Sentenza n. 201 del 1975
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SENTENZA N. 201

ANNO 1975

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO,

          ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2 e 4 della legge 4 agosto 1955, n. 692, e dell'art. 32 del d.l. 26 ottobre 1970, n. 745, convertito in legge 18 dicembre 1970, n. 1034, concernenti lo sconto obbligatorio a favore degli enti mutualistici sul prezzo di vendita dei medicinali, promosso con ordinanza emessa il 19 luglio 1973 dal pretore di Milano nel procedimento civile vertente tra la società Gibipharma e lo INADEL, iscritta al n. 398 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 307 del 28 novembre 1973.

Visti gli atti di costituzione della società Gibipharma e dell'INADEL;

udito nell'udienza pubblica del 4 giugno 1975 il Giudice relatore Luigi Oggioni;

uditi l'avv. Enrico Allorio, per la società Gibipharma, e gli avvocati Antonio Sorrentino e Michele Giorgianni, per lo INADEL.

Ritenuto in fatto

Nel procedimento civile vertente fra la società per azioni Gibipharma é l'INADEL (Istituto nazionale per l'assistenza ai dipendenti degli enti locali) ed avente ad oggetto la richiesta della società predetta tendente ad ottenere dichiarazione di insussistenza del credito di L. 300.713 vantato dall'INADEL in sede amministrativa a titolo di sconto obbligatorio sui medicinali acquistati ai fini dell'assistenza indiretta nel mese di gennaio 1973, il pretore di Milano, su conforme richiesta della difesa della società attrice, ha sollevato questione di legittimità costituzionale delle norme di cui agli artt. 2 e 4 della legge 4 agosto 1955, n. 692, e 32 del d.l. 26 ottobre 1970, n. 745, per assunto contrasto con gli artt. 3,23,41 e 53 della Costituzione, nella parte in cui pongono a carico dei produttori uno sconto obbligatorio del 19 % a favore degli enti assistenziali, nel caso in cui non si avvalgano della facoltà di acquisto diretto dei medicinali ai fini d'istituto.

Il pretore, dopo avere dichiarato genericamente proposte ed avere conseguentemente respinto le eccezioni pregiudiziali di incompetenza funzionale e per territorio sollevate dal convenuto, svolge censure di illegittimità riguardanti, anzitutto, la pretesa violazione degli artt. 3 e 23 della Costituzione.

Secondo il giudice a quo, poiché a norma dell'art. 53 Cost. tutti devono concorrere alle spese pubbliche secondo la propria capacità contributiva, le prestazioni in favore di un dato ente potrebbero essere imposte solo a carico di coloro che traggono vantaggio dai servizi dell'ente stesso, il che sarebbe da escludere nella specie, perché gli enti mutualistici non svolgerebbero servizi rispondenti ad esigenze dei produttori di farmaci. A giudizio del pretore dovrebbero quindi essere esclusivamente le categorie beneficiarie dell'assistenza farmaceutica a sopportare il carico contributivo necessario a far fronte alle spese relative.

Altro aspetto di illegittimità dovrebbe rinvenirsi nella diretta violazione dell'art. 53, consistente nel fatto che le norme denunziate ragguaglierebbero lo sconto dovuto dai produttori ad una percentuale del prezzo di vendita al pubblico dei medicinali, assumendo quindi come presupposto d'imposta un fatto estraneo alla sfera giuridica del soggetto passivo e, come tale, non idoneo ad esprimere la capacità contributiva.

L'art. 53 Cost. sarebbe poi ulteriormente violato sia isolatamente, sia nella sua relazione con la garanzia della libera iniziativa economica, data l'eccessiva onerosità dello sconto, che graverebbe, in modo intollerabile, sul bilancio delle aziende e, quindi, sulla loro sfera di libertà di iniziativa economica. In proposito, il pretore rileva particolarmente nell'ordinanza che l'imposizione degli sconti in parola, sarebbe stata prevista in misura provvisoria dall'art. 32 del d.l. n. 745 del 1970, che istituiva un meccanismo di revisione dei prezzi riflettentesi sugli sconti, mentre attualmente la misura inizialmente stabilita tenderebbe a divenire permanente.

