Ordinanza n. 96 del 2006

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N. 96

ANNO 2006

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME  DEL  POPOLO  ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-  Franco                 BILE                                                           Presidente

-  Giovanni Maria   FLICK                                                           Giudice

-  Francesco            AMIRANTE                                                      ”

-  Ugo                     DE SIERVO                                                      ”

-  Romano              VACCARELLA                                                ”

-  Paolo                   MADDALENA                                                 ”

-  Alfio                   FINOCCHIARO                                               ”

-  Alfonso               QUARANTA                                                     ”

-  Franco                 GALLO                                                              ”

-  Gaetano              SILVESTRI                                                       “

-  Sabino                 CASSESE                                                          “

-  Maria Rita           SAULLE                                                            “

-  Giuseppe             TESAURO                                                         “

ha pronunciato la seguente                                                         

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 126-bis, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), introdotto dall’art. 7, comma 1, del decreto legislativo 15 gennaio 2002, n. 9 (Disposizioni integrative e correttive del nuovo codice della strada, a norma dell’articolo 1, comma 1, della legge 22 marzo 2001, n. 85), nel testo risultante all’esito della modifica apportata dall’art. 7, comma 3, lettera b), del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), come convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2003, n. 214, promossi con ordinanze del 24 gennaio 2005 dal Giudice di pace di Gravina in Puglia, nel procedimento civile vertente tra Chieffi Gabriella e il Comune di Gravina in Puglia, e del 20 giugno 2004 dal Giudice di pace di Dolo, nel procedimento civile vertente tra Bettin Caterina e il Prefetto di Venezia, iscritte ai nn. 467 e 473 del registro ordinanze 2005 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 39 e 40, prima serie speciale, dell’anno 2005.

Udito nella camera di consiglio dell’8 febbraio 2006 il Giudice relatore Alfonso Quaranta.

Ritenuto che il Giudice di pace di Gravina in Puglia, con ordinanza del 24 gennaio 2005 (r.o. n. 467 del 2005), ed il Giudice di pace di Dolo, con ordinanza del 29 giugno 2004 (r.o. n. 473 del 2005), hanno sollevato questione di legittimità costituzionale – ipotizzando il contrasto con gli artt. 3, 24 e 27 della Costituzione –  dell’art. 126-bis, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), introdotto dall’art. 7, comma 1, del decreto legislativo 15 gennaio 2002, n. 9 (Disposizioni integrative e correttive del nuovo codice della strada, a norma dell’articolo 1, comma 1, della legge 22 marzo 2001, n. 85), nel testo risultante all’esito della modifica apportata dall’art. 7, comma 3, lettera b), del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2003, n. 214;

che, in particolare, il primo dei due giudici rimettenti – nel premettere di dover decidere dell’opposizione proposta avverso un verbale della polizia municipale di Gravina in Puglia con il quale si è contestata, al ricorrente nel giudizio a quo, l’infrazione stradale di cui all’art. 146, commi 1 e 3, del medesimo codice della strada (infrazione comportante, «quale sanzione accessoria, la decurtazione di sei punti dalla patente di guida») – ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 126-bis, comma 2, del codice della strada, nella parte in cui prevede che, «nel caso in cui il conducente non sia stato identificato al momento dell’accertamento dell’illecito», la decurtazione del punteggio dalla patente di guida vada «attribuita, se munito di patente, al proprietario del veicolo, salvo che questi, entro trenta giorni dalla notifica del verbale di contestazione, non comunichi chi era effettivamente alla guida del mezzo al momento dell’accertamento»;

che il predetto Giudice di pace di Gravina in Puglia reputa siffatta questione «rilevante nel giudizio in corso e non manifestamente infondata», giacché «la decurtazione dei punti ad un soggetto diverso dall’autore della violazione risulterebbe applicata a titolo di responsabilità oggettiva», istituto estraneo al vigente sistema sanzionatorio sia penale che amministrativo, posto che l’art. 27, primo comma, della Costituzione «stabilisce che la responsabilità è personale», enunciando – a dire del rimettente – un principio «implicito», quanto agli illeciti amministrativi, nella stesso art. 3 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale);

che il predetto art. 126-bis, comma 2, del codice della strada – sempre secondo il medesimo Giudice a quo – «appare altresì censurabile nella parte in cui prevede l’obbligo di denuncia, a carico del proprietario, del responsabile della violazione», sebbene «gli organi di polizia non siano riusciti ad identificarlo», in quanto tale obbligo appare ad un tempo «limitativo» del diritto di difesa ed «irragionevole», non potendo il proprietario del veicolo «sapere con certezza chi fosse esattamente alla guida» dello stesso «al momento dell’accertata violazione», vale a dire se si tratti proprio della persona cui il veicolo era stato affidato o, invece, di altro soggetto;

