Sentenza n. 265 del 2016

SENTENZA N. 265

ANNO 2016

 

Commento alla decisione di

Diletta Tega

«Pronto Uber? Un’auto a Piazza del Quirinale n. 41»: la gig economy arriva alla Corte costituzionale

per g. c. del Forum di Quaderni Costituzionali

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

- Paolo                       GROSSI                                                         Presidente

- Alessandro              CRISCUOLO                                                  Giudice

- Giorgio                    LATTANZI                                                           ”

- Aldo                        CAROSI                                                                ”

-Marta                       CARTABIA                                                          ”

- Mario Rosario         MORELLI                                                             ”

- Giancarlo                CORAGGIO                                                         ”

- Giuliano                  AMATO                                                                ”

- Silvana                    SCIARRA                                                             ”

- Daria                       de PRETIS                                                            ”

- Nicolò                     ZANON                                                                ”

- Augusto Antonio    BARBERA                                                           ”

- Giulio                      PROSPERETTI                                                     ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Piemonte 6 luglio 2015, n. 14, recante «Misure urgenti per il contrasto dell’abusivismo. Modifiche alla legge regionale 23 febbraio 1995, n. 24 (Legge generale sui servizi di trasporto pubblico non di linea su strada)», promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 7-9 settembre 2015, depositato in cancelleria il 10 settembre 2015 ed iscritto al n. 83 del registro ricorsi 2015.

Visto l’atto di costituzione della Regione Piemonte;

udito nell’udienza pubblica dell’8 novembre 2016 il Giudice relatore Marta Cartabia;

uditi l’avvocato dello Stato Chiarina Aiello per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Alessandra Rava per la Regione Piemonte.

Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso notificato il 7-9 settembre 2015, depositato il 10 settembre 2015 e iscritto al n. 83 del registro ricorsi per l’anno 2015, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato l’art. 1 della legge della Regione Piemonte 6 luglio 2015, n. 14, recante «Misure urgenti per il contrasto dell’abusivismo. Modifiche alla legge regionale 23 febbraio 1995, n. 24 (Legge generale sui servizi di trasporto pubblico non di linea su strada)».

1.1.– L’impugnato art. 1 inserisce l’art. 1-bis nella citata legge reg. Piemonte n. 24 del 1995.

Quest’ultima, all’art.1, così recita: «1. La presente legge disciplina le competenze della Regione nel settore del trasporto di persone mediante servizi pubblici non di linea su strada ai sensi della legge 15 gennaio 1992, n. 21. 2. Si intendono come tali i servizi che provvedono al trasporto collettivo od individuale di persone, con funzione complementare ed integrativa rispetto ai trasporti pubblici di linea e che vengono effettuati, a richiesta dei trasportati o del trasportato in modo non continuativo o periodico, su itinerari e secondo orari stabiliti di volta in volta. 3. Costituiscono servizi pubblici non di linea su strada: a) il servizio di taxi con autovettura, motocarrozzetta e veicoli a trazione animale; b) il servizio di noleggio con conducente e autovettura, motocarrozzetta e veicoli a trazione animale».

Di seguito, l’art. 1-bis, inserito dalla disposizione censurata e rubricato «Esclusività del servizio di trasporto», dispone quanto segue: «1. Il servizio di trasporto di persone, che prevede la chiamata, con qualunque modalità effettuata, di un autoveicolo con l’attribuzione di corresponsione economica, può essere esercitato esclusivamente dai soggetti che svolgono il servizio di cui all’articolo 1, comma 3, lettere a) e b). 2. Il mancato rispetto delle disposizioni di cui al comma 1 comporta l’applicazione delle sanzioni previste all’articolo 6, comma 2-bis». Il citato art. 6, comma 2-bis, introdotto dall’art. 2 della legge regionale n. 14 del 2015, fa riferimento alle sanzioni di cui agli artt. 85 e 86 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada).

Ad avviso del ricorrente, la finalità della modifica normativa è riservare in via esclusiva l’attività di trasporto non di linea di persone ai servizi taxi e noleggio con conducente (NCC), mentre, prima della modifica, l’elencazione di cui all’art. 1 della legge regionale n. 24 del 1995 poteva essere interpretata come non tassativa.

