Sentenza n. 122 del 2011

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[ELG:SOMMARIO]

SENTENZA N. 122

ANNO 2011

 

[ELG:COLLEGIO]

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-      Ugo                      DE SIERVO             Presidente

-      Paolo                    MADDALENA       Giudice

-      Alfio                     FINOCCHIARO          "

-      Alfonso                QUARANTA               "

-      Franco                  GALLO                        "

-      Luigi                     MAZZELLA                "

-      Gaetano                SILVESTRI                  "

-      Sabino                  CASSESE                     "

-      Giuseppe              TESAURO                    "

-      Paolo Maria          NAPOLITANO           "

-      Giuseppe              FRIGO                          "

-      Alessandro           CRISCUOLO               "

-      Paolo                    GROSSI                        "

-      Giorgio                 LATTANZI                  "

[ELG:PREMESSA]

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 4, dell’art. 3, comma 4, dell’art. 4, comma 2, e dell’art. 5, commi 1 e 4, della legge della Regione Abruzzo 5 maggio 2010, n. 13 (Funzionamento dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise “G. Caporale” di Teramo), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 13-16 luglio 2010, depositato in cancelleria il 20 luglio 2010 ed iscritto al n. 85 del registro ricorsi 2010.

Udito nell’udienza pubblica dell’8 marzo 2011 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano;

udito l’avvocato dello Stato Massimo Salvatorelli per il Presidente del Consiglio dei ministri.

[ELG:FATTO]

Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso notificato il 16 luglio 2010 e depositato il successivo 20 luglio, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso – in riferimento all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, nonché dei principi fondamentali espressi dall’art. 3-ter del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge. 23 ottobre 1992, n. 421), aggiunto dall’art. 3, comma 3, del d.lgs. 19 giugno 1999, n. 229 (Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale, a norma dell’articolo 1 della legge 30 novembre 1998, n. 419), dall’art. 2, comma 2, dall’art. 3, commi 2, 3, 4 e 5, dall’art. 6, comma 2, lettera a), del d.lgs. 30 giugno 1993, n. 270 (Riordinamento degli istituti zooprofilattici sperimentali, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera h, della legge 23 ottobre 1992, n. 421), e dall’art. 16 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica) – questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 4, dell’art. 3, comma 4, dell’art. 4, comma 2, e dell’art. 5, commi 1 e 4, della legge della Regione Abruzzo 5 maggio 2010, n. 13 (Funzionamento dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise “G. Caporale” di Teramo).

1.1. – Il ricorrente premette che la legge regionale in esame viene a disciplinare il funzionamento dell’Istituto zooprofilattico sperimentale dell’Abruzzo e del Molise “G. Caporale” di Teramo, ed è stata emanata dalla Regione Abruzzo a seguito del Protocollo d’intesa, stipulato in data 11 dicembre 2009, fra il Ministero della salute, la Regione Abruzzo e la Regione Molise, diretto al riordino e alla valorizzazione di detto Istituto interregionale, secondo quanto previsto dall’art. 2, comma 5, del d.lgs, n. 270 del 1993.

Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, gli artt. 1, comma 4, 3, comma 4, 4, comma 2, e 5, commi 1 e 4, della legge regionale n. 13 del 2010 eccederebbero dalle competenze regionali, contrastando con i principi fondamentali in materia di tutela della salute contenuti nella normativa statale di riferimento costituita dal d.lgs. n. 270 del 1993, e, pertanto, sarebbero costituzionalmente illegittimi violando l’art. l17, terzo comma, Cost.

In particolare, relativamente all’art. 1, comma 4, della legge della Regione Abruzzo n. 13 del 2010, il ricorrente ritiene che esso violi l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto, attribuendo anche alle Regioni Abruzzo e Molise, e non solo al Ministro della salute, la facoltà di assegnare all’Istituto «ulteriori compiti e funzioni di interesse nazionale e internazionale», si porrebbe in contrasto con l’art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 270 del 1993, secondo cui spetta in via esclusiva allo Stato l’assegnazione agli Istituti zooprofilattici sperimentali (IZS) di compiti e funzioni in tali settori (sentenza n. 124 del 1994).

Gli istituti in questione, difatti, operano nel settore della ricerca sperimentale scientifica e della tutela della igiene e sanità veterinaria, nei quali convergono non solo gli interessi di Regioni e Province autonome, ma anche – secondo quanto previsto nella lettera l) del comma 3 del medesimo art. 2 – «compiti e funzioni di interesse nazionale, comunitario ed internazionale», la cui attribuzione è affidata dal legislatore nazionale al Ministro della sanità.

