Ordinanza n. 316 del 2011

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ORDINANZA N. 316

ANNO 2011

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-          Alfonso                         QUARANTA                                    Presidente

-          Franco                          GALLO                                               Giudice

-          Gaetano                        SILVESTRI                                               “

-          Sabino                          CASSESE                                                 “

-          Giuseppe                      TESAURO                                                “

-          Paolo Maria                  NAPOLITANO                                        “

-          Giuseppe                      FRIGO                                                      “

-          Alessandro                   CRISCUOLO                                           “

-          Paolo                            GROSSI                                                    “

-          Giorgio                         LATTANZI                                               “

-          Aldo                             CAROSI                                                   “

-          Marta                           CARTABIA                                              “

-          Sergio                           MATTARELLA                             “

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 3 della delibera legislativa n. 582-590-606 (Riorganizzazione e potenziamento della rete regionale di residenzialità per i soggetti fragili. Misure finanziarie relative a personale comandato. Disposizioni per il personale utilizzato in convenzione presso le aziende del Servizio sanitario regionale), approvata dall’Assemblea regionale siciliana nella seduta del 14 giugno 2011, promosso dal Commissario dello Stato per la Regione siciliana, con ricorso notificato il 20 giugno 2011, depositato in cancelleria il 23 giugno 2011 ed iscritto al n. 61 del registro ricorsi 2011.

Udito nella camera di consiglio del 18 ottobre 2011 il Giudice relatore Alessandro Criscuolo.

Ritenuto che, con ricorso notificato il 20 giugno 2011, il Commissario dello Stato per la Regione siciliana ha impugnato, con riferimento agli articoli 3, 51, 81, quarto comma, 97, 117, commi secondo, lettera l) e terzo, della Costituzione, l’articolo 3 del disegno di legge della Regione siciliana, approvato dall’Assemblea regionale il 14 giugno 2011, recante il n. 582–590–606 dal titolo «Riorganizzazione e potenziamento della rete regionale di residenzialità per i soggetti fragili. Misure finanziarie relative a personale comandato. Disposizioni per il personale utilizzato in convenzione presso le aziende del Servizio sanitario regionale»;

che, come il ricorrente riferisce, la disposizione impugnata dispone l’estensione ai dipendenti delle società miste, costituite ai sensi dell’art. 30 della legge regionale 7 agosto 1997, n. 30 (Misure di politiche attive del lavoro in Sicilia. Modifiche alla legge regionale 21 dicembre 1995, n. 85. Norme in materia di attività produttive e di sanità. Disposizioni varie) ed in rapporto convenzionale con le Aziende Sanitarie provinciali e quelle ospedaliere, nonché con le Aziende ospedaliere universitarie, in servizio alla data del 31 dicembre 2008, delle particolari forme di stabilizzazione dei rapporti di lavoro previste dalla legislazione statale per i lavoratori impiegati in attività socialmente utili e dalle leggi regionali, comportanti l’assunzione con procedure selettive riservate. Per assicurare la continuità degli attuali rapporti di lavoro e garantire i livelli occupazionali, le Aziende sanitarie sono autorizzate «medio tempore» a stipulare contratti di lavoro quinquennali, suscettibili di rinnovo sino al completamento delle procedure di stabilizzazione;

che il ricorrente osserva come la Corte costituzionale, con costante giurisprudenza, abbia affermato che l’art. 97 Cost. impone quale forma generale ed ordinaria di reclutamento del personale una selezione trasparente, comparativa, basata esclusivamente sul merito e aperta a tutti i cittadini in possesso di requisiti positivamente ed obiettivamente definiti;

che, in particolare, il rispetto di tale criterio è condizione necessaria per assicurare che l’amministrazione pubblica, e segnatamente quella sanitaria preposta alla tutela della salute garantita dall’art. 32 Cost., risponda ai principi dell’efficienza, imparzialità e democrazia;

che, ad avviso del Commissario, il concorso pubblico, in diretta attuazione degli articoli 3 e 51 Cost., è condizione per la piena realizzazione del diritto di partecipazione all’esercizio delle funzioni pubbliche da parte di tutti i cittadini, fra i quali sono da includere, per la maggior parte degli impieghi, anche quelli di altri Stati membri dell’Unione europea (è richiamata la sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 2 luglio 1996, nelle cause C-290/94, C-174 /94 e C-473/93;

che il ricorrente precisa, ancora, come affermato dalla sentenza n. 293 del 2009, che il concorso stabilito dal primo comma dell’art. 97 Cost. è meccanismo strumentale al buon andamento dell’amministrazione, in quanto consente il reclutamento dei dipendenti in base al merito che si riflette, migliorandolo, sul rendimento delle pubbliche amministrazioni e sulle prestazioni da queste rese ai cittadini;

