Sentenza n. 118 del 2006

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SENTENZA  N. 118

ANNO 2006

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME  DEL  POPOLO  ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-  Annibale             MARINI                                                     Presidente

-  Franco                 BILE                                                           Giudice

-  Giovanni Maria   FLICK                                                                ”

-  Francesco            AMIRANTE                                                      ”

-  Ugo                     DE SIERVO                                                      ”

-  Romano              VACCARELLA                                                ”

-  Paolo                   MADDALENA                                                 ”

-  Alfio                   FINOCCHIARO                                               ”

-  Alfonso               QUARANTA                                                     ”

-  Franco                 GALLO                                                              ”

-  Gaetano              SILVESTRI                                                       ”

-  Sabino                 CASSESE                                                          ”

-  Maria Rita           SAULLE                                                            ”

-  Giuseppe             TESAURO                                                         ”

ha pronunciato la seguente                                             

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 111 e 153, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2005) promosso con ricorso della Regione Friuli-Venezia Giulia notificato il 28 febbraio 2005, depositato in cancelleria il successivo 3 marzo ed iscritto al n. 28 del registro ricorsi 2005.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 21 febbraio 2006 il Giudice relatore Alfonso Quaranta;

uditi l’avvocato Giandomenico Falcon per la Regione Friuli-Venezia Giulia e l’avvocato dello Stato Filippo Arena per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.— La Regione Friuli-Venezia Giulia ha proposto questione di legittimità costituzionale di diverse disposizioni della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2005).

2.— La Regione ha impugnato – tra le altre – le disposizioni contenute nell’art. 1, commi 111 e 153, deducendo, in particolare, la violazione dell’art. 5, numeri 6 e 18, dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia, degli articoli 117, quarto e sesto comma, 118 e 119 della Costituzione, in relazione all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), nonché del principio di leale collaborazione tra lo Stato e le Regioni.

L’art. 1, comma 111, della legge n. 311 del 2004 prevede che, «allo scopo di favorire l’accesso delle giovani coppie alla prima casa di abitazione, è istituito, per l’anno 2005, presso il Ministero dell’economia e delle finanze, un fondo per il sostegno finanziario all’acquisto di unità immobiliari da adibire ad abitazione principale in regime di edilizia convenzionata da cooperative edilizie, aziende territoriali di edilizia residenziale pubbliche ed imprese private. La dotazione finanziaria del predetto fondo per l’anno 2005 è fissata in 10 milioni di euro. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze di concerto con i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti e per le pari opportunità, sono fissati i criteri per l’accesso al fondo e i limiti di fruizione dei benefici di cui al presente comma».

Il successivo comma 153 stabilisce che «nell’ambito del Fondo nazionale per le politiche sociali di cui all’articolo 59, comma 44, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, è destinata una quota di 500.000 euro per l’anno 2005 per l’istituzione di un Fondo speciale al fine di promuovere le politiche giovanili finalizzate alla partecipazione dei giovani sul piano culturale e sociale nella società e nelle istituzioni, mediante il sostegno della loro capacità progettuale e creativa e favorendo il formarsi di nuove realtà associative nonché consolidando e rafforzando quelle già esistenti».

3.— La ricorrente afferma che l’art. 1, comma 111, della legge n. 311 del 2004, attiene alle politiche sociali e all’edilizia residenziale pubblica, materie nelle quali la Regione ha competenza legislativa residuale. La norma violerebbe, altresì, l’autonomia amministrativa e finanziaria della Regione, nella misura in cui, anziché trasferire a quest’ultima le risorse, prevede un fondo statale settoriale.

Ricorda, quindi, come già l’art. 60 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), conferiva alle Regioni nella materia dell’edilizia residenziale pubblica, pur in presenza di una potestà legislativa concorrente, un ampio spettro di funzioni amministrative; deduce, pertanto, come oggi, in ragione del nuovo Titolo V della Costituzione, la disposizione impugnata debba ritenersi, a maggior ragione, lesiva.

