Sentenza n. 461 del 2005

SENTENZA N. 461

ANNO 2005

 

Commento alla decisione di

Federico Girelli

L’inammissibilità utiliter data

(nella Rubrica Studi di Consulta OnLine)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Annibale        MARINI                                                        Presidente

- Franco           BILE                                                                Giudice

- Giovanni Maria FLICK                                                               ”

- Francesco      AMIRANTE                                                         ”

- Ugo               DE SIERVO                                                         ”

- Romano         VACCARELLA                                                   ”

- Paolo             MADDALENA                                                    ”

- Alfio              FINOCCHIARO                                                  ”

- Alfonso         QUARANTA                                                        ”

- Franco           GALLO                                                                 ”

- Luigi              MAZZELLA                                                         ”

- Gaetano         SILVESTRI                                                          ”

- Sabino           CASSESE                                                             ”

- Maria Rita     SAULLE                                                               ”

- Giuseppe       TESAURO                                                            ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 6, della legge 25 luglio 1997, n. 238 (Modifiche ed integrazioni alla legge 25 febbraio 1992, n. 210, in materia di indennizzi ai soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni ed emoderivati), promosso con ordinanza del 23 luglio 2004 dal Tribunale di Trento, nel procedimento civile vertente tra Marchesini Marta e il Ministero della salute, iscritta al n. 931 del registro ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell’anno 2004.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 16 novembre 2005 il Giudice relatore Gaetano Silvestri.

Ritenuto in fatto

1.– Il Tribunale di Trento, in funzione di giudice del lavoro, ha sollevato, con ordinanza depositata il 23 luglio 2004, questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 2 e 3 della Costituzione, dell’art. 1, comma 6, della legge 25 luglio 1997, n. 238 (Modifiche ed integrazioni alla legge 25 febbraio 1992, n. 210, in materia di indennizzi ai soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni ed emoderivati), nella parte in cui non prevede che i benefici di cui alla medesima legge spettino anche al convivente more uxorio che risulti contagiato da uno dei soggetti di cui all’art. 1 della legge 25 febbraio 1992, n. 210 (Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati).

Il Tribunale premette in fatto di essere stato investito di un ricorso volto ad ottenere il riconoscimento del diritto di percepire l’indennizzo di cui alla legge n. 210 del 1992 da parte di una persona affetta da epatite cronica C da HCV correlata, manifestatasi nel 1991 e confermata a seguito di biopsia epatica nel 1993.

Il giudice rimettente aggiunge che, a detta della ricorrente, la patologia in questione è ascrivibile al contagio da parte del marito, anch’egli portatore di epatopatia cronica HCV, contratta a seguito di trasfusioni e trattamento con emoderivati; in particolare, l’infezione sarebbe stata trasmessa alla ricorrente per via parentale inapparente dal marito, con il quale, all’epoca del contagio, conviveva more uxorio e con il quale si è poi sposata in data 3 settembre 1994.

Il Tribunale di Trento precisa che alla ricorrente è stato negato (in data 10 settembre 2002) dalla Commissione medica ospedaliera di Verona il diritto all’indennizzo di cui alla legge n. 210 del 1992, in quanto la domanda è stata presentata (nel 1996) oltre il termine previsto dall’art. 3, comma 1, della legge n. 210 del 1992 e poiché risulterebbe esclusa l’esistenza di un nesso causale tra l’infezione da HCV ed il contagio dal marito. In particolare, i dubbi sull’esistenza del nesso causale, evidenziati dalla Commissione medica ospedaliera, deriverebbero dal fatto che il padre della ricorrente è, anch’egli, portatore del medesimo genotipo del virus.

Il rimettente precisa, inoltre, che il Ministero della salute, resistente nel giudizio a quo, ha fatto proprie le ragioni ostative enunciate dalla CMO di Verona, evidenziando sia l’esistenza di un fattore di rischio intrafamiliare (derivante dal fatto che anche il padre della ricorrente è portatore dello stesso virus), «cui dovrebbe essere attribuito rilievo causale preminente», sia la circostanza che il convivente more uxorio non è compreso tra i soggetti beneficiari delle provvidenze contemplate dalla legge n. 210 del 1992, nonostante l’allargamento del campo di applicazione della suddetta legge da parte della Corte costituzionale (sentenze numeri 27 del 1998, 423 del 2000 e 476 del 2002).

La ricorrente, oltre a ribadire che l’epatite cronica C da HCV sarebbe stata da lei contratta a seguito di contagio dal marito, ha chiesto, nel corso del giudizio a quo, che venga sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 e dell’art. 2, comma 6, della legge n. 210 del 1992, per contrasto con gli artt. 2 e 3 Cost.