Violata poi apparirebbe la riserva di legge di cui all'articolo 23 Cost., nella parte in cui le norme censurate prevedono la più ampia facoltà discrezionale degli enti di scegliere la forma di assistenza farmaceutica diretta o indiretta, risultando in tal modo arbitri gli enti stessi di imporre o meno a carico dei produttori l'obbligo dello sconto, che é dovuto, appunto, secondo le norme impugnate, solo nel caso di assistenza indiretta, cioé mediante acquisto dei medicinali non presso i produttori ma presso i farmacisti. Potendosi inoltre tale discrezionalità riflettere anche su singoli medicinali prodotti da più case farmaceutiche, nel senso, cioé, che l'acquisto diretto potrebbe discrezionalmente effettuarsi nei confronti di non tutte le ditte produttrici, le norme impugnate consentirebbero una discriminazione arbitraria ed immotivata fra le varie case produttrici con violazione anche dell'art. 3 della Costituzione.

Ove poi si consideri che la discrezionalità degli enti si estende anche alla inclusione o meno dei medicinali in appositi elenchi ai fini della loro prescrivibilità agli assistiti, dovrebbe dedursene, secondo il pretore, ulteriore profilo di contrasto con le invocate norme costituzionali (artt. 3 e 23 Cost.) perché dall'inclusione suddetta deriverebbe l'assunzione del carico dello sconto a danno dei produttori, nonché la possibile discriminazione fra le diverse case produttrici dello stesso farmaco, eventualmente inserito nell'elenco con riferimento ad una data casa produttrice soltanto.

Infine, le stesse norme costituzionali apparirebbero violate, secondo il pretore, per effetto della facoltà dell'ente di porre a carico del mutuato una parte del prezzo dei medicinali acquistati. Invero, esercitando tale potere l'ente seguiterebbe a percepire interamente lo sconto a carico del produttore ed in tal modo potrebbe variare nella sostanza l'entità percentuale dello sconto stesso sul costo reale del farmaco, fino ad eguagliarne o addirittura a superarne, in ipotesi, l'importo. Il che costituirebbe una ulteriore violazione dell'art. 53 Cost. che, prevedendo per tutti il concorso alla spesa pubblica, ne postulerebbe la costante e rigida proporzionalità alla spesa stessa.

L'ordinanza, notificata e comunicata come per legge, é stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 307 del 28 novembre 1973.

La società Gibipharma, in persona del suo amministratore Maciocco Antonio, si é costituita in questa sede rappresentata e difesa dall'avv. prof. Enrico Allorio, che ha depositato nei termini le proprie deduzioni.

La difesa fa proprie e sviluppa ampiamente tutte le argomentazioni contenute nell'ordinanza a sostegno delle censure sollevate. In particolare, insiste, anzitutto, nell'affermare che il principio della capacità contributiva dovrebbe interpretarsi, per quanto riguarda le imposizioni tributarie degli enti diversi dallo Stato, in senso relativo, cioé in funzione della eventuale situazione di vantaggio economico del contribuente, in rapporto al fine specifico che l'ente impositore persegue nel suo indirizzo istituzionale. Quindi, ove manchi il vantaggio economico, secondo la difesa, mancherebbe la causa dell'imposizione tributaria. Il vantaggio economico funzionerebbe, in sostanza, come limite e condizione del legittimo esercizio della facoltà di imposizione, e siccome nella specie, come già evidenziato dal pretore, i produttori non risentirebbero alcun vantaggio del genere, l'imposizione dello sconto a loro carico sarebbe illegittima.

Per quanto riguarda la lamentata violazione dell'art. 53 Cost., sotto il profilo del riferimento al prezzo di vendita al pubblico dei medicinali come parametro inidoneo a costituire validamente un presupposto d'imposta, la difesa illustra diffusamente le tesi svolte nell'ordinanza, insistendo nell'affermare che anche nella più larga nozione economica della capacità contributiva, il presupposto d'imposta dovrebbe essere direttamente riferibile al soggetto sottoposto all'imposizione, mentre, nella specie, il prezzo di vendita costituirebbe un riferimento del tutto arbitrario, non potendosi l'utile del produttore desumere dal prezzo di vendita al pubblico, che risentirebbe di altre e differenti componenti economiche. L'alta incidenza dello sconto, che giungerebbe al 29,32%, testimonierebbe dell'arbitrarietà dell'imposizione e rafforzerebbe la censura sollevata.