3.1.— La Regione Friuli-Venezia Giulia a sostegno delle proprie tesi difensive richiama alcuni principi enunciati dalla giurisprudenza della Corte. In primo luogo, l’affermazione che «il tipo di ripartizione delle materie fra Stato e Regioni di cui all’art. 117 Cost., vieta comunque che in una materia di competenza legislativa regionale, in linea generale, si prevedano interventi finanziari statali seppur destinati a soggetti privati, poichè ciò equivarrebbe a riconoscere allo Stato potestà legislative e amministrative sganciate dal sistema costituzionale di riparto delle rispettive competenze» (sentenza n. 320 del 2004). Quindi la ricorrente ripercorre le argomentazioni contenute nella sentenza n. 423 del 2004, rilevando come la Corte ha riaffermato il principio secondo cui «opera, fino all’attuazione dell’art. 119 della Costituzione, un ulteriore limite per il legislatore statale, rappresentato dal divieto imposto di procedere in senso inverso a quanto oggi prescritto dall’art. 119 della Costituzione, e così di sopprimere semplicemente, senza sostituirli, gli spazi di autonomia già riconosciuti dalle leggi statali in vigore, alle Regioni e agli enti locali, o di procedere a configurare un sistema finanziario complessivo che contraddica i principi del medesimo art. 119». Nella sentenza da ultimo richiamata, inoltre, la Corte – nel dichiarare l’illegittimità costituzionale della prevista destinazione di almeno il 10 per cento delle risorse del fondo nazionale per le politiche sociali a sostegno delle politiche in favore delle famiglie di nuova costituzione, in particolare per l’acquisto della prima casa di abitazione e per il sostegno della natalità – ha ritenuto che la previsione di un preciso vincolo di destinazione nell’utilizzo delle risorse da assegnare alle Regioni si pone in contrasto con i criteri e i limiti che presiedono all’attuale sistema di autonomia finanziaria regionale, delineato dal nuovo art. 119 della Costituzione, che non consentono finanziamenti di scopo non riconducibili a funzioni di spettanza statale.

3.2.— La ricorrente sospetta di illegittimità costituzionale anche la prevista attribuzione al Ministro di «un potere sostanzialmente regolamentare» per la disciplina della gestione del fondo, in ragione del divieto stabilito dall’art. 117, sesto comma, della Costituzione, in riferimento all’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001.

4.— La difesa regionale assume che alla materia “politiche sociali” attiene anche l’art. 1, comma 153, della legge n. 311 del 2004, la cui formulazione dà adito a dubbi interpretativi. Non è, infatti, chiaro se la disposizione intenda riferirsi ad un fondo vincolato, da ripartire tra le Regioni, o ad un fondo da erogare direttamente ai privati. In entrambi i casi la norma risulta lesiva dell’autonomia legislativa, amministrativa e finanziaria regionale nella suddetta materia, che rientra nella competenza residuale della Regione, ex art. 117, quarto comma, della Costituzione, in relazione all’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001. Qualora la norma dovesse essere intesa quale istitutiva di un intervento statale diretto sarebbe, altresì, violato il principio di leale collaborazione.

5.— È intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ed ha chiesto la questione sia dichiarata non infondata.

La difesa erariale premette che l’autonomia delle Regioni a statuto speciale è salvaguardata dall’art. 1, comma 38, della legge n. 311 del 2004, il quale stabilisce che, per gli esercizi 2005, 2006 e 2007, le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano concordano, entro il 31 marzo di ciascun anno, con il Ministero dell’economia e delle finanze, il livello delle spese correnti e in conto capitale, nonché dei relativi pagamenti, in coerenza con gli obiettivi di finanza pubblica.

Detta norma, a sua volta, si raccorda con l’art. 1, comma 569, della medesima legge, il quale prevede che le disposizioni in quest’ultima contenute sono applicabili nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti, quindi, con il pieno rispetto della autonomia loro riconosciuta.

5.1.— Con specifico riguardo alle censure sollevate dalla Regione in relazione all’art. 1, comma 111, della legge n. 311 del 2004, il Presidente del Consiglio dei ministri osserva, inoltre, che è rimesso ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottarsi di concerto con i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti e per le pari opportunità, la fissazione dei criteri per l’accesso al fondo e i limiti di fruizione dei benefici, per cui «ogni questione è prematura». Ciò anche in ragione della possibile concretizzazione del beneficio nella forma di credito a valere sulle imposte di registro e catastali dovute dall’acquirente, rientrante nell’ambito della potestà legislativa esclusiva dello Stato ex art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione.

5.2.— In ordine all’art. 1, comma 153, della legge sopra richiamata, l’Avvocatura dello Stato osserva, in particolare, che la previsione di un fondo, nel bilancio statale, attiene al sistema tributario e contabile dello Stato (art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., e che, pertanto, la Regione potrà far valere le sue ragioni solo quando saranno determinate le modalità di utilizzazione del fondo stesso.

