SENTENZA N.
160
ANNO 2020
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL
POPOLO ITALIANO
LA CORTE
COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Marta
CARTABIA;
Giudici: Aldo CAROSI, Mario
Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de
PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio
PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano
PETITTI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di
legittimità costituzionale dell’art. 25, commi 2-bis, ultimo periodo, e 3,
della legge
della Regione Marche 5 gennaio 1995, n. 7 (Norme per la protezione della fauna
selvatica e per la tutela dell’equilibrio ambientale e disciplina dell’attività
venatoria), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per le Marche
nel procedimento vertente tra la Lega per l’abolizione della caccia (LAC) Onlus e altro e la Regione Marche e altro, con ordinanza
del 17 aprile 2019, iscritta al n. 139 del registro ordinanze 2019 e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, prima serie speciale,
dell’anno 2019.
Visto l’atto di
costituzione della Regione Marche;
udito il Giudice
relatore Giulio Prosperetti ai sensi del decreto della
Presidente della Corte del 20 aprile 2020, punto 1), lettere a) e c), in
collegamento da remoto, senza discussione orale, in data 23 giugno 2020;
deliberato nella camera
di consiglio del 24 giugno 2020.
1.– Con ordinanza del
17 aprile 2019, iscritta al reg. ord. n. 139 del
2019, il Tribunale amministrativo regionale per le Marche ha sollevato
questioni di legittimità costituzionale dell’art. 25, commi 2-bis, ultimo
periodo, e 3, della legge della Regione Marche 5 gennaio 1995, n. 7 (Norme per
la protezione della fauna selvatica e per la tutela dell’equilibrio ambientale
e disciplina dell’attività venatoria), e successive modificazioni e
integrazioni, in riferimento all’art. 117, secondo comma,
lettera s), della Costituzione.
2.– Il TAR rimettente
riferisce di dover decidere sull’annullamento della deliberazione della Giunta
regionale delle Marche 17 maggio 2018, n. 645 (L.r.
n. 7/95, art. 25. Piano di Controllo regionale del Cinghiale anni 2018-2023), e
degli atti presupposti, integrativi e conseguenziali, richiesto da alcune
associazioni ambientaliste, titolari dell’interesse alla salvaguardia e tutela
del patrimonio faunistico-ambientale e alla difesa della natura e
dell’ecosistema.
3.– Le ricorrenti nel
giudizio principale lamentano il fatto che il piano di controllo del cinghiale
avrebbe illegittimamente incluso i cacciatori tra i soggetti abilitati a dare
esecuzione agli abbattimenti; tale inclusione troverebbe fondamento nell’art.
25, comma 3, della legge reg. Marche n. 7 del 1995 e sarebbe in contrasto con
quanto prescritto dalla normativa statale e segnatamente dall’art. 19, comma 2,
della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna
selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), che elenca in via tassativa i
soggetti deputati all’esecuzione dei piani di abbattimento, includendovi solo
le guardie venatorie dipendenti dall’amministrazione provinciale, le guardie
forestali e comunali munite di licenza di caccia e i proprietari e i conduttori
dei fondi su cui i piani devono essere attuati, purché muniti di licenza di
caccia.
In contrasto con tale
disposizione, l’art. 25, comma 3, della legge reg. Marche n. 7 del 1995 avrebbe
demandato l’attuazione dei piani di controllo della fauna selvatica alle
guardie venatorie dipendenti dalle Province, che possono avvalersi dei
proprietari e conduttori dei fondi e delle guardie forestali e comunali, se
muniti di licenza di caccia, nonché degli operatori muniti della licenza di
caccia all’uopo autorizzati, e selezionati attraverso appositi corsi di
preparazione alla gestione faunistica.
