Sentenza n. 239 del 2019

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SENTENZA N. 239

ANNO 2019

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Presidente: Giorgio LATTANZI;

Giudici: Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 2252, commi 1 e 2, e 2253-bis, commi 1 e 3, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell’ordinamento militare), come, rispettivamente, sostituito e introdotto dall’art. 30, comma 1, lettere i) ed m), del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95, recante «Disposizioni in materia di revisione dei ruoli delle Forze di polizia, ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche», promossi con ordinanze del 5 marzo e del 31 luglio 2018 dal Tribunale amministrativo regionale della Valle D’Aosta e dal Tribunale amministrativo regionale della Campania, sesta sezione, rispettivamente iscritte ai numeri 97 e 161 del registro ordinanze 2018 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 27 e 46, prima serie speciale, dell’anno 2018.

Visti gli atti di costituzione di Roberto Spinardi e di Claudio Di Fratta, l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri nonché quello, fuori termine, del Coordinamento di associazioni per la tutela dell’ambiente e dei diritti di utenti e consumatori (CODACONS) e altri;

udito nell’udienza pubblica del 25 settembre 2019 il Giudice relatore Aldo Carosi;

uditi l’avvocato Cristina Adducci per il CODACONS e altri, l’avvocato Francesco Castiello per Roberto Spinardi, l’avvocato Alfredo Caggiula per Claudio Di Fratta, l’avvocato dello Stato Gesualdo d’Elia per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.– Con ordinanza del 5 marzo 2018, iscritta al n. 97 del reg. ord. 2018, il Tribunale amministrativo regionale della Valle d’Aosta ha sollevato questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 2252, comma 1, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell’ordinamento militare) – come sostituito dall’art. 30, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95, recante «Disposizioni in materia di revisione dei ruoli delle Forze di polizia, ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche» – e dell’art. 2253-bis, commi 1 e 3, del medesimo d.lgs. – introdotto dall’art. 30, comma 1, lettera m), del d.lgs. n. 95 del 2017 – in riferimento all’art. 76 della Costituzione e in relazione all’art. 8, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto 2015, n. 124 (Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche).

L’art. 2252, comma 1, come sostituito, prevede che «[i] marescialli aiutanti sostituti ufficiali di pubblica sicurezza in servizio al 1° gennaio 2017 sono iscritti in ruolo con il grado di maresciallo maggiore mantenendo l’anzianità di servizio e di grado»; l’art. 2253-bis dispone che «[i] marescialli aiutanti luogotenenti in servizio al 1° gennaio 2017 sono iscritti in ruolo con il grado di luogotenente mantenendo l’anzianità di servizio e con anzianità di grado corrispondente all’anzianità nella qualifica» (comma 1) e che «[i] marescialli aiutanti iscritti nella graduatoria di merito per il conferimento della qualifica di luogotenente del 31 dicembre 2016 e non promossi, nonché i marescialli aiutanti che al 1° gennaio 2017 hanno un periodo di permanenza minima nel grado uguale o superiore a quanto previsto dall’articolo 1293, comma 1, lettera b), sono inclusi in un aliquota straordinaria formata al 1° gennaio 2017 e valutati secondo quanto previsto dall’articolo 1295-bis, comma 4» (comma 3).

Le norme, censurate in combinato disposto, dettano il regime transitorio dell’avanzamento ai gradi di maresciallo maggiore e di luogotenente; regime correlato alla modifica della carriera degli ispettori dell’Arma dei carabinieri, prima articolata in quattro gradi – maresciallo, maresciallo ordinario, maresciallo capo e maresciallo aiutante sostituto ufficiale di pubblica sicurezza (MASUPS) – e una qualifica (quella di luogotenente, attribuibile al MASUPS) e ora, successivamente alla novella dell’art. 1291 del d.lgs. n. 66 del 2010 a opera dell’art. 15, comma 1, lettera a), numeri 1.1. 1.2. e 2, del d.lgs. n. 95 del 2017, in cinque gradi – maresciallo, maresciallo ordinario, maresciallo capo, maresciallo maggiore e luogotenente – e una qualifica (quella di carica speciale, attribuibile al luogotenente).

