Sentenza n.47 del 1973
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SENTENZA N. 47

ANNO 1973

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici

Dott. Giuseppe  VERZÌ, Presidente

Dott. Giovanni  BATTISTA BENEDETTI

Prof. Francesco  PAOLO BONIFACIO

Dott. Luigi  OGGIONI

Dott. Angelo  DE MARCO

Avv. Ercole  ROCCHETTI

Prof. Enzo  CAPALOZZA

Prof. Vincenzo  MICHELE TRIMARCHI

Prof. Vezio  CRISAFULLI

Dott. Nicola  REALE

Prof. Paolo  ROSSI

Avv. Leonetto  AMADEI

Prof. Giulio  GIONFRIDA

Prof. Edoardo  VOLTERRA

         ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti:

a) sul conflitto di attribuzione sorto a seguito della nota 13 settembre 1972 con la quale il Ministro per le finanze dichiarava che le tasse di concessione relative alle licenze di caccia sono di esclusiva competenza statale, promosso con ricorso del Presidente della Regione Toscana, notificato il 9 novembre 1972, depositato in cancelleria il 17 successivo ed iscritto al n. 24 del registro conflitti 1972;

b) sulla legittimità costituzionale dell'art. 1 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641 (disciplina delle tasse sulle concessioni governative), in relazione al n. 26 della tariffa, e delle norme ad esso collegate e dipendenti, promosso con ricorso del Presidente della Regione Toscana, notificato il 7 dicembre 1972, depositato in cancelleria il 15 successivo ed iscritto al n. 57 del registro ricorsi 1972.

Visti gli atti di costituzione del Ministro per le finanze e del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 21 febbraio 1973 il Giudice relatore Vincenzo Michele Trimarchi;

uditi l'avv. Alberto Predieri, per la Regione Toscana, ed i sostituti avvocati generali dello Stato Michele Savarese, per il Presidente del Consiglio dei ministri e Umberto Coronas, per il Ministro per le finanze.

Ritenuto in fatto

1. - La Regione Toscana, in persona del suo Presidente, rappresentato dagli avvocati prof. Alberto Predieri e Vitaliano Lorenzoni, premesso che con nota del 13 settembre 1972 il Ministro per le finanze, in risposta ad una sua richiesta, aveva dichiarato che dovesse essere di esclusiva competenza statale la tassa di concessione prevista dall'art. 37 della legge 2 agosto 1967, n. 799, che aveva sostituito l'art. 90 del r.d. 5 giugno 1939, n. 1016, con ricorso del 9 novembre 1972 sollevava conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, chiedendo che fossero dichiarate di esclusiva spettanza di essa ricorrente le attribuzioni previste dall'art. 3 della legge 16 maggio 1970, n. 281, relativamente alle tasse e sopratasse per licenze di caccia previste dagli artt. 90 e 91 del r.d. n. 1016 del 1939, modificato dalla legge n. 799 del 1967 e che fosse annullato per incompetenza assoluta il detto provvedimento del Ministro per le finanze.

Codesto atto, secondo la Regione, sarebbe invasivo della sua sfera di competenza (risultante dagli artt. 119 e 117 della Costituzione, in relazione agli artt. 3 della legge n. 281 del 1970, e 1, lettera o, e 19 del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11) in quanto volto ad attribuire allo Stato un provento tributario (la tassa di concessione sulle licenze di caccia) che non sarebbe dello Stato.

La Regione dichiarava di non condividere l'affermazione del Ministro per le finanze che la tassa sulle dette concessioni non potesse essere versata ad essa Regione, perché non esisterebbe una licenza di caccia ma solo una licenza di porto d'armi o licenza di fucile anche per uso di caccia che, a norma dell'art. 1 del d.P.R. n. 11 del 1972, sarebbe restata di competenza dello Stato. La licenza di caccia, infatti, secondo la Regione, sarebbe concettualmente diversa dalla licenza di porto d'armi prevista dall'art. 42 del r.d. 18 giugno 1931, n. 773, e troverebbe la sua autonoma disciplina nel r.d. n. 1016 del 1939 e successive modifiche e da ultimo nella legge n. 799 del 1967. La licenza di porto d'armi, per il cui rilascio sarebbe rimasta ferma la competenza amministrativa statale, costituirebbe il presupposto necessario della licenza di caccia nei soli casi in cui per l'esercizio dello sport venatorio é richiesto il porto d'armi.

Le due licenze o autorizzazioni risultano così distinte sul terreno amministrativo o sostanziale: sarebbero due provvedimenti che, pur potendo coesistere nell'unico documento amministrativo, sottostanno a vicende autonome; ed al limite possono essere concesse o revocate per motivi diversi. Il porto d'armi, infine, ha valore per sei anni, mentre la licenza di caccia é annuale.