1.2. – L’art. 3, comma 4, della legge regionale in questione, poi, secondo il ricorrente, sarebbe ugualmente illegittimo in quanto verrebbe a violare l’art. 117, terzo comma, Cost., poiché, avendo il legislatore regionale individuato, quale terzo componente del collegio dei revisori, un rappresentante del Ministero della salute in luogo del rappresentante del Ministero dell’economia e delle finanze, contrasterebbe con il principio fondamentale in materia di coordinamento della finanza pubblica, di cui all’art. 16 della legge n. 196 del 2009, che, al contrario, prevede – allo scopo «di dare attuazione alle prioritarie esigenze di controllo e di monitoraggio degli andamenti della spesa pubblica» – la presenza di un rappresentante del Ministero dell’economia e delle finanze nei collegi di revisione delle pubbliche amministrazioni.

L’Avvocatura dello Stato ricorda, in proposito, che l’art. 3, comma 4, del citato d.lgs. n. 270 del 1993 prevede, specificamente, che nella composizione del Collegio dei revisori dei conti degli IZS, deve essere assicurata la componente ministeriale, anche se questa non può essere numericamente prevalente su quella regionale, come rilevato dalla già ricordata sentenza n. 124 del 1994 della Corte costituzionale.

Pertanto, secondo il ricorrente, dal combinato disposto delle sopra ricordate disposizioni statali, la norma regionale in esame appare essere illegittima, determinando la violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost. sia sotto il profilo del coordinamento con la finanza pubblica, sia sotto il profilo della tutela della salute.

1.3. – Ugualmente ritenuto costituzionalmente illegittimo, da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, è l’art. 4, comma 2, della citata legge regionale abruzzese, il quale, regolamentando il finanziamento dell’Istituto, stabilisce che il Ministero della salute possa individuare modalità di finanziamento ministeriale «ulteriori» rispetto a quelle già previste dal d.lgs. 270 del 1993.

La censurata disposizione contrasterebbe, a parere del ricorrente, con quanto stabilito dall’art. 6, comma 2, lettera a), del d.lgs. n. 270 del 1993, a norma del quale i servizi e i compiti aggiuntivi, rispetto a quelli menzionati dall’art. 1 del medesimo decreto legislativo, devono essere assicurati da finanziamenti statali o regionali a seconda che i nuovi compiti siano stati assegnati agli IZS, rispettivamente, dallo Stato o dalle Regioni. Pertanto, risulterebbe illegittimo prevedere forme di finanziamento statale per eventuali nuovi compiti di matrice regionale.

1.4. – Il ricorrente ritiene anche censurabile l’art. 5, comma 1, della legge regionale in esame, articolo che attribuisce al Consiglio di amministrazione dell’Istituto «funzioni di controllo», in quanto in contrasto con il dettato dell’art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 270 del l993 – secondo cui tale organo ha esclusivamente «compiti di indirizzo, coordinamento e verifica delle attività dell’Istituto» – nonché con quanto disposto dal successivo comma 5 dell’art. 3, il quale – nel richiamare l’art. 3 del d.lgs. n. 502 del 1992 (ora art. 3-ter, aggiunto dal d.lgs. n. 229 del 1999) – attribuisce le funzioni di controllo al collegio dei revisori e non al Consiglio di amministrazione.

1.5. – Anche il comma 4 dell’art. 5 della legge regionale in oggetto, nel prevedere che il direttore generale cura la gestione dell’ente nell’ambito delle «direttive» impartite dal Consiglio di amministrazione, si porrebbe, per l’Avvocatura dello Stato, in contrasto con l’art. 3, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 270 del 1993, secondo i quali è il «Consiglio di amministrazione l’organo con compiti di indirizzo, coordinamento e verifica delle attività dell’Istituto» (comma 2), mentre il direttore generale è l’organo titolare della rappresentanza legale dell’Istituto, della responsabilità della gestione complessiva dell’ente, nonché della direzione dell’attività scientifica (comma 3).