Il rimettente riferisce di essere stato adito in sede di impugnazione del provvedimento – censurato unicamente in ragione della pretesa illegittimità costituzionale delle norme di cui sarebbe applicativo – con cui al ricorrente è stato attribuito il grado di maresciallo maggiore a fronte di quello di MASUPS (con un’anzianità inferiore a otto anni alla data del 1° gennaio 2017) precedentemente rivestito.

Ritenuta la propria competenza per territorio, trattandosi di un atto plurimo, ed esclusa la rilevanza o la non manifesta infondatezza delle altre questioni di legittimità costituzionale dedotte dal ricorrente in riferimento a parametri ulteriori rispetto all’art. 76 Cost., il giudice a quo ritiene che effettivamente l’attribuzione del grado di maresciallo maggiore al ricorrente sia avvenuta in virtù del regime transitorio precedentemente descritto, necessario a ridistribuire gli ispettori dell’Arma dei carabinieri nei cinque gradi, a fronte dei quattro precedentemente previsti, in cui attualmente si articola la loro carriera.

A suo avviso, l’attribuzione a chi aveva il grado di MASUPS di quello di maresciallo maggiore o di luogotenente solo in ragione dell’anzianità maturata alla data del 1° gennaio 2017 (inferiore o meno a otto anni) darebbe luogo a un automatismo incompatibile con il criterio direttivo di cui all’art. 8, comma 1, lettera a), della legge n. 124 del 2015, che imponeva di tener conto di merito e professionalità, criteri direttivi completamente obliterati per la mancata previsione, già in via transitoria, di un meccanismo che consentisse ai MASUPS di accedere al grado apicale di luogotenente indipendentemente dall’anzianità posseduta, cui al più riconoscere rilievo non esclusivo. Di qui la violazione dell’art. 76 Cost.

 

2.– È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, deducendo l’inammissibilità o, comunque, l’infondatezza della questione sollevata.

A suo avviso, anzitutto, difetterebbe il requisito della rilevanza, atteso che il rimettente ometterebbe di indicare i requisiti di merito e di professionalità vantati dal ricorrente, che gli consentirebbero di trarre vantaggio dalla declaratoria di incostituzionalità della normativa censurata.

In secondo luogo, il giudice a quo non avrebbe adeguatamente spiegato in che modo il legislatore delegato avrebbe eluso o contraddetto le prescrizioni della delega.

Infine, sarebbe invocata una pronuncia di tipo additivo senza indicare il contenuto che essa dovrebbe assumere.

Nel merito, la questione non sarebbe fondata.

In primo luogo, i criteri direttivi evocati dal rimettente afferirebbero alla disciplina «a regime» e non a quella transitoria, cui ascrivere le disposizioni censurate.

Inoltre, nel sollevare la questione il rimettente avrebbe omesso di considerare che la normativa precedentemente vigente improntava comunque l’intera progressione in carriera del personale militare, compresi gli ispettori dell’Arma dei carabinieri, alla valorizzazione del merito dimostrato e della professionalità acquisita nel tempo, onde l’impraticabilità di un’ulteriore valutazione in occasione del transito dal vecchio al nuovo regime, evidentemente superflua.

 

3.– Si è costituito il ricorrente nel giudizio principale, chiedendo l’accoglimento della questione sollevata dal TAR Valle d’Aosta – stante l’eccessivo e irragionevole rilievo attribuito all’anzianità a discapito di merito e professionalità, diversamente da quanto previsto dalla legge di delega – anche per «la violazione del principio [di] affidamento in relazione agli artt. 3 e 97 Cost.».

Con memoria depositata in prossimità dell’udienza il ricorrente ribadisce quanto precedentemente sostenuto, replicando altresì alle difese svolte dal Presidente del Consiglio dei ministri nell’atto di intervento.