La Regione deduceva poi che dal punto di vista tributario (l'unico rilevante in ordine al sollevato conflitto d'attribuzione), "l'attività amministrativa per la quale é prevista la tassa di concessione, é la licenza di caccia".

Per la licenza di porto d'armi l'art. 42 del r.d. n. 773 del 1931 non determina alcuna tassa, non fa rinvio ad altra legge che per essa configuri una tassa, né collega in alcun modo la licenza alla tassa, e solo l'art. 62 del r.d. 6 maggio 1940, n. 635, stabilisce che la domanda per ottenere la licenza di portare armi deve essere corredata da un vaglia per l'importo della relativa tassa di concessione. Sennonché la legge sulle concessioni governative determina tale tassa per il rilascio della licenza di porto d'armi per pistola o rivoltella, pistola automatica e bastone animato. É invece l'art. 90 del r.d. n. 1016 del 1939 a determinare la tassa per il rilascio della licenza di caccia, sia tale attività esercitata o meno con armi per le quali sia necessario anche la licenza prevista dall'art. 42 del r.d. n. 773 del 1931. Il citato art. 90 nel suo testo originario prevedeva due tasse, una per la licenza di detenzione di fucile e una per la licenza di caccia con fucile o altra arma; tale duplicità é scomparsa con il n. 48 della tabella allegata al d.P.R. 10 marzo 1961, n. 121, che prevedeva una sola tassa globale di concessione governativa sia pure avente un duplice fondamento, come autorizzazione di pubblica sicurezza e come autorizzazione all'esercizio venatorio; ed infine, l'articolo 37 della legge n. 779 del 1967 prescrive una tassa unica con esclusivo riferimento alla esplicazione dello sport venatorio, implicitamente abrogando il citato n. 48 del d.P.R n. 161 del 1961.

Secondo la Regione, in conclusione, la tassa di concessione governativa é prevista solo per la licenza di caccia e non anche per il porto d'armi. La tassa in atto riscossa quindi, per ciò che non si riferisce al rilascio della licenza di porto d'armi, é percepita dagli organi statali senza un titolo proprio; ed essendo invece prevista per l'altra attività amministrativa e cioè per il rilascio della licenza di caccia, di competenza della Regione, rientra tra le entrate di spettanza della Regione in forza dell'art. 3, ultimo comma, della legge n. 281 del 1970.

2. - Davanti a questa Corte si costituiva a mezzo dell'Avvocatura generale dello Stato, il Ministro per le finanze, delegato dal Presidente del Consiglio dei ministri, il quale con deduzioni del 29 novembre 1972 chiedeva il rigetto del ricorso e la dichiarazione che le tasse di concessione governativa sulle licenze di caccia sono di esclusiva competenza dello Stato, con ogni conseguenza di legge.

L'Avvocatura generale rilevava che per il rilascio della cosiddetta licenza di caccia, rientrante teoricamente nella categoria delle autorizzazioni amministrative, le ragioni generali di pubblica sicurezza sono prevalenti sulle altre (protettive del patrimonio faunistico, e fiscali), di modo che la licenza di cui si tratta, fa parte delle autorizzazioni di polizia.

Come tale, la licenza di caccia costituisce un provvedimento amministrativo unico che non si presta ad essere sdoppiato, come a torto sostiene la Regione Toscana, in concessione di porto d'armi e in concessione del diritto di caccia.

In modo unitario, agli effetti delle tasse annuali a favore dell'Erario, sono contemplati dall'art. 37 della legge n. 799 del 1967 i due profili della licenza di caccia che la Regione tende a disunire e a staccare; e nello stesso senso é il d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641, emanato, in forza di delega, per la disciplina delle tasse sulle concessioni governative, che nella tariffa allegata (titolo V, n. 26) enuncia, richiamando e l'articolo 42 r.d. n. 773 del 1931 e la legge n. 799 del 1967, i vari tipi di licenze di caccia, corredandoli di note che riguardano la licenza di caccia in generale.

Si spiega, quindi, del tutto, perché l'art. 1 del d.P.R. n. 11 del 1972 abbia espressamente stabilito alla lettera o che "rimane ferma la competenza degli organi statali per il rilascio della licenza di porto d'armi per uso di caccia"; e risultano in armonia con tale norma le disposizioni tributarie sulle concessioni governative del d.P.R. n. 641 del 1972 e della precedente legge n. 799 del 1967.

D'altra parte per l'art. 5 del d.P.R. n. 11 del 1972 restano ferme, tra le altre, le attribuzioni degli organi statali che, pur essendo esercitate in relazione alle attività di cui al detto decreto, riguardano materie non comprese nell'art. 117 della Costituzione.

Le tasse di cui trattasi, sono, quindi, al di fuori dell'ambito degli artt. 1, lett. b), 3 e 14 della legge n. 281 del 1970 e dell'art. 10 della legge regionale toscana 30 dicembre 1971, n. 2, istitutiva dei tributi propri della Regione.