La difesa mette poi in particolare evidenza la disparità di trattamento che, per tale sistema di imposizione senza possibilità di rivalsa o traslazione, sarebbe posta a carico degli industriali farmaceutici rispetto a tutte le altre categorie produttive, che hanno invece possibilità di trasferire sul prezzo il carico fiscale. Il che comporterebbe, altresi, conformemente a quanto affermato nell'ordinanza di rinvio, violazione dell'art. 41 Cost., considerando la rigidità dei fattori economici presenti nel ciclo produttivo dei medicinali, nel quale si inserirebbe l'insopportabile carico dello sconto, che condannerebbe le imprese produttrici al dissesto economico.

Anche per quanto riguarda la asserita violazione della riserva di legge di cui all'art. 23 Cost. e dell'art. 3 Cost., sotto i vari profili denunciati nell'ordinanza con riferimento alla discrezionalità dell'ente, la difesa svolge argomentazioni parallele a quelle esposte dal giudice a quo ponendo particolarmente in luce fra l'altro la circostanza che, a mente dell'art. 4 della legge n. 692 del 1955, verrebbe conferita agli enti assistenziali una vera e propria facoltà incondizionata di imposizione fiscale, col solo limite dell'entità dell'imposizione stessa, insufficiente a garantire l'osservanza dell'art. 23 della Costituzione.

Avanti a questa Corte si é anche costituito l'INADEL, in persona del presidente Giuseppe D'Angelo, rappresentato e difeso dagli avvocati proff. Michele Giorgianni, Arturo Carlo Jemolo e Antonio Sorrentino, che hanno tempestivamente depositato le proprie deduzioni.

La difesa osserva preliminarmente che il pretore adito avrebbe sostanzialmente omesso di pronunciarsi sulla eccezione di incompetenza sollevata pregiudizialmente nel giudizio principale dall'istituto deducente, limitandosi a respingerla perché genericamente formulata. In tal modo, prosegue la difesa, il giudice a quo avrebbe omesso di valutare la rilevanza della questione sollevata, essendo evidente che solo il controllo positivo sulla competenza poteva rendere rilevante la questione di legittimità. E poiché, d'altra parte, il giudice adito sarebbe certamente incompetente sia territorialmente che funzionalmente, la questione andrebbe dichiarata inammissibile perché irrilevante, o quanto meno, dovrebbero restituirsi gli atti al giudice a quo affinché motivi adeguatamente sul punto.

Nel merito la difesa osserva che tutte le questioni come sopra sollevate andrebbero dichiarate manifestamente infondate perché già sostanzialmente decise con le sentenze nn. 70 del 1960 e 144 del 1972.

Invero le censure relative alla mancanza di una causa economica o giuridica che giustifichi l'imposizione a carico dei produttori, nonché all'inidoneità del prezzo di vendita al pubblico dei medicinali ad essere assunto come presupposto dell'imposizione in esame, sarebbero già state esaminate con la sentenza n. 144 del 1972, che ha ritenuto razionalmente giustificata l'imposizione a carico. dei produttori di medicinali, quali esercenti un'attività particolarmente collegata all'assistenza farmaceutica e largamente potenziata dalla diffusione dell'assistenza stessa.

Né avrebbe rilievo l'asserita estraneità dei produttori alla materiale fornitura dei medicinali agli assistiti, perché il legislatore, nel predisporre il regime degli sconti, avrebbe tenuto conto del meccanismo di produzione e distribuzione dei medicinali e dei relativi profitti.

La censura formulata in relazione alla tendenza a trasformare in permanente il regime dello sconto, non avrebbe fondamento, poiché attingerebbe al potere del legislatore di adottare provvedimenti in relazione a situazioni la cui gravità egli solo é competente a valutare, la pretesa eccessiva incidenza dello sconto sul bilancio aziendale (e la conseguente lamentata violazione dell'art. 41 Cost.), non potrebbe ritenersi fondata, in conformità a quanto già ritenuto in precedenza da questa Corte con le citate sentenze, perché, in sostanza, la censura investirebbe non la norma impugnata ma il sistema di determinazione dei prezzi al consumatore, e, comunque, perché, trattandosi di prestazioni patrimoniali di natura tributaria, la materia sarebbe regolata dagli artt. 23 e 53 Cost. e non dall'art. 41, che riguarda il diverso campo delle attività economiche private.