Il giudice rimettente al riguardo osserva che è stato già accertato, a seguito di autonomo ricorso, e non è in contestazione tra le parti, che il marito della ricorrente abbia contratto l’epatite cronica HCV correlata in conseguenza di trasfusioni e trattamento con emoderivati; in secondo luogo, dichiara che non può essere accolta l’eccezione relativa alla scadenza del termine per la proposizione della domanda di indennizzo (previsto in tre anni dall’art. 3, comma 1, della legge n. 210 del 1992), in quanto, per il caso di epatiti post-trasfusionali verificatesi prima delle modifiche introdotte dalla legge n. 238 del 1997, la domanda è proponibile nell’ordinario termine di prescrizione decennale (Cass. civ., sez. lav., 23 aprile 2003, n. 6500). Il Tribunale di Trento aggiunge inoltre che, a seguito di CTU medico legale, è risultato che la fonte del contagio della ricorrente «deve individuarsi con ogni ragionevole certezza nell’attuale coniuge». Infine, afferma che, a seguito di deposizioni testimoniali, è stato accertato che, in epoca antecedente al matrimonio ed in particolare all’epoca in cui la ricorrente contrasse il virus HCV, tra la stessa e l’attuale marito vi era «un rapporto di vera e propria convivenza more uxorio caratterizzato dai connotati della stabilità, continuità e regolarità, ossia una vera e propria “famiglia di fatto”».

Premesso quanto sopra, il rimettente ritiene applicabile nel giudizio a quo l’art. 1, comma 6, della legge n. 238 del 1997, argomentando, altresì, l’impossibilità di dare alla disposizione in parola un’interpretazione analogica o estensiva in grado di ricomprendere tra i beneficiari dell’indennizzo anche il convivente more uxorio.

Rileva, inoltre, come la questione di legittimità costituzionale del detto art. 1, comma 6, non sia manifestamente infondata.

Sarebbe, innanzitutto, rinvenibile un contrasto con l’art. 2 Cost., in quanto, nonostante la giurisprudenza della Corte costituzionale abbia più volte ribadito l’impossibilità di assimilare la convivenza di fatto al rapporto di coniugio, la posizione del convivente more uxorio, a detta del rimettente, «merita in determinati casi riconoscimento, anche se i vincoli affettivi e solidaristici che ne scaturiscono troveranno tutela non già nell’art. 29 della Cost. ma nell’ambito della protezione, offerta dall’art. 2 Cost., dei diritti inviolabili dell’uomo nelle formazioni sociali».

Inoltre, la mancata estensione al convivente more uxorio dei benefici di cui alla legge n. 210 del 1992 pregiudicherebbe il diritto alla salute, rectius: il diritto a non subire menomazioni della propria sfera psicofisica per effetto di trasfusioni o somministrazioni di emoderivati; diritto, questo, riconducibile al novero dei diritti inviolabili dell’uomo.

Infine, sarebbe violato l’art. 3 Cost., sotto il profilo dell’irragionevolezza, in quanto, pur essendo diversa la condizione del coniuge da quella del convivente more uxorio, parrebbe irragionevole che gli stessi benefici che la legge n. 210 del 1992 riconosce al coniuge non debbano essere riconosciuti anche al convivente.

2.– è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, sostenendo l’inammissibilità della questione.

La difesa erariale rileva che il giudice rimettente, censurando la portata della norma denunciata nella parte in cui non prevede l’estensione dell’indennizzo di cui alla legge n. 210 del 1992, «mira» ad una sentenza di tipo additivo, tale da recare immediati maggiori oneri a carico della finanza pubblica senza l’indicazione, ex art. 81 Cost., delle relative fonti di finanziamento; per questa stessa ragione l’Avvocatura dello Stato ritiene che siano privi di rilevanza i richiami alle precedenti pronunzie di questa Corte che hanno esteso anche ai conviventi more uxorio la tutela di taluni diritti fondamentali.

La questione sarebbe inoltre inammissibile in quanto, secondo la difesa statale, non potrebbe escludersi la possibilità di una diversa interpretazione della norma censurata, tale da dare rilievo all’esistenza del rapporto di coniugio, non nel momento in cui si è verificato il contagio, ma in quello della richiesta dell’indennizzo.