Il comma 2-bis dello
stesso art. 25 della legge reg. Marche n. 7 del 1995 avrebbe autorizzato la
Regione a consentire il prelievo del cinghiale in forma collettiva con il
metodo della braccata e della girata, in tutte le zone e nei periodi preclusi
alla caccia, tramite i soggetti che abbiano conseguito l’abilitazione
provinciale per esercitare la caccia al cinghiale in forma collettiva, con
priorità per i cacciatori residenti e dell’Ambito territoriale di caccia (ATC)
interessato.
La deroga alle
prescrizioni di cui all’art. 19 della legge n. 157 del 1992 si tradurrebbe
nell’illegittimità costituzionale della legge regionale censurata in
riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.,
che rimette al legislatore statale la competenza a dettare le prescrizioni in
materia di tutela ambientale.
4.– Il TAR rimettente
illustra gli ulteriori motivi di ricorso addotti dalle ricorrenti per
l’annullamento dei provvedimenti impugnati, di cui si denuncia l’illegittimità
per eccesso di potere, difetto di motivazione e di istruttoria e sviamento
dalla causa tipica, poiché la Regione non avrebbe dato conto dell’inefficacia
dei metodi ecologici prima di adottare i piani di abbattimento della fauna selvatica;
avrebbe deliberato i suddetti piani nonostante il parere contrario
dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e
senza fornire adeguata motivazione; non avrebbe dato conto della presenza di
cinghiali in soprannumero, prescrivendo l’abbattimento in ragione dei rilevanti
danni che la presenza degli animali determina alle produzioni agricole; non
avrebbe effettuato la valutazione di incidenza sul piano di controllo e non
avrebbe sottoposto il piano quinquennale alla procedura di valutazione
ambientale strategica.
5.– Inoltre, il TAR
rappresenta che, con i motivi aggiunti, le ricorrenti lamentano che, per
effetto della deliberazione della Giunta regionale 8 novembre 2018, n. 1469,
recante «Integrazione dell’allegato A) della D.G.R. n. 645 del 17/05/2018 “L.r. n. 7/95, art. 25. Piano di Controllo regionale del
Cinghiale anni 2018-2023”», si sono ampliati in maniera significativa sia
l’area e i tempi di intervento del controllo del cinghiale, che i soggetti che
possono effettuarlo, così che fino al 31 dicembre 2020 sarà possibile sparare
al cinghiale ventiquattro ore su ventiquattro, tutti i giorni dell’anno, in
tutte le aree, senza requisiti e senza la necessità di adottare tecniche di
prevenzione, sia mediante abbattimento che con il sistema delle trappole e dei
chiusini e il successivo abbattimento, per salvaguardare l’agricoltura, in
contrasto con quanto prescritto dalla normativa statale e dalle esigenze di
tutela ambientale.
6.– Il Collegio
rimettente afferma di ritenere preliminare la trattazione delle censure con cui
è stata dedotta l’incostituzionalità dell’art. 25 della legge reg. Marche n. 7
del 1995 e solleva l’incidente di costituzionalità in ragione della rilevanza
della questione, ritenuta in re ipsa poiché il
concorso dei cacciatori non proprietari al prelievo del cinghiale accrescerebbe
la lesione dei beni giuridici protetti dalle associazioni ambientaliste
ricorrenti, e della sua non manifesta infondatezza, per cui si richiamano due
pronunce di questa Corte, la n. 217 del 2018 e la n. 139 del 2017, relative a
questioni che il TAR ritiene sostanzialmente sovrapponibili a quella sottoposta
al suo esame.
L’incidente di
costituzionalità viene prospettato in riferimento ad entrambi i commi, il 2-bis
e il 3, dell’art. 25 della legge reg. Marche n. 7 del 1995, nella parte in cui
tali disposizioni ampliano il novero dei soggetti attuatori dei piani di
controllo della fauna selvatica rispetto all’elencazione di cui all’art. 19
della legge n. 157 del 1992, con ciò determinando il contrasto con l’art. 117,
secondo comma, lettera s), Cost.