3. - Con la memoria la Regione Toscana, premesso che la legittimità costituzionale di un atto che dà origine ad un conflitto, va determinata con riferimento al momento in cui l'atto viene emanato, contro gli argomenti portati avanti dall'Avvocatura generale deduceva che non sarebbe utile dire che la licenza di caccia é un autorizzazione di polizia, perché esisterebbero settori della attività di polizia non di competenza dello Stato (polizia relativa alla edilizia), ed altresì che sarebbe controproducente richiamare l'art. 5 del d.P.R. n. 11 del 1972. Insisteva nella tesi della dissociazione tra esercizio della caccia e porto d'armi, trovando conferma di ciò in testi normativi; mentre la licenza di caccia, infatti, é regolata dalle norme della legge n. 799 del 1967, la licenza di porto d'armi é regolata dall'art. 42 del r.d. n. 1018 del 1936 e dall'art. 61 del r.d. n. 635 del 1940; i procedimenti di autorizzazione alla caccia (con o senza armi) sono stati trasferiti alle Regioni, quelli di autorizzazione al porto d'armi sono rimasti allo Stato; ed il d.P.R. n. 11 del 1972, infine, ha mantenuto distinte le norme circa la licenza di caccia e quelle circa il porto d'armi.

Sul piano tributario, secondo la Regione, quindi, le tasse connesse ad autorizzazioni alla caccia sono di spettanza delle Regioni. Ed al 13 settembre 1972 la tassa di concessione de qua, per ciò che riguardava la licenza di caccia e di uccellagione (artt. 37 e 38 legge n. 799 del 1967) e non la licenza di porto d'armi per la quale non era prevista alcuna tassa, competeva alla Regione ricorrente e non allo Stato.

4. - Con la memoria l'Avvocatura generale precisava che allo stato della normativa e nella prassi amministrativa non esiste un atto amministrativo autonomo e specifico, fornito di particolari caratteristiche anche formali, che concretizzi il solo diritto all'esercizio dell'attività venatoria. Non é stato, infatti, emanato il decreto del Ministro per le finanze per la determinazione dei modelli delle licenze di caccia, previsto da varie leggi e da ultimo da quella del 1967. E anche per ciò non é ipotizzabile l'applicazione del tributo che presuppone l'esistenza di un corrispondente specifico provvedimento di autorizzazione.

Solo la licenza di porto di fucile anche per uso di caccia é soggetta alla tassa di concessione, e ad essa provvisoriamente si é inteso attribuire l'idoneità a consentire al titolare di essa l'esercizio venatorio.

Considerato poi che in materia sono preponderanti le ragioni relative alla pubblica sicurezza, la competenza in tema di licenza di caccia é legittimamente riservata al prefetto ed al questore che sono le sole autorità (dello Stato) legittimate (anche dopo il 1 aprile 1972) ad emanare il provvedimento autorizzativo (anche se concettualmente corrispondente alla licenza di caccia).

Metteva in evidenza, infine, a sostegno (allo stato) dell'infondatezza del ricorso, che nella tariffa allegata al d.P.R. n. 641 del 1972 non appaiono più le voci relative alle licenze di caccia che non comportino l'uso di armi, perché il governo delegato non ha ritenuto di conservare le rispettive tasse erTimes New Romani.

5. - Con altro ricorso, del 3 dicembre 1972, la Regione Toscana, come sopra rappresentata e difesa, sollevava in via principale questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 del d.P.R. n. 641 del 1972, in relazione al n. 26 della tariffa, e delle norme ad esso collegate e dipendenti, per contrasto con gli artt. 119, 118 e 117 nonché con l'art. 76 della Costituzione.

Deduceva preliminarmente che nella detta tariffa al n. 26 é contenuta la previsione di una tassa di concessione per licenze di caccia, la quale sarebbe invasiva della competenza regionale (artt. 119 e 117 della Costituzione in relazione all'art. 3 della legge n. 281 del 1970, ed agli artt. 1, lett. o e 19 del d.P.R. n. 11 del 1972) in quanto volta ad attribuire allo Stato un provento tributario (la tassa di concessione sulle licenze di caccia) che non é dello Stato e non può essere considerata inerente ad attività governativa o statale.

Considerato che, a sensi degli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione, della legge n. 281 del 1970 e del d.P.R. n. 11 del 1972, la materia della caccia é di competenza regionale e anche il rilascio delle relative licenze é attribuito alle Regioni (ferma restando la competenza degli organi dello Stato in materia di licenza di porto d'armi), e che l'art. 3 della detta legge n. 281 del 1970 attribuisce alle Regioni il potere di determinare la tassa di concessione relativa ad atti regionali, la ricorrente riteneva che, combinandosi il citato art. 19 del d.P.R. n. 11 del 1972 con il detto art. 3, la tassa di concessione su licenze di caccia fosse di competenza delle Regioni.