 

4.– Con atto depositato il 2 agosto 2019 sono intervenuti tardivamente in giudizio il Coordinamento di associazioni per la tutela dell’ambiente e dei diritti di utenti e consumatori (CODACONS), nonché sessantuno sottufficiali con il grado di maresciallo maggiore in virtù della normativa censurata, i quali hanno proposto ricorso straordinario al Presidente della Repubblica onde ottenere l’annullamento degli atti applicativi della stessa, giudizio sospeso in attesa della definizione della questione di legittimità costituzionale sollevata dal TAR Valle d’Aosta.

Oltre ad argomentare in merito alla loro legittimazione, gli intervenienti assumono che il dedotto combinato disposto degli artt. 2252, comma 1, e 2253-bis, commi 1 e 3, del d.lgs. n. 66 del 2010 contrasti con l’art. 76 Cost., nonché con gli artt. 3 (sotto i profili della ragionevolezza e della tutela del legittimo affidamento), 35, 36, 97 e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione agli artt. 6 e 13 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848; all’art. 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmato a Parigi il 20 marzo 1952, nonché agli artt. 15 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CDFUE), proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007.

 

5.– Con memoria depositata in prossimità dell’udienza il Presidente del Consiglio dei ministri, oltre a ribadire le difese già svolte, deduce l’inammissibilità dell’intervento spiegato, asserendone l’intempestività ed evidenziando il difetto di legittimazione in capo agli intervenienti e l’evocazione di parametri ulteriori rispetto a quelli indicati nell’ordinanza di rimessione.

 

6.– Con ordinanza del 31 luglio 2018, iscritta al n. 161 del reg. ord. 2018, il Tribunale amministrativo regionale della Campania, sezione sesta, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 2252, comma 2, del d.lgs. n. 66 del 2010, come sostituito dall’art. 30, comma 1, lettera i), del d.lgs. n. 95 del 2017, in riferimento all’art. 76 Cost. e in relazione all’art. 8, comma 1, lettera a), della legge n. 124 del 2015.

La disposizione censurata prevede che «[i] marescialli capo dell’Arma dei carabinieri iscritti nel quadro di avanzamento al 31 dicembre 2016 e non promossi, in deroga alle disposizioni sull’avanzamento del personale del ruolo ispettori dell’Arma dei carabinieri, sono promossi nell’ordine del proprio ruolo al grado superiore con le seguenti modalità: a) il primo terzo, con decorrenza 1° gennaio 2017, prendendo posto in ruolo dopo i parigrado promossi con l’aliquota formata al 31 dicembre 2016; b) il secondo terzo, con decorrenza 1° aprile 2017; c) il restante terzo, con decorrenza 1° luglio 2017».

Essa, sempre in correlazione alla modifica della carriera degli ispettori dell’Arma dei carabinieri, attualmente articolata in cinque gradi e una qualifica a fronte dei precedenti quattro gradi e una qualifica, detta il regime transitorio dell’avanzamento al grado di maresciallo maggiore di chi rivestiva al 31 dicembre 2016 il grado di maresciallo capo dell’Arma dei carabinieri da oltre otto anni senza essere stato promosso.

Il rimettente riferisce di essere stato adito in sede di impugnazione del provvedimento con cui ai due ricorrenti nel giudizio principale è stato attribuito, con decorrenza dal 1° aprile 2017, il grado di maresciallo maggiore a fronte di quello, precedentemente rivestito, di maresciallo capo con un’anzianità ben superiore agli otto anni previsti per poter ambire alla promozione al grado apicale, mai intervenuta.

Esclusa la rilevanza o la non manifesta infondatezza delle altre questioni di legittimità costituzionale dedotte dai ricorrenti in riferimento a parametri ulteriori rispetto all’art. 76 Cost., il giudice a quo ritiene che effettivamente l’attribuzione agli stessi del grado di maresciallo maggiore sia avvenuta in virtù del regime transitorio precedentemente descritto, necessario a ridistribuire gli ispettori dell’Arma dei carabinieri nei cinque gradi in cui attualmente si articola la loro carriera.

