Sentenza n. 130 del 1970
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SENTENZA N. 130

ANNO 1970

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZI'

Dott. Giovanni BATTISTA BENEDETTI

Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 10, quarto comma, del R.D. 8 gennaio 1931, n. 148 (trattamento giuridico-economico del personale delle ferrovie, tramvie e linee di navigazione interna in regime di concessione) nel testo modificato dall'articolo unico della legge 24 luglio 1957, n. 633, promossi con tre ordinanze emesse il 4 febbraio 1969 dal pretore di Torino in altrettanti procedimenti civili rispettivamente instaurati da Crepaldi Erminio, da Vidal Italo e da Spadaro Angelo contro la società SADEM, iscritte ai nn. 100, 101 e 102 del registro ordinanze 1969 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 91 del 9 aprile 1969, e con ordinanza emessa il 3 gennaio 1970 dallo stesso pretore di Torino nel procedimento civile vertente tra Battù Luigi ed il Ministero dei trasporti e dell'aviazione civile, iscritta al n. 82 del registro ordinanze 1970 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 76 del 25 marzo 1970.

Visti gli atti di costituzione di Battù Luigi e della società Sadem, e d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 3 giugno 1970 il Giudice relatore Giuseppe Verzl';

udito l'avv. Luciano Ventura, per il Battù, l'avv. Arturo Carlo Jemolo, per la società Sadem, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Franco Chiarotti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Con tre ordinanze di identico contenuto, emesse il 4 febbraio 1969, in tre procedimenti civili promossi, rispettivamente, da Crepaldi Erminio, Vidal Italo e Spadaro Angelo contro la società SADEM, il pretore di Torino ha sollevato la questione di legittimità costituzionale del quarto comma dell'art. 10 del R.D. 8 gennaio 1931, n. 148, modificato dall'articolo unico della legge 24 luglio 1957, n. 633, in riferimento agli artt. 3, 24, primo comma, e 35, primo comma, della Costituzione.

Con altra ordinanza del 3 gennaio 1970, emessa nel procedimento civile vertente fra Battù Luigi ed il Ministero dei trasporti e dell'aviazione civile, lo stesso pretore, dopo avere rilevato che questa Corte, con la sentenza n. 39 del 1969, ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale dell'anzidetto art. 10, così come sollevata dal tribunale di Palermo, cioé esclusivamente in riferimento all'art. 36 della Costituzione, ha riproposto la stessa questione, sempre in riferimento agli artt. 3, 24, primo comma, e 35, primo comma, della Costituzione.

Secondo le ordinanze di rimessione, la norma contenuta nel suindicato art. 10 - prescrivendo che l'azione giudiziaria per conseguire il riconoscimento del diritto a competenze arretrate e ad altre prestazioni di natura esclusivamente patrimoniale non può essere proposta se l'avente diritto non abbia presentato reclamo in via gerarchica e non siano trascorsi trenta giorni dalla presentazione del reclamo stesso - pone condizioni di proponibilità della domanda giudiziale, le quali subordinano il diritto del lavoratore alla gerarchia aziendale. Questa viene ad assumere pertanto rilevanza pubblicistica, pur essendo parte della organizzazione privata imprenditoriale, senza che sussistano neppure apprezzabili interessi dell'azienda. Ne risulterebbe quindi violato il principio dell'art. 24, primo comma, della Costituzione.

Per i prestatori d'opera in settori economici diversi da quello dei trasporti, la proponibilità dell'azione giudiziaria non é condizionata alla sussistenza dei menzionati presupposti. E poiché non é dato individuare il motivo per cui il legislatore ha disposto una particolare disciplina per i lavoratori delle aziende di trasporto, consegue che per questi il trattamento differenziato deve ritenersi ingiustificato, onde la violazione dell'art. 3 della Costituzione. E la deroga non può neppure essere spiegata con la particolarità del rapporto corrente fra le parti, ove si consideri che, alla stregua dell'attuale orientamento giurisprudenziale, la norma impugnata é applicabile anche al lavoratore non più dipendente.