Ora, poiché la detta tariffa, invece, istituisce una tassa di concessione statale sulle licenze di caccia e determina addirittura l'organo statale competente al rilascio delle licenze medesime, si avrebbe, a quest'ultimo riguardo, una illegittima normazione che si collegherebbe a quella non meno illegittima sulla tassa di concessione "che in parte si presenta talvolta collegata in modo ambiguo al porto d'arma, talaltra da esso separata in modo contraddittorio, in ogni caso in modo illegittimo". Qualunque sia l'espressione adoperata (licenza di caccia o licenza di porto di fucile anche per uso di caccia) - afferma la Regione -, infatti, si tratta sempre di concessione per licenza di caccia (come é detto esplicitamente nelle "note") e pertanto di materia di competenza regionale.

Ad avviso della Regione ricorrente, la norma impugnata viola anche la legge di delegazione, e si ha quindi un ulteriore (connesso e concorrente) vizio di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 76 della Costituzione. Invero, la legge 9 ottobre 1971, n. 825, prevedeva l'emanazione di decreti per la revisione della disciplina (tra l'altro) delle tasse sulle concessioni governative (art. 1, IV) con l'osservanza dei principi costituzionali ricordati al primo comma dell'art. 1 medesimo e con i criteri e principi direttivi di cui allo stesso primo comma, specificati nell'art. 7 per quanto riguarda la tassa sulle concessioni governative. Il d.P.R. n. 641 del 1972 viceversa ha esorbitato dai limiti, principi e criteri posti dalla legge di delega perché ha introdotto una tassa diversa da quella antecedentemente in vigore posta dall'art. 37 della legge n. 799 del 1967 che aveva abrogato l'art. 90 del r.d. n. 1016 del 1939, e la cui istituzione non era prevista dalla legge di delega.

Concludendo la Regione Toscana rilevava che se la tassa istituita con il n. 26 della tariffa ha lo stesso oggetto della precedente, la norma é illegittima costituzionalmente per violazione degli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione ed in relazione ad essi, dell'art. 3 della legge n. 281 del 1970; se la tassa, invece, ha oggetto diverso, a detta violazione si aggiunge quella dell'art. 76 per le ragioni da ultimo ricordate.

6. - Il Presidente del Consiglio dei ministri, a mezzo dell'Avvocatura generale dello Stato, chiedeva che il ricorso fosse dichiarato inammissibile in parte e fosse respinto nel merito per il resto.

Eccepiva pregiudizialmente l'inammissibilità della questione in relazione al denunciato vizio di legittimità costituzionale per violazione dell'art. 76 della Costituzione. Riportandosi alla giurisprudenza di questa Corte (sentenze nn. 192 del 1970 e 11 del 1969), osservava che l'impugnativa in via principale, da parte delle Regioni, di leggi dello Stato, é ammessa solo se queste siano poste in violazione di norme costituzionali attributive di specifica competenza alle Regioni o quanto meno se la denuncia sia strumentale rispetto a quella della lesione di detta competenza; e che, nella specie, quando anche si volesse ammettere - seguendo la tesi della Regione - l'intervenuta istituzione di una nuova tassa da parte dello Stato, alla Regione non sarebbe dato di contestare ciò in riferimento all'art. 76 della Costituzione.

Metteva poi in evidenza che, se é vero che la tassa sulle concessioni regionali é stata attribuita come tributo proprio alle Regioni a statuto ordinario, la determinazione quantitativa di essa passa necessariamente attraverso una legge dello Stato. Comunque, la tassa di concessione sulla licenza di caccia é esclusa dall'area regionale in quanto costituente controprestazione di un'autorizzazione di pubblica sicurezza. Al riguardo esiste una riserva statale (art. 1, lett. o, ultima parte, e 5 del d.P.R. n. 11 del 1972), non contestata dalle Regioni e da essa discende la piena legittimità della nota apposta al n. 26 della tariffa circa la competenza del Prefetto e del Questore, e così pure quella dell'intero n. 26 che in tutte le ipotesi si riferisce a licenze per armi da fuoco impiegate nella caccia. Allo Stato, ad ogni modo, é stata mantenuta la competenza per le licenze di porto d'armi per la caccia, e non quelle per le licenze di caccia senza uso di armi da fuoco.

In definitiva, quella che comunemente viene chiamata licenza di caccia é in sostanza "una licenza di porto d'arma da fuoco per uso di caccia, legittimamente riservata alla competenza degli organi dello Stato"; legittimamente a questo, quindi, spettano gli introiti per la relativa tassa di concessione governativa.

