Sentenza n. 58 del 1972

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 SENTENZA N. 58

ANNO 1972

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Giuseppe CHIARELLI, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 15, n. 6, del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 (testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali), promossi con ordinanze emesse il 24 marzo ed il 5 maggio 1971 dalla Corte d'appello di Napoli sui ricorsi elettorali di Conte Ardias Amelia contro Martino Anna e di Arricchiello Ciro contro Romano Biagio, iscritte ai nn. 186 e 294 del registro ordinanze 1971 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 163 del 30 giugno 1971 e n. 259 del 13 ottobre 1971.

Visto l'atto di costituzione di Conte Ardias Amelia;

udito nell'udienza pubblica dell'8 marzo 1972 il Giudice relatore Paolo Rossi;

udito l'avv. Aldo Sandulli, per la Conte Ardias.

 

Ritenuto in fatto

 

La Corte d'appello di Napoli, con due ordinanze d'uguale tenore, emesse il 24 marzo ed il 5 maggio 1971, nel corso di due distinti procedimenti promossi da Amelia Conte Ardias e da Ciro Arricchiello, ha sollevato questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 15, n. 6, del testo unico 16 maggio 1960, n. 570, sulle elezioni comunali, in riferimento agli artt. 3 e 51 della Costituzione.

Viene premesso, in fatto, che entrambi gli appellanti, consiglieri comunali in carica, erano stati dichiarati ineleggibili dal tribunale di Napoli, per aver composto le rispettive controversie tributarie dopo la data delle elezioni, anche se prima dell'insediamento del Consiglio comunale.

Osserva il giudice a quo che la norma impugnata - secondo cui non sono eleggibili a consiglieri comunali coloro che hanno lite pendente con il Comune - contrasterebbe con il principio costituzionale d'uguaglianza, creando un'ingiustificata ed irrazionale parificazione di situazioni diverse, nella parte in cui stabilisce che anche tale causa d'ineleggibilità debba essere accertata sempre ed unicamente con riferimento alla data delle elezioni, laddove le varie ipotesi previste dal citato art. 15 provvedono alla tutela di distinti interessi pubblici, per alcuni dei quali soltanto é giustificato il riferimento all'epoca delle elezioni anziché dell'effettivo insediamento del Consiglio comunale.

In particolare, soggiunge la Corte d'appello, basta rilevare che, mentre le cause d'ineleggibilità previste dai numeri 1 e 10 (nascenti dalla preesistente qualità di ecclesiastico o di magistrato) sono chiaramente ordinate ad impedire che il candidato, traendo vantaggio dall'ufficio cui é preposto, possa esercitare, prima della consultazione, un'indebita influenza sugli elettori, la causa d'ineleggibilità in esame, concernendo la pendenza di una lite tra il neo eletto ed il Comune, é rivolta ad eliminare il pericolo che può nascere dalla contemporanea qualità, nello stesso soggetto, di amministratore comunale e di litigante, e dovrebbe pertanto esser accertata in riferimento al momento dell'effettivo insediamento del Consiglio comunale.

La norma impugnata si risolverebbe, nel contempo, in una illogica ed ingiustificata limitazione - ai danni di una particolare categoria di cittadini - del diritto fondamentale di accedere alle cariche elettive, garantito dall'art. 51 della Costituzione, in forza del quale non é consentito creare situazioni di disparità, o sacrificare diritti, se non sul presupposto di una base razionale.

L'Avvocatura generale dello Stato non é intervenuta in difesa della norma.

Si é costituita in questa sede la Conte Ardias, chiedendo l'accoglimento della eccezione prospettata.

Con successiva memoria, ed alla pubblica udienza, il prof. Sandulli, nell'interesse della parte costituita, ha illustrato ampiamente i motivi già enunciati a sostegno dell'illegittimità della norma impugnata.

 

Considerato in diritto

 

Poiché le cause hanno per oggetto la medesima questione, esse possono essere riunite e decise con unica sentenza.