A suo avviso, l’attribuzione a chi aveva il grado di maresciallo capo “anziano” (ossia, con oltre otto anni di permanenza nel grado senza essere promosso) di quello di maresciallo maggiore violerebbe il criterio direttivo di cui all’art. 8, comma 1, lettera a), della legge n. 124 del 2015, che imponeva di tener conto di merito e professionalità, sacrificati dalla mancata previsione di un accesso diretto o, comunque, di un meccanismo che consentisse di valorizzare l’anzianità relativa maturata, la quale, peraltro, risultando azzerata nel nuovo grado, esporrebbe al rischio di superamento a opera di altri militari nell’accesso a quello, attualmente apicale, di luogotenente. Di qui la violazione dell’art. 76 Cost.

 

7.– È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, deducendo l’inammissibilità o, comunque, l’infondatezza della questione sollevata.

A suo avviso, anzitutto, difetterebbe il requisito della rilevanza, atteso che il rimettente ometterebbe di indicare i requisiti di merito e di professionalità vantati dai ricorrenti, che consentirebbero loro di trarre vantaggio dalla declaratoria di incostituzionalità della normativa censurata.

In secondo luogo, il giudice a quo non avrebbe adeguatamente spiegato in che modo il legislatore delegato avrebbe eluso o contraddetto le prescrizioni della delega, tanto più che le censure si incentrerebbero esclusivamente sulla mancata considerazione dell’anzianità maturata nel grado di provenienza e non del merito e delle professionalità.

Infine, sarebbe invocata una pronuncia di tipo additivo senza indicare il contenuto che essa dovrebbe assumere.

Nel merito, la questione non sarebbe fondata.

Anzitutto, i criteri direttivi evocati dal rimettente afferirebbero alla disciplina «a regime» e non a quella transitoria, cui ascrivere le disposizioni censurate.

In secondo luogo, nel sollevare la questione il rimettente avrebbe omesso di considerare che la normativa precedentemente vigente improntava comunque l’intera progressione in carriera del personale militare, compresi gli ispettori dell’Arma dei carabinieri, alla valorizzazione del merito dimostrato e della professionalità acquisita nel tempo, onde l’impraticabilità di un’ulteriore valutazione in occasione del transito dal vecchio al nuovo regime, considerato altresì che l’avanzamento al grado di luogotenente è previsto debba avvenire «a scelta» e, dunque, non in considerazione della mera anzianità.

Peraltro, la previsione di un avanzamento «per scaglioni» impedirebbe ogni sconvolgimento dell’ordine di ruolo, rendendo impossibile che si verifichino scavalcamenti a opera di soggetti in possesso di una minore anzianità di servizio.

 

8.– Si è costituito in giudizio uno dei ricorrenti davanti al TAR Campania, chiedendo l’accoglimento della questione sollevata, evidenziando come, da un lato, la promozione riconosciuta sia solo formale, non trattandosi di grado apicale così come tale non era quello di provenienza, e, dall’altro, essa sia addirittura pregiudizievole rispetto al regime precedente, costringendo a un’attesa di almeno otto anni prima di poter nuovamente accedere alla procedura di avanzamento al grado apicale, potenzialmente precluso in via definitiva per ragioni anagrafiche, senza margine di utilità per la categoria di appartenenza e in totale spregio dei criteri meritocratici di cui alla delega, violata anche sotto l’ulteriore profilo del mancato perseguimento delle finalità di «tutela economica, pensionistica e previdenziale», incompatibili con il regime censurato.

 

9.– In prossimità dell’udienza il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato memoria illustrativa, in sostanza ribadendo le difese svolte in precedenza.