Di conseguenza, dalla normativa statale, a differenza che da quella regionale, emerge chiaramente che le funzioni del Consiglio di amministrazione e del direttore generale restano su piani differenti, poiché il Consiglio di amministrazione elabora solo le linee programmatiche del1’attività dell’ente e può fornire indirizzi di carattere generale (non sempre e non necessariamente individuabili come precise e specifiche direttive e/o istruzioni impartite al direttore generale), mentre il direttore generale, nell’esercizio delle sue funzioni, dispone di ambiti di autonomia, relativi alla titolarità della rappresentanza legale e della responsabilità della gestione complessiva dell’ente, che prescindono dall’osservanza e dal rispetto di direttive.

1.6. – Infine, sempre per il ricorrente, i commi 1 e 4 del citato art. 5 sarebbero altresì censurabili sotto un ulteriore profilo: essi, difatti, stante il loro contenuto, verrebbero a definire «in via generale un assetto istituzionale dell’Ente completamente difforme da quello delineato dal d.lgs. 270/93». Con il decreto legislativo n. 270 del 1993, prosegue il Presidente del Consiglio dei ministri, il legislatore statale ha inteso realizzare quanto più possibile il principio della separazione delle funzioni di indirizzo e di verifica rispetto alle funzioni di gestione ed a quelle di controllo, attribuendo, rispettivamente, le prime al Consiglio di amministrazione, le seconde al direttore generale e le terze al collegio dei revisori, diversamente da quanto realizzato dal legislatore regionale con le disposizioni in esame che non osserverebbero tale ripartizione.

1.7. – Alla luce di tali considerazioni, il Presidente del Consiglio chiede, pertanto, che sia dichiarata l’illegittimità costituzionale dei sopra citati articoli della Regione Abruzzo n. 13 del 2010.

2. – La Regione Abruzzo non si è costituita nel giudizio.

[ELG:DIRITTO]

Considerato in diritto

1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri – premesso che la legge della Regione Abruzzo del 5 maggio 2010, n. 13 (Funzionamento dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise “G. Caporale” di Teramo), è stata emanata a seguito del Protocollo d’intesa dell’11 dicembre 2009, stipulato tra il Ministero della salute e le Regioni Abruzzo e Molise per il riordino e la valorizzazione dell’Istituto zooprofilattico sperimentale dell’Abruzzo e del Molise – ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 4, 3, comma 4, 4, comma 2, e 5, commi 1 e 4, della legge della Regione Abruzzo sopra citata.

In generale, tali norme, secondo il ricorrente, sarebbero in contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost. poiché esse eccederebbero dalle competenze regionali e si porrebbero in contrasto con i principi fondamentali in materia di tutela della salute contenuti nel decreto legislativo del 30 giugno 1993, n. 270 (Riordinamento degli istituti zooprofilattici sperimentali, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera h, della legge 23 ottobre 1992, n. 421), normativa statale di riferimento, nonché con l’art. 3-ter del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), aggiunto dall’art. 3, comma 3, del d.lgs. 19 giugno 1999, n. 229 (Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale, a norma dell’articolo 1 della legge 30 novembre 1998, n. 419). L’art. 3, comma 4, della citata legge regionale, inoltre, secondo il ricorrente, lederebbe l’art. 117, terzo comma, Cost. non solo sotto il profilo della materia «tutela della salute», ma anche per contrasto con i principi di coordinamento della finanza pubblica, dettati dall’art. 16 della legge del 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica).

1.1. – Secondo il Presidente del Consiglio, l’art. 1, comma 4, della legge regionale n. 13 del 2010, il quale stabilisce che anche le Regioni, oltre al Ministro della salute, possono attribuire ulteriori compiti e funzioni di interesse nazionale e internazionale all’Istituto zooprofilattico, violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost., sotto il profilo della tutela della salute, in quanto si porrebbe in contrasto con l’art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 270 del 1993, secondo cui spetta in via esclusiva allo Stato l’assegnazione agli Istituti zooprofilattici sperimentali (IZS) di compiti e funzioni nei settori di loro competenza, secondo quanto già anche affermato da questa Corte con la sentenza n. 124 del 1994.

1.2. – Anche l’art. 3, comma 4, della citata legge regionale sarebbe, per il Presidente del Consiglio dei ministri, costituzionalmente illegittimo. Infatti, avendo il legislatore regionale individuato, quale terzo componente del collegio dei revisori, un rappresentante del Ministero della salute in luogo del rappresentante del Ministero dell’economia e delle finanze, la disposizione regionale in oggetto violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost., sia con riferimento alla materia della tutela della salute – per contrasto con il comma 4 dell’art. 3 del d.lgs. n. 270 del 1993 – sia con riferimento ai principi di coordinamento della finanza pubblica, dettati dell’art. 16 della legge n. 196 del 2009, in tema di «Potenziamento del monitoraggio attraverso attività di revisori e sindaci».

