provveda autonomamente, senza tener conto della potestà altrui (da ultimo cfr. sent. n. 206 del 1985).

É stato inoltre eccepito che i ricorsi non concernono una norma di grado costituzionale o strettamente integrativa, bensì la disciplina ordinaria di beni pubblici statali. In contrario, va però osservato che le impugnazioni si riferiscono all'art. 117 Cost. e alle correlative norme degli statuti speciali delle Regioni Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige (artt. 4 n. 12 e 8 stat. Friuli-Venezia Giulia, 8 n. 5 e 16 stat. Trentino-Alto Adige) nella parte in cui esse trasferiscono alle regioni e alle province autonome la materia dell'urbanistica: appunto sulle dette norme costituzionali si fondano le resistenti per affermare il loro potere di comprendere negli strumenti urbanistici i beni dello Stato, prevedendo per essi nuove e diverse funzioni.

Occorre pertanto stabilire se detta attribuzione della materia di cui si tratta escluda ogni potestà dello Stato in ordine alla destinazione dei propri immobili, sicché i suddetti soggetti di governo locale possano operarne da soli il mutamento, ovvero se essa determini in subiecta materia un concorso di poteri, onde ogni determinazione locale resti pur sempre condizionata dall'intervento della volontà statale.

6. - Deduce ancora la Provincia, al fine di sostenere l'inammissibilità dei ricorsi, che essi investono atti di sola approvazione ossia, a suo dire, meri atti di controllo, mentre gli effetti di cui lo Stato si duole debbono essere imputati ai provvedimenti comunali con cui é adottato lo strumento urbanistico: provvedimenti che non possono formare oggetto di un giudizio per regolamento di competenza perché non promanano da uno dei soggetti del conflitto.

Rileva però in contrario la Corte che l'intervento delle Regioni o delle Province autonome in materia di piani regolatori e programmi di fabbricazione non ha soltanto una efficacia di controllo, ma si inserisce, quale elemento costitutivo, in una fattispecie a formazione progressiva, potendosi con esso apportare modificazioni, variazioni, soppressioni e aggiunte alle previsioni formulate dal Comune.

É vero che sin dal momento dell'adozione da parte degli organi comunali lo strumento urbanistico produce alcuni effetti prodromici, sia pur limitati, i quali trovano la loro giustificazione nell'esigenza che medio tempore non sia pregiudicata l'attuazione di esso. Tale efficacia anticipata non rileva però sulla serie procedimentale di formazione del medesimo, serie che dà vita ad un atto complesso riferibile non soltanto agli enti minori (comuni) ma anche a quelli (regioni, province autonome) che provvedono all'approvazione.

Si ripete qui pertanto, pur nella diversità del caso concreto, la medesima situazione già oggetto della sent. n. 175 del 1976, con cui questa Corte ha ritenuto ammissibile (ed anche fondato) il ricorso per conflitto di attribuzione da parte dello Stato contro la Regione Lazio: questa, senza alcuna intesa con il competente organo statale, aveva approvato il piano regolatore del Comune di Latina, comprendente anche il parco del Circeo, sebbene la materia dei parchi nazionali non fosse stata trasferita alle Regioni, ma fosse rimasta di competenza statale.

7. - Osserva ancora la Corte che vanamente, a sostegno della dedotta inammissibilità, la Provincia di Bolzano invoca la propria legislazione locale, la quale non può avere alcun rilievo, una volta che, come sopra é stato chiarito, il giudizio concerne una norma costituzionale attributiva di competenza. La legislazione predetta, invero, ha la funzione di disciplinare la materia trasferita, ma non é certo idonea ad operare essa stessa un trasferimento.

Né, infine, può trovare accoglimento l'eccezione proposta dalla Regione Friuli-Venezia Giulia (e fatta propria dalla Regione Veneto) secondo cui il proposto conflitto é inammissibile, in quanto, a suo dire, il piano regolatore é privo di una sua forza cogente e costituisce un mero programma, inidoneo a produrre lesione di posizioni giuridiche.

Invero, anche se così fosse, l'atto sarebbe tuttavia capace di dar luogo a conflitto, in quanto integrerebbe pur sempre una manifestazione di volontà diretta all'affermazione di una competenza in contrasto (vero o presunto) con quella di altro ente, il che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, é sufficiente per la configurabilità di una controversia da decidere in sede di giudizio costituzionale.

Peraltro, il piano regolatore, una volta approvato, ha una propria efficacia immediata ed é autonomamente impugnabile per vizi ad esso riferibili, i quali non possono più essere fatti valere contro lo strumento di attuazione (piano particolareggiato), soggetto ad impugnazione soltanto per quanto di nuovo e peculiare sia in esso contenuto.