 

Considerato in diritto

 

1.– Con la prima delle ordinanze indicate in epigrafe, il Tribunale amministrativo regionale della Valle d’Aosta ha sollevato questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 2252, comma 1, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell’ordinamento militare) – come sostituito dall’art. 30, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95, recante «Disposizioni in materia di revisione dei ruoli delle Forze di polizia, ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche» – e dell’art. 2253-bis, commi 1 e 3, del medesimo d.lgs. – introdotto dall’art. 30, comma 1, lettera m), del d.lgs. n. 95 del 2017 – in riferimento all’art. 76 della Costituzione e in relazione all’art. 8, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto 2015, n. 124 (Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche).

L’art. 2252, comma 1, come sostituito, prevede che «[i] marescialli aiutanti sostituti ufficiali di pubblica sicurezza in servizio al 1° gennaio 2017 sono iscritti in ruolo con il grado di maresciallo maggiore mantenendo l’anzianità di servizio e di grado»; l’art. 2253-bis dispone che «[i] marescialli aiutanti luogotenenti in servizio al 1° gennaio 2017 sono iscritti in ruolo con il grado di luogotenente mantenendo l’anzianità di servizio e con anzianità di grado corrispondente all’anzianità nella qualifica» (comma 1) e che «[i] marescialli aiutanti iscritti nella graduatoria di merito per il conferimento della qualifica di luogotenente del 31 dicembre 2016 e non promossi, nonché i marescialli aiutanti che al 1° gennaio 2017 hanno un periodo di permanenza minima nel grado uguale o superiore a quanto previsto dall’articolo 1293, comma 1, lettera b), sono inclusi in un aliquota straordinaria formata al 1° gennaio 2017 e valutati secondo quanto previsto dall’articolo 1295-bis, comma 4» (comma 3).

Con la seconda delle ordinanze indicate in epigrafe, il Tribunale amministrativo regionale della Campania, sezione sesta, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 2252, comma 2, del d.lgs. n. 66 del 2010, come sostituito dall’art. 30, comma 1, lettera i), del d.lgs. n. 95 del 2017, in riferimento all’art. 76 Cost. e in relazione all’art. 8, comma 1, lettera a), della legge n. 124 del 2015.

La disposizione censurata prevede che «[i] marescialli capo dell’Arma dei carabinieri iscritti nel quadro di avanzamento al 31 dicembre 2016 e non promossi, in deroga alle disposizioni sull’avanzamento del personale del ruolo ispettori dell’Arma dei carabinieri, sono promossi nell’ordine del proprio ruolo al grado superiore con le seguenti modalità: a) il primo terzo, con decorrenza 1° gennaio 2017, prendendo posto in ruolo dopo i parigrado promossi con l’aliquota formata al 31 dicembre 2016; b) il secondo terzo, con decorrenza 1° aprile 2017; c) il restante terzo, con decorrenza 1° luglio 2017».

In sostanza, le norme denunciate dettano il regime transitorio dell’avanzamento ai gradi di maresciallo maggiore e di luogotenente; regime correlato alla modifica della carriera degli ispettori dell’Arma dei carabinieri, prima articolata in quattro gradi – maresciallo, maresciallo ordinario, maresciallo capo e maresciallo aiutante sostituto ufficiale di pubblica sicurezza (MASUPS) – e una qualifica (quella di luogotenente, attribuibile al MASUPS) e adesso, successivamente alla novella dell’art. 1291 del d.lgs. n. 66 del 2010 a opera del d.lgs. n. 95 del 2017, in cinque gradi – maresciallo, maresciallo ordinario, maresciallo capo, maresciallo maggiore e luogotenente – e una qualifica (quella di carica speciale, attribuibile al luogotenente).

In particolare, la questione sollevata dal TAR Valle d’Aosta ha ad oggetto la normativa che disciplina l’attribuzione del (nuovo) grado di maresciallo maggiore a coloro che rivestivano quello di MASUPS con anzianità inferiore a otto anni alla data del 1° gennaio 2017, precludendo loro la possibilità di accedere al (nuovo) grado apicale della carriera di ispettore, vale a dire al grado di luogotenente, già in via transitoria, in mancanza di apposito meccanismo all’uopo previsto che tenga conto della professionalità maturata oltre che dell’anzianità.