7.– Nel giudizio di
costituzionalità si è costituita la Regione Marche eccependo, in primo luogo,
la manifesta inammissibilità per difetto assoluto di rilevanza di entrambe le
questioni prospettate, poiché l’art. 25 della legge reg. Marche n. 7 del 1995
non andrebbe applicato nel giudizio instaurato dalle associazioni
ambientaliste.
Secondo la Regione, la
deliberazione della Giunta regionale n. 645 del 2018 impugnata nel giudizio a
quo avrebbe individuato, quali attuatori dei piani di abbattimento, gli agenti
di polizia provinciale, i selecacciatori abilitati ai
sensi dell’art. 2, comma 1, lettera c), del regolamento della Regione Marche 23
marzo 2012, n. 3, recante «Disciplina per la gestione degli ungulati nel
territorio regionale, in attuazione della legge regionale 5 gennaio 1995, n. 7
(Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela dell’equilibrio
ambientale e disciplina dell’attività venatoria)», e i proprietari e i
conduttori dei fondi muniti di licenza venatoria e i titolari dei fondi ove
sono posizionati i mezzi di cattura, se in possesso di attestato di
partecipazione al corso organizzato dall’ATC circa l’uso dei mezzi di cattura.
La citata
deliberazione, dunque, avrebbe individuato soggetti corrispondenti a quelli di
cui all’art. 19 della legge n. 157 del 1992, con la sola eccezione dei selecacciatori che, però, non corrisponderebbero né ai
soggetti indicati dall’art. 25, comma 2-bis, della legge reg. Marche, n. 7 del
1995, né a quelli di cui al successivo comma 3, essendo invece meri cacciatori
di ungulati con metodi selettivi, abilitati al prelievo del cinghiale, capriolo
o daino.
Nessuna delle
disposizioni censurate, dunque, verrebbe in rilievo nel giudizio a quo, e,
anzi, la deliberazione impugnata potrebbe essere annullata proprio perché
contrastante con l’art. 25 della legge reg. Marche n. 7 del 1995.
8.– Quali ulteriori
motivi di inammissibilità la Regione ha dedotto il difetto di motivazione sulla
rilevanza, sia in riferimento all’art. 25, comma 2-bis, la cui illegittimità
deriverebbe “per estensione” dalla censura del comma 3 dello stesso art. 25,
senza che sia stata addotta alcuna ulteriore motivazione, sia in riferimento
allo stesso comma 3, la cui rilevanza è stata ritenuta in re ipsa, essendosi il TAR limitato ad addurre che il concorso
di «cacciatori non proprietari» al prelievo del cinghiale accrescerebbe la
lesione dei beni giuridici che le associazioni ambientaliste ricorrenti
intendono tutelare, con ciò appiattendosi sulla prospettazione del ricorso,
senza sviluppare argomentazioni in senso adesivo e senza verificare se
l’accoglimento degli altri motivi di ricorso avrebbe potuto comportare
l’annullamento dei provvedimenti impugnati.
Il difetto di
motivazione è prospettato anche in riferimento alla non manifesta infondatezza,
avendo il TAR argomentato solo mediante il richiamo a due pronunce della Corte
costituzionale, senza ulteriori spiegazioni della supposta illegittimità delle
norme censurate.
9.– Nel merito la
Regione Marche, pur dichiarandosi consapevole dell’indirizzo della Corte
costituzionale sulla natura tassativa dell’elenco dei soggetti deputati
all’attuazione dei piani di abbattimento, ha dedotto la non fondatezza delle
questioni in ragione del mutato quadro fattuale in cui si inserirebbe la legge
n. 157 del 1992, evocata quale parametro interposto.
La Regione osserva che
quest’ultima legge è stata adottata in un periodo in cui l’interesse preminente
era quello di tutelare la fauna a rischio di estinzione. Attualmente, invece,
moltissime specie sarebbero in sovrannumero e sarebbero infestanti, così da
causare molteplici problemi all’agricoltura, per i danni ai raccolti; alla
salute, per le malattie diffuse da alcuni selvatici; allo stesso ambiente,
poiché la presenza massiccia di alcuni animali altererebbe gli equilibri tra
specie.