1.2.– La difesa dello Stato sostiene che il censurato art. 1 della legge reg. Piemonte n. 14 del 2015 contrasterebbe, sul piano sostanziale, con l’art. 117, primo comma, della Costituzione, «nella parte in cui assoggetta la legislazione anche regionale al rispetto dei principi dell’ordinamento comunitario e al principio di concorrenza». «Sul piano formale prima ancora» sarebbe altresì violato l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., nella parte in cui riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la «tutela della concorrenza».

1.2.1.– Ad avviso del ricorrente, la disposizione censurata, «pur in linea con quanto già stabilito dalla legge n. 21/1992 [legge 15 gennaio 1992, n. 21] “Legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea”, eccede dalle competenze regionali».

La legge quadro statale da ultimo richiamata, «risalendo al 1992, appare inadeguata rispetto alle nuove possibilità di mobilità offerte dalle innovazioni tecnologiche e ulteriormente possibili in futuro»: segnatamente, i trasporti con tricicli elettroassistiti, diffusi nei centri storici; il car sharing («servizio che utilizza tecnologie satellitari e smartphone per effettuare la chiamata che rende disponibile il veicolo e per calcolare il corrispettivo dovuto»); il «c.d. servizio Uber» («servizio di trasporto attivo dal 2013 in Italia, a Roma e a Milano, che consente di prenotare un servizio alternativo al taxi, riservando l’automobile con autista tramite un sms o un applet, attivata da uno smartphone e con le stesse modalità di pattuire preventivamente il corrispettivo»).

La censurata normativa piemontese vieterebbe l’offerta di questi servizi innovativi sul territorio regionale, senza che neppure «sia possibile da parte dello Stato, della regione o degli enti locali una qualsiasi forma di disciplina» degli stessi servizi e di eventuali loro requisiti. Così facendo, la legge eccederebbe dalla competenza regionale in materia di «trasporto locale», la quale riguarderebbe le modalità amministrative e tecniche dell’offerta dei servizi di trasporto, per invadere la competenza esclusiva statale in materia di «tutela della concorrenza»: sarebbe posta una barriera all’ingresso delle descritte offerte innovative nel «mercato dei servizi locali di trasporto non di linea su strada», incidendosi così sullo sviluppo attuale e futuro di tale mercato e, dunque, sulla concorrenza nell’ambito dello stesso. Da ciò deriverebbe la denunciata violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

1.2.2.– Inoltre, «sul piano sostanziale», l’ostacolo, che la normativa in questione porrebbe allo sviluppo del mercato dei trasporti, appare, al ricorrente, «ingiustificato e sproporzionato rispetto ad ogni possibile declinazione degli interessi pubblici sottesi alla disciplina del trasporto in questione»: esso si tradurrebbe in un divieto radicale e, quindi, nella rinuncia a conoscere e regolare le possibilità consentite dall’evoluzione economica e tecnologica, «solo perché si tratta di forme non inquadrabili nelle modalità tipiche del servizio di taxi o di NCC». Pertanto, quand’anche riconducibile alla competenza legislativa regionale, la norma in questione sarebbe, per il suo contenuto, incompatibile con il «principio di concorrenza», il quale, secondo la difesa statale, consente condizionamenti del mercato solo se strettamente necessari e concretamente idonei al perseguimento di uno scopo, «che peraltro la restrittiva innovazione normativa in esame neppure chiarisce in che cosa consista».

2.– Con atto depositato il 19 ottobre 2015, si è costituita in giudizio la Regione Piemonte, in persona del Presidente in carica, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o, comunque, infondato.

2.1.– La Regione eccepisce anzitutto che il ricorso è generico nel motivare le ragioni di illegittimità costituzionale, specialmente per l’omissione di ogni considerazione sul complessivo quadro normativo di riferimento: la disposizione impugnata sarebbe analoga a quanto già previsto dalla legge n. 21 del 1992, nonché da leggi di altre Regioni, che il Governo ha deciso di non impugnare. A tale ultimo proposito, si fa riferimento alla legge della Regione Liguria 31 marzo 2015, n. 9, recante «Modifiche alla legge regionale 19 dicembre 2014, n. 40 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione Liguria (Legge finanziaria 2015)) e alla legge regionale 4 luglio 2007, n. 25 (Testo unico in materia di trasporto di persone mediante servizi pubblici non di linea)».