Infine, la questione sarebbe infondata, «se non addirittura manifestamente infondata». In proposito, il richiamo alla sentenza n. 404 del 1988 – fatto dal rimettente – non pare, all’Avvocatura dello Stato, pertinente, trattandosi nell’un caso della tutela del diritto all’abitazione, nell’altro (qui preso in esame) di una «prestazione meramente patrimoniale esulante dall’area dell’inviolabilità, per non essere, tra l’altro, correlabile all’invocato diritto alla salute, tutelabile in generale per vie diverse da quella di natura indennitaria».

Considerato in diritto

1.– Il Tribunale di Trento, sezione lavoro, solleva questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 2 e 3 della Costituzione, dell’art. 1, comma 6, della legge 25 luglio 1997, n. 238 (Modifiche ed integrazioni alla legge 25 febbraio 1992, n. 210, in materia di indennizzi ai soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni ed emoderivati), nella parte in cui non prevede che i benefici in essa previsti spettino anche al convivente more uxorio, che risulti contagiato da uno dei soggetti di cui all’art. 1 della legge medesima.

2.– Occorre preliminarmente ricostruire la successione temporale di leggi che ha determinato una variazione nella portata della tutela, al fine di verificare il quadro normativo da cui partire per ogni valutazione inerente al presente giudizio.

La legge 25 febbraio 1992, n. 210 (Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati) istituiva un indennizzo per coloro che avessero riportato danni irreversibili da epatiti post-trasfusionali (art. 1, comma 3). La stessa legge prevedeva un termine di decadenza di tre anni nel caso di vaccinazioni e di dieci anni nel caso di infezioni da HIV decorrenti dal momento della presentazione della domanda in via amministrativa. Poiché nulla era previsto in modo specifico per i danneggiati da emotrasfusione, la giurisprudenza ha stabilito che non potesse essere esteso per analogia il termine previsto per le vaccinazioni e per le infezioni da HIV per il carattere eccezionale delle norme sulla decadenza, secondo il principio contenuto nell’art. 14 disp. prel. cod. civ., con la conseguenza dell’applicabilità alla fattispecie del termine ordinario di prescrizione di dieci anni (Cass. civ., sez. lav., 27 aprile 2001, n. 6130 e 23 aprile 2003, n. 6500).

Dopo una serie di decreti-legge, tutti non convertiti, che hanno apportato alla legge n. 210 del 1992 modifiche non rilevanti in questa sede, è intervenuto l’art. 6 del decreto-legge 28 agosto 1995, n. 362 (Disposizioni urgenti in materia di assistenza farmaceutica e di sanità), che ha apportato al testo originario dell’art. 2 della legge suddetta una modifica in base alla quale i benefici previsti venivano estesi altresì a coloro che risultassero contagiati dai soggetti di cui all’art. 1 (vaccinati, infettati da HIV ed emotrasfusi). Il medesimo articolo (comma 2) stabiliva che la nuova disciplina si applicasse per gli anni 1995 e 1996. Anche questo decreto-legge non è stato convertito, ma il suo contenuto è stato «riversato» in una serie di decreti-legge successivi ed infine gli effetti prodottisi sono stati fatti salvi dall’articolo unico della legge 17 gennaio 1997, n. 4 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 novembre 1996, n. 583, recante disposizioni urgenti in materia sanitaria). Tali decreti-legge, che contengono norme identiche a quella introdotta dal decreto-legge n. 362 del 1995, sono il decreto-legge 30 ottobre 1995, n. 448 (Disposizioni urgenti in materia di assistenza farmaceutica e di sanità) e il decreto-legge 29 dicembre 1995, n. 553 (Disposizioni urgenti in materia di assistenza farmaceutica e di sanità). Anche gli effetti prodotti da tali decreti-legge non convertiti sono stati fatti salvi dalla citata legge n. 4 del 1997.

