Sentenza n. 96/2001

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SENTENZA N.96

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Fernando SANTOSUOSSO, Presidente

- Massimo VARI

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 47, commi 1 e 2, del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507 (Revisione ed armonizzazione dell’imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni, della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche dei comuni e delle province nonchè della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani a norma dell’art. 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, concernente il riordino della finanza locale), promossi con ordinanze emesse il 25 settembre 1999 dalla Commissione tributaria provinciale di Cagliari e il 28 marzo 2000 (n. 2 ordinanze) dalla Commissione tributaria provinciale di Brescia, rispettivamente iscritte ai nn. 54, 397 e 398 del registro ordinanze 2000 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 9 e 28, prima serie speciale, dell'anno 2000.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 29 novembre 2000 il Giudice relatore Massimo Vari.

Ritenuto in fatto

1. Con ordinanza del 25 settembre 1999 (R.O. n. 54 del 2000), emessa nel corso del giudizio promosso dall’ENEL S.p.A. per l’annullamento dell’accertamento d’ufficio notificato in data 14 giugno 1996 dall’IPE S.r.l., concessionaria del servizio riscossioni tributi del Comune di Sant’Antioco, con il quale veniva determinata, per l’anno 1995, la tassa per l’occupazione degli spazi ed aree pubbliche (c.d. TOSAP) del predetto Comune, la Commissione tributaria provinciale di Cagliari ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 47, commi 1 e 2, del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507 (Revisione ed armonizzazione dell’imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni, della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche dei comuni e delle province nonchè della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani a norma dell’art. 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, concernente il riordino della finanza locale), per violazione dell’"art. 76, primo comma, della Costituzione", in riferimento all’art. 4, comma 4, lettera b), numero 1, della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale).

La questione era stata già proposta, nel medesimo giudizio a quo, con ordinanza del 9 novembre 1996 (R.O. n. 167 del 1997) e decisa dalla Corte, previa riunione con altri giudizi aventi il medesimo oggetto, con ordinanza n. 120 del 1999, con la quale veniva disposta la restituzione degli atti ai giudici rimettenti, affinchè valutassero la persistente rilevanza della questione stessa, alla luce dello jus superveniens costituito dall’art. 31, comma 27, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e, segnatamente, della norma che prevede modalità di definizione agevolata dei rapporti non conclusi in materia di TOSAP.

2. Il giudice a quo, premesso che il Comune di Sant’Antioco "non ha adottato alcuna norma agevolativa" ai sensi del menzionato art. 31, comma 27, della legge n. 448 del 1998, afferma che "persiste ... la rilevanza della questione in quanto la facoltà concessa al comune é rimasta lettera morta", riportandosi, quanto alla non manifesta infondatezza, "integralmente alla precedente ordinanza", trascritta in parte qua nell’attuale atto di promovimento dell’incidente di costituzionalità.

3. Dal precisato contesto risulta che, secondo il rimettente, il "legislatore delegato, al fine di rideterminare le tariffe della c.d. TOSAP, doveva nella specie operare secondo le linee direttive fissate dall’art. 4, comma 4, (rectius: lettera b) numero 1), della legge delega n. 421 del 1992" e, segnatamente, in base ai primi due dei quattro punti in cui si articola detta disposizione, cioé:

"1) rideterminazione delle tariffe al fine di una più adeguata rispondenza al beneficio economico ritraibile nonchè in relazione alla ripartizione dei comuni in non più di cinque classi. Le variazioni in aumento, per le occupazioni permanenti, non potranno superare il 50% delle misure massime di tassazione vigente...;

2) introduzione di forme di determinazione forfetaria della tassa per le occupazioni di spazi sovrastanti e sottostanti il suolo con linee elettriche, cavi, condutture e simili, tenendo conto di parametri significativi".

