Sentenza n. 32 del 1962
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SENTENZA N. 32

ANNO 1962

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE 

composta dai signori giudici:

Avv. Giuseppe CAPPI, Presidente

Prof. Gaspare AMBROSINI

Dott. Mario COSATTI

Prof. Francesco Pantaleo GABRIELI

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI,

ha pronunciato la seguente   

SENTENZA 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale della legge 29 ottobre 1954, n. 1073, e del D.P.R. 22 dicembre 1954, n. 1217, promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 28 ottobre 1960 dal Tribunale di Belluno nel procedimento penale a carico di Passuello Alessandro ed altri, iscritta al n. 94 del Registro ordinanze 1960 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6 del 7 gennaio 1961;

2) ordinanza emessa 11 novembre 1960 dal Tribunale di Roma nel procedimento penale a carico di Contadini Elio, iscritta al n. 95 del Registro ordinanze 1960 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6 del 7 gennaio 1961;

3) ordinanza emessa il 23 dicembre 1960 dalla Corte di appello di Roma nel procedimento penale a carico di Iannilli Pompeo, iscritta al n. 2 del Registro ordinanze 1961 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 31 del 4 febbraio 1961.

Vista la dichiarazione di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri:

udita nell'udienza pubblica del 6 dicembre 1961 la relazione del Giudice Gaspare Ambrosini;

uditi l'avv. Fulvio Tecca Martini, per Contadini Elio, l'avv. Mario Martignetti, per Iannilli Pompeo, e il sostituto avvocato generale dello Stato Franco Chiarotti, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

Ritenuto in fatto 

Con ordinanza emessa il 28 ottobre 1960 nel procedimento penale a carico di Passuello Alessandro ed altri, il Tribunale di Belluno ha proposto, su istanza della difesa degli imputati, la questione di legittimità costituzionale degli artt. 30, terzo comma, e 47 del T.U. delle disposizioni concernenti la disciplina fiscale dei semi oleosi e degli oli da essi ottenuti, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1954, n. 1217, in quanto, dice testualmente l'ordinanza: "l'art. 30, terzo comma, del T.U. citato, che riproduce l'art. 24 del D.P.R. 11 luglio 1953, n. 495, estende l'ipotesi del delitto previsto dall'art. 47 del T.U. derivante dall'art. 16 del D.L. 30 ottobre 1952, n. 1323, oltre i limiti posti dall'art. 2 della legge delega 20 dicembre 1952, n. 2385, con conseguente violazione dell'art. 76 della Costituzione".

L'ordinanza é stata ritualmente notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri il 3 dicembre 1960 e comunicata ai Presidenti della Camera e del Senato; ed é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 7 gennaio 1961, n. 6.

Non si é avuto intervento in giudizio del Presidente del Consiglio dei Ministri, né costituzione nell'interesse delle parti.

Avanti al Tribunale di Roma, nel procedimento penale a carico di Contadini Elio, la difesa dell'imputato aveva sollevata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 46 e 47 del T. U. 22 dicembre 1954, n. 1217, adducendo che, mentre l'art. 2 della legge 20 dicembre 1952, n. 2385, che delega il Governo a coordinare e disciplinare la materia, dà facoltà di punire le violazioni con l'ammenda, i suddetti artt. 46 e 47 prevedono la multa.

Con ordinanza emessa l'11 novembre 1960 il Tribunale ha accolto l'istanza della difesa del Contadini ed ha proposto la questione di legittimità costituzionale limitatamente all'art. 46 suddetto, rilevando di non proporre la questione anche per l'art. 47, in quanto, relativamente a questo, pendeva già procedimento avanti la Corte costituzionale.

L'ordinanza é stata regolarmente notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri il 24 novembre 1960, comunicata ai Presidenti della Camera e del Senato e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 6 del 1961.

Non ha avuto luogo intervento del Presidente del Consiglio; si é costituita in giudizio la parte privata.

Nelle deduzioni a stampa depositate in cancelleria il 10 gennaio 1961, la difesa del Contadini, premessa la differenza che intercorre tra la multa e l'ammenda, mette in rilievo che il D.L. 30 ottobre 1952, n. 1323, concernente norme per nuovo accertamento dell'imposta di fabbricazione di oli di seme, puniva le infrazioni con la pena della multa, ma che la legge 20 dicembre 1952, n. 2385, mentre con l'art. 1 convertì il D.L. in legge, con l'art. 2 delegò il Governo ad emanare norme integrative e complementari, per la violazione delle quali previde la pena soltanto dell'ammenda, e con l'art. 3 fece al Governo un'altra ampia delega per emanare un testo unico di tutte le disposizioni in materia. Ma nell'emanare il testo unico il legislatore delegato non avrebbe potuto, assume la difesa del Contadini, dettare per le violazioni delle norme complementari ed integrative della disciplina fiscale della lavorazione dei semi oleosi la pena della multa in luogo di quella dell'ammenda, che era la sola prevista dall'art. 2 della stessa legge, cosicché l'art. 46 del T.U. avrebbe sorpassato i limiti della delega previsti dall'art. 2 suddetto e sarebbe per ciò costituzionalmente illegittimo in relazione all'art. 76 della Costituzione. Si richiama in proposito la sentenza del 5 marzo 1959, n. 20, di questa Corte.