6.— In prossimità dell’udienza, sia la Regione Friuli-Venezia Giulia sia l’Avvocatura dello Stato hanno depositato memorie, con le quali hanno ribadito le difese svolte confermando le conclusioni già rassegnate.

Considerato in diritto

1.— La Regione Friuli-Venezia Giulia, con il ricorso in epigrafe, ha impugnato diverse disposizioni della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2005), per asserito contrasto con l’art. 5, numeri 6 e 18, della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), con l’art. 117, quarto e sesto comma, della Costituzione, in relazione all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), nonché con il principio di leale collaborazione.

2.— Riservata a separate pronunce la decisione sull’impugnazione delle altre disposizioni contenute nella citata legge, viene in esame in questa sede quella relativa ai commi 111 e 153 dell’art. 1 della stessa legge n. 311 del 2004, che presentano taluni profili di analogia, in quanto entrambi prevedono la istituzione di fondi speciali a destinazione vincolata, incidendo illegittimamente – secondo la prospettazione della ricorrente – su sfere di competenza regionale e violando, in particolare, lo statuto di autonomia della medesima.

3.— Preliminarmente deve essere esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza attuale di interesse.

L’eccezione non è fondata.

Le questioni di legittimità costituzionale di leggi devono essere proposte, in via principale, entro il termine di decadenza fissato dall’art. 127 della Costituzione, dal che discende che la lesione della sfera di competenza lamentata dalla ricorrente presuppone soltanto l’esistenza della legge oggetto di censura, a prescindere dal fatto che essa abbia avuto concreta attuazione, ed essendo sufficiente che essa sia applicabile, ancorché non immediatamente (sentenza n. 234 del 2005).

4.— Deve essere, altresì, respinta la tesi, prospettata dall’Avvocatura generale dello Stato, secondo la quale non vi sarebbe, ab origine, materia del contendere per la non applicabilità alla Regione ricorrente delle disposizioni censurate. In particolare, l’Avvocatura - dopo aver premesso che l’autonomia delle Regioni a statuto speciale, qual è la ricorrente, è salvaguardata dall’art. 1, comma 38, della impugnata legge n. 311 del 2004 (il quale prevede che per gli esercizi 2005, 2006 e 2007 le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano concordino, entro il 31 marzo di ciascun anno, con il Ministero dell’economia e delle finanze, il livello delle spese correnti e in conto capitale, nonché dei relativi pagamenti, in coerenza con gli obiettivi di finanza pubblica) - afferma che «gli obiettivi di finanza pubblica costituiscono (…) il limite di ordine generale entro il quale il livello delle spese correnti e in conto capitale dovrà essere fissato con il consenso delle Regioni a statuto speciale». La difesa dello Stato argomenta, quindi, che, dovendo la suindicata disposizione raccordarsi con il comma 569 del medesimo art. 1, il quale prevede che le norme della legge stessa sono applicabili alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome solo in quanto compatibili con le norme dei rispettivi statuti, deve ritenersi pienamente rispettata l’autonomia di tali enti. Di qui la deduzione della infondatezza del gravame nel suo complesso.

In contrario, deve ritenersi che, da un lato, la clausola di salvaguardia contenuta nel comma 569 è troppo generica per giustificare tale conclusione, mentre, dall’altro, non risulta neppure precisato quali norme della legge finanziaria in questione dovrebbero considerarsi non applicabili alla ricorrente per incompatibilità con lo statuto speciale e quali, invece, dovrebbero ritenersi applicabili. Il richiamo, pertanto, al comma 38 dell’art. 1 non consente di ritenere superata la necessità di procedere alla disamina di merito delle singole questioni di legittimità costituzionale proposte con il ricorso della Regione. Né a diverse conclusioni può pervenirsi in relazione a quanto affermato da questa Corte nelle sentenze n. 287 e n. 263 del 2005, le quali hanno avuto ad oggetto distinte fattispecie e distinte normative.

5.— Quanto alle questioni specifiche, deve essere esaminata, nell’ordine, quella diretta a censurare il comma 111 dell’art. 1 della legge impugnata. Detto comma dispone che, «allo scopo di favorire l’accesso delle giovani coppie alla prima casa di abitazione, è istituito, per l’anno 2005, presso il Ministero dell’economia e delle finanze, un fondo per il sostegno finanziario all’acquisto di unità immobiliari da adibire ad abitazione principale in regime di edilizia convenzionata da cooperative edilizie, aziende territoriali di edilizia residenziale pubbliche ed imprese private». La norma prosegue disponendo che, «con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze di concerto con i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti e per le pari opportunità, sono fissati i criteri per l’accesso al fondo e i limiti di fruizione dei benefici di cui al presente comma».