1.3. – L’art. 4, comma 2, della legge regionale in esame – stabilendo che il Ministro della salute provvede ad individuare ulteriori modalità di finanziamento per l’Istituto, oltre a quelle previste dall’art. 6, comma 2, lettera a), del d.lgs. n. 270 del 1993, richiamate al comma 1, «per assicurare che l’Istituto possa assolvere ai compiti nazionali e internazionali, svolti per il Ministero e per le Regioni» – sarebbe lesivo, secondo il ricorrente, dell’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto in contrasto con la sopra citata disposizione statale, che prevede come i compiti e i servizi aggiuntivi rispetto a quelli previsti dall’art. 1 dello stesso decreto legislativo, debbano essere assicurati da finanziamenti statali o regionali a seconda che tali compiti o servizi siano stati assegnati all’Istituto zoo profilattico dallo Stato o dalle Regioni.

1.4. – Il ricorrente censura, infine, in relazione all’art. 117, terzo comma, Cost., i commi 1 e 4 dell’art. 5 della legge regionale abruzzese n. 13 del 2010. Il comma 1 è ritenuto dal ricorrente costituzionalmente illegittimo là dove lo stesso, nell’attribuire al Consiglio di amministrazione dell’Istituto zooprofilattico “G. Caporale” «funzioni d’indirizzo e controllo», contrasterebbe sia con il comma 2 dell’art. 3 del d.lgs. n. 270 del 1993, che prevede per tale organo «compiti di indirizzo, coordinamento e verifica dell’attività dell’Istituto», sia con il comma 5 dello stesso articolo che, richiamando quanto previsto dall’art. 3 del d.lgs. n. 502 del 1992 (ora art. 3-ter, a seguito delle modifiche apportate dal d.lgs. n. 229 del 1999), attribuisce, invece, le funzioni di controllo al Collegio dei revisori.

Il comma 4, invece, – prevedendo che «Il Direttore Generale, nell’ambito delle direttive del Consiglio di Amministrazione, cura la gestione dell’Istituto» – violerebbe, a sua volta, l’art. 117, terzo comma, Cost., poiché si discosterebbe da quanto fissato dai commi 2 e 3 dell’art. 3 del d.lgs. n. 270 del 1993, per quanto attiene alle funzioni dei sopra indicati organi, che debbono rimanere su piani diversi.

1.5. – Inoltre, i commi 1 e 4 dell’art. 5 – stante quanto da essi fissato in merito alla separazione delle funzioni di indirizzo e di verifica, delle funzioni di gestione e delle funzioni di controllo attribuite rispettivamente al Consiglio di amministrazione, al direttore generale e al collegio dei revisori – si porrebbero in contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost., perché, secondo il ricorrente, delineerebbero un assetto istituzionale ed organizzativo dell’IZS dell’Abruzzo e Molise diverso da quello previsto dal legislatore statale in tema con il d.lgs. n. 270 del 1993, e, pertanto, non rispettoso dei principi fondamentali da questo fissati.

2. – La questione di legittimità costituzionale relativa all’art. 1, comma 4, della legge regionale dell’Abruzzo n. 13 del 2010 non è fondata, in quanto la doglianza si basa su una non corretta esegesi della disposizione regionale denunciata.

Questa, stabilendo che «Il Ministro della Salute e le Regioni possono attribuire ulteriori compiti e funzioni di interesse nazionale, comunitario e internazionale e regionale», non altera il riparto di competenze di cui all’art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 270 del 1993, che attribuisce al Ministero della sanità il potere di assegnare agli IZS «compiti e funzioni di interesse nazionale, comunitario ed internazionale». Essa, infatti, nel ribadire tale competenza statale, si limita a riconoscere anche alle Regioni la facoltà di attribuire all’IZS dell’Abruzzo e del Molise ulteriori compiti e funzioni di interesse regionale.