7. - Con la memoria la Regione Toscana, rispondendo alla eccezione di parziale inammissibilità del ricorso avanzata dalla difesa dello Stato, osservava che, ammesso che il legislatore delegato abbia creato una nuova fattispecie tributaria, sarebbe violato anche l'art. 76 della Costituzione e che questa violazione ben poteva essere denunciata. Se un atto é ritenuto lesivo della sfera di competenza della Regione, questa può invocare anche i vizi di illegittimità costituzionale dell'atto. Nella specie, la denuncia per violazione dell'art. 76 sarebbe ammissibile perché tale violazione sarebbe il presupposto della violazione degli artt. 117, 118 e 119 e rappresenterebbe il modo di attuazione della lesione della sfera regionale. Il legislatore delegato avrebbe introdotto nel sistema la licenza di porto d'armi anche ad uso di caccia per violare o comunque violando le dette disposizioni della Costituzione, e quindi la violazione dell'art. 76 sarebbe stata lo strumento per l'invasione della sfera di competenza regionale.

Insisteva nell'assunto che il d.P.R. n. 641 del 1972 con un'unica normativa ed usando termini talvolta precisi e talaltra ambigui, avrebbe invaso una materia riservata alle Regioni dagli artt. 117 e 118 Cost. sia sotto il profilo dell'esercizio delle funzioni amministrative e sia sotto quello tributario, dato il collegamento posto dall'art. 119 della Costituzione e dalla legge n. 281 del 1970 tra poteri amministrativi e poteri tributari.

Assumeva, infine, che l'invasione della sfera delle materie riservate alle Regioni si sarebbe verificata anche sotto un altro profilo, e ciò perché la normativa delle note mantiene a favore dello Stato la sopratassa prevista dall'art. 38 della legge n. 799 del 1967 e il legislatore delegato non ha tenuto presente che, sottraendo alle Regioni tale sopratassa configurata come tassa con destinazione determinata, si rende impossibile lo svolgimento di determinate funzioni in materia di caccia sicuramente trasferite alle Regioni e che dallo Stato venivano svolte proprio circa e con il gettito della sopratassa.

8. - All'udienza del 21 febbraio 1973, aveva luogo la discussione congiunta delle due cause. Le difese delle parti (l'avv. prof. Predieri per la Regione Toscana e gli avvocati Michele Savarese e Umberto Coronas per lo Stato) insistevano nelle rispettive richieste, svolgendo le relative ragioni. L'avv. Savarese, per il Presidente del Consiglio dei ministri, in particolare, eccepiva l'inammissibilità della questione di legittimità costituzionale relativa alla sopratassa, perché costituente oggetto di un nuovo motivo del ricorso dedotto dalla Regione solo con la memoria.

Considerato in diritto

 

1. - Con i due ricorsi indicati in epigrafe la Regione Toscana assume che la sfera di competenza ad essa attribuita dagli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione in relazione agli artt. 3 della legge 16 maggio 1970, n. 281, e 1, lett. o, e 19 del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11, sia stata invasa dallo Stato con la nota del 13 settembre 1972, prot. 13/1989/72, del Ministro per le finanze e con il d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641. E rispettivamente, chiede che siano dichiarate di sua esclusiva spettanza le attribuzioni previste dall'art. 3 della legge n. 281 del 1970 relativamente alle tasse e sopratasse per licenze di caccia di cui agli artt. 90 e 91 del r.d. 5 giugno 1939, n. 1016, sostituiti dagli artt. 37 e 38 della legge 2 agosto 1967, n. 799, e sia annullato il detto provvedimento ministeriale; e che venga dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 1 del d.P.R. n. 641 del 1972 in riferimento al n. 26 della tariffa allegata, e delle norme ad esso collegate o dipendenti, per aver il legislatore delegato previsto in favore dello Stato una tassa di concessione governativa per licenze di caccia in violazione, oltre che delle disposizioni sopra citate, dell'art. 76 della Costituzione.

É così sottoposto all'esame della Corte un complesso di questioni, profili e argomenti che si riferiscono alla stessa materia e che presentano punti di identità o di stretta connessione.

Ricorrono, pertanto, le condizioni perché i due procedimenti siano riuniti e le relative cause vengano decise con un'unica sentenza.

2. - Nel secondo procedimento la difesa del Presidente del Consiglio dei ministri ha proposto due eccezioni di inammissibilità del ricorso che debbono essere esaminate preliminarmente anche per l'incidenza che la loro valutazione può avere sull'individuazione dell'oggetto del giudizio.

a) In ordine alla denuncia di illegittimità costituzionale del d.P.R. n. 641 del 1972 per contrasto con l'art. 76 della Costituzione, viene eccepito che essa ha ad oggetto una pretesa violazione della legge di delega che non comporta ex se violazione della competenza regionale e non appare neppure strumentale rispetto a quella della lesione di detta competenza.