6.— La ricorrente, richiamandosi anche a precedenti giurisprudenziali di questa Corte, censura le disposizioni contenute nel citato comma 111, deducendo che esse incidono «su materie che spettano alla competenza regionale piena», vale a dire “politiche sociali” ed “edilizia residenziale pubblica”, con violazione dell’art. 117, quarto comma, della Costituzione, dell’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 e dell’art. 5, numeri 6 e 18, dello statuto speciale della Regione.

Ricordato che già l’art. 60 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del Capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), aveva attribuito alle Regioni nella materia dell’edilizia residenziale pubblica, pur in presenza di una potestà legislativa non esclusiva, una ampia gamma di funzioni amministrative, la ricorrente deduce che palese si presenta il contrasto con i citati parametri dopo la novella costituzionale del 2001, sicché le norme impugnate si porrebbero in violazione dell’autonomia amministrativa e finanziaria delle Regioni, in quanto, anziché trasferire le risorse finanziarie pro quota alla ricorrente, ne prevedono l’erogazione attraverso un fondo statale. Inoltre, sarebbe illegittima la parte della norma che attribuisce un potere sostanzialmente regolamentare al Ministro per la gestione del fondo, con violazione del sesto comma dell’art. 117 della Costituzione. In subordine, sussisterebbe – comunque – la violazione del principio di leale collaborazione, non essendo stata prevista alcuna forma di intesa con le Regioni ai fini dell’adozione del decreto ministeriale.

7.— Con specifico riferimento all’impugnato comma 111, l’Avvocatura generale dello Stato, nella memoria di costituzione in giudizio, ha proposto un’ulteriore eccezione.

Si deduce, in particolare, che, essendo stata prospettata in sede interministeriale la possibilità che il beneficio si concretizzi in un «credito a valere sulle imposte di registro e catastali dovute dall’acquirente», si verterebbe in materia di competenza legislativa esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma, lettera e, della Costituzione).

L’eccezione non è fondata.

Deve, infatti, ritenersi irrilevante – agli effetti dello scrutinio di costituzionalità della norma censurata – la circostanza che sia stata prospettata l’eventualità di concretizzare il beneficio in un credito di imposta. Anche ove tale eventualità si traducesse in concreta iniziativa attuativa, egualmente il contenuto del decreto non potrebbe avere alcuna influenza sulla questione di costituzionalità sollevata con il ricorso. E ciò indipendentemente dalla osservazione, formulata dalla difesa regionale ed in sé condivisibile, secondo cui il beneficio fiscale a favore dell’acquirente dell’immobile necessiterebbe, a monte, di una apposita norma legislativa che non risulta essere stata adottata, non essendo sufficiente, allo scopo, la mera previsione della istituzione di un fondo speciale, destinato a favorire l’accesso di giovani coppie alla prima casa di abitazione.

8.— Nel merito, la questione è fondata.

9.— La giurisprudenza di questa Corte ha avuto modo, ripetutamente, di affrontare la tematica della legittimità costituzionale di norme inserite nelle annuali leggi finanziarie, dirette alla istituzione di fondi speciali in materie riservate alla competenza esclusiva o concorrente delle Regioni (tra le altre, sentenze n. 231, n. 51 e n. 31 del 2005, n. 423 del 2004).

La Corte ha così precisato che non è consentita, nelle suddette materie, l’istituzione di fondi speciali o comunque la destinazione, in modo vincolato, di risorse finanziarie, senza lasciare alle Regioni e agli enti locali un qualsiasi spazio di manovra. E ciò anche nell’ipotesi in cui siano previsti interventi finanziari statali, nelle medesime materie, destinati direttamente a soggetti privati. Diversamente, attraverso l’imposizione di precisi vincoli di destinazione nell’utilizzo delle risorse da assegnare alle Regioni, si violerebbero i «criteri e limiti che presiedono all’attuale sistema di autonomia finanziaria regionale, delineato dal nuovo art. 119 della Costituzione, che non consentono finanziamenti di scopo per finalità non riconducibili a funzioni di spettanza statale» (sentenza n. 423 del 2004).

9.1.— Orbene, nella specie, con il comma 111 dell’art. 1, della legge n. 311 del 2004, sono state introdotte disposizioni che non trovano la loro fonte legittimatrice in alcuna delle materie di competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, della Costituzione. Pertanto, poiché si verte in materie nelle quali non è individuabile una specifica competenza statale, deve ritenersi sussistente la competenza della Regione.