Che questa sia la corretta lettura della normativa censurata si desume, innanzitutto, dalle argomentazioni svolte da questa Corte nella sentenza n. 124 del 1994 che valutava la legittimità costituzionale di alcune disposizioni del d.lgs. n. 270 del 1993. In essa si afferma che tale decreto legislativo – volto al riordino di detti istituti attraverso una nuova articolazione delle competenze statali, regionali e provinciali – concretizza una «equilibrata distribuzione di competenze tra Stato e Regioni», perché, dopo aver definito gli aspetti della competenza statale, prevede l’attribuzione alle Regioni «del compito di definire, attraverso il piano sanitario regionale, gli obiettivi e l’indirizzo per l’attività degli istituti». Con ciò esplicitamente riconoscendo, ben prima della modifica del riparto di competenze tra Stato e Regioni apportata dal novellato Titolo V della parte II della Costituzione, che era nella facoltà delle Regioni di attribuire agli IZS ulteriori compiti e funzioni di interesse regionale, come conseguenza delle attribuzioni ad esse affidate «di disciplinare le modalità gestionali, organizzative e di funzionamento» degli IZS, nonché «di esercitare funzioni di vigilanza amministrativa, di indirizzo e di verifica».

Poiché gli IZS, come sottolineato nel ricorso anche dalla stessa Avvocatura dello Stato, vengono ad operare non solo nel campo della tutela dell’igiene e sanità, ma anche della ricerca sperimentale scientifica (materia di competenza concorrente, alla quale inerisce, secondo la sentenza di questa Corte n. 166 del 2004, la finalità della «protezione e tutela degli animali impiegati a fini scientifici e sperimentali», che è propria di questi istituti di ricerca, in base a quanto si ricava dall’art. 125 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, recante norme sul «Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59») le conclusioni innanzi prospettate sono ribadite anche dalla giurisprudenza costituzionale più recente, che ha esaminato la questione con riferimento al parametro in parola. Questa Corte ha, infatti, già avuto modo di sottolineare, riguardo al riparto di competenze tra Stato e Regioni in tale materia, che «mentre non vi è dubbio che spetti allo Stato la determinazione dei programmi della ricerca scientifica a livello nazionale ed internazionale (art. 12-bis del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, recante “Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della L. 23 ottobre 1992, n. 421”)», non è da escludere che le Regioni possano comunque svolgere autonomamente una propria attività sui «singoli progetti dei quali ogni regione abbia assunto, specificamente, la responsabilità della realizzazione» (sentenza n. 422 del 2006).

E, d’altro canto, che la norma censurata non debba intendersi nel senso che essa autorizzi la Regione ad attribuire compiti e funzioni di interesse nazionale ed internazionale lo si desume dalla stessa lettura sistematica della legge regionale in cui la norma si colloca. Infatti, nel comma 3 (che precede quello censurato) del medesimo art. 1, il legislatore regionale rinvia, per l’individuazione dei compiti e delle funzioni proprie dell’istituto zooprofilattico, a quanto previsto al riguardo dalla disciplina statale, vale a dire dal d.lgs. n. 270 del 1993, e dal regolamento emanato in attuazione dell’art. 1, comma 5, del citato d.lgs., approvato con decreto ministeriale del 16 febbraio 1994, n. 190 (Regolamento recante norme per il riordino degli istituti zooprofilattici sperimentali, in attuazione dell’art. 1, comma 5, del decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 270).

3. – Fondata è, invece, la questione concernente l’art. 3, comma 4, della legge regionale in esame.

Il ricorrente ritiene che la norma regionale denunciata sia costituzionalmente illegittima, in quanto la stessa individua, quale componente ministeriale del collegio dei revisori, un rappresentante del Ministero della salute in luogo di un rappresentante del Ministero dell’economia e delle finanze, diversamente da quanto disposto dal legislatore statale con il principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica rappresentato dall’art. 16 della legge n. 196 del 2009, che ha, appunto, individuato come necessaria, negli organi collegiali di revisione contabile delle amministrazioni pubbliche, la presenza di un rappresentante del Ministero dell’economia, al fine di dare attuazione alle prioritarie esigenze di controllo e di monitoraggio degli andamenti della finanza pubblica.

Invero, la problematica dell’indicazione di un solo rappresentante ministeriale deriva dalla già ricordata sentenza della Corte costituzionale n. 124 del 1994, che ha ritenuto fondata la censura mossa all’art. 3, comma 4, del d.lgs. n. 270 del 1993, nella parte in cui questo attribuiva «al Ministro della sanità ed al Ministro del Tesoro il potere di designare due dei tre componenti del collegio dei revisori», ritenendo che «la strumentalità che lega gli istituti (zooprofilattici) sia allo Stato che alle Regioni e alle Province autonome» imponesse la declaratoria di incostituzionalità della disposizione che stabiliva la prevalenza della componente statale.