La seconda questione, sollevata dal TAR Campania, ha ad oggetto la norma che disciplina la promozione al grado di maresciallo maggiore di chi riveste quello di maresciallo capo “anziano” (ossia, con un’anzianità superiore a otto anni), precludendogli, parimenti, la possibilità di ottenere il grado apicale della carriera di ispettore già in sede transitoria, nonostante l’anzianità relativa maturata nel grado precedentemente rivestito.

Secondo i rimettenti, gli assetti descritti contrasterebbero con il criterio di delega di cui all’art. 8, comma 1, lettera a), della legge n. 124 del 2015, che impone di tener conto del merito e delle professionalità, con conseguente violazione dell’art. 76 Cost.

 

2.– Stante la sostanziale coincidenza dei parametri costituzionali evocati dai rimettenti e dei motivi di censura, i giudizi devono essere riuniti per essere congiuntamente esaminati e decisi.

 

3.– Deve essere preliminarmente dichiarato inammissibile l’intervento – spiegato nel giudizio di legittimità costituzionale di cui al reg. ord. n. 97 del 2018 – del Coordinamento di associazioni per la tutela dell’ambiente e dei diritti di utenti e consumatori (CODACONS) e dei sessantuno sottufficiali inquadrati con il grado di maresciallo maggiore in virtù della normativa censurata.

L’atto di intervento è stato depositato il 2 agosto 2019, oltre il termine di venti giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’ordinanza di rimessione (art. 4, comma 4, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale), avvenuta il 4 luglio 2018.

Secondo il costante orientamento di questa Corte, «il termine previsto dal richiamato art. 4, comma 4, deve ritenersi perentorio e non ordinatorio, con la conseguenza che l’intervento avvenuto dopo la sua scadenza è inammissibile (ex plurimis, sentenze n. 99 del 2018, n. 303 del 2010, n. 263 e n. 215 del 2009)» (sentenza n. 106 del 2019).

 

4.– Deve essere preliminarmente precisato che l’evocazione operata dalla parte privata, costituitasi nel giudizio di legittimità costituzionale di cui al reg. ord. n. 97 del 2018, del principio di affidamento in relazione agli artt. 3 e 97 Cost. si traduce in una questione non sollevata dal giudice rimettente. Essa è, di conseguenza, inammissibile.

Infatti, in base alla costante giurisprudenza di questa Corte, «l’oggetto del giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale è limitato alle disposizioni e ai parametri indicati nell’ordinanza di rimessione, sicché non possono essere presi in considerazione ulteriori questioni o profili di costituzionalità dedotti dalle parti, sia eccepiti ma non fatti propri dal giudice a quo, sia volti ad ampliare o modificare successivamente il contenuto della stessa ordinanza» (ex plurimis, sentenze n. 7 del 2019 e n. 194 del 2018).

 

5.– Le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal TAR Valle d’Aosta e dal TAR Campania sono inammissibili.

Dalle ordinanze di rimessione non risulta chiaro che tipo di pronuncia invochino i giudici a quibus.

Entrambi si dolgono del fatto che non siano stati valorizzati il merito e le professionalità maturate dai marescialli, ex MASUPS o ex maresciallo capo “anziano”, divenuti, rispettivamente per iscrizione a ruolo o per promozione, maresciallo maggiore, con ciò asseritamente tradendo il criterio direttivo (tener conto del merito e delle professionalità) indicato nella legge di delega.

Inoltre, il TAR Valle d’Aosta evidenzia la mancata previsione di «un meccanismo – quale che fosse – che garantisse astrattamente a tutti – indipendentemente dall’anzianità posseduta (alla quale comunque, per quanto si è detto, nell’ambito del meccanismo prescelto si sarebbe comunque ben potuto attribuire rilievo, anche se non esclusivo) – la possibilità di accedervi [al grado di luogotenente]», mentre il TAR Campania lamenta la mancata previsione di «un diverso trattamento per i marescialli capo con un’anzianità superiore a 8 anni […] per esempio attribuendo anche ad essi il grado apicale di luogotenente o consentendo loro di ottenerlo attraverso un meccanismo selettivo di una qualche natura che tenesse conto degli anni di anzianità maturati nel grado stesso».

