Sentenza n. 219 del 1982
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SENTENZA N. 219

ANNO 1982

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

ha pronunciato la seguente 

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 6 del d.l. 8 luglio 1974, n. 261 (Modificazioni alla legge 24 maggio 1970, n. 336, concernente norme a favore dei dipendenti dello Stato ed enti pubblici ex combattenti ed assimilati), come modificato dall'art. 1 della legge 14 agosto 1974, n. 355, in riferimento all'art. 67, ultimo comma, del d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 13 ottobre 1978 dal Pretore di Pisa nel procedimento civile vertente tra Tosi Ettore e l'ENPAS, iscritta al n. 659 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 59 del 28 febbraio 1979;

2) ordinanza emessa il 13 ottobre 1978 dal Pretore di Pisa nel procedimento civile vertente tra Scarselli Sergio e l'INAM, iscritta al n. 660 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 59 del 28 febbraio 1979;

3) ordinanza emessa il 18 aprile 1980 dal Tribunale di Caltanissetta nel procedimento civile vertente tra l'INAIL e Romano Luigi, iscritta al n. 517 del registro ordinanze 1980 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 249 del 10 settembre 1980.

Visti gli atti di costituzione di Scarselli Sergio, dell'INAM e dell'INAIL e gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 19 maggio 1982 il Giudice relatore Guglielmo Roehrssen;

uditi l'avvocato Antonio Funari, per Scarselli Sergio, l'avvocato Lucio Mancini, per l'INAIL e l'avvocato dello Stato Renato Carafa, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Con ordinanze 13 ottobre 1978 (nn. 659-660/1978) il Pretore di Pisa nel corso di giudizi promossi a seguito di risoluzione di rapporti di lavoro autonomo da parte dell'ENPAS e dell'INAM ai sensi dell'art. 6 del d.l. 8 luglio 1974, n. 261 ("Modificazioni alla legge 24 maggio 1970, n. 336, concernente norme a favore dei dipendenti dello Stato ed enti pubblici ex combattenti ed assimilati"), ha sollevato questione di legittimità costituzionale - per contrasto con l'art. 3 Cost. -dell'art. 6 del detto d.l. n. 261/1974, nella parte in cui (a differenza di quanto disposto dall'art. 67, ultimo comma, d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748 ("Disciplina delle funzioni dirigenziali nelle amministrazioni dello Stato anche ad ordinamento autonomo") per i dirigenti), prevede la possibilità per gli ex combattenti, collocati a riposo ai sensi dell'art. 3 della L.24 maggio 1970, n. 336 ("Norme a favore dei dipendenti dello Stato ed enti pubblici ex combattenti ed assimilati"), di assumere e mantenere, non solo rapporti di impiego pubblico, ma anche incarichi di lavoro autonomo con lo Stato e con gli altri enti pubblici.

Con ciò si violerebbe il principio di uguaglianza, per non essere stata emanata analoga normativa limitatrice di assunzioni anche per gli altri soggetti che abbiano usufruito di disposizioni analoghe nelle finalità e nell'attribuzione di un trattamento preferenziale di quiescenza a quelle della L. n. 336/ 1970: infatti con l'art. 67 del d.P.R. n. 748 del 1972, é stato favorito l'esodo volontario dei dirigenti e del personale direttivo delle Amministrazioni dello Stato, attribuendo a costoro, ove richiedessero il "collocamento a riposo anticipato" aumenti di servizio identici a quelli riconosciuti agli ex combattenti dall'art. 3 della L. n. 336/1970, ma la limitazione della libertà di lavoro, ai sensi del citato art. 67, é stata prevista unicamente con riguardo "all'assunzione in impiego alle dipendenze dello Stato o di enti pubblici" (art. 67, cit., ultimo comma) e non anche con riguardo al conferimento di incarichi libero- professionali da parte delle stesse amministrazioni.

Non vi sarebbe alcuna giustificazione all'adozione da parte del legislatore del diverso trattamento normativo sopra evidenziato.

Il Presidente del Consiglio dei ministri, chiede che gli atti siano rimessi al giudice a quo per il riesame della rilevanza o che la questione sia dichiarata non fondata.

Si osserva infatti preliminarmente che il Pretore di Pisa non ha tenuto conto dell'ultimo comma dell'art. 6 della L.20 marzo 1975, n. 70, per il quale "non possono comunque essere attribuiti incarichi professionali ai dipendenti dell'Amministrazione dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, che si siano avvalsi delle norme sull'esodo volontario, di cui al d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, ed ai dirigenti di enti pubblici collocati a riposo".

Ciò, secondo l'Avvocatura dello Stato, giustificherebbe la remissione degli atti al giudice a quo per un riesame della rilevanza. Comunque, essa afferma, la differenza di trattamento fatta dalla norma impugnata rispetto a quella dell'art. 67 del d.P.R. n. 748/1972, sarebbe giustificata in base alle seguenti considerazioni.

A) I "benefici combattentistici" si riferiscono a tutti gli impiegati dello Stato e degli enti pubblici, mentre quelli derivanti dall'"esodo volontario" riguardano esclusivamente i funzionari direttivi e dirigenti dello Stato, cioè una categoria non solo più qualificata e con specifiche competenze, ma soprattutto notevolmente più ristretta.

B) I benefici derivanti ai funzionari direttivi e dirigenti dello Stato dall'"esodo volontario" furono accordati esclusivamente per soddisfare la esigenza di ridurre il loro numero esuberante rispetto alle necessità del nuovo ordinamento delle funzioni dirigenziali, di cui al d.P.R. n. 748/1972, mentre i "benefici combattentistici" rispondevano principalmente alla finalità di riparare ritardi e menomazioni, che i destinatari avevano subito nella loro carriera a causa della guerra.