che, inoltre, la Costituzione ha accordato al legislatore la facoltà di derogare al principio della selezione pubblica, ma tali deroghe devono essere determinate in modo da attenersi al principio di imparzialità, così come affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 453 del 1990, sicché non qualsiasi procedura selettiva, quale quella di specie, può dirsi compatibile con il principio del concorso pubblico, poiché quest’ultimo non è rispettato quando le selezioni sono caratterizzate da arbitrarie forme di restrizione dei soggetti legittimati a parteciparvi (è richiamata la sentenza n. 194 del 2002 della Corte costituzionale);

che il Commissario osserva, altresì, come questa Corte abbia puntualizzato, nella sentenza n. 205 del 2004, che il concorso pubblico sia necessario anche nei casi di inquadramento di dipendenti già in servizio o nel caso di trasformazione dei rapporti non di ruolo, e non instaurati in origine mediante concorso, in rapporti di ruolo;

che, inoltre, il ricorrente riferisce come questa Corte abbia affermato che le deroghe sono legittime solo in presenza di peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico idonee a giustificarle (sentenza n. 81 del 2006), non essendo sufficiente la mera circostanza che determinate categorie di dipendenti abbiano prestato attività lavorativa, come nel caso di specie, peraltro per un periodo limitato di tempo, presso l’amministrazione;

che, come affermato nella sentenza citata, non è sufficiente «la personale aspettativa degli aspiranti» ad una misura di stabilizzazione occorrendo, invero, particolari ragioni giustificative ricollegabili alle peculiarità delle funzioni che il personale è chiamato a svolgere: è richiesta l’esistenza di consolidate specifiche esperienze professionali maturate all’interno dell’amministrazione, e non acquisibili all’esterno, che facciano ritenere la deroga al principio del concorso pubblico essa stessa funzionale alle esigenze di buon andamento dell’amministrazione (al riguardo sono richiamate le sentenze n. 9, n. 100, n. 179, n. 213, n. 225 e n. 235 del 2010, nonché n. 215, n. 252 e n. 293 del 2009);

che, ad avviso del ricorrente, detti requisiti non sono rinvenibili nella fattispecie in esame, anche perché i destinatari non hanno intrattenuto un rapporto di lavoro alle dirette dipendenze dell’amministrazione pubblica, in quanto dipendenti di società miste convenzionate con le strutture sanitarie, ma soprattutto in considerazione del dato che la norma censurata non richiede che sussistano esigenze organizzative e di fabbisogno di personale, né fissa alcun limite numerico ai contratti di lavoro da stipulare;

che tali considerazioni inducono il ricorrente ad avere fondate perplessità sulla corrispondenza dei nuovi rapporti di lavoro, da instaurarsi in applicazione della norma censurata, alle effettive esigenze delle amministrazioni e, di conseguenza, a ritenere violato il principio di buon andamento della pubblica amministrazione sancito dall’art. 97 Cost.;

che, inoltre, il Commissario ritiene che la disposizione in esame sia in contrasto anche con gli articoli 3, 51 e 97 Cost., in quanto individua quali destinatari soggetti titolari di rapporti di lavoro non suscettibili di stabilizzazione, alla luce della normativa statale di principio: l’art. 1, comma 558, della legge 27 dicembre 2006 n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge finanziaria 2007) e l’art. 17, commi 10, 11 e 12, del decreto-legge 1° luglio 2009 n 78, (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini) convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 3 agosto 2009, n. 122, senza fornire indicazioni circa la sussistenza di eventuali requisiti tali da giustificare la deroga al principio del pubblico concorso, quali la peculiarità delle funzioni che il personale svolge e/o specifiche necessità funzionali dell’amministrazione;

che, ad avviso del ricorrente è, altresì, violato l’art. 81, quarto comma, Cost. poiché la norma consentirebbe la nascita di nuovi rapporti di lavoro anche in assenza di posti vacanti nelle piante organiche, determinando maggiori oneri per le amministrazioni del Servizio sanitario non quantificati e non coperti;

che, sotto tale profilo, la locuzione «senza oneri aggiuntivi per la Regione», non indicando l’ammontare della spesa, né le risorse con cui le strutture sanitarie dovrebbero procedere alla stabilizzazione del personale in questione, non è tale da costituire una copertura «credibile, sufficientemente sicura, non arbitraria o irrazionale in equilibrato rapporto con la spesa che si intende effettuare in esercizi futuri» (al riguardo sono richiamate le sentenze n. 100 del 2010 e n. 213 del 2008);

che, inoltre, secondo il ricorrente, la norma oggetto di censura, nell’ampliare i destinatari e prorogare gli effetti della stabilizzazione già prevista, viola l’art. 117, terzo comma, Cost. in quanto confligge con i principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica posti dall’art. 17, commi 10, 11 e 12, del citato d.l. n. 78 del 2009, convertito dalla legge n. 122 del 2009 (al riguardo il ricorrente richiama la sentenza n. 68 del 2011);

che, ad avviso del Commissario, dette disposizioni si ispirano alla finalità di contenimento della spesa pubblica nello specifico settore del personale e costituiscono, come affermato da questa Corte, principi fondamentali in quanto si limitano a porre obiettivi di riequilibrio della finanza senza prevedere strumenti e modalità per il perseguimento dei medesimi;

che, infatti, come affermato nella sentenza n. 69 del 2011, «la spesa per il personale, per la sua importanza strategica ai fini del patto di stabilità interna (data la sua rilevante entità), costituisce non già una minuta voce di dettaglio, ma un importante aggregato della spesa di parte corrente, con la conseguenza che le disposizioni relative al suo contenimento assurgono a principio fondamentale della legislazione statale» (sentenza n. 169 del 2007);

che il secondo comma della disposizione in questione, là dove prevede la stipula di contratti di lavoro di diritto privato di durata quinquennale, eventualmente rinnovabili, costituisce un vulnus alla potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile, poiché autorizza il ricorso al lavoro flessibile con modalità e forme diverse da quelle disciplinate dall’art. 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche) le cui previsioni, ai sensi dell’art. 1 del medesimo decreto, costituiscono norme fondamentali di riforma economico–sociale della Repubblica e limitano la competenza legislativa della Regione siciliana;

che, ai sensi del citato articolo 36, le amministrazioni possono avvalersi delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale solo «per rispondere ad esigenze temporanee ed eccezionali», mentre la norma in esame non solo non indica le ragioni straordinarie che possono giustificare il ricorso a lavoratori a tempo determinato, ma addirittura prevede la possibilità del rinnovo dei contratti senza fissare alcun termine finale di durata, in tal modo palesando l’intento di conservare indefinitamente la vigenza dei rapporti di lavoro subordinato a tempo determinato per far fronte alle normali esigenze dell’ente;

che la Regione siciliana non si è costituita nel giudizio di legittimità costituzionale;

che, successivamente alla proposizione del ricorso, la delibera legislativa impugnata è stata promulgata e pubblicata come legge della Regione siciliana del 12 luglio 2011, n. 14 (Riorganizzazione e potenziamento della rete regionale di residenzialità per i soggetti fragili. Misure finanziarie relative a personale comandato. Disposizioni per il personale utilizzato in convenzione presso le aziende del Servizio sanitario regionale), con omissione della disposizione oggetto di censura.

Considerato che il Commissario dello Stato per la Regione siciliana ha proposto – in riferimento agli articoli 3, 51, 81, quarto comma, 97, 117, commi secondo, lettera l) e terzo, Cost. – questione di legittimità costituzionale dell’art. 3 della delibera legislativa della Regione siciliana in data 14 giugno 2011, n. 582–590–606 (Riorganizzazione e potenziamento della rete regionale di residenzialità per i soggetti fragili. Misure finanziarie relative a personale comandato. Disposizioni per il personale utilizzato in convenzione presso le aziende del Servizio sanitario regionale);

che, successivamente all’impugnazione, la predetta delibera legislativa è stata promulgata e pubblicata come legge della Regione siciliana 12 luglio 2011, n. 14, recante il titolo ora indicato, con omissione dell’articolo oggetto di censura;

che questa Corte, pur avendo chiarito che, attraverso l’istituto della promulgazione parziale, il Presidente della Regione siciliana «non viene investito di un arbitrario potere di determinare autonomamente la definitiva non operatività di singole parti del testo approvato dall’Assemblea regionale, in contrasto con la ripartizione delle funzioni fra gli organi direttivi della Regione stabilita da norme di rango costituzionale» (sentenza n. 205 del 1996) ha, tuttavia, costantemente affermato che, sul piano processuale, «l’intervenuto esaurimento del potere promulgativo, che si esercita necessariamente in modo unitario e contestuale rispetto al testo deliberato dall’Assemblea regionale, preclude definitivamente la possibilità che le parti della legge impugnate ed omesse in sede di promulgazione acquistino o esplichino una qualsiasi efficacia, privando così di oggetto il giudizio di legittimità costituzionale» (ordinanze n. 251, n.166, n. 76, n. 57 e n. 2 del 2011; nello stesso senso, ex plurimis: ordinanze n. 212, n. 183 e n. 175 del 2010);

che, pertanto, deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara cessata la materia del contendere in ordine al ricorso in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 novembre 2011.

F.to:

Alfonso QUARANTA, Presidente

Alessandro CRISCUOLO, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 23 novembre 2011.