In particolare, ad avviso della resistente, in virtù della legge n. 21 del 1992, nonché delle pertinenti disposizioni del nuovo codice della strada (decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, segnatamente artt. 82 e 86), l’attività di trasporto di persone mediante autoservizi non di linea può essere svolta solo da soggetti in possesso di determinati requisiti, titolari di licenza taxi o di autorizzazione di NCC, in mancanza delle quali chi svolga tale servizio pone in essere una condotta vietata dalla normativa statale, prima ancora che da quella regionale e comunale. Questa normativa è intesa a tutelare interessi pubblicistici quali non solo la mobilità e la libera circolazione delle persone, ma anche la tutela della loro salute e della sicurezza, in modo da garantire un servizio sicuro, anche in periodo e orari in cui la domanda è meno intensa. Ciò giustifica la previsione di un «regime amministrato» ed è conforme a quanto previsto dall’art. 41 Cost.

2.2.– Inoltre, prosegue la resistente, il settore dei trasporti pubblici di linea è espressamente escluso dal campo di applicazione di diversi interventi normativi di liberalizzazione, nazionali ed europei.

Ciò vale anzitutto per la direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, e per il decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 (Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno), il cui art. 6 espressamente esclude che le disposizioni dello stesso decreto si applichino ai servizi di trasporto anche su strada, ivi compresi quelli di trasporto urbani, di taxi e di noleggio auto con conducente.

Anche l’art. 3 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, nel sancire il principio secondo cui l’iniziativa e l’attività economiche private sono libere ed è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge in casi determinati (comma 1), abrogando le altre restrizioni in materia di accesso ed esercizio delle attività economiche (comma 8), esclude espressamente (comma 11-bis) da tale abrogazione i servizi di taxi e noleggio con conducente non di linea, «[i]n conformità alla direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006».

Allo stesso modo, l’art. 1 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, nel disporre ulteriori abrogazioni di norme che prevedono limiti numerici, regimi autorizzatori, divieti, restrizioni e poteri di pianificazione e controllo relativi ad attività economiche, esclude (comma 5) dal proprio ambito di applicazione i servizi di trasporto pubblico di persone e cose non di linea; mentre il successivo art. 36, nel disciplinare (comma 2) le competenze dell’Autorità di regolazione dei trasporti con riguardo al monitoraggio dei livelli di offerta del servizio taxi, contempla (lettera m, numero 1) la possibilità, ove ciò appaia necessario «a seguito di un’istruttoria sui costi-benefici anche ambientali», che i Comuni bandiscano concorsi per il rilascio di nuove licenze «da assegnare ai soggetti in possesso dei requisiti stabiliti dall’articolo 6 della legge 15 gennaio 1992, n. 21».

2.3.– In questo quadro si inserisce, ad avviso della resistente, la norma censurata, la quale «non introduce alcuna barriera all’ingresso, considerato che essa si limita a riprodurre una disposizione già insita nella disciplina vigente del settore del trasporto pubblico locale non di linea». La legge n. 21 del 1992 era stata già attuata dalla legge reg. Piemonte n. 24 del 1995, la quale detta disposizioni di dettaglio orientate a garantire le esigenze sociali di mobilità e la sicurezza dei passeggeri, attraverso il controllo di requisiti personali dei conducenti e garanzie di efficienza degli autoveicoli. La disposizione impugnata, precisando che solo gli esercenti del servizio taxi o NCC possono svolgere attività di trasporto pubblico non di linea, si limita a chiarire e ribadire quanto già previsto dalla legge statale, la quale, nell’interesse pubblico alla garanzia della sicurezza e dell’integrità degli utenti, impone che il servizio di trasporto possa essere effettuato solo da soggetti titolari di apposite licenze o autorizzazioni e in possesso di specifici requisiti.