È intervenuto successivamente l’art. 6 del decreto-legge 26 febbraio 1996, n. 89 (Disposizioni urgenti in materia di assistenza farmaceutica e di sanità), che ha ristretto la portata soggettiva della tutela, limitandola al coniuge contagiato da uno dei soggetti di cui all’art. 1 della legge n. 210 del 1992, nonché al figlio contagiato durante la gestazione. È stata inoltre mantenuta la previsione di applicabilità per gli anni 1995 e 1996. Identico contenuto è presente nel decreto-legge 26 aprile 1996, n. 224 (Disposizioni urgenti in materia di assistenza farmaceutica e di sanità). Questi ultimi due decreti-legge non sono stati convertiti ed i loro effetti sono stati anch’essi sanati dal citato articolo unico della legge n. 4 del 1997. Si sono quindi succeduti l’art. 6 del decreto-legge 1° luglio 1996, n. 344 (Interventi per le aree depresse e protette, per manifestazioni sportive internazionali, nonché modifiche alla legge 25 febbraio 1992, n. 210) e l’art. 7 del decreto-legge 30 agosto 1996, n. 450 (Interventi per le aree depresse e protette, per manifestazioni sportive internazionali, nonché modifiche alla legge 25 febbraio 1992, n. 210), di contenuto identico ai due precedenti. È intervenuto ancora l’art. 7 del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 548 (Interventi per le aree depresse e protette, per manifestazioni sportive internazionali, nonché modifiche alla legge 25 febbraio 1992, n. 210), di identico contenuto, convertito nella legge 20 dicembre 1996, n. 641 (Conversione in legge con modificazioni, del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 548, recante interventi per le aree depresse e protette, per manifestazioni sportive internazionali, nonché modifiche alla legge 25 febbraio 1992, n. 210), che ha fatto salvi altresì gli effetti degli ultimi due decreti-legge non convertiti (nn. 344 e 450). Il decreto-legge 4 aprile 1997, n. 92 (Modifiche ed integrazioni alla legge 25 febbraio 1992, n. 210, in materia di indennizzi ai soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni ed emoderivati) ha riprodotto integralmente il contenuto degli ultimi due decreti-legge citati, prevedendone l’applicazione limitatamente all’anno 1997. Anche questo decreto-legge non è stato convertito. Finalmente l’art. 1, comma 6, della legge 25 luglio 1997 n. 238, censurato dal giudice a quo, ha introdotto una norma stabile di uguale contenuto ed ha sanato gli effetti del decreto-legge n. 92 del 1997.

3.– Di tale complessa concatenazione di norme non v’è alcun cenno nell’ordinanza di rimessione. Sarebbe stato invece necessario che il giudice a quo avesse motivato, sia pure per escluderla, in ordine all’applicabilità ad una domanda presentata nel 1996 delle norme di legge vigenti in quell’anno, che risultano peraltro contenere una diversa estensione soggettiva della tutela. A partire dal decreto-legge n. 362 del 1995 fino al decreto-legge n. 89 del 1996, il diritto all’indennizzo spettava a tutti i terzi contagiati dagli emotrasfusi; dopo l’entrata in vigore di tale ultimo atto normativo, la tutela è stata limitata al coniuge ed al figlio contagiato durante la gestazione. Gli effetti di tutti i decreti-legge citati sono stati sanati dalle successive leggi n. 641 del 1996 e n. 4 del 1997. Di conseguenza il giudice rimettente avrebbe dovuto valutare se una domanda, in ipotesi presentata prima dell’entrata in vigore del decreto-legge n. 89 del 1996, ricadesse sotto la previsione più ampia del regime giuridico precedente a tale atto normativo o dovesse essere valutata alla stregua della più restrittiva disciplina susseguente.

Dall’ordinanza di rimessione non si evince la data esatta della presentazione della suddetta domanda, che potrebbe essere anteriore o successiva al 26 febbraio 1996. Ove fosse anteriore, sarebbe ulteriormente necessario valutare quale interazione debba riconoscersi tra le disposizioni che dichiarano applicabili i decreti-legge n. 362 del 1995, n. 448 del 1995 e n. 553 del 1995 agli anni 1995 e 1996 e l’identica disposizione, contenuta nel decreto-legge n. 89 del 1996, che dichiara parimenti applicabile il medesimo atto normativo agli anni 1995 e 1996. Ciò anche in considerazione del disposto dell’articolo unico della legge n. 4 del 1997, che fa salvi indiscriminatamente gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sia sotto la più estensiva normativa precedente, che sotto quella più restrittiva susseguente, entrambe recate peraltro da decreti-legge non convertiti.

3.1.– Dalla soluzione del dubbio interpretativo di cui sopra discende la spettanza o meno del diritto all’indennizzo alla presentatrice della domanda. Le ricadute di tale soluzione interpretativa sulla rilevanza della questione sono evidenti.

Poiché il giudice rimettente non si fa carico di alcuna argomentazione sui criteri di individuazione della norma applicabile alla fattispecie, pur in presenza delle suesposte rilevanti problematiche di successione di leggi nel tempo, la questione deve essere dichiarata inammissibile per difetto di motivazione sulla rilevanza.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 6, della legge 25 luglio 1997, n. 238 (Modifiche ed integrazioni alla legge 25 febbraio 1992, n. 210, in materia di indennizzi ai soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni ed emoderivati), sollevata, in riferimento agli artt. 2 e 3 della Costituzione, dal Tribunale di Trento con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 dicembre 2005.

Annibale MARINI, Presidente

Gaetano SILVESTRI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 23 dicembre 2005.