Ciò posto, si lamenta che il legislatore delegato si sia conformato ai predetti criteri solo per la determinazione delle tariffe concernenti le occupazioni di spazi ed aree pubbliche permanenti o temporanee; ritenendo, invece, per le occupazioni permanenti del soprassuolo e del sottosuolo con cavi e condutture, "di essere completamente libero nella determinazione della tassa", sì da omettere, negli artt. 46 e 47 del decreto legislativo n. 507 del 1993, "di dividere i comuni in classi, di tenere conto del beneficio economico ritraibile e di rispettare il limite massimo della variazione in aumento del 50% rispetto alla tassazione precedentemente in vigore".

4. Nel ribadire tali censure, il rimettente aggiunge che "la legge di delega é di assoluta chiarezza nel senso che la introduzione di forme di determinazione forfetaria della tassa in base a parametri significativi per le linee elettriche e simili costituisce un criterio aggiuntivo o integrativo".

Diversamente opinando, "si giungerebbe alla conseguenza di ritenere che per le reti elettriche, telefoniche, ecc. si sia trattato non già di una revisione della disciplina della tassa, secondo l’intento del legislatore, bensì di un vero e proprio sconvolgimento di essa, con attribuzione al legislatore delegato del potere di regolarsi con assoluta discrezionalità".

Il che comporterebbe "la incostituzionalità della legge di delega" e "del conseguente decreto legislativo" n. 507 del 1993, "per contrasto con il combinato disposto degli artt. 76, 23 e 53 della Costituzione, considerata la palese indeterminatezza della misura della tassa da applicare in materia coperta da riserva di legge", risultando, infatti, "estremamente generico ed indeterminato il criterio di commisurazione della tassa a "parametri significativi"", oltretutto non rispettoso neppure della finalità ispiratrice della legge delega, "che era quella di ottenere la revisione e la armonizzazione dei tributi locali vigenti".

Siffatta conseguenza imporrebbe, perciò, secondo l'ordinanza, "una interpretazione della legge delega tale da ricondurla nell’ambito dei principi costituzionali", quale interpretazione da privilegiare fra quelle astrattamente possibili.

5. Con due ordinanze di identico contenuto (iscritte al R.O. nn. 397 e 398 del 2000), emesse entrambe il 28 marzo 2000, nel corso di distinti giudizi promossi dall’ENEL S.p.A. – sede di Milano, avverso gli avvisi di accertamento notificati dal Comune di Ceto per il pagamento della TOSAP relativa all’anno 1996, anche la Commissione tributaria provinciale di Brescia ha sollevato questione di legittimità costituzionale del menzionato art. 47, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 507 del 1993, denunciandone il contrasto sia con l’art. 53 della Costituzione, sia con l’"art. 76, primo comma, della Costituzione", in riferimento all’art. 4, comma 4, lettera b), numero 1), della legge 23 ottobre 1992, n. 421.

Il rimettente sostiene, quanto alla non manifesta infondatezza, che, dovendo "uniformarsi alle direttive imposte" dall’art. 4, comma 4, della legge n. 421 del 1992, e, segnatamente, dai numeri 1 e 2, "il solo modo con il quale il legislatore delegato avrebbe assicurato il rispetto della soglia di aumento del 50 per cento della tassa, fino allora vigente, era quella di porre un limite specifico ai comuni nella determinazione delle nuove tariffe"; limite che "non é stato previsto nel decreto legislativo n. 507 del 1993".

Il giudice a quo, nel rilevare, inoltre, che il Comune di Ceto, con la sua inerzia, ha reso palese la volontà di non avvalersi delle previste agevolazioni, ritiene conclusivamente che la norma delegata consenta "effetti contributivi perversi, così violando gli artt. 53 e 76 della Costituzione".

6. E’ intervenuto, in tutti i giudizi, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale, dopo aver concluso per l’inammissibilità o per l’infondatezza della sollevata questione, ha depositato, in prossimità della camera di consiglio, memorie illustrative con le quali ha chiesto che le sollevate questioni di costituzionalità vengano dichiarate manifestamente infondate.