Per quanto riguarda, infine, la censura collegata alla lamentata discrezionalità degli enti ai fini dell'imposizione dello sconto, la difesa dell'INADEL si richiama alla giurisprudenza di questa Corte (sent. n. 70 del 1960), la quale avrebbe ritenuto la legittimità della attribuzione della potestà di imposizione, previa determinazione per legge della misura del tributo, come si verificherebbe appunto nella specie, nonché si richiama alla sentenza n. 144 del 1972 con cui, specificamente, é stato ritenuto che la discrezionalità attribuita agli enti non riguarda il momento impositivo della prestazione, coperto interamente dalla legge, bensì il suo momento attuativo, che sarebbe al di fuori della garanzia costituzionale, una volta che la prestazione risulti sufficientemente determinata dalla legge. Cosicché nessun rilievo potrebbe attribuirsi alle modalità di inserimento dei medicinali negli appositi elenchi, o alla facoltà dell'ente di pretendere dall'assistito una parte del prezzo.

La difesa della società Gibipharma ha depositato nei termini una memoria illustrativa con cui ribadisce le tesi già svolte con le precedenti deduzioni.

In particolare, contesta anzitutto la fondatezza della eccezione concernente la rilevanza delle questioni sollevate, affermando che esula dall'ambito del giudizio di legittimità costituzionale il sindacato circa la competenza del giudice a quo, su cui invece dovrebbe pronunciarsi la Corte secondo la tesi sostenuta dalla difesa dell'INADEL.

Riguardo poi alla questione sollevata con riferimento alla pretesa natura specificamente causale della imposizione dello sconto, precisa che il vantaggio che il soggetto passivo della imposizione dovrebbe risentire sarebbe da identificare nella utilità che l'esistenza ed il funzionamento dell'ente impositore arrechi "istituzionalmente" alla categoria economica assoggettata al tributo, onde sarebbe priva di rilievo la circostanza che, come nella specie, la categoria dei produttori di farmaci possa, di fatto, beneficiare dell'incremento di consumi legato all'opera degli enti mutualistici.

La difesa afferma anche, con particolare evidenza, che la discrezionalità delle scelte attribuite agli enti in materia di assistenza farmaceutica finirebbe col costituire gli stessi in enti impositori con la sola condizione della loro libera scelta il che sposterebbe il momento impositivo dello sconto dalla norma di legge ad una discrezionale manifestazione di volontà amministrativa e contrasterebbe, quindi, con la riserva di legge di cui all'art. 23 della Costituzione.

Anche la difesa dell'INADEL ha presentato nei termini un'ampia memoria, con cui svolge le tesi già in precedenza prospettate, insistendo sulle già rassegnate conclusioni.

Considerato in diritto

1. - Le questioni di legittimità, sollevate con l'ordinanza di rimessione, concernono gli artt. 2 e 4 della legge n. 692 del 1955 e 32 del d.l. n. 645 del 1970 convertito in legge n. 1034 del 1970. In sintesi, si assume che gli sconti, imposti ai produttori sul prezzo dei medicinali, in favore di Enti mutualistici e in funzione dell'assistenza cosiddetta indiretta, esercitata mediante acquisto presso le farmacie, violerebbe, sotto i profili che saranno di seguito esaminati, i seguenti articoli della Costituzione: art. 3 (parità di trattamento); art. 23 (riserva di legge per le prestazioni); art. 41 (libertà dell'iniziativa economica privata); art. 53 (rapporto con la capacità contributiva).

2. - La difesa dell'Istituto nazionale per l'assistenza ai dipendenti degli enti locali (INADEL) formula, anzitutto, una eccezione di inammissibilità delle questioni sollevate, per la pretesa irrilevanza delle stesse, che emergerebbe dalla incompetenza funzionale e per territorio del Pretore rilevata nel giudizio a quo dall'Istituto stesso, senza che il giudice, nell'ordinanza di rinvio, abbia convenientemente valutato il problema così posto, essendosi limitato ad affermare la genericità del rilievo ed a respingerlo conseguentemente.

L'eccezione va respinta sulla base della costante giurisprudenza di questa Corte in ordine alla sindacabilità in sede di giudizio incidentale di legittimità costituzionale, dei presupposti attinenti alla giurisdizione o alla competenza del giudice a quo.

3. - Ciò posto, e passando al merito delle questioni, é da osservare che le censure ricalcano, nella sostanza, sia pure con ulteriori argomentazioni, quelle che sono già state esaminate e respinte con la sentenza n. 144 del 1972, salvo per quanto riguarda il lamentato contrasto delle norme impugnate con gli artt. 3 e 23 della Costituzione, sotto il profilo della pretesa limitazione della riferibilità delle prestazioni imposte ai soli soggetti che traggono vantaggio dai servizi che le prestazioni stesse sono destinate a finanziare. Tale limitazione deriverebbe, secondo il giudice a quo, dalla necessaria osservanza, in materia di prestazioni tributarie, del principio della capacità contributiva enunciato dall'art. 53 Cost., secondo cui sarebbe da ravvisare, come indispensabile causa economica e giuridica della contribuzione, il vantaggio economico del contribuente in rapporto al fine specifico perseguito istituzionalmente dall'ente impositore.

