ORDINANZA N. 210
ANNO 2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Paolo GROSSI Presidente
- Giorgio LATTANZI Giudice
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario
Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
- Franco MODUGNO ”
- Augusto
Antonio BARBERA ”
- Giulio PROSPERETTI ”
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale
dell’art. 35 del decreto
legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del
giudice di pace, a norma dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468),
promosso dal Giudice di pace di Sulmona, nel procedimento penale a carico di A.
D.C., con ordinanza
del 23 dicembre 2015, iscritta al n. 75 del registro ordinanze 2016 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16, prima serie
speciale, dell’anno 2016.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nella camera di consiglio
del 7 giugno 2017 il Giudice relatore Giorgio Lattanzi.
Ritenuto che il Giudice di pace di Sulmona, con ordinanza del
23 dicembre 2015 (r.o. n. 75 del 2016), ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione,
questioni di legittimità costituzionale dell’art. 35 del decreto legislativo 28
agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace,
a norma dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468);
che il giudice rimettente premette che, con decreto del
13 maggio 2011, la Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di
Sulmona aveva disposto la citazione a giudizio di A. D.C. per i reati di cui
agli artt. 110, 612 e 594 del codice penale;
che nell’udienza del 3 maggio 2013, in seguito
all’esame dei testimoni indicati dal pubblico ministero, questi aveva proceduto
alla modificazione dell’imputazione relativa al reato di minaccia, addebitando
all’imputato fatti nuovi noti sin dall’inizio delle indagini preliminari,
perché analiticamente descritti nella querela presentata dalla persona offesa;
che nella successiva udienza il difensore dell’imputato
aveva chiesto che fossero sollevate questioni di legittimità costituzionale
dell’art. 35 del d.lgs. n. 274 del 2000, in relazione agli artt. 3, 24 e 111
Cost., «nella parte in cui non prevede che, in caso di modifica del capo
d’imputazione, l’imputato non debba [recte:
debba] essere rimesso nei termini per la definizione del giudizio a seguito di
condotte riparatorie»;
che ad avviso del giudice rimettente le questioni
sarebbero rilevanti, «dovendo il risarcimento del danno ed i comportamenti
adeguati intervenire prima dell’udienza di comparizione e considerato altresì
che in relazione al reato di minaccia non è applicabile il disposto dell’articolo
599 del codice penale»;
che pertanto, se le questioni fossero accolte,
l’imputato verrebbe rimesso in termini «per la scelta della speciale causa di
estinzione in seguito alla modifica del capo d’imputazione»;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del
Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, e ha chiesto che le questioni siano dichiarate inammissibili o,
comunque, non fondate;
che ad avviso della difesa dello Stato le questioni
sarebbero inammissibili perché formulate in modo indeterminato e generico,
senza fornire un’adeguata descrizione della fattispecie concreta;
che mancherebbe inoltre un’autonoma e sufficiente
motivazione sulla rilevanza e sulla non manifesta infondatezza, e che non
sarebbe stato esperito il tentativo di interpretazione costituzionalmente
orientata della norma censurata;
che, nel merito, le questioni sarebbero infondate.
Considerato
che il Giudice di pace di Sulmona,
con ordinanza del 23 dicembre 2015, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3,
24 e 111 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art.
35 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla
competenza penale del giudice di pace, a norma dell’articolo 14 della legge 24
novembre 1999, n. 468);
che, facendo riferimento alla richiesta della difesa
dell’imputato, il giudice rimettente ha censurato l’art. 35 del d.lgs. n. 274
del 2000, «nella parte in cui non prevede che, in caso di modifica del capo
d’imputazione, l’imputato non debba [recte: debba]
essere rimesso nei termini per la definizione del giudizio a seguito di
condotte riparatorie»;
che la difesa dello Stato ha eccepito l’inammissibilità
delle questioni, sia perché formulate in modo indeterminato e generico, senza
fornire un’adeguata descrizione della fattispecie concreta, sia perché prive di
un’autonoma e sufficiente motivazione in ordine alla rilevanza e alla non
manifesta infondatezza;
che l’eccezione è fondata;
che infatti nell’ordinanza di rimessione manca del tutto
la descrizione del fatto oggetto del giudizio e sono riportati solo i capi di
imputazione;
che l’omessa o insufficiente descrizione
del fatto preclude il necessario controllo in punto di rilevanza e rende la
questione manifestamente inammissibile (ex
multis, ordinanze n. 187 del 2017,
n. 237, n. 196 e n. 55 del 2016,
n. 147 del 2015
e n. 16 del 2014);
che inoltre l’ordinanza di rimessione è priva di
motivazione sulla non manifesta infondatezza delle questioni sollevate;
che infatti il giudice rimettente si è limitato a
richiamare genericamente l’eccezione di illegittimità costituzionale formulata,
nei termini sopra riportati, dal difensore dell’imputato in udienza, con
riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost., senza in alcun modo indicare le
ragioni dell’asserita violazione di queste disposizioni;
che le questioni sono pertanto manifestamente
inammissibili, anche perché prospettate in termini generici e apodittici.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo
1953, n. 87, e 9, comma 1, delle norme integrative per i giudizi davanti alla
Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità
costituzionale dell’art. 35 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274
(Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma
dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), sollevate, in
riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, dal Giudice di pace di
Sulmona, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 giugno 2017.
F.to:
Paolo
GROSSI, Presidente
Giorgio
LATTANZI, Redattore
Roberto
MILANA, Cancelliere
Depositata
in Cancelleria il 7 agosto 2017.