In questa prospettiva,
l’ampliamento dei soggetti deputati all’attuazione dei piani di abbattimento si
inscriverebbe in una logica di tutela ambientale, coinvolgendo non i semplici
cacciatori, ma quelli espressamente autorizzati dalla Provincia, selezionati
attraverso appositi corsi di preparazione alla gestione faunistica e coordinati
dal personale di vigilanza della Provincia stessa.
In ogni caso, la tutela
delle specie sarebbe assicurata dalle prescrizioni dei piani di abbattimento
che i soggetti indicati dalla legge regionale si devono limitare ad attuare,
mentre l’ampliamento dei soggetti attuatori aiuterebbe a rendere più celere ed
efficace l’esecuzione dei piani, con vantaggio dell’agricoltura e della stessa
tutela di altre specie animali e dell’uomo.
D’altronde, secondo la
Regione, il dato letterale dell’art. 19 della legge n. 157 del 1992 indurrebbe
ad escludere che l’elencazione in esso contenuta sia tassativa, potendo essere
integrata, per espressa previsione, dalle Province autonome di Trento e di
Bolzano.
10.– Qualora la Corte
costituzionale non ritenesse plausibile siffatta interpretazione della norma
statale, la Regione Marche chiede che si valuti la rimessione della questione
di costituzionalità dell’art. 19 della legge n. 157 del 1992, per contrasto con
gli artt. 3 e 97 Cost., in quanto irragionevole e
contrario all’esigenza del buon andamento della pubblica amministrazione, costituendo
l’ampliamento dei soggetti deputati all’attuazione dei piani di abbattimento
una risposta proporzionata alle mutate esigenze di tutela ambientale e
all’evoluzione del contesto storico e sociale, soprattutto a fronte della
cronica e conclamata carenza di mezzi e personale dei corpi di polizia
provinciali.
11.– Con successiva
memoria, la Regione ha sostanzialmente ribadito le eccezioni di inammissibilità
formulate nella memoria di costituzione in giudizio, precisando, in riferimento
al difetto di motivazione sulla non manifesta infondatezza, che sia la legge
regionale censurata che la norma statale evocata quale parametro interposto
risalgono ad epoca antecedente alla riforma del titolo V° della Parte II della
Costituzione e, quindi, il giudice avrebbe dovuto motivare se inquadrare le
norme alla luce del pregresso ovvero del nuovo riparto di competenze tra Stato
e Regioni.
12.– In ogni caso, il
fatto che la legge regionale risalga al 1995 e la legge statale al 1992
escluderebbe la violazione della competenza statale stabilita dall’art. 117,
secondo comma, lettera s), Cost., essendo il riparto
di competenze tra enti pubblici regolato dalle norme vigenti al momento
dell’adozione dell’atto in base al principio tempus regit actum, così che il
parametro evocato risulterebbe del tutto inconferente.
1.– Il Tribunale
amministrativo regionale per le Marche dubita, in riferimento all’art. 117,
secondo comma, lettera s), della Costituzione, della legittimità costituzionale
dell’art. 25, commi 2-bis, ultimo periodo, e 3, della legge della Regione
Marche 5 gennaio 1995, n. 7 (Norme per la protezione della fauna selvatica e
per la tutela dell’equilibrio ambientale e disciplina dell’attività venatoria).
2.– L’art. 25 è
censurato nella parte in cui, al comma 2-bis, prevede che la Regione possa
autorizzare il prelievo del cinghiale in forma collettiva, con il metodo della
braccata e della girata, in tutte le zone e nei periodi preclusi alla caccia,
tramite i soggetti che abbiano conseguito l’abilitazione provinciale per
esercitare la caccia al cinghiale in forma collettiva, con priorità per i
cacciatori residenti e dell’Ambito territoriale di caccia (ATC) interessato; è
censurato anche il comma 3 dell’art. 25 che, per l’attuazione dei piani di
controllo della fauna selvatica, consente di avvalersi di operatori muniti
della licenza di caccia all’uopo autorizzati e selezionati attraverso appositi
corsi di preparazione alla gestione faunistica.