9. - Nel merito, osserva la Corte che la questione generale e comune a tutti i ricorsi concerne l'ambito di attribuzioni da riconoscere alle Regioni e alle Province autonome nella materia dell'urbanistica, secondo le previsioni della Costituzione e delle già citate norme degli statuti speciali.

Precisamente si tratta di stabilire, agli effetti del presente giudizio, se il potere appartenente alle Regioni resistenti e alla Provincia di Bolzano sia pieno ed esclusivo, onde solo ad esse competa di approvare gli strumenti urbanistici, quando questi ultimi, come nella fattispecie in esame, non solo comprendano i beni pubblici statali (il che é necessario, dovendo il piano regolatore comprendere l'intero territorio comunale: art. 7 l. 17 agosto 1942 n. 1150, modif. dall'art. 1 l. 19 novembre 1968 n. 1187), ma contengano altresì previsioni di destinazioni diverse da quelle attuali, senza l'adesione dello Stato, pur sempre titolare della proprietà (pubblica) istituzionalmente preordinata alla cura di interessi generali da soddisfare con i beni medesimi.

La questione, così posta, va risolta in senso favorevole allo Stato.

Già, in linea di principio, questa Corte ha avuto modo di rilevare che le attribuzioni costituzionalmente garantite delle Regioni e delle due Province autonome non escludono senz'altro, nelle singole materie, la consistenza di alcuni poteri statali, con la relativa necessità di coordinamento, quando si tratti della tutela di esigenze che esorbitino dall'ambito regionale e non possano quindi non continuare a permanere nella sfera dello Stato: le Regioni, invero, com'é ius receptum, sono enti esponenziali di interessi locali e quindi non possono incidere su posizioni giuridiche che fanno capo all'intera collettività nazionale.

In particolare poi la Corte, dopo aver precisato, in armonia con l'art. 80 d.P.R. n. 616/1977, che l'urbanistica comprende tutto quanto concerne l'uso dell'intero territorio ai fini della localizzazione e tipizzazione degli insediamenti, con le relative infrastrutture (sent. n. 239/1982), ha avvertito che la competenza regionale subisce varie restrizioni, tra cui, ad esempio, quelle relative alla costruzione di opere pubbliche di interesse nazionale, sempre appartenenti alla competenza centrale.

Analoga restrizione, per l'eadem ratio, non può non verificarsi per i beni pubblici statali (demaniali e patrimoniali indisponibili), il cui uso, secondo la loro natura e finalità, attiene ai compiti dello Stato ed é inteso alla soddisfazione, con modalità varie, di interessi riferibili a tutta la comunità nazionale (si può invero distinguere, com'é noto, tra un uso indiretto, per il demanio e patrimonio militare, le strade ferrate, gli aeroporti, e un uso diretto, per il demanio marittimo, idrico, stradale, ecc.).

10. - Giova in proposito ricordare come già nella vigenza della legge 17 agosto 1942 n. 1150, il cui art. 10 attribuiva agli organi statali il potere (ora trasferito alle regioni) di approvazione del piano regolatore generale, il controllo di conformità alle previsioni urbanistiche delle opere da eseguire su terreni demaniali (art. 31, modif. dall'art. 10 l. 6 agosto 1967 n. 765) spettava al Ministero dei lavori pubblici d'intesa con le amministrazioni interessate: sistema confermato testualmente dall'art. 9, ultimo comma, l. 28 gennaio 1977 n. 10.

E può anche ricordarsi che l'art. 3 l. 24 dicembre 1976 n. 898 affida, in materia di servitù militari, ad atti bilaterali l'armonizzazione tra i piani territoriali delle regioni o delle Province autonome e le esigenze dell'Amministrazione centrale della difesa.

Sulla linea di continuità di dette norme, va affermato che ogni qual volta concorra - come nella fattispecie in esame - una molteplicità d’interessi eterogenei, riferibili a soggetti diversi e tutti di rilievo costituzionale, alla loro composizione deve provvedersi attraverso l'istituto, tipico e generale del diritto pubblico, rappresentato dall'intesa.

In proposito l'affermazione della Provincia di Bolzano, secondo cui l'intesa sarebbe possibile soltanto nel caso specifico previsto dall'art. 81, secondo comma, d.P.R. 616/1977, non sembra alla Corte puntuale. La norma ora citata si riferisce invero ad una fattispecie particolare, che non esclude certo l'impiego dell'istituto (il quale, come s'é detto, é di portata generale) tutte le volte che esso costituisce strumento idoneo a realizzare la sua funzione ora detta.