Secondo la parte pubblica intervenuta, la normativa delegata é attuativa dei principi dettati dalla delega, atteso che i due criteri del citato art. 4 "hanno diverso oggetto e ambito di applicabilità distinta in quanto sono volti a disciplinare due fattispecie diverse".

Peraltro, osserva ancora la difesa erariale, "le prestazioni pecuniarie per l’occupazione del suolo" sono qualificate "tariffe", mentre "quelle per l’occupazione del sottosuolo e soprassuolo" vengono qualificate come "tasse", cosicchè gli importi stabiliti dal citato art. 47 "rappresentano non già tariffe, ma misure minime e massime di tassazione, svincolate quindi dai criteri di cui al punto uno del comma 4 dell’art. 4 della legge delega".

Del resto, la determinazione forfetaria della tassa ¾ che, di per sè, "é omnicomprensiva e sostanzialmente discrezionale nella determinazione dell’ammontare" ¾ non appare conciliabile, ad avviso dell’Avvocatura, con i predetti criteri, i quali comportano una tassazione più articolata, dovendosi tener conto dei limiti massimi di tariffa e dell’adeguamento delle tariffe medesime "ai parametri della rispondenza al beneficio economico ritraibile in relazione alla ripartizione dei comuni in non più di cinque classi".

Pertanto, "il risultato censurato" é effetto diretto della stessa legge delega, la quale ha introdotto il criterio forfetario al fine di "compattare in un’unica determinazione della misura di tassazione più situazioni che nel caso di specie riguardano occupazioni del sottosuolo nei limiti di 1 Km." e ciò in base ad una scelta che attiene alla discrezionalità legislativa.

Considerato in diritto

1. Con le ordinanze in epigrafe, la Commissione tributaria provinciale di Cagliari e la Commissione tributaria provinciale di Brescia dubitano della legittimità costituzionale dell’art. 47, commi 1 e 2, del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507 (Revisione ed armonizzazione dell’imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni, della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche dei comuni e delle province nonchè della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani a norma dell’art. 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, concernente il riordino della finanza locale), nella parte in cui stabilisce i criteri per la determinazione della tassa per l’occupazione, permanente, del sottosuolo e soprassuolo con condutture, cavi, impianti in genere ed altri manufatti destinati all’esercizio ed alla manutenzione delle reti di erogazione di pubblici servizi.

Nel richiamare la disciplina posta dal legislatore delegante con l’art. 4, comma 4, lettera b), numero 1, della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale), i rimettenti assumono che la disposizione denunciata violi l’art. 76 della Costituzione.

2. Ad avviso della Commissione tributaria provinciale di Cagliari, il legislatore delegato, nonostante che la menzionata norma della legge n. 421 del 1992 preveda criteri "di carattere generale, applicabili in ogni caso e per tutti i tipi di occupazione", avrebbe omesso, nella determinazione della predetta tassa, "di dividere i comuni in classi, di tenere conto del beneficio economico ritraibile e di rispettare il limite massimo della variazione in aumento del 50 per cento, rispetto alla tassazione precedentemente in vigore".

Secondo il giudice rimettente, ove si escludesse la possibilità di ricavare dai menzionati criteri generali un vincolo rivolto al legislatore delegato in vista della disciplina della fattispecie qui in esame, ne discenderebbe l’incostituzionalità anche della legge di delega n. 421 del 1992, "per contrasto con il combinato disposto degli artt. 76, 23 e 53 della Costituzione, considerata la palese indeterminatezza della misura della tassa da applicare in materia coperta da riserva di legge".

3. Analoga, ma più limitata censura é prospettata dalla Commissione tributaria provinciale di Brescia, la quale lamenta il mancato rispetto della soglia di aumento del 50 per cento della tassa, fino allora vigente, che apponeva "un limite specifico ai comuni nella determinazione delle nuove tariffe".

Ciò comporterebbe, secondo quest’ultimo giudice, "effetti contributivi perversi", tali da porre le disposizioni denunciate in contrasto anche con l’art. 53 della Costituzione.