2.4.– La disposizione censurata è parsa opportuna, prosegue la resistente, «in un momento in cui il fenomeno dell’abusivismo era cresciuto in maniera esponenziale». Infatti, le società olandesi Uber International Holding e Raiser Operations avevano ideato e organizzato un sistema (attivo anche in alcune città italiane) simile al radio-taxi, basato su un’applicazione attraverso la quale una persona, interessata a spostarsi da un luogo cittadino a un altro, poteva richiamare, attraverso il proprio dispositivo informatico mobile, un conducente privato con autoveicolo, disposto a effettuare il servizio di trasporto lungo il tragitto richiesto, a prezzi inferiori rispetto alle tariffe praticate dagli operatori professionali (in quanto i conducenti occasionali, ad avviso della resistente, non rispettano la normativa pubblicistica sul trasporto non di linea e, pertanto, non sono onerati dei costi conseguenti). A causa della disponibilità di questa applicazione, si sarebbe avuto un incremento dei soggetti che svolgevano il servizio taxi senza licenza, i quali in precedenza avevano minori possibilità di contatto con l’utenza. Poiché alcuni giudici di pace avevano annullato le sanzioni inflitte a questi soggetti, la Regione Piemonte, con l’art. 1-bis introdotto nella legge regionale n. 24 del 1995, ha inteso ribadire ciò che essa ritiene, in realtà, già previsto dalla legislazione vigente.

La disposizione regionale non vieta che nel servizio taxi possano essere introdotte applicazioni informatiche (in luogo del sistema radio-taxi), né esclude dal mercato ogni innovazione per un migliore soddisfacimento della domanda di trasporto, ma ribadisce – anche a vantaggio degli addetti ai controlli – che i relativi servizi devono essere resi nel rispetto della normativa pubblicistica. Nemmeno il descritto servizio Uber potrebbe paragonarsi a forme di condivisione del trasporto su strada, quali il car sharing: in questi ultimi casi, l’autista esegue il tragitto per interesse proprio e, in genere, condivide con gli altri viaggiatori il costo di carburante e pedaggi, sicché non si tratta di uso del veicolo nell’interessi di terzi e non trova applicazione l’art. 82 cod. strad. Nel caso di Uber, invece, l’autista non ha alcun interesse personale a raggiungere il luogo indicato dall’utente e, senza la richiesta di costui, non effettuerebbe lo spostamento. Pertanto, questo servizio non solo non garantisce la sicurezza dei trasportati, ma nemmeno genera vantaggi per la collettività in termini di riduzione dell’inquinamento o del consumo energetico, stimolando al contrario l’uso dei mezzi privati, in contrasto con l’interesse pubblico alla programmazione e regolazione della mobilità e all’incentivazione dell’utilizzo dei mezzi pubblici.

Considerato in diritto

1.– Con ricorso notificato il 7-9 settembre 2015, depositato il 10 settembre 2015 (reg. ric. n. 83 del 2015), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato l’art. 1 della legge della Regione Piemonte 6 luglio 2015, n. 14, recante «Misure urgenti per il contrasto dell’abusivismo. Modifiche alla legge regionale 23 febbraio 1995, n. 24 (Legge generale sui servizi di trasporto pubblico non di linea su strada)», che inserisce nella citata legge reg. Piemonte n. 24 del 1995 l’art. 1-bis, in virtù del quale il servizio di trasporto di persone, che prevede la chiamata, con qualunque modalità, di un autoveicolo con l’attribuzione di corresponsione economica, può essere esercitato esclusivamente dai soggetti che svolgono il servizio di taxi o di noleggio con conducente (NCC), pena l’applicazione delle sanzioni amministrative previste per l’esercizio abusivo di tali servizi dagli artt. 85 e 86 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada).

Ad avviso del ricorrente, la disposizione censurata, per quanto attiene al riparto di competenze legislative, viola l’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, perché, pur essendo in linea con la normativa nazionale (legge 15 gennaio 1992, n. 21, recante «Legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea»), ostacola lo sviluppo del mercato dei servizi locali di trasporto non di linea su strada, ponendo una barriera all’ingresso di offerte innovative rese possibili dalle nuove tecnologie. Inoltre, sul piano sostanziale, la stessa disposizione viola l’art. 117, primo comma, Cost., che assoggetta la legislazione, anche regionale, al rispetto dei principi dell’ordinamento comunitario e del principio di concorrenza, il quale consente condizionamenti del mercato solo se strettamente necessari e concretamente idonei al perseguimento di uno scopo di interesse pubblico.

2.– La censura riferita all’art. 117, primo comma, Cost. è inammissibile, per due concorrenti ordini di ragioni.