Tutto ciò conferma la già preannunciata conclusione, secondo cui non spetta alle Regioni ed alle Province autonome approvare gli strumenti urbanistici senza che, nelle parti in cui essi prevedono il mutamento di destinazione degli immobili pubblici appartenenti allo Stato, sia previamente intervenuta un'intesa con i competenti organi centrali.

In definitiva vanno quindi accolti tutti i ricorsi che hanno per oggetto esclusivamente la questione ora esaminata, mentre la Corte deve ancora soffermarsi brevemente sulle impugnazioni con cui sono state mosse alcune eccezioni particolari.

11. - Si tratta anzitutto del ricorso n. 6/1979, relativo al piano urbanistico del Comune di Campo di Trens, approvato dalla Provincia di Bolzano. Al riguardo osserva la Corte che, in accoglimento dell'eccezione sollevata dalla resistente, può ritenersi - sulla base degli atti ed anche in mancanza di specifica contestazione - che non vi sia stata lesione della competenza statale poiché una parte della zona in questione (quella sud) appartiene al patrimonio disponibile dello Stato, e non é perciò soggetta ai principi di diritto pubblico ora detti, mentre per l'altra parte (quella nord) risulta già intervenuta l'intesa tra Stato e Comune.

Non può invece essere accolta l'eccezione della Provincia (ricorso n. 3/1981) relativa al Comune di Bressanone in quanto l'immobile di cui trattasi, un poligono di tiro, costituisce pertinenza delle opere di difesa nazionale e quindi rientra nella previsione dell'art. 822 cod. civ. Peraltro, se pure in ipotesi potesse accettarsi l'affermazione della resistente Provincia, il bene rientrerebbe pur sempre - come la stessa in fondo riconosce - nella categoria dei beni patrimoniali indisponibili (ovviamente un temporaneo non uso sarebbe privo di rilevanza, dato che i beni del patrimonio indisponibile non possono essere sottratti alla loro destinazione se non nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano, come espressamente stabilisce l'art. 828, secondo comma, cod. civ.) e quindi rimarrebbero immutati i termini della questione, la quale concerne egualmente i beni demaniali e quelli patrimoniali indisponibili.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riuniti i giudizi,

1) dichiara inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione proposto dallo Stato con atto 11 ottobre 1980 contro la Regione Lombardia, e relativo alla deliberazione della Giunta regionale 26 febbraio 1980 n. 29471, di approvazione con varianti del piano regolatore generale del Comune di Milano (reg. ric. n. 31/1980);

2) dichiara estinto per avvenuta rinuncia il giudizio relativo al ricorso per conflitto di attribuzione proposto dallo Stato con atto 28 giugno 1979 contro la Provincia di Bolzano e relativo alla deliberazione della Giunta provinciale 12 marzo 1979 n. 1711, di approvazione con variante del piano urbanistico del Comune di Sluderno (reg. ric. n. 19/1979);

3) dichiara che non spetta alle Regioni Friuli-Venezia Giulia, Veneto e Puglia nonché alla Provincia autonoma di Bolzano di approvare gli strumenti urbanistici dei Comuni di Trasaghis, Tarvisio, Venezia, Taranto, San Candido, Bolzano e Bressanone, nelle parti in cui essi prevedono un mutamento di destinazione di beni pubblici statali (demaniali e patrimoniali indisponibili) senza che sia previamente intervenuta un'intesa con i competenti organi dello Stato (reg. ric. n. 5, 18, 20/1977; 10, 11, 15/1978; 17/1979; 2, 21, 22/1980; 3/1981); in conseguenza annulla, nelle parti predette, le deliberazioni della Giunta della Regione Friuli-Venezia Giulia del 30 novembre 1976 n. 02031/Pres. 207 e 17 maggio 1977 n. 01163; della Giunta della Regione Veneto 23 marzo 1977 n. 1221, 26 luglio 1976 n. 3356, 15 novembre 1977 n. 5109 e 13 giugno 1978 n. 2931; della Giunta della Regione Puglia 31 ottobre 1977 n. 2619, nonché della Giunta provinciale di Bolzano 21 settembre 1979 n. 6100, 12 maggio 1980 n. 2726 e 17 ottobre 1980 n. 6324;

4) rigetta il ricorso per il conflitto di attribuzione proposto dallo Stato con atto 19 febbraio 1979 contro la Provincia di Bolzano in ordine alla deliberazione del 23 ottobre 1978, con cui la Giunta provinciale ha approvato con variante il piano urbanistico del Comune di Campo di Trens (reg. ric. n. 6/1979).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 novembre 1985.

Livio PALADIN - Francesco SAJA

Depositata in cancelleria il 13 novembre 1985.