4. Le ordinanze di rimessione denunciano le medesime disposizioni sotto analoghi o, comunque, connessi profili di censura, sicchè i relativi giudizi vanno riuniti per essere definiti con un’unica decisione.

5. Le censure volte a lamentare la violazione, da parte del legislatore delegato, degli artt. 76 e 53 della Costituzione sono, l'una non fondata, e l'altra inammissibile, dovendosi, peraltro, escludere che il sindacato rimesso alla Corte possa estendersi anche alla norma interposta di cui alla legge delega n. 421 del 1992, della cui legittimità la Commissione tributaria provinciale di Cagliari pare, invero, dubitare solo ipoteticamente, senza farne oggetto, stando al dispositivo dell’ordinanza, di specifica e diretta denuncia.

Preliminarmente al loro esame, é opportuno rammentare le vicende normative che, nel tempo, hanno segnato la disciplina della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (TOSAP), la cui prima regolamentazione organica risale al regio decreto 14 settembre 1931, n. 1175 (recante il testo unico per la finanza locale), che dedicava alla materia una apposita Sezione ("Sezione I" del "Capo XII", composta dagli artt. da 192 a 200).

Tale testo, dopo aver individuato, all’art. 192, l’oggetto del tributo nelle occupazioni di "qualsiasi natura", tra cui quelle di "spazi soprastanti e sottostanti al suolo stradale", ivi comprese le occupazioni "derivanti da condutture ed impianti adibiti al servizio pubblico della distribuzione del gas e dell’acqua potabile gestito in regime di concessione amministrativa", stabilì una tassazione commisurata, in via generale, alla superficie occupata, graduata secondo l’importanza della località e delle aree (art. 194) e con suddivisione dei comuni in varie classi, previste dell'art. 195. Alla fattispecie dell’"occupazione del sottosuolo stradale con condutture, cavi, impianti per trasporto di acqua ed altri liquidi, gas, energia e simili", fu, tuttavia, riservata una specifica disciplina dall’art. 197, che ne dispose la tassazione sulla base dello sviluppo per metro lineare e del diametro delle installazioni, nell'ambito di tariffe massime fissate nel successivo art. 198.

Apposite disposizioni per le "linee aeree per trasporto di energia elettrica" furono, successivamente, introdotte con il decreto ministeriale 25 novembre 1931 (contenente "norme provvisorie aggiunte di applicazione del testo unico per la finanza locale"), che, pur richiamando, per la misura massima della tariffa, quella prevista per le occupazioni del sottosuolo stradale dall'art. 198, stabilì che la tassazione dovesse tener conto anche dell'importanza della località e dell'area, oltre che del tipo di sostegno, sì da rifarsi sostanzialmente, per vari aspetti, alla più generale disciplina contemplata dall’art. 194 dello stesso testo unico.

Una nuova tariffa massima per le "condutture elettriche", sostitutiva di quella prevista dal provvedimento del 1931, venne poi stabilita dal decreto ministeriale 26 febbraio 1933, assumendo come criteri quello della tassazione per unità di lunghezza di linea (chilometro) e quello della ripartizione dei comuni in classi.

Il legislatore, in vista di una riconsiderazione organica della materia della finanza locale, con la legge 23 ottobre 1992, n. 421, ha delegato il Governo ad emanare uno o più decreti "diretti alla revisione ed armonizzazione dei tributi locali vigenti" (art. 4, comma 4), ricomprendendovi le "tasse per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche di pertinenza dei comuni e delle province" (lettera b del citato art. 4, comma 4). E ciò sulla base, quanto a quest'ultimo tipo di occupazioni, di principi e criteri direttivi volti: "1) alla rideterminazione delle tariffe al fine di una più adeguata rispondenza al beneficio economico ritraibile nonchè in relazione alla ripartizione dei comuni in non più di cinque classi", con il limite, per le variazioni in aumento delle tasse per le occupazioni permanenti, del 50 per cento delle misure massime vigenti; 2) alla introduzione di forme di determinazione forfetaria della tassa per le occupazioni di spazi soprastanti e sottostanti il suolo con linee elettriche, cavi, condutture e simili, tenendo conto di parametri significativi; 3) alla soppressione della tassa per le occupazioni permanenti di aree pubbliche con balconi, verande e simili di carattere stabile, gravante sulle unità immobiliari, e determinazione di criteri certi per la tassa sui passi carrabili".