che il Giudice di pace di Dolo, a sua volta, ha sollevato analoga questione di legittimità costituzionale dell’art. 126-bis, comma 2, del codice della strada, ipotizzando, in primo luogo, il contrasto tra tale disposizione e l’art. 3 della Carta fondamentale;

che, a suo dire, ove si riconosca alla decurtazione del punteggio dalla patente di guida «natura cautelare», ricorrerebbe una violazione del principio di ragionevolezza, «non comprendendosi quale finalità cautelare possa perseguirsi» applicando tale misura «ad un soggetto diverso da quello che ha commesso l’illecito»;

che, non diversamente, ove si riconosca a siffatta misura la natura di una vera e propria sanzione, ricorrerebbe – sempre a dire del medesimo rimettente – un ulteriore «elemento di irragionevolezza» (oltre che un profilo di «violazione del principio di eguaglianza»), considerato che quella in esame costituirebbe «una sanzione intermittente o eventuale, essendo applicabile solo se il proprietario sia una persona munita di patente», né potendo inoltre sottacersi – sempre sotto il profilo del difetto di ragionevolezza della disposizione impugnata – tanto «l’oggettiva impossibilità» per il proprietario del veicolo di ottemperare all’obbligo di comunicazione impostogli (potendo egli «al massimo fornire i dati della persona a cui aveva affidato il veicolo», e non pure «dichiarare che il conducente che ha commesso l’infrazione» sia proprio tale persona), quanto l’arbitrarietà di un meccanismo che, in caso di infrazione stradale commessa mediante un veicolo di proprietà di una persona giuridica, verrebbe a colpire il legale rappresentante della stessa, e dunque un soggetto «non necessariamente partecipe della violazione»;

che, infine, ulteriori censure sono formulate ai sensi degli artt. 27 e 24 della Costituzione, evidenziandosi – da un lato – come «la decurtazione dei punti ad un soggetto diverso dall’autore della violazione risulterebbe applicata a titolo di responsabilità oggettiva» (e dunque in forza di un «istituto estraneo al vigente diritto sanzionatorio penale ed amministrativo»), nonché – dall’altro – come l’obbligo di denuncia posto a carico del proprietario del veicolo (per giunta quando gli organi di polizia non siano riusciti ad identificare l’autore dell’illecito amministrativo) appaia limitativo del «diritto di difesa del cittadino».

Considerato che il Giudice di pace di Gravina in Puglia ed il Giudice di pace di Dolo hanno sollevato questione di legittimità costituzionale – ipotizzando il contrasto con gli artt. 3, 24 e 27 della Costituzione –  dell’art. 126-bis, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), introdotto dall’art. 7, comma 1, del decreto legislativo 15 gennaio 2002, n. 9 (Disposizioni integrative e correttive del nuovo codice della strada, a norma dell’articolo 1, comma 1, della legge 22 marzo 2001, n. 85), nel testo risultante all’esito della modifica apportata dall’art. 7, comma 3, lettera b), del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2003, n. 214;

che, attesa la sostanziale identità delle questioni sollevate, deve essere disposta la riunione dei relativi giudizi;

che questa Corte, chiamata medio tempore a giudicare della conformità a Costituzione dell’art. 126-bis, comma 2, del d.lgs. n. 285 del 1992, ha già concluso nel senso dell’illegittimità costituzionale di tale disposizione, affermando in particolare che essa «dà vita ad una sanzione assolutamente sui generis, giacché la stessa – pur essendo di natura personale – non appare riconducibile ad un contegno direttamente posto dal proprietario del veicolo e consistente nella trasgressione di una specifica norma relativa alla circolazione stradale» (sentenza n. 27 del 2005);

che questa Corte ha, quindi, già riconosciuto che «la peculiare natura della sanzione prevista dall’art. 126-bis» (e segnatamente la sua incidenza sulla «legittimazione soggettiva alla conduzione di ogni veicolo») «fa emergere l’irragionevolezza della scelta legislativa di porre la stessa a carico del proprietario del veicolo che non sia anche il responsabile dell’infrazione stradale» (così nuovamente la citata sentenza n. 27 del 2005);

che, alla stregua di tale circostanza si impone, pertanto, la restituzione degli atti ai giudici rimettenti, affinché gli stessi valutino se la sollevata questione di legittimità costituzionale possa ritenersi ancora rilevante alla luce di tale sopravvenuta decisione.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

ordina la restituzione degli atti al Giudice di pace di Gravina in Puglia ed al Giudice di pace di Dolo.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 marzo 2006.

Franco BILE, Presidente

Alfonso QUARANTA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 10 marzo 2006.