In primo luogo, sul punto non sussiste la necessaria piena corrispondenza tra il ricorso e la delibera del Consiglio dei ministri che l’ha autorizzato (ex plurimis, sentenze n. 1 del 2016, nonché n. 250 e n. 153 del 2015), la quale non menziona affatto l’art. 117, primo comma, Cost., e, anzi, evoca congiuntamente i «principi nazionali e comunitari in materia di concorrenza» solo in relazione all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

In secondo luogo, le norme sovranazionali sono richiamate in termini oltremodo generici (ex plurimis, sentenze n. 79 del 2014, nonché n. 199 del 2012): non è citata alcuna fonte o disposizione specifica; è menzionato soltanto il «principio di concorrenza», descritto semplicemente come divieto di norme sproporzionatamente restrittive; è assente qualsiasi argomentazione in merito ai presupposti di applicabilità delle norme dell’Unione europea – del resto, non compiutamente identificate, come si è detto – alla situazione normativa in esame (sentenza n. 63 del 2016).

3.– Deve invece essere respinta l’eccezione di inammissibilità relativa alla censura riferita all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., per genericità dovuta alla carente ricostruzione del quadro normativo.

In linea di principio, è inammissibile il ricorso in via principale i cui motivi risultino generici, confusi o contraddittori a causa di una carente ricostruzione del quadro normativo (si vedano, tra le molte, la sentenza n. 86 del 2016, nonché le sentenze n. 171, n. 82 e n. 60 del 2015): non basta che il ricorso in via principale identifichi esattamente la questione nei suoi termini normativi, indicando le norme costituzionali e ordinarie, la definizione del cui rapporto di compatibilità o incompatibilità costituisce l’oggetto della questione di costituzionalità; occorre altresì che esso sviluppi un’argomentazione a sostegno dell’impugnazione, necessaria in termini ancora più stringenti che nei giudizi incidentali (ex plurimis, sentenza n. 131 del 2016); e tale argomentazione, a sua volta, può esigere il confronto con dati normativi ulteriori, rispetto ai termini essenziali della questione.

Nel caso odierno, il Presidente del Consiglio dei ministri richiama la legge n. 21 del 1992, senza specifici riferimenti ad alcuna delle sue disposizioni in particolare, né tantomeno agli ulteriori interventi legislativi che hanno considerato la materia dei servizi pubblici di trasporto non di linea. Nondimeno, il nucleo centrale dell’argomentazione del ricorrente è facilmente comprensibile: senza mettere in discussione la conformità della disposizione regionale censurata alla legge n. 21 del 1992, si lamenta una invasione nell’ambito della tutela della concorrenza, riservato alla competenza dello Stato, determinando altresì una potenziale interferenza con l’eventuale esercizio, in un senso differente e innovativo, della competenza stessa da parte del legislatore statale.

4.– In questi termini, la questione è fondata.

4.1.– Il contenuto dell’art. 1 della legge reg. Piemonte n. 14 del 2015, l’intitolazione di quest’ultima («Misure urgenti per il contrasto dell’abusivismo»), i lavori preparatori (Consiglio regionale del Piemonte, II Commissione in sede legislativa, sintesi della seduta n. 41 del 18 giugno 2015) e le stesse argomentazioni difensive della Regione Piemonte concorrono univocamente a dimostrare che la disposizione in questione è stata approvata in considerazione della recente emersione di talune forme di trasporto di persone a chiamata, rese possibili dalla diffusione di nuovi strumenti tecnologici, a proposito delle quali sono stati sollevati, da varie prospettive, problemi di compatibilità con la vigente legislazione statale in tema di autoservizi pubblici non di linea. La difesa regionale si è concentrata sui servizi di trasporto a chiamata mediante applicazioni informatiche e, a tale riguardo, ha fatto precipuo riferimento alle pronunce di alcuni giudici di pace, relative a sanzioni amministrative applicate a chi offriva tali servizi; nonché, nel corso dell’udienza, all’ordinanza 2 luglio 2015 del Tribunale di Milano, sezione specializzata in materia di impresa “A”, che ha ritenuto sleale la concorrenza praticata da alcuni gestori di piattaforme informatiche nei confronti dei tradizionali operatori del settore dei trasporti non di linea di persone.

4.2.– In particolare, la disposizione impugnata prende posizione in merito a un aspetto cruciale della problematica in esame, dato che definisce il novero dei soggetti abilitati a operare nel settore dei trasporti di persone con le nuove modalità consentite dai supporti informatici, riservandolo in via esclusiva alle categorie abilitate a prestare i servizi di taxi e di noleggio con conducente.