In esecuzione della delega é stato, per l'appunto, emanato il decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507 (modificato, dapprima, dal decreto legislativo 28 dicembre 1993, n. 566, e, poi, dall’art. 3, commi 59-67, della legge 28 dicembre 1995, n. 549), il quale assoggetta alla TOSAP le occupazioni di "qualsiasi natura", comprese le occupazioni soprastanti e sottostanti il suolo pubblico, nonchè "quelle poste in essere con condutture ed impianti di servizi pubblici gestiti in regime di concessione amministrativa" (art. 38). La tassa va graduata, sia per le occupazioni permanenti che per quelle temporanee (art. 42, comma 1), in base all’importanza delle aree, attraverso la suddivisione delle strade, spazi ed aree pubbliche in almeno due categorie (art. 42, comma 3) e determinata in relazione all'effettiva occupazione espressa in metri quadrati o lineari (art. 42, comma 4). La legge, nel ripartire, altresì, i comuni in classi sulla base della popolazione residente (art. 43), e nel prevedere, al tempo stesso, misure minime e massime di tariffa (artt. 44 e 45), dedica apposite norme (artt. 46 e 47) alle occupazioni del sottosuolo e soprassuolo stradale "con condutture, cavi, impianti in genere ed altri manufatti destinati all’esercizio ed alla manutenzione delle reti di erogazione di pubblici servizi, compresi quelli posti sul suolo e collegati alle reti stesse, nonchè con seggiovie e funivie", disponendo che, per le occupazioni del tipo anzidetto, la tassa sia "determinata forfetariamente" avendo riguardo, per quel che concerne in particolare le occupazioni permanenti, la lunghezza delle strade comunali e provinciali per la parte di esse effettivamente occupata" (comma 1 dell'art. 47), entro "limiti minimi e massimi" di tassazione (comma 2), sulla base del chilometro lineare o frazione di esso.

6. Così ricostruito, nella sua evoluzione storica, il quadro normativo nel quale si collocano le disposizioni oggetto di denuncia, va osservato che i rimettenti, nel prospettare la violazione dell’art. 76 della Costituzione, muovono, essenzialmente, dal presupposto, chiaramente esplicitato dalla Commissione tributaria provinciale di Cagliari (ma sotteso anche ai pur scarni argomenti addotti dalle altre ordinanze), secondo cui i criteri di carattere generale dettati dall’art. 4, comma 4, lettera b), numero 1, della legge delega n. 421 del 1992 riguarderebbero anche l’ipotesi di occupazioni permanenti del soprassuolo e sottosuolo stradale con cavi e condutture; ipotesi che risulterebbe, perciò, difformemente disciplinata dagli artt. 46 e 47 del decreto legislativo n. 507 del 1993.

Nel valutare il fondamento della sollevata questione, giova, in premessa, rammentare l’orientamento più volte ribadito dalla Corte, secondo il quale l’esame del vizio di eccesso di delega va condotto, da un lato, definendo, alla luce del complessivo contesto normativo e delle finalità che ispirano la delega, la portata delle norme che fissano i principi e i criteri direttivi e, dall’altro, considerando che i principi posti dal legislatore delegante costituiscono non solo la base e il limite delle norme delegate, ma strumenti per l’interpretazione della portata delle stesse, le quali, pertanto, vanno lette, fintanto sia possibile, nel significato compatibile con detti principi (da ultimo, vedi sentenze n. 425 e n. 276 del 2000).

7. Alla luce dei richiamati canoni, l'assunto interpretativo sul quale si fondano