Per la Regione, invece, ricorrerebbe tale nesso di strumentalità, atteso che la violazione dell'art. 76 sarebbe il presupposto o il modo di quella degli artt. 117, 118 e 119, ed addirittura la normativa denunciata sarebbe stata posta in essere per violare o violando queste disposizioni.

Escluso che nel comportamento del legislatore delegato si possa vedere l'attuazione di tale intento, la Corte ritiene che il preteso superamento dei limiti della delega rappresenti solo il modo in cui si sarebbe avuta la violazione delle dette disposizioni costituzionali attributive di competenza.

E pertanto, non ricorrendo le condizioni necessarie per l'instaurazione del giudizio di legittimità costituzionale in via principale (sentenze nn. 11 del 1969 e 39 del 1971), la questione deve dichiararsi inammissibile.

b) All'udienza di discussione l'Avvocatura dello Stato ha proposto una seconda eccezione di inammissibilità del ricorso: la Regione Toscana, sostenendo per la prima volta nella memoria che con il detto decreto il legislatore delegato aveva sottratto ad essa Regione le sopratasse di cui all'art. 91, in relazione all'art. 92, del r.d. n. 1016 del 1939, come sostituiti con gli artt. 38 e 39 della legge n. 799 del 1967, avrebbe solo con quello scritto difensivo indicato specificamente il detto motivo, che pertanto sarebbe nuovo.

Va al riguardo tenuto presente che il ricorso per l'impugnativa in via principale di una legge, a sensi dell'art. 22 della legge 11 marzo 1953, n. 87, e in relazione all'art. 6, n. 3, del r.d. 17 agosto 1907, n. 642, deve contenere le indicazioni prescritte dal primo comma dell'art. 23 della legge n. 87 del 1953, con la specificazione dei motivi di denuncia. E che per ciò non é consentita, nel corso del procedimento, la indicazione di nuovi motivi.

Ma va altresì considerato che nel procedimento costituzionale quando nelle dette norme si parla del motivo, ci si intende riferire alla questione, e che c'é novità qualora sia denunciata una norma di legge (già oggetto o meno di altra e rituale denuncia) per contrasto con una disposizione costituzionale distinta o diversa da quella già invocata a raffronto.

Nel caso in esame, la Regione Toscana, con il ricorso, ha dedotto la violazione delle disposizioni costituzionali relative alle attribuzioni regionali in materia tributaria e per il collegamento intercorrente tra la potestà amministrativa e quella tributaria; e nella memoria, per ciò che la normativa denunciata "mantiene a favore dello Stato la sopratassa" di cui al citato art. 38 della legge n. 799 del 1967, ha rilevato l'invasione della "sfera delle materie riservate alle Regioni anche sotto un altro profilo, relativo all'esercizio dei poteri amministrativi, in quanto connessi a quelli tributari". Così facendo, non ha dedotto nella memoria un motivo nuovo e cioè sollevato una questione nuova, ma svolto solo argomenti nuovi a sostegno della denuncia di illegittimità costituzionale già specificamente avanzata con il ricorso.

Pertanto, l'eccezione di inammissibilità in esame non é fondata.

3. - La Regione Toscana assume, a fondamento delle richieste avanzate con i due ricorsi, che, anteriormente al trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in materia di caccia, le licenze di caccia costituivano atti amministrativi distinti dalle licenze di porto d'armi (anche nei casi in cui, esercitandosi la caccia con le armi, le licenze di portarle erano necessarie) e che ad esse si riferivano le tasse sulle concessioni governative in materia di porto d'armi e di caccia; e che le attribuzioni relative a dette licenze di caccia ed alle connesse tasse sulle concessioni erano state ad esse Regioni trasferite. E da qui fa discendere la denunciata invasione della sua sfera di competenza.

Le premesse su cui si basa la Regione, almeno entro i limiti in cui esse rilevano nelle cause in decisione, non possono essere condivise.

a) Considerando le ipotesi di esercizio della caccia con armi lunghe da fuoco, e quindi escludendo dall'esame la materia relativa al porto di armi non da caccia (per le quali é pacifico che le licenze erano e sono di competenza dello Stato) e all'esercizio della caccia senza armi (senza per altro comprendervi l'attività venatoria esercitata con cani levrieri, con furetti o con falchi, ipotesi questa assimilata all'altra di esercizio della caccia con armi), deve riconoscersi che nella normativa e nella prassi amministrativa, prima del trasferimento alle Regioni a statuto ordinario di funzioni in materia di caccia, anche se concettualmente erano individuabili sia le licenze di porto d'armi che quelle di caccia, gli unici atti effettivamente esistenti erano le licenze di porto d'armi per uso di caccia. Non esistevano, invece, nella materia sopra indicata, licenze di caccia come atti a sé stanti, perché, nonostante che ne parlassero varie leggi e, tra le altre, il r.d. n. 1016 del 1939, e la legge n. 799 del 1967, esse non si erano concretizzate in autonome attività amministrative: previsto, infatti, che, per la loro stessa esistenza e validità, fosse necessario che risultassero da documenti con date caratteristiche (art. 8 ultimo comma, del r.d. n. 1016 del 1939, come sostituito dall'art. 1 della legge n. 799 del 1967), non é intervenuto il decreto che avrebbe dovuto determinare "i modelli delle licenze di caccia e le loro caratteristiche" e quindi sono mancate le forme che avrebbero dovuto rivestire e documentare quegli atti.