Entrambi i rimettenti, infine, si limitano a concludere nel senso della mera rilevanza e della non manifesta infondatezza delle questioni sollevate.

Da quanto sinteticamente riportato emerge l’ambiguità e l’indeterminatezza dei petita, che neppure il tenore del dispositivo delle ordinanze di rimessione riesce a dissipare (ordinanza n. 177 del 2016), con conseguente inammissibilità delle questioni (ex multis, ordinanza n. 60 del 2019).

In particolare, non si comprende se i giudici a quibus richiedano un intervento meramente ablativo della normativa censurata oppure manipolativo-additivo della stessa; incertezza che, per costante giurisprudenza costituzionale, preclude l’esame nel merito delle questioni (ex plurimis, sentenza n. 247 del 2015).

Peraltro, si può ulteriormente rilevare come una pronuncia meramente caducatoria delle norme censurate risulterebbe comunque incongrua rispetto all’obiettivo perseguito dai rimettenti (sentenza n. 210 del 2015), ossia quello di consentire alle categorie interessate, già in via transitoria, l’accesso al nuovo grado apicale di luogotenente, mentre una pronuncia manipolativo-additiva sarebbe impedita dal carattere non univocamente determinabile quanto a contenuto e portata dell’intervento (sentenza n. 102 del 2016; ordinanza n. 227 del 2016). Una pronuncia additiva finirebbe inevitabilmente per attingere lo spazio di discrezionalità del legislatore, a fronte della pluralità di soluzioni prospettabili (ex plurimis, sentenza n. 281 del 2016; ordinanze n. 60 del 2019 e n. 12 del 2017), non potendosi devolvere a questa Corte, in difetto di indicazioni di tipo emendativo, «il compito di prescegliere, fra le molteplici soluzioni astrattamente ipotizzabili, quella da adottare come risolutiva delle problematiche enunciate» (ordinanza n. 136 del 2015).

Alla luce delle ragioni che precedono, le questioni sollevate vanno dichiarate inammissibili.

 

Per Questi Motivi

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riuniti i giudizi,

 

1) dichiara inammissibile l’intervento del Coordinamento delle associazioni per la difesa dell’ambiente e dei diritti di utenti e consumatori (CODACONS) e dei sessantuno sottufficiali inquadrati con il grado di maresciallo maggiore, spiegato nel giudizio di legittimità costituzionale di cui al reg. ord. n. 97 del 2018;

 

2) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 2252, comma 1, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell’ordinamento militare) – come sostituito dall’art. 30, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95, recante «Disposizioni in materia di revisione dei ruoli delle Forze di polizia, ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche» – e dell’art. 2253-bis, commi 1 e 3, del medesimo d.lgs. – introdotto dall’art. 30, comma 1, lettera m), del d.lgs. n. 95 del 2017 – sollevata, in riferimento all’art. 76 della Costituzione e in relazione all’art. 8, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto 2015, n. 124 (Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche), dal Tribunale amministrativo regionale della Valle d’Aosta, con l’ordinanza indicata in epigrafe;

 

3) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2252, comma 2, del d.lgs. n. 66 del 2010, come sostituito dall’art. 30, comma 1, lettera i), del d.lgs. n. 95 del 2017, sollevata, in riferimento all’art. 76 Cost. e in relazione all’art. 8, comma 1, lettera a), della legge n. 124 del 2015, dal Tribunale amministrativo regionale della Campania, sezione sesta, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 settembre 2019.

 

F.to:

 

Giorgio LATTANZI, Presidente

Aldo CAROSI, Redattore

Filomena PERRONE, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 18 novembre 2019.