Nella memoria a stampa la difesa del Contadini prospetta un altro motivo di incostituzionalità, rilevando che il Testo unico in questione fu emanato in base alla legge 29 ottobre 1954, n. 1073, la quale fu approvata dalla Commissione finanze e tesoro della Camera dei Deputati in sede deliberante e non con la procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera per i disegni di legge in materia di delegazione legislativa, secondo prescrive l'art. 72, ultimo comma, della Costituzione.

La Corte di appello di Roma, nel procedimento penale a carico di Iannilli Pompeo, accogliendo l'istanza della difesa dell'imputato, ha proposto con ordinanza del 23 dicembre 1960 la questione di legittimità costituzionale del D.P.R. 22 dicembre 1954, n. 1217, e della legge delega 29 ottobre 1954, n. 1073, per due motivi: 1) perché l'avvenuta proroga della delega legislativa di cui alla legge 20 dicembre 1952, n. 2385, successivamente alla scadenza del termine previsto dalla legge stessa, importerebbe la violazione dell'art. 76 della Costituzione; 2) perché sarebbe stato violato anche l'art. 72, ultimo comma, della Costituzione, in quanto l'approvazione della nuova legge delega del 29 ottobre 1954, n. 1073, fu disposta dalla Commissione finanze e tesoro della Camera dei Deputati in sede deliberante, anziché dall' Assemblea in seduta plenaria.

L'ordinanza é stata ritualmente notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri il 29 dicembre 1960, comunicata ai Presidenti della Camera e del Senato e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 4 febbraio 1961, n. 31.

Con atto del 17 gennaio 1961 é intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato. Preliminarmente é stato dedotto che la questione di legittimità costituzionale proposta dalla Corte di appello di Roma é irrilevante ai fini della definizione del processo penale a carico dell'imputato, in quanto, anche ammessa l'illegittimità costituzionale della legge delegante e di quella delegata, non per ciò verrebbero meno né le norme originarie, da cui traggono fonte gli artt. 30 e 47 del T.U., e cioè gli artt. 15, comma primo, e 16, comma terzo, del D.L. 30 ottobre 1952, n. 1323, né le norme sopravvenute al Testo unico, e cioè le norme del D.P.R. 20 dicembre 1956, n. 1380, convertito in legge 13 febbraio 1957, n. 12, che conterrebbero un rinvio ricettizio idoneo ad attribuire efficacia formale alla norma dell'art. 30 del citato Testo unico.

Nel merito l'Avvocatura dello Stato rileva che non vi é violazione dell'art. 76 della Costituzione per il fatto che si proroghi con altra legge il termine posto da una legge delegante, né vi é violazione dell'art. 72, ultimo comma, della Costituzione, in quanto esso riguarda la legge di delegazione in senso stretto, non anche la legge che si limiti a prorogare il termine indicato nella legge delegante.

La difesa della parte privata, costituitasi in giudizio, ha insistito per la dichiarazione di illegittimità costituzionale delle norme impugnate, rilevando che il termine previsto nella legge delega 20 dicembre 1952, n. 2385, non poteva essere prorogato dopo la sua scadenza, e che tale proroga poteva essere data solo attraverso una proposta di legge di delegazione legislativa per la quale fosse adottata la procedura normale d'esame e di approvazione diretta da parte della Camera, prescritta dall'art. 12, ultimo comma, della Costituzione.

Nella discussione orale l'Avvocato dello Stato ha ribadito le tesi esposte nelle deduzioni e nella memoria ed ha sollevato l'eccezione di inammissibilità della questione adducendo che il Testo unico in esame non ha valore di legge.  

Considerato in diritto 

Le tre cause, trattate congiuntamente all'udienza, possono essere decise, data l'identità dell'oggetto, con unica sentenza.

Comprensiva ed assorbente, di fronte alle questioni di legittimità costituzionale proposte con l'ordinanza del Tribunale di Belluno e con quella del Tribunale di Roma, é la questione proposta dalla Corte d'appello di Roma, che, a differenza delle precedenti, non riguarda articoli specifici del Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina fiscale della lavorazione dei semi oleosi e degli oli da essi ottenuti emanato col decreto del Presidente della Repubblica del 22 dicembre 1954, n. 1217, ma investe tutto il Testo unico con la legge del 29 ottobre 1954, n. 1073, in base alla quale esso Testo unico venne emanato.

Sull'eccezione pregiudiziale, sollevata dall'Avvocatura dello Stato, di irrilevanza, ai fini della definizione del processo penale a carico dell'imputato, della questione di legittimità costituzionale proposta dalla Corte d'appello di Roma, va ricordato che é massima costante di questa Corte, confermata da ultimo nella sentenza n. 78 del 22 dicembre 1961, che il giudizio sulla rilevanza spetta esclusivamente al giudice a quo, e che, quindi, non compete alla Corte se non controllare che il giudizio sia stato formulato e motivato.