Le licenze di porto d'armi per uso di caccia venivano così a svolgere una duplice funzione: autorizzavano al porto d'armi e nel contempo all'esercizio dell'attività venatoria, siccome risultava da tutta la normativa in materia e significativamente dall'art. 32 del r.d. 24 settembre 1923, n. 2448, secondo cui il permesso di porto di arma lunga da fuoco "serve anche per uso di caccia".

Ma, come si é detto, gli unici atti amministrativi effettivamente esistenti erano le licenze di porto d'armi. Per il loro rilascio erano indicate le autorità competenti, e le condizioni e le modalità, nonché le caratteristiche dei documenti che le dovevano rivestire e ne dovevano attestare l'esistenza, ed il tutto a mezzo di apposite norme (e tra le altre, degli artt. 30 della legge 23 aprile 1911, n. 509, 42 e seguenti del r.d. 18 giugno 1931, n. 733, 61 e seguenti del r.d. 6 maggio 1940, n. 635, n. 48 della tabella allegata al d.P.R. 10 marzo 1961, n. 121, e art. 1 della legge n. 799 del 1967).

b) Strettamente legato al problema relativo all'esistenza e validità degli atti amministrativi attinenti alla materia in esame, é l'altro concernente il trattamento tributario.

Fermo essendo che, fossero o meno i permessi di porto d'armi e le licenze di caccia atti distinti e diversi, i tributi previsti per il loro rilascio o rinnovo e quelli annuali erano le tasse e sopratasse sulle concessioni governative in materia di porto d'armi e di caccia, la Corte non ritiene accettabile la tesi della Regione Toscana secondo cui tali tasse e sopratasse si riferivano alle licenze di caccia e non (anche) ai permessi di porto d'armi. E ciò, anzitutto perché codesti tributi concernevano atti per cui erano richieste forme particolari (permessi di porto d'armi) e che erano tassativamente indicati con leggi (e nella specie, con quelle tenute presenti nel testo unico delle disposizioni in materia di tasse sulle concessioni governative, approvato con il d.P.R. n. 121 del 1961), ed in secondo luogo, perché il n. 48 della citata tabella allegata al d.P.R. ora detto, non può considerarsi implicitamente abrogato, siccome invece assume la Regione, dagli artt. 37 e 38 della legge n. 799 del 1967 atteso che questi articoli, dal punto di vista tributario, hanno su tutto, tranne che su una sola voce della tabella (licenza di caccia con uso di fucile a un colpo) di rilievo limitatissimo e non qualificante, confermato la normativa del 1961.

4. - Le norme relative al trasferimento alle Regioni, a statuto ordinario di funzioni statali in materia di caccia, non hanno attribuito alla Regione Toscana le tasse e sopratasse sulle concessioni governative per le licenze di porto d'armi per uso di caccia.

Va, a tal riguardo, anzitutto, tenuto presente che la competenza al rilascio delle autorizzazioni di cui si tratta é oggetto di specifica riserva in favore dello Stato, avendo l'art. 1, lett. o, ultima parte, del d.P.R. n. 11 del 1972 espressamente detto che "rimane ferma la competenza degli organi statali per il rilascio della licenza di porto d'armi per uso di caccia", e che comunque tali autorizzazioni rientrano tra quelle attinenti alla pubblica sicurezza e sono sempre dello Stato le attribuzioni in quest'ultima materia nonché quelle altre che, pur essendo esercitate in relazione alle attività di cui al detto decreto n. 11 del 1972, riguardano materie (e quindi, la pubblica sicurezza) non comprese nell'art. 117 della Costituzione (art. 5 del ripetuto decreto).

Sul piano tributario, poi, essendo oggetto di contesa tasse e sopratasse su concessioni, ed alla luce del disposto degli artt. 1, 2, 3 e 14 della legge n. 281 del 1970, si deve escludere la possibilità che siano stati attribuiti alle Regioni, in tutto o in parte tali tributi nonostante che gli stessi fossero dovuti e riscossi per concessioni governative; così come non dovrebbero ammettersi quali tributi propri delle Regioni, tasse sulle concessioni regionali applicate ad atti e provvedimenti regionali non corrispondenti a quelli già di competenza dello Stato assoggettati alle tasse sulle concessioni governative.