Infine, sarebbe violato anche l'art. 35, primo comma, della Costituzione, dal momento che l'obbligo del ricorso gerarchico - risolvendosi sostanzialmente nell'apposizione di un termine post quem per l'esercizio dell'azione giudiziaria - dilaziona ulteriormente la realizzazione dei diritti patrimoniali e, quindi, dei crediti di natura alimentare del lavoratore.

Nei giudizi davanti questa Corte, si sono costituiti la società SADEM ed il Battù. É intervenuto altresì il Presidente del Consiglio dei ministri.

L'Avvocatura generale dello Stato osserva che le norme impugnate tendono a far sì che siano portate davanti all'autorità giudiziaria soltanto le controversie non eliminabili per composizione extragiudiziale e non escludono o limitano pertanto la tutela giurisdizionale.

Rileva poi che la normativa in discussione si inquadra nella più generale disciplina dei rapporti di lavoro concernente le aziende pubbliche. Tale disciplina deve corrispondere, almeno per taluni aspetti, a criteri ed esigenze particolari, estranei al campo imprenditoriale privato. Il trattamento differenziato, pertanto, non é in contrasto col principio enunciato nell'art. 3 della Costituzione.

Non vi é, infine, violazione dell'art. 35, primo comma, della Costituzione, perché la norma denunciata, nella misura in cui si risolve nella salvaguardia dell'interesse del lavoratore, non può ritenersi in contrasto con il principio della tutela del lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni.

Anche per la difesa della società SADEM la questione proposta sarebbe infondata per ragioni analoghe a quelle addotte dalla Avvocatura dello Stato.

Sia il Battù che la società SADEM hanno presentato memorie. Il primo sostiene che non sussistono concrete esigenze, né apprezzabili interessi che giustificano l'esistenza della norma impugnata: il concessionario dei pubblici servizi di trasporto sarebbe un comune imprenditore privato o pubblico che gestisce la sua impresa con ovvie finalità di profitto ed il rapporto fra l'azienda ed i suoi agenti avrebbe tutte le caratteristiche di un normale rapporto contrattuale.

La difesa della società SADEM invece aggiunge alle osservazioni precedentemente svolte che anche secondo la giurisprudenza costituzionale non sono illegittime le disposizioni che non consentono di adire l'autorità giudiziaria senza aver prima percorso la via dei ricorsi amministrativi.

 

Considerato in diritto

 

1. - Le quattro ordinanze del pretore di Torino - le quali prospettano la questione di legittimità costituzionale del quarto comma dell'art. 10 del R.D. 8 gennaio 1931, n. 148 (coordinamento delle norme sulla disciplina giuridica dei rapporti collettivi di lavoro con quelle sul trattamento giuridico-economico del personale delle ferrovie, tranvie e linee di navigazione in regime di concessione) così come modificato dall'articolo unico della legge 24 luglio 1957, n. 633 - hanno identico contenuto; pertanto i relativi procedimenti possono essere riuniti e definiti con unica sentenza.

Secondo le ordinanze di rimessione, la norma impugnata - prescrivendo che l'azione giudiziaria per conseguire il riconoscimento del diritto a competenze arretrate e ad altre prestazioni di natura esclusivamente patrimoniale non può essere proposta se l'avente diritto non abbia presentato reclamo in via gerarchica e non siano trascorsi trenta giorni dalla presentazione del reclamo stesso - creerebbe vere e proprie condizioni di proponibilità della domanda giudiziale risolventisi nella subordinazione del diritto del lavoratore alla gerarchia aziendale. Ne risulterebbero violati il diritto di agire liberamente in giudizio sancito dall'art. 24, primo comma, della Costituzione, il principio di eguaglianza di tutti i cittadini per la ingiustificata discriminazione rispetto ai prestatori d'opera di altri settori economici, ed il diritto alla tutela del lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni per il ritardo nella realizzazione dei diritti patrimoniali e quindi dei crediti di natura alimentare del lavoratore.

2. - La questione non é fondata.