La portata normativa della disposizione impugnata si desume inequivocabilmente, sia dalla rubrica dell’articolo: «[e]sclusività del servizio di trasporto»; sia dalla piana lettura del testo: «[i]l servizio di trasporto di persone, che prevede la chiamata, con qualunque modalità effettuata, di un autoveicolo con l’attribuzione di corresponsione economica, può essere esercitato esclusivamente dai soggetti che svolgono il servizio di cui all’art. 1, comma 3, lettere a) e b)», della legge reg. Piemonte n. 24 del 1995, vale a dire il servizio di taxi e di autonoleggio con conducente.

4.3.– Definire quali soggetti siano abilitati a offrire talune tipologie di servizi è decisivo ai fini della configurazione di un determinato settore di attività economica: si tratta di una scelta che impone un limite alla libertà di iniziativa economica individuale e incide sulla competizione tra operatori economici nel relativo mercato. Sicché, tale profilo rientra a pieno titolo nell’ampia nozione di concorrenza di cui al secondo comma, lettera e), dell’art. 117 Cost., la quale (ex plurimis, sentenza n. 125 del 2014) include sia gli interventi regolatori che a titolo principale incidono sulla concorrenza, quali le misure legislative di tutela in senso proprio, che contrastano gli atti ed i comportamenti delle imprese pregiudizievoli per l’assetto concorrenziale dei mercati; sia le misure di promozione, che mirano ad aprire un mercato o a consolidarne l’apertura, riducendo i vincoli alle modalità di esercizio delle attività economiche, in particolare le barriere all’entrata, e al libero esplicarsi della capacità imprenditoriale e della competizione tra imprese.

Del resto, proprio in merito al trasporto di viaggiatori mediante noleggio (di autobus) con conducente, questa Corte ancora di recente ha chiarito che rientra nella competenza legislativa esclusiva statale per la tutela della concorrenza definire i punti di equilibrio fra il libero esercizio di attività siffatte e gli interessi pubblici con esso interferenti (sentenza n. 30 del 2016).

Ciò è di per sé sufficiente ad attestare la fondatezza della censura dedotta nei confronti dell’art. 1 della legge reg. Piemonte n. 14 del 2015.

5.– È noto che, rispetto all’assetto delineato dalla legislazione statale in vigore, che risale nei suoi tratti essenziali al 1992, l’evoluzione tecnologica, e i cambiamenti economici e sociali conseguenti, suscitano questioni variamente discusse non solo nelle sedi giudiziarie, ma anche presso le autorità indipendenti e le istituzioni politiche, per la pluralità degli interessi coinvolti e i profili di novità dei loro intrecci. Del resto, con riguardo ad alcune modalità di trasporto a chiamata mediante applicazioni informatiche, interrogativi analoghi a quelli oggi posti a questa Corte sono attualmente in discussione anche in seno all’Unione europea, in molti degli Stati che ne fanno parte, nonché in numerosi altri ordinamenti in tutto il mondo. Nel contesto di un dibattito così animato, relativo a fenomeni la cui diffusione è grandemente agevolata dalle nuove tecnologie, è comprensibile che, soprattutto dalle aree metropolitane più direttamente interessate, si levi la domanda di un inquadramento giuridico univoco e aggiornato.

È dunque auspicabile che il legislatore competente si faccia carico tempestivamente di queste nuove esigenze di regolamentazione.

Nondimeno, tenuto conto dell’oggetto dell’odierno giudizio e dei suoi limiti, dirimente per questa Corte non può che essere il puro e semplice rilievo che la disposizione regionale censurata tocca un profilo attinente alla concorrenza, come tale rientrante nella competenza legislativa esclusiva dello Stato, che del resto riflette la dimensione (quanto meno) nazionale degli interessi coinvolti.

6.– Deve dunque essere dichiarata l’illegittimità costituzionale della disposizione regionale impugnata, per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Piemonte 6 luglio 2015, n. 14, recante «Misure urgenti per il contrasto dell’abusivismo. Modifiche alla legge regionale 23 febbraio 1995, n. 24 (Legge generale sui servizi di trasporto pubblico non di linea su strada)»;

2) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge reg. Piemonte n. 14 del 2015, promossa, in riferimento all’art. 117, comma primo, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’8 novembre 2016.

F.to:

Paolo GROSSI, Presidente

Marta CARTABIA, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 15 dicembre 2016.