5. - Non si può, d'altra parte, ritenere con la Regione Toscana che, mantenendo a favore dello Stato le sopratasse previste dall'art. 38 della legge n. 799 del 1967, il d.P.R. n. 641 del 1972 abbia invaso la sfera delle materie riservate alle Regioni sotto il profilo relativo all'esercizio dei poteri amministrativi, in quanto connessi a quelli tributari. E ciò, in particolare, perché il provento di quelle sopratasse, costituenti un prelievo a destinazione determinata, é in parte ripartito, sia pure nell'ambito di percentuali prefissate, secondo determinazioni discrezionali (art. 39, lettere b e d della ripetuta legge n. 799 del 1967); e la mancata disponibilità di esso provento da parte delle Regioni, alle quali sarebbero state trasferite le attribuzioni relative alla valutazione dell'importanza faunistica di cui alla detta lettera b e all'approvazione di attività tecniche specifiche delle Associazioni venatorie, di cui alla lettera d, ostacolerebbe l'esercizio di tali attribuzioni.

Infatti, dato che le tasse sulle concessioni governative per le licenze di porto d'armi per uso di caccia sono di spettanza dello Stato, non é ammissibile che le sopratasse in quanto tali abbiano una sorte differente o che la loro specifica destinazione sia tale da determinare l'attrazione nella vicenda (trasferimento) che attiene alle funzioni che con esse dovrebbero essere svolte.

Le sopratasse - siccome ammette la stessa Regione Toscana - costituiscono un tutt'uno con le tasse e sono quindi anche esse di spettanza dello Stato, ma questo é tenuto, giusta quanto dispone il secondo comma dell'art. 39, a stanziare il provento complessivo di dette sopratasse in apposito capitolo dello stato di previsione della spesa del Ministero dell'agricoltura e delle foreste, ed a provvedere all'erogazione del provento entro tre mesi dall'avvenuta iscrizione in bilancio. Il che significa che agli Enti interessati (Amministrazioni provinciali, Laboratori di zoologia applicata alla caccia e Associazioni venatorie di cui all'art. 86 del citato testo unico sulla caccia) é garantito il proporzionale provento delle sopratasse, e nel contempo é assicurata la condizione necessaria perché le attività amministrative sopra ricordate siano svolte secondo la previsione normativa.

Delle relative attribuzioni, pertanto, non può dirsi che venga operata compressione o la negazione.

6. - Dalle considerazioni che precedono discende che tanto la nota ministeriale del 13 settembre 1972 quanto il d.P.R. n. 641 del 1972 non hanno invaso la sfera di competenza della Regione Toscana, perché le licenze di porto d'armi per uso di caccia erano e sono rimaste di competenza dello Stato e le tasse e sopratasse, dovute e riscosse per tali licenze, erano e sono di spettanza dello Stato; ed il d.P.R. citato, in particolare, perché il legislatore delegato, in relazione alla specifica materia delle armi, non ha innovato nei confronti della precedente normativa né ha comunque ostacolato o reso impossibile alle Regioni lo svolgimento di funzioni ad esse trasferite in materia di caccia.

Il ricorso della Regione Toscana del 9 novembre 1972 deve essere pertanto respinto e si deve dichiarare che all'atto in cui é intervenuta la nota ministeriale dei 13-18 settembre 1972 spettavano allo Stato e non alla Regione Toscana le tasse e le sopratasse dovute e riscosse sulle licenze di porto d'armi per uso di caccia.

E del pari vanno dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate, con l'altro ricorso dalla stessa Regione, in ordine all'art. 1 del d.P.R. n. 641 del 1972, in relazione al n. 26 della tariffa allegata, e alle norme ad esso collegate e dipendenti, in riferimento agli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale sollevata con il ricorso del 7 dicembre 1972 dalla Regione Toscana nei confronti dell'art. 1 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641 (disciplina delle tasse sulle concessioni governative), in relazione al n. 26 dell'annessa tariffa, e delle norme ad esso collegate e dipendenti, in riferimento all'art. 76 della Costituzione;

2) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Regione Toscana con lo stesso ricorso, nei confronti delle dette norme, in riferimento agli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione;

3) dichiara che spettano allo Stato le tasse e sopratasse sulle licenze di porto d'armi per uso di caccia di cui alla nota del Ministro per le finanze dei 13-18 settembre 1972, prot. n. 13/1989/72.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 aprile 1973.

Giuseppe  VERZÌ – Giovanni  BATTISTA BENEDETTI – Francesco  PAOLO BONIFACIO – Luigi  OGGIONI – Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA – Vincenzo MICHELE TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI – Nicola REALE - Paolo  ROSSI – Leonetto AMADEI -  Giulio  GIONFRIDA – Edoardo VOLTERRA.

Arduino  SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 30 aprile 1973.