La Corte costituzionale é chiamata a decidere se l'art. 15, n. 6, del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, nella parte in cui dispone che l'ineleggibilità a consigliere comunale per lite pendente con il Comune deve essere accertata con riferimento alla data delle elezioni, anziché a quella dell'insediamento del Consiglio comunale, non contrasti con il principio costituzionale d'eguaglianza sotto il profilo d'una irragionevole uniformità di disciplina con le altre cause d'ineleggibilità, previste dallo stesso art. 15, e rettamente riferite al momento della consultazione elettorale. La stessa norma viene sottoposta all'esame della Corte perché decida altresì se la limitazione apportata, sotto l'indicato profilo, al diritto fondamentale di accedere alle cariche elettive garantito dall'art. 51 della Costituzione, non rappresenti un sacrificio ingiustificato ed irragionevole.

Va innanzitutto precisato che la questione é stata sollevata dalla Corte d'appello di Napoli in relazione a talune ipotesi di controversie tributarie composte tra i contribuenti e la pubblica Amministrazione prima che gli interessati venissero insediati nella carica cui erano stati eletti. Rimane pertanto così delimitato l'oggetto del giudizio, circoscritto a quella parte della norma impugnata che concerneva le liti innanzi alle commissioni tributarie, prima che la legge 25 febbraio 1971, n. 67, abrogasse esplicitamente tale causa d'ineleggibilità a consigliere comunale.

Il giudice a quo, nel suo giudizio sulla rilevanza, ha mostrato di ritenere innovativa quest'ultima legge, ch'era già stata pubblicata quando sono state emesse le ordinanze di remissione, sicché può essere esaminato il merito delle censure proposte.

La questione sottoposta alla decisione della Corte appare fondata.

Risulta invero che le varie ipotesi configurate dall'art. 15 del testo unico 16 maggio 1960, n. 570, quali cause d'ineleggibilità a consigliere comunale, rispondono ad esigenze diverse. Alcune infatti sono dettate dal chiaro intento di evitare un'indebita influenza sulla libera manifestazione di volontà dell'elettore, come ad esempio quelle previste dai numeri 1 e 10 dello stesso articolo, secondo cui sono ineleggibili coloro che per la carica rivestita (di ecclesiastico, di magistrato) potrebbero esercitare una captatio benevolentiae. Altre invece, come l'ineleggibilità per lite pendente, mirano ad assicurare il disinteresse nell'esercizio delle funzioni cui il candidato aspira, per evitare gli inconvenienti che potrebbero insorgere qualora lo stesso soggetto fosse nel contempo amministratore e litigante.

Tale differenziazione, già posta nella debita luce dalla dottrina unanime e dalla stessa giurisprudenza di questa Corte (sentenza n. 42 del 1961), non poteva essere ignorata dal legislatore che ha invece accomunato in uniformità di disciplina le varie ipotesi previste dal citato art. 15, in evidente contrasto con la diversa ratio ispiratrice delle medesime e quindi con il principio costituzionale d'uguaglianza.

Va inoltre considerato che la limitazione apposta dalla norma impugnata al diritto di accedere alle cariche elettive viola altresì l'art. 51 della Costituzione. É vero infatti che il principio costituzionale invocato riserva alla legge la determinazione dei requisiti di volta in volta necessari per essere eleggibili, tuttavia é già stato affermato da questa Corte che le cause d'ineleggibilità devono essere rigorosamente contenute entro i limiti di quanto sia ragionevolmente indispensabile per garantire la soddisfazione delle esigenze di pubblico interesse cui sono preordinate (sentenza n. 46 del 1969).

Nella specie si é sopra considerato come l'impedimento ravvisato dal legislatore nella pendenza di una controversia tributaria con il Comune, introdotto oltre un secolo fa e riportato nelle varie leggi succedutesi nel settore, poteva ragionevolmente essere giustificato se riferito al momento in cui l'ipotizzato conflitto poteva venire a manifestarsi, mentre appariva ultroneo e irragionevole se rapportato già al momento delle elezioni.

Lo stesso legislatore, d'altronde, ha preso atto dell'eccessiva limitazione nascente dalla norma impugnata e l'ha abrogata esplicitamente, con riferimento a quel settore - quello delle controversie tributarie - nel quale la potenziale conflittualità tra ente impositore e contribuente appare quasi normale.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 15, n. 6, del testo unico approvato con d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 (art. 15 d.P.R. 5 aprile 1951, n. 203), nella parte relativa alle liti tributarie.

 Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 marzo 1972.

Giuseppe CHIARELLI - Paolo ROSSI

Depositata in cancelleria il 29 marzo 1972.