Peraltro, pur non essendo contestabile che trattasi nella specie di prestazioni di natura fiscale, come é stato espressamente riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 144 del 1972), per cui si rendono applicabili in materia i principii sanciti dall'art. 53 Cost., é da rilevare che l'interpretazione della portata dell'articolo stesso prospettata nell'ordinanza di rimessione non può essere condivisa.

Come infatti la Corte costituzionale ha ripetutamente avuto occasione di affermare, il principio della capacità contributiva di cui all'art. 53, sul piano garantistico costituzionale, deve essere inteso come espressione dell'esigenza che ogni prelievo tributario abbia causa giustificatrice in indici concretamente rivelatori di capacità contributiva (v. sent. n. 144 e n. 200 del 1972). I soggetti assumono così tale capacità contributiva in funzione del collegamento con le fattispecie cui la norma tributaria attribuisce tale efficacia indicativa, secondo valutazioni riservate al legislatore. In altri termini, per capacità contributiva, nel senso espresso dalla norma costituzionale, deve intendersi l'idoneità soggettiva all'obbligazione d'imposta, deducibile dal presupposto al quale la prestazione é collegata, senza che spetti al giudice della legittimità delle leggi alcun controllo, se non, ovviamente, sotto il profilo della assoluta arbitrarietà o irrazionalità delle norme.

Ciò posto, può, senz'altro, affermarsi che non é necessaria la prospettata causalità specifica dell'imposta ai fini della giustificazione della relativa potestà d'imposizione, essendo sufficiente il collegamento dell'imposizione ad un presupposto rivelatore di ricchezza, quale é indubbiamente il prezzo di vendita, anche nei riguardi dei produttori, ove si ricordi che, come la Corte ha già affermato (sent. n. 144 del 1972), il prezzo al pubblico deve essere stabilito tenendo conto anche della esigenza della realizzazione di un profitto da parte delle imprese, ed é idoneo quindi ad assumere funzione indicativa della loro capacità contributiva, come la detta sentenza ha espressamente affermato, chiarendo che il prezzo stesso rappresenta un elemento oggettivo "razionalmente collegato con la situazione economica dei produttori". É da aggiungere che, anche considerata la norma dell'art. 53 sotto il suo aspetto finalistico, secondo cui la capacità contributiva va proporzionalmente utilizzata ai fini della copertura delle spese pubbliche, non potrebbe dedursene la delimitazione della potestà tributaria in relazione ai benefici economici che eventualmente i soggetti ritraggano dall'attività pubblica così finanziata. L'elemento finalistico, invero, così come emerge dalla chiara lettera dell'art. 53 Cost. concerne, se mai, la complessiva capacità del soggetto che deve essere utilizzata ai fini della contribuzione alle spese pubbliche, ma non si estende alla rispondenza della singola contribuzione a benefici individualizzati derivanti dalla contribuzione stessa. Tale rispondenza é del tutto estranea alla lettera ed allo spirito della norma costituzionale, e potrebbe riguardare soltanto alcuni aspetti teorici di una ricostruzione dei fondamenti della potestà tributaria, che esulano dall'ambito della norma costituzionale obbiettiva, con la quale soltanto é lecito il raffronto in questa sede.

Le considerazioni che precedono, riguardo alla idoneità del presupposto dell'imposta in esame, valgono, ovviamente, anche ad escludere la fondatezza della parallela censura sollevata in relazione alla pretesa estraneità del prezzo di vendita al pubblico di medicinali, alla sfera giuridica dei produttori.

4. - Passando ad esaminare le altre censure sollevate, é sufficiente fare riferimento alla motivazione della citata sentenza n. 144 del 1972 e ordinanza n. 102 del 1973, ove si rinvengono affermazioni e principii che ne escludono la fondatezza.