C) I benefici accordati alle due categorie sono pure obiettivamente differenti, tanto che ne é prevista in particolari modi la cumulabilità (art. 67 cit., quarto comma), mentre la tempestiva rinuncia a quelli previsti nell'art. 3 della L. n. 336/ 1970 consentiva agli ex combattenti, che ne avevano usufruito, di mantenere gli incarichi in discussione, nonostante la conservazione dei restanti benefici (art. 1 cit., penultimo comma).

Ad ogni modo rientra nella discrezionalità del legislatore ordinario per la concessione di determinati benefici a distinte categorie di soggetti valutare tutte le diverse circostanze in relazione ai vari fini da perseguire ponendo in essere una conseguente peculiare regolamentazione.

Davanti a questa Corte si sono costituite pure alcune parti private; il dott. Sergio Scarselli e l'INAM, parti del giudizio a quo. Il primo ha chiesto che la questione sia dichiarata fondata. Il secondo che la si dichiari inammissibile per difetto di rilevanza o comunque infondata.

Identica questione é stata sollevata dal Tribunale di Caltanissetta con ordinanza del 18 aprile 1980 (n. 517 r.o.).

Il Presidente del Consiglio dei ministri si é costituito anche in tale giudizio chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata. Uguali conclusioni ha formulato la difesa dell'INAIL, anch'esso costituitosi.

Considerato in diritto:

1. - Le ordinanze di cui in epigrafe sollevano tutte una identica questione di legittimità costituzionale, onde i relativi giudizi possono essere riuniti ai fini di un, unica pronuncia.

2. - La Corte é chiamata ad esaminare se l'art. 6 del D.L. 8 luglio 1974, n. 261 ("Modificazioni alla legge 24 maggio 1970, n. 336, concernente norme a favore dei dipendenti dello Stato ed enti pubblici ex combattenti ed assimilati"), così come modificato dalla legge di conversione 14 agosto 1974, n. 355, violi il principio di uguaglianza posto dall'art. 3, primo comma, Cost., avendo vietato agli ex combattenti collocati a riposo ai sensi dell'art. 3 della legge 24 maggio 1970, n. 336 ("Norme a favore dei dipendenti dello Stato ed enti pubblici ex combattenti ed assimilati"), di assumere incarichi di lavoro autonomo con lo Stato e gli altri enti pubblici oltre che con società a partecipazione statale e ciò in difformità da quanto era stato disposto con l'art. 67, ultimo comma, del d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748 ("Disciplina delle funzioni dirigenziali nelle Amministrazioni dello Stato anche ad ordinamento autonomo"), il quale vieta agli "esodati", ai sensi dello stesso decreto presidenziale, soltanto le assunzioni di nuovi rapporti di impiego.

3. - La questione non é fondata.

E noto che questa Corte ha costantemente ritenuto che può ipotizzarsi violazione del principio di uguaglianza quando si pongano a raffronto situazioni identiche o, almeno, omogenee (cfr. fra le altre sentenze nn. 1 e 52 del 1981

).

Nella specie, peraltro, non sussiste omogeneità di situazioni, poiché diversi sono sia i destinatari sia la ratio delle disposizioni che vengono messe a raffronto nelle ordinanze di rimessione.

Infatti la legge 24 maggio 1970, come la Corte ha già avuto modo di chiarire (sentenza n. 194/1976) e come risulta anche dai lavori preparatori, ha per destinatari soltanto i dipendenti statali in possesso della qualifica di ex combattenti od appartenenti ad altre determinate categorie che a causa della guerra avevano subito ritardi o menomazioni nella loro carriera, allo scopo di accordare a costoro un particolare beneficio, che negli stessi lavori preparatori viene definito atto di "giustizia riparatrice".

L'art. 67, ultimo comma, del successivo d.P.R. n. 748, invece, é rivolto esclusivamente ai dipendenti statali appartenenti alla dirigenza ed alla carriera direttiva ai quali é stato consentito, con la stessa norma, l'esodo anticipato dall'Amministrazione dello Stato al fine di sfoltirne i ruoli.

Siffatta diversità é sufficiente a rendere non irrazionale la differenza di trattamento esistente fra le due norme poste a raffronto.

Va peraltro osservato che in prosieguo di tempo il legislatore é ritornato sull'argomento e con l'art. 6, ultimo comma, della legge 20 marzo 1975, n. 70 ("Disposizioni sul riordinamento degli enti pubblici e del rapporto di lavoro del personale dipendente") ha disposto anche per i dipendenti statali, che si erano avvalsi delle norme sull'esodo volontario previsto dal ripetuto art. 67 del d.P.R. n. 748/1972, un divieto sostanzialmente simile a quello già compreso nell'art. 6 del D.L. n. 261 del 1974.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6 del decreto-legge 8 luglio 1974, n. 261 ("Modificazioni alla legge 24 maggio 1970, n. 336, concernente norme a favore dei dipendenti dello Stato ed enti pubblici ex combattenti ed assimilati"), convertito con modificazioni in legge 14 agosto 1974, n. 355 - nella parte in cui prevede per gli ex combattenti collocati a riposo ai sensi dell'art. 3 della legge n. 336 del 1970, il divieto di assumere e mantenere non solo rapporti d'impiego pubblico, ma anche incarichi di lavoro autonomo con lo Stato e gli altri enti pubblici - sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 dicembre 1982.

 

Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Giuseppe CONSO.

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 16 dicembre 1982.