Sentenza n.285 del 1985

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SENTENZA N. 285

ANNO 1985

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Livio PALADIN, Presidente

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 12 e 14 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 (approvazione del testo di legge del Registro), promosso con ordinanza emessa il 31 marzo 1977 dalla Commissione tributaria di primo grado di Napoli sul ricorso proposto da Iovino Gaetano, iscritta al n. 384 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 300 dell'anno 1978;

udito nella camera di consiglio dell'1 ottobre 1985 il Giudice relatore Giuseppe Ferrari.

 

Ritenuto in fatto

 

Con ordinanza in data 31 marzo 1977 la Commissione tributaria di primo grado di Napoli - adita da Gaetano Iovino che chiedeva la restituzione dell'imposta graduale del 5% (rectius: 5 per mille) sulla somma di lire 70.000.000 percetta dall'Ufficio del registro all'atto della registrazione, avvenuto il 20 aprile 1971, di una sentenza di condanna di primo grado, poi definitivamente riformata dalla Corte d'Appello che aveva rigettato tutte le domande proposte dallo Iovino ed accolte dal Tribunale di Napoli - ha sollevato, su eccezione del ricorrente, questione di legittimità costituzionale degli artt. 12 e 14 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, nella parte in cui non prevedono, ai fini della restituzione dell'imposta graduale, l'ipotesi della definitiva riforma della sentenza di condanna, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione.

Premesso che sulla scorta del fondamentale principio posto dagli artt. 11 e 12 dell'abrogata - ma ancora applicabile al caso di specie - legge del registro n. 3269 del 1923, é pacifico che non é restituibile l'imposta graduale percetta sulla condanna disposta con sentenza poi definitivamente riformata, non rientrando tale ipotesi nei casi tassativamente indicati dal successivo art. 14 della stessa legge, il giudice a quo rileva che l'impossibilità di ottenere la restituzione totale o parziale dell'imposta versata all'atto della registrazione della sentenza di primo grado, allorché dalla sentenza di riforma passata in giudicato risulti che nessuna attribuzione di somma sia stata disposta o che questa sia stata di ammontare inferiore, sicuramente comporta il contrasto delle norme denunciate con gli indicati parametri costituzionali di raffronto, atteso il difetto, in tali ipotesi, dello stesso oggetto dell'imposizione tributaria. E richiama, in proposito, le sentenze della Corte costituzionale n. 200 del 1972 e n. 198 del 1976 con le quali, in base ad identiche considerazioni, era stata dichiarata l'illegittimità costituzionale degli stessi artt. 12 e 14 della legge n. 3269 del 1923 in relazione all'imposta proporzionale di trasferimento e, rispettivamente, a quella dovuta per l'enunciazione di un atto traslativo soggetto a registrazione, percette in base a sentenze poi riformate.

Non vi sono state costituzioni di parti, né é intervenuta l'Avvocatura dello Stato.

 

Considerato in diritto

 

1. - La Commissione tributaria di primo grado di Napoli ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 12 e 14 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 (che approva la legge di registro), in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., nella parte in cui non consentono la restituzione totale o parziale dell'imposta graduale di registro versata all'atto della registrazione della sentenza di primo grado allorché la sentenza di riforma passata in giudicato nessuna attribuzione di somma disponga o lo faccia per un'entità inferiore a quella stabilita dalla sentenza registrata.

2. - La questione é fondata.

Le disposizioni denunciate sono state già dichiarate costituzionalmente illegittime, sotto identico profilo, con sentenza n. 200 del 1972 in riferimento all'imposta proporzionale sulle sentenze con le quali si attui il trasferimento di un diritto, e con sentenza n. 198 del 1976 per l'ipotesi che sia stata dichiarata nulla o riformata la sentenza in cui si contenga l'enunciazione di un atto soggetto a registrazione o da cui si desuma la retrocessione di un diritto. In entrambe le occasioni la Corte osservò che, in esito alla definitiva riforma (nel primo caso totale o parziale) della sentenza di primo grado, viene a mancare (totalmente o parzialmente) lo stesso oggetto dell'imposizione tributaria, talché l'impossibilità di ottenere la restituzione dell'imposta - secondo quanto espressamente disposto dall'art. 12, cui non deroga sul punto l'art. 14 del r.d. n. 3269 del 1923 - comporta la sicura violazione dei principi posti dalla Costituzione in tema di capacità contributiva e di ragionevolezza dei trattamenti differenziati dei cittadini.

3. - Le stesse considerazioni evidentemente si attagliano all'imposta graduale di registro cui erano soggette le sentenze che, come recitava l'art. 68 della legge, non più in vigore ma ancora applicabile al caso di specie, "portano condanna per somme o valori" (terzo comma), ovvero comunque operino "gli effetti dell'attribuzione o della condanna per cose valutabili" (quarto comma), con la conseguente applicazione dell'imposta "sull'ammontare della condanna in capitale ed interessi o sul valore della cosa di cui sia stato ordinato il rilascio e l'attribuzione" (allegato "A", parte II, n. 114, della legge).

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale degli artt. 12 e 14 del r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269 (approvazione del testo di legge del registro) nella parte in cui non prevedono, ai fini della restituzione dell'imposta graduale di registro, le ipotesi che sia stata dichiarata nulla o riformata la sentenza di condanna al pagamento di una somma di denaro ovvero la sentenza con la quale era stato ordinato il rilascio e l'attribuzione di un bene.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 novembre 1985.

Livio PALADIN - Giuseppe FERRARI

Depositata in cancelleria il 13 novembre 1985.