Peraltro, nessuna indicazione utile può trarsi da questo precedente giurisprudenziale quanto all’identificazione del Ministro competente a nominare il componente del collegio, là dove la disciplina dichiarata illegittima costituzionalmente veniva a porre i due Ministri su un piano equivalente.

Fermo restando che è da escludere che possa essere il legislatore regionale ad individuare l’amministrazione statale competente, è fondata l’evocazione, fatta dal ricorrente, dell’art. 16 della legge n. 196 del 2009 come principio fondamentale in materia di coordinamento della finanza pubblica da prendere a riferimento. Tale articolo stabilisce che: «Al fine di dare attuazione alle prioritarie esigenze di controllo e di monitoraggio degli andamenti della finanza pubblica di cui all’articolo 14, funzionali alla tutela dell’unità economica della Repubblica, ove non già prevista dalla normativa vigente, è assicurata la presenza di un rappresentante del Ministero dell’economia e delle finanze nei collegi di revisione o sindacali delle amministrazioni pubbliche, con esclusione degli enti e organismi pubblici territoriali e, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 3-ter, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, degli enti ed organismi da questi ultimi vigilati, fermo restando il numero dei revisori e dei componenti del collegio».

Invero, ancor prima dell’emanazione della norma sopra richiamata, questa Corte aveva evidenziato che la piena attuazione del principio di coordinamento della finanza pubblica poteva determinare che la competenza statale non si esaurisse con l’esercizio del potere legislativo, ma implicasse anche «l’esercizio di poteri di ordine amministrativo, di regolazione tecnica, di rilevazione di dati e di controllo» (sentenza n. 376 del 2003). E, del resto, la Corte aveva messo in rilievo «il carattere “finalistico” dell’azione di coordinamento» e, quindi, l’esigenza che «a livello centrale» si potessero collocare anche «i poteri puntuali eventualmente necessari perché la finalità di coordinamento» venisse «concretamente realizzata» (sempre sentenza n. 376 del 2003).

Nella sentenza di questa Corte n. 370 del 2010 si rileva, poi, come l’attività svolta dai servizi ispettivi di finanza pubblica spetti allo Stato, in quanto essa è propedeutica all’esercizio della funzione di coordinamento della finanza pubblica, e si richiama l’art. 28, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato), che esplicitamente attribuisce al Ministero dell’economia e delle finanze il compito di acquisire ogni utile informazione «allo scopo di assicurare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica».

In questa prospettiva, il già ricordato art. 16 della legge n. 196 del 2009 si pone come vera e propria norma di principio che stabilisce una specifica modalità di concretizzazione della finalità di coordinamento della finanza pubblica.

Pertanto, il mancato uniformarsi dell’art. 3, comma 4, della legge regionale abruzzese n. 13 del 2010 al dettato dell’art. 16 della legge n. 196 del 2009, con l’errata individuazione quale componente del Collegio dei revisori, in rappresentanza dello Stato, del Ministro della salute in luogo di quello dell’economia e delle finanze, comporta che la questione di legittimità costituzionale della norma regionale in esame debba essere ritenuta fondata per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost. con riferimento alla materia del coordinamento della finanza pubblica da parte dello Stato. Resta assorbita la questione sollevata in relazione alla materia «tutela della salute».

4. – È, altresì, da accogliere la censura relativa all’art. 4, comma 2, nella parte in cui stabilisce che il Ministro della salute provveda ad individuare ulteriori modalità di finanziamento, oltre a quelle richiamate al comma 1, per assicurare che «l’Istituto possa assolvere ai compiti nazionali e internazionali, svolti per il Ministero e per le Regioni».

Secondo la fondata censura del ricorrente, tale disposizione regionale – prevedendo anche per le Regioni «modalità di finanziamento ulteriori», rispetto a quelle previste dal precedente comma 1 (che rimanda a quanto dettato al riguardo dall’art. 6 del d.lgs. n. 270 del 1993), attraverso mezzi finanziari facenti parte del bilancio dello Stato – contrasta con quanto stabilito dall’art. 6, comma 2, lettera a), del d.lgs. n. 270 del 1993 e, quindi, con l’art. 117, terzo comma, Cost.