Consegue che la disposizione impugnata è lesiva dell’autonomia finanziaria e amministrativa delle Regioni, alle quali la quota parte del fondo così istituito, a ciascuna spettante, dovrà essere assegnata genericamente per finalità sociali senza il suindicato vincolo di destinazione specifica.

Restano assorbite le ulteriori censure pure prospettate dalla ricorrente.

10.— La seconda disposizione oggetto di impugnazione regionale è contenuta nel comma 153 dell’art. 1 della medesima legge finanziaria.

Tale comma dispone che «nell’ambito del Fondo nazionale per le politiche sociali di cui all’art. 59, comma 44, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, è destinata una quota di 500.000 euro per l’anno 2005 per l’istituzione di un Fondo speciale al fine di promuovere le politiche giovanili finalizzate alla partecipazione dei giovani sul piano culturale e sociale nella società e nelle istituzioni, mediante il sostegno della loro capacità progettuale e creativa e favorendo il formarsi di nuove realtà associative nonché consolidando e rafforzando quelle già esistenti».

Anche per la citata norma la Regione Friuli-Venezia Giulia lamenta la violazione dell’art. 117, quarto comma, della Costituzione, in relazione all’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, atteso che l’intervento finanziario dello Stato non rientra nelle materie riservate alla competenza legislativa esclusiva dello stesso.

 Aggiunge, inoltre, la ricorrente che, «nel caso la disposizione preveda un intervento statale diretto e questo fosse ritenuto giustificato da esigenze di esercizio unitario (…), il comma 153 violerebbe comunque il principio di leale collaborazione, per la mancata previsione di un’intesa con le Regioni».

11.— La questione è fondata.

12.— In via preliminare deve rilevarsi l’infondatezza dell’argomentazione dell’Avvocatura generale dello Stato, ad avviso della quale, comunque, la previsione di un fondo nel bilancio dello Stato atterrebbe al sistema tributario e contabile dello Stato, che, in ragione di quanto disposto dall’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, rientra nella competenza legislativa esclusiva statale.

Questa Corte ha già precisato in più occasioni che la istituzione dei fondi a destinazione vincolata, ad opera delle leggi dello Stato, deve essere valutata in relazione alle specifiche materie sulle quali tali fondi vanno ad incidere, restando estranea alla tematica in discussione l’attinenza degli stessi al sistema tributario e contabile dello Stato.

Chiarito ciò, deve ribadirsi quanto si è rilevato per il comma 111 e per il relativo fondo, valendo le medesime considerazioni anche per quello istituito dal comma 153. La norma impugnata, infatti, viola l’autonomia finanziaria ed amministrativa delle Regioni, in quanto destina, in modo vincolato, risorse in una materia non riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, della Costituzione. Nella specie, inoltre, l’illegittimità costituzionale della disposizione impugnata appare vieppiù evidente, qual è considerando che le somme destinate a costituire il nuovo fondo speciale sono tratte dalle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali di cui all’art. 59, comma 44, delle legge 449 del 1997, vale a dire da un fondo nazionale a prevalente destinazione regionale. Nè è dato individuare un qualsiasi titolo che giustifichi l’intervento finanziario diretto dello Stato, tanto nell’ipotesi in cui il fondo speciale per i giovani debba essere ripartito tra le Regioni, quanto nel caso in cui lo stesso debba essere erogato dallo Stato direttamente a favore di soggetti privati; alternativa questa non sciolta dalle norme, che nulla dispongono a tale riguardo.

Consegue da quanto innanzi rilevato che deve essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 153, della legge impugnata, il quale sottrae, con la destinazione vincolata ivi prevista, dal Fondo per le politiche sociali oggetto di ripartizione tra le Regioni, la somma di euro 500.000 per l’anno 2005. E resta fermo che la quota parte di tale somma reintegrata nel Fondo predetto potrà essere dalle Regioni medesime utilizzata, nella misura spettante a ciascuna di esse, ivi compresa la ricorrente, per finalità sociali con discrezionale apprezzamento degli scopi da perseguire.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riservata a separate pronunce la decisione delle questioni di legittimità costituzionale, sollevate dalla Regione Friuli-Venezia Giulia nei confronti di altre disposizioni della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2005), con il ricorso indicato in epigrafe;

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, commi 111 e 153, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 marzo 2006.

Annibale MARINI, Presidente

Alfonso QUARANTA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 24 marzo 2006.