Il vulnus di
costituzionalità viene prospettato in relazione all’art. 19 della legge 11
febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma
e per il prelievo venatorio), che impone che i piani di abbattimento della
fauna selvatica siano attuati dalle guardie venatorie dipendenti dalle amministrazioni
provinciali con l’avvalimento dei soli proprietari e conduttori dei fondi su
cui i piani vanno attuati, se muniti di licenza per l’esercizio venatorio, e
delle guardie forestali e comunali, sempre munite di licenza di caccia.
3.– Le questioni sono
inammissibili.
4.– L’ordinanza di
rimessione non ha adeguatamente motivato in ordine alla non manifesta
infondatezza delle questioni, poiché si è limitata a sospettare
l’incostituzionalità della possibilità, prevista dalle disposizioni censurate,
di includere i cacciatori, non specificamente contemplati dall’art. 19 della
legge n. 157 del 1992, nell’alveo dei soggetti deputati all’attuazione dei
piani di abbattimento della fauna selvatica e, a supporto di tale
prospettazione, a richiamare due sentenze di questa Corte, la n. 217 del 2018
e la n. 139 del
2017, relative a questioni ritenute sostanzialmente sovrapponibili a quelle
sollevate con l’incidente di costituzionalità, senza minimamente motivare le
ragioni di tale sovrapposizione.
5.– L’ordinanza di rimessione,
pur dando atto che i soggetti individuati dalla previsione normativa regionale
censurata non sono tutti i cacciatori, ma solo quelli in possesso di specifici
requisiti di qualificazione e che vengono coordinati dal personale di vigilanza
della Provincia, si è limitata poi a richiamare alcune sentenze di questa Corte
non completamente sovrapponibili alle odierne questioni.
Infatti, le norme
regionali oggetto di tali pronunce non riguardavano i cacciatori dotati di
specifici requisiti di qualificazione, come invece previsto dalle norme
censurate e, soprattutto, non era previsto il loro coordinamento e controllo da
parte del personale della Provincia.
6.– La motivazione per relationem, attraverso il richiamo agli argomenti
evidenziati dalle parti o ad altre pronunce giurisdizionali, non è ammessa se
il rimettente non esplicita i motivi della ritenuta non manifesta infondatezza
e non mostra di aderire alle argomentazioni a cui si richiama (sentenze n. 214 del
2019 e n. 88
del 2018; ordinanze
n. 85 e n.
64 del 2018).
La semplice
illustrazione della norma assunta a parametro interposto, contenuta
nell’ordinanza del TAR, non è sufficiente a supportare la suddetta adesione
alle ricordate pronunce.
7.– Manca, dunque, una motivazione
idonea alla ricostruzione del percorso logico seguito dal TAR Marche, che non
ha esposto perché l’inclusione dei cacciatori, dotati di specifici requisiti di
qualificazione e che operano sotto il coordinamento e il controllo del
personale della Provincia, nell’elenco degli attuatori dei piani di controllo
del cinghiale incida in senso peggiorativo sulla tutela dell’ambiente e
dell’ecosistema e comporti la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera
s), Cost.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile
la questione di legittimità costituzionale dell’art. 25, commi 2-bis, ultimo
periodo, e 3, della legge della Regione Marche 5 gennaio 1995, n. 7 (Norme per
la protezione della fauna selvatica e per la tutela dell’equilibrio ambientale
e disciplina dell’attività venatoria), sollevata, in riferimento all’art. 117,
secondo comma, lettera s), della Costituzione, dal Tribunale amministrativo
regionale per le Marche, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma,
nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 giugno
2020.
F.to:
Marta CARTABIA,
Presidente
Giulio PROSPERETTI,
Redattore
Roberto MILANA,
Cancelliere
Depositata in
Cancelleria il 23 luglio 2020.