Ora, nell'ordinanza in esame, la rilevanza della proposta questione di legittimità costituzionale appare adeguatamente valutata, non solo perché la Corte d'appello ne ha indicato chiaramente i motivi, ma anche perché a tale conclusione é arrivata accogliendo, malgrado l'opposizione del Pubblico Ministero, l'istanza del difensore dell'imputato, che, nel sollevare la questione, aveva messo espressamente in rilievo "che il giudizio non può essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimità costituzionale sollevata".

Priva di fondamento é, quindi, l'eccezione pregiudiziale dell'Avvocatura dello Stato.

Ugualmente infondata é l'eccezione di inammissibilità che la Avvocatura dello Stato ha prospettato nella difesa orale, adducendo che il Testo unico impugnato deve ritenersi di carattere compilatorio e di perfezionamento tecnico, e che perciò non ha il valore di atto avente forza di legge e conseguentemente non può formare oggetto di giudizio di legittimità costituzionale.

Ma é da osservare in contrario che, a parte ogni questione sul valore in genere dei vari tipi di testi unici, non vi ha dubbio che il Testo unico impugnato ha carattere legislativo, sia per la forma, perché emanato nella forma di decreto legislativo in base alla delega disposta dall'art. 3 della legge 29 ottobre 1954, n. 1073, sia per la sostanza, data l'ampiezza della delega in virtù della quale il Governo fu facultato ad emanare il Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina fiscale della lavorazione dei semi oleosi e degli oli da essi ottenuti, "apportando alle disposizioni stesse le modificazioni necessarie per il loro coordinamento e la loro migliore formulazione, nonché per il perfezionamento tecnico delle misure di vigilanza e di controllo".

Nel merito, dei due motivi addotti dalla Corte d'appello di Roma per proporre la questione di legittimità costituzionale del Testo unico approvato con D.P.R. del 22 dicembre 1954, n. 1217, e della legge del 29 ottobre 1954, n. 1073, in base alla quale tale Testo unico fu emanato, é d'uopo esaminare in precedenza il motivo che investe all'origine la legittimità di questa legge in riguardo al procedimento della sua formazione.

La legge del 1954, n. 1073, che, dopo la scadenza del termine prefissato per l'emanazione del Testo unico previsto nell'art. 3 della legge delega del 20 dicembre 1952, n. 2385, fissa un nuovo termine entro il quale il Governo può esercitare la potestà delegatagli, deve considerarsi anch'essa avente il carattere di legge delega. Come tale, il relativo disegno di legge doveva essere sottoposto alla procedura prescritta dall'ultimo comma dell'art. 72 della Costituzione, che per taluni disegni di legge di particolare importanza, tra i quali quelli di "delegazione legislativa", prescrive che deve sempre essere adottata "la procedura normale di esame e di approvazione diretta della Camera".

Orbene, nel caso in esame, questa procedura non fu seguita. Infatti, come risulta dal Bollettino sommario e Bollettino delle Commissioni della Camera dei Deputati del 13 ottobre 1954, n. 203 (pag. 1, col. 1), il suddetto disegno di legge fu approvato dalla IV Commissione permanente (Finanze e Tesoro) della Camera "in sede legislativa", cioè con la procedura abbreviata prevista dal terzo comma dello stesso art. 72; e ciò in contrasto con la norma dell'ultimo comma suindicato.

Né varrebbe, al fine di limitare in qualche modo l'applicazione di questa norma, configurare vari tipi di delegazione legislativa, giacché qualsiasi tipo rientra nella materia della delegazione, che senza alcuna eccezione é attribuita dall'ultimo comma dell'art. 72 della Costituzione "all'esame ed all'approvazione diretta della Camera".

La legge del 29 ottobre 1954, n. 1073, é, pertanto, costituzionalmente illegittima; e conseguentemente illegittimo é il Testo unico del 22 dicembre 1954, n. 1217, che fu in base a questa legge emanato.

Data la conclusione cui é pervenuta la Corte, non occorre prendere in esame l'altro motivo di illegittimità costituzionale addotto nell'ordinanza della Corte d'appello di Roma.  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE 

pronunziando con unica sentenza sui tre procedimenti riuniti indicati in epigrafe:

respinge le eccezioni pregiudiziali sollevate dall'Avvocatura generale dello Stato;

dichiara l'illegittimità costituzionale della legge del 29 ottobre 1954, n. 1073, e del Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina fiscale della lavorazione dei semi oleosi e degli oli da essi ottenuti approvato con D.P.R. del 22 dicembre 1954, n. 1217, in riferimento all'art. 72, ultimo comma, della Costituzione.  

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 aprile 1962.

Giuseppe CAPPI - Gaspare AMBROSINI - Mario COSATTI - Francesco Pantaleo GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI

 

Depositata in cancelleria il 10 aprile 1962.