La eccessiva onerosità dello sconto, ed il preteso conseguente contrasto con gli artt. 53 e 41 Cost. sono stati esclusi dalla citata sent. n. 144 del 1972 ove si é testualmente affermato che "non spetta al giudice della costituzionalità delle leggi valutare, in funzione dell'art. 53 Cost., l'entità e la proporzionalità dell'onere tributario imposto, trattandosi di compito riservato al legislatore", e non ricorrendo quell'aspetto di assoluta arbitrarietà ed irrazionalità dell'imposizione, la quale sola autorizzerebbe il sindacato della Corte al riguardo.

Tali affermazioni, da cui la Corte non ha motivo di discostarsi, si riflettono anche sulla durata dell'incidenza dello sconto che sarebbe stata prevista dalla legge come temporanea e che attualmente invece tenderebbe a divenire permanente. É ovvio, infatti, che anche sotto questo profilo resta valida la riconosciuta discrezionalità del legislatore fiscale, mentre la pretesa violazione anche dell'art. 41 Cost. per effetto di tale orientamento di politica finanziaria é dedotto fuori luogo, versandosi in materia tributaria e dovendosi, quindi, escludere al riguardo, la applicabilità dell'invocata norma costituzionale, che concerne, invece, la libertà di iniziativa economica privata.

Anche il profilo di illegittimità prospettato in relazione all'assunta violazione della riserva di legge di cui all'art. 23 Cost., per effetto della lamentata discrezionalità attribuita agli Enti, ai fini della scelta della forma di assistenza diretta o indiretta e della conseguente arbitrarietà dell'imposizione (dovuta solo per i medicinali venduti ai fini dell'assistenza indiretta), nonché ai fini della scelta dei medicinali e delle relative ditte produttrici da assoggettare allo sconto, risulta sostanzialmente considerato con la ripetuta sentenza n. 144 del 1972, anche per quanto riguarda la lamentata conseguente violazione dell'art. 3 della Costituzione. Invero, come afferma la detta sentenza "il fatto che l'imposizione patrimoniale in esame, delimitata nella sua potenziale incisività, possa essere resa operante a scelta degli enti espressamente a ciò autorizzati dalla legge stessa, non attiene al momento impositivo della prestazione, ma al suo momento attuativo, il cui verificarsi, rispetto all'esigenza garantistica che sta alla base della norma costituzionale, é indifferente, una volta che la prestazione risulti sufficientemente precisata dalla legge".

La scelta del sistema di assistenza e la formazione dell'elenco dei medicinali da parte dell'Ente, rientra indubbiamente nel quadro dei provvedimenti attuativi dell'imposizione, e, pertanto, é da escludere la pretesa violazione della invocata riserva di legge nonché la violazione del principio di eguaglianza, tenuto anche conto, a quest'ultimo proposito, che alle dette scelte l'Ente procede in esecuzione di scopi assistenziali di interesse pubblico, mediante atti i cui vizi sono eventualmente rilevabili nelle sedi competenti.

5. - É, infine, anche da escludere che la facoltà dell'Ente di porre a carico del mutuato una parte del prezzo dei medicinali, e la conseguente maggiore incidenza percentuale dello sconto sul reale prezzo di vendita, possano evidenziare un vizio di illegittimità delle norme impugnate per violazione delle testé citate garanzie costituzionali.

É agevole, invero, rilevare che la facoltà in esame, eccezionalmente esercitata dall'Ente sulla base di criteri economici collegati al miglior perseguimento dei fini istituzionali, non deriva dalle disposizioni impugnate, le quali, limitandosi a prevedere lo sconto obbligatorio, non possono in nessun modo configurarsi come le fonti normative della lamentata variazione di incidenza del valore percentuale dello sconto, e non sono quindi suscettibili di censura in relazione alle variazioni stesse.

La facoltà in questione viene invero esercitata dall'Ente in base a determinazione del Consiglio di amministrazione adottata in esecuzione della legge n. 350 del 1946 con cui é stata attribuita all'Ente stesso l'erogazione dell'assistenza sanitaria, e, quindi, al di fuori del campo di applicazione diretta delle norme impugnate.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 2 e 4 della legge 4 agosto 1955, n. 692 (Estensione dell'assistenza di malattia ai pensionati di invalidità e vecchiaia) e dell'art. 32 del d.l. 26 ottobre 1970, n. 745, convertito in legge 18 dicembre 1970, n. 1034, sollevata con l'ordinanza in epigrafe del pretore di Milano, in riferimento agli artt. 3,23,41 e 53 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 giugno 1975.

Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

Depositata in cancelleria il 10 luglio 1975.