La tutela giurisdizionale non subisce alcuna limitazione per il fatto che il lavoratore debba far conoscere, attraverso il reclamo, le sue pretese e debba quindi lasciar trascorrere trenta giorni, prima di iniziare il giudizio. La ratio della norma é quella di dare modo ad imprese di pubblico interesse, quali sono quelle menzionate nel R.D. n. 148 del 1931, di esaminare preventivamente le richieste dei dipendenti al fine di accertarne la fondatezza o meno, e di evitare in tal modo lunghe e dispendiose procedure giudiziarie. Il che non vuol dire imporre al lavoratore condizioni che subordinano la tutela dei suoi diritti alle gerarchie aziendali, come ritiene il giudice a quo, ma, al contrario, vuol dire agire nell'interesse del lavoratore, oltreché della impresa.

Nella ipotesi di azione giudiziaria per il riconoscimento del diritto a competenze arretrate e ad altre prestazioni di natura esclusivamente patrimoniale - contemplata dalle ordinanze di rimessione - va rilevato che, secondo la norma impugnata, il reclamo può essere presentato in qualsiasi momento fino a quando non sia intervenuta la prescrizione del diritto giusta le disposizioni del codice civile.

La legge non prevede infatti alcun termine per la proponibilità dell'azione, come invece dispone nel terzo comma dello stesso articolo 10. Tutto, quindi, si riduce a procrastinare di trenta giorni l'inizio dell'azione giudiziaria.

Orbene, non é sostenibile che l'attesa di trenta giorni sia pregiudizievole per il lavoratore, quando si tenga presente che le procedure giudiziarie non si svolgono normalmente con rapidità e richiedono, a volte, lunghi periodi di tempo prima di giungere alla conclusione.

3. - Per altro questa Corte ha già avuto occasione di affermare che la tutela giurisdizionale "é garantita sempre dalla Costituzione, non certo nel senso che si imponga una sua relazione di immediatezza con il sorgere del diritto; e pertanto non ha senso l'obbiettare che condizionare l'azione all'espletamento di un procedimento amministrativo é procrastinarne l'esercizio... Né sono costituzionalmente illegittime "disposizioni che impongono oneri diretti ad evitare l'abuso del diritto alla tutela giurisdizionale; e si percorre la stessa via logica quando si riconoscono non pregiudizievoli all'esercizio del diritto norme che vogliono evitarne, se non l'abuso, l'eccesso, e vogliono indirizzarlo perciò verso un suo uso adeguato, ancorandolo ad una determinazione dell'opportunità di promuovere l'azione giudiziaria che maturi dopo un apprezzamento della fondatezza delle pretese, compiuto alla stregua delle risultanze emerse in un procedimento preliminare di natura amministrativa" (sent. n. 47 del 1964).

Pertanto la norma impugnata non viola l'art. 24, primo comma, e tanto meno l'art. 35, primo comma, della Costituzione, che tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni.

4. - Per quanto attiene al principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione, va osservato che la particolare disciplina del rapporto di lavoro di cui si discute, trova la sua giustificazione nelle esigenze di pubblico interesse soddisfatte dai servizi autoferrotranviari e nella complessiva differenziata regolamentazione comprensiva di oneri e di vantaggi.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 10, quarto comma, del R.D. 8 gennaio 1931, n. 148 (coordinamento delle norme sulla disciplina giuridica dei rapporti collettivi di lavoro con quelle sul trattamento giuridico-economico del personale delle ferrovie, tranvie e linee di navigazione in regime di concessione) così come modificato dall'articolo unico della legge 24 luglio 1957, n. 633, proposta in riferimento agli artt. 3, 24, primo comma, e 35, primo comma, della Costituzione dal pretore di Torino con le ordinanze indicate in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 giugno 1970.

Giuseppe BRANCA  -  Michele FRAGALI  -  Costantino MORTATI  -  Giuseppe CHIARELLI  -  Giuseppe VERZÌ  -  Giovanni BATTISTA BENEDETTI  -  Francesco PAOLO BONIFACIO  -  Luigi OGGIONI  -  Angelo DE MARCO  -  Ercole ROCCHETTI  -  Enzo CAPALOZZA  -  Vezio CRISAFULLI  -  Nicola REALE  -  Paolo ROSSI

 

Depositata in cancelleria il 13 luglio 1970.