Il legislatore nazionale, prevedendo, infatti, rispettivamente, alla lettera a) e alla lettera c) del secondo comma dell’art. 6, che il finanziamento degli istituti zooprofilattici sia assicurato in parte dallo Stato, in parte «dalle regioni […] per le prestazioni poste a carico delle stesse», distingue chiaramente tra finanziamenti statali e regionali secondo che compiti o servizi siano stati assegnati all’Istituto dallo Stato o dalle Regioni. Diversamente, il legislatore regionale, con la disposizione censurata, pone a carico del Ministero della salute, quindi dello Stato, il compito di provvedere ad individuare ulteriori modalità di finanziamento affinché l’istituto possa assolvere, indistintamente, a compiti svolti per il Ministero e per le Regioni.

La norma oggetto di scrutinio prevedendo, quindi, forme di finanziamento statale per compiti anche di matrice regionale è costituzionalmente illegittima per contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost. in quanto viola un principio fondamentale in materia di coordinamento della finanza pubblica.

5. – In ragione della omogeneità e della reciproca connessione, è opportuno trattare congiuntamente le questioni relative ai commi 1 e 4 dell’art. 5 della legge della regione Abruzzo n. 13 del 2010, in riferimento all’art. 117, terzo comma. Cost.

5.1. – Le questioni non sono fondate perché si basano su un erroneo assunto interpretativo del ricorrente.

I commi censurati riguardano compiti e funzioni degli organi dell’Istituto zootecnico sperimentale “G. Caporale” ed il ricorrente li impugna sul presupposto che il loro contenuto deroghi significativamente ai principi previsti dall’art. 3 del d.lgs. n. 270 del 1993, in merito alle funzioni di indirizzo e di verifica, a quelle di gestione ed a quelle di controllo che vengono attribuite, rispettivamente, al Consiglio di amministrazione, al direttore generale e al collegio dei revisori, nonché alla necessaria separazione tra le stesse.

La Regione, secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, con le disposizioni in esame, non avrebbe rispettato e garantito la ripartizione dettata al riguardo dal legislatore nazionale, definendo un assetto istituzionale dell’Istituto zooprofilattico abruzzese diverso da quello previsto dal legislatore statale per gli IZS a livello nazionale, e venendo, in tal modo, a violare l’art. 117, terzo comma, Cost.

5.2. – Nello specifico, il comma 1 dell’art. 5 della legge regionale n. 13 del 2010, stabilendo che: «Il Consiglio di Amministrazione esercita le funzioni d’indirizzo e controllo», contrasterebbe, a parere dell’Avvocatura dello Stato, sia con quanto previsto dall’art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 270 del 1993, secondo cui il consiglio di amministrazione ha solo «compiti di indirizzo, coordinamento e verifica dell’attività dell’Istituto», sia con il dettato del comma 5 dello stesso articolo che, richiamando l’art. 3 del d.lgs. n. 502 del 1993 (ora art. 3-ter, a seguito delle modifiche apportate dal d.lgs. n. 229 del 1999), attribuisce le funzioni di controllo al collegio dei revisori.

Il comma 4, poi, prevedendo che «Il Direttore Generale, nell’ambito delle direttive del Consiglio di Amministrazione, cura la gestione dell’Istituto», violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost, in quanto si porrebbe in contrasto con l’art. 3, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 270 del 1993 – secondo cui è il «Consiglio di amministrazione l’organo con compiti di indirizzo, coordinamento e verifica delle attività dell’Istituto» (comma 2), mentre «il Direttore generale è l’organo titolare della rappresentanza legale dell’istituto, della responsabilità della gestione complessiva dell’ente, nonché della direzione dell’attività scientifica» (comma 3) – poiché non rispetterebbe l’assetto dettato al riguardo dal legislatore statale con il preciso scopo di assicurare che le funzioni del Consiglio di amministrazione e del direttore generale restino reciprocamente indipendenti e su piani differenti.

Le censure non sono da accogliere, in quanto il ricorrente è incorso in una erronea interpretazione circa il contenuto da attribuire alla disposizione regionale.

Infatti, con riguardo a quanto concerne le funzioni del Consiglio di amministrazione (art. 5, comma 1, della citata legge regionale), la disposizione impugnata, affermando che «Il Consiglio di Amministrazione esercita le funzioni d’indirizzo e controllo», non si discosta da quanto previsto dal legislatore statale riguardo alle funzioni attribuite al Consiglio di amministrazione, così come indicate nell’ultimo periodo dell’art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 270 del 1993 ove si afferma che: «Il consiglio di amministrazione ha compiti di indirizzo, coordinamento e verifica delle attività dell’istituto». Del resto, che verifica e controllo siano da considerare equivalenti, si può trarre anche dall’art. 4, comma 4, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), ove il legislatore statale, relativamente agli organi di vertice delle amministrazioni pubbliche, che non siano direttamente o indirettamente espressione di rappresentanza politica, stabilisce che essi adeguino «i propri ordinamenti al principio della distinzione tra indirizzo e controllo, da un lato, e attuazione e gestione dall’altro».

Al riguardo, è da sottolineare che il termine «verifica», utilizzato dal legislatore statale per indicare uno dei compiti affidati al Consiglio di amministrazione relativamente alle attività dell’Istituto, è lessicalmente sinonimo del termine «controllo» utilizzato dal legislatore regionale ed è riferito al riscontro sul buon andamento delle attività dell’Istituto, il quale, sia nella configurazione astratta sia nella realizzazione pratica, non coincide con il controllo contabile affidato al collegio dei revisori (art. 3, comma 4, del d.lgs. n. 270 del 1993) ma si sostanzia in una verifica in ordine alla circostanza che l’amministrazione – al cui vertice è il direttore generale – si conformi nell’azione gestionale agli indirizzi dati dal Consiglio stesso nell’ambito dei suoi poteri-doveri.

5.3. – Analoghe osservazioni possono avanzarsi per quanto riguarda l’interpretazione da dare al dettato del comma 4 del medesimo art. 5 della legge regionale abruzzese, poiché anche in questo caso il ricorrente è incorso in un’errata interpretazione della norma censurata.

Infatti, il comma 4 della citata norma regionale, là dove prevede che «il Direttore generale, nell’ambito delle direttive del Consiglio di Amministrazione, cura la gestione dell’Istituto», non si discosta da quanto sostanzialmente previsto dal legislatore statale con l’art. 3, comma 3, del d.lgs. n. 270 del 1993, che assegna al direttore generale, oltre alla rappresentanza legale dell’Istituto, il compito di gestirlo e di dirigerne l’attività scientifica.

Risulta chiaro, come sopra si è evidenziato quando si è richiamato il contenuto del d.lgs. n. 165 del 2001, che i due organi operano su piani diversi , in coerenza, del resto, con il più generale assetto organizzativo della Pubblica amministrazione. Al riguardo, anche la giurisprudenza di questa Corte, affrontando le problematiche relative agli incarichi dirigenziali ed alla loro attribuzione e decadenza, si è richiamata al principio di distinzione tra funzioni di indirizzo e controllo e funzioni di gestione amministrativa (sentenza n. 390 del 2008).

Al Consiglio di amministrazione compete, infatti, l’individuazione delle linee di indirizzo dell’attività dell’Istituto ed il controllo sull’effettiva conformazione alle stesse: mentre al direttore generale – direttamente nominato dalla Regione – spetta il compito di gestire l’attività dell’istituto, secondo gli indirizzi del Consiglio, nonché di dirigere l’attività scientifica (come sottolineato già nella sentenza n. 124 del 1994).

5.4. – Ugualmente non fondata è, infine, l’ulteriore censura, relativa ai due citati commi, avanzata dal ricorrente, poiché, nella sua genericità ed apoditticità, essa risulta, in sostanza, ripetitiva delle precedenti argomentazioni avanzate in riferimento alle medesime disposizioni.

[ELG:DISPOSITIVO]

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt. 3, comma 4, e 4, comma 2, della legge della Regione Abruzzo 5 maggio 2010, n. 13 (Funzionamento dell’Istituto Zooprofilattico sperimentale dell’Abruzzo e del Molise “G. Caporale” di Teramo);

dichiara non fondate le questioni di legittimità degli artt. 1, comma 4, e 5, commi 1 e 4, della medesima legge 5 maggio 2010, n. 13, promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 aprile 2011.

[ELG:FIRME]

F.to:

Ugo DE SIERVO, Presidente

Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria l'11 aprile 2011.

 

[ELG:ALLEGATO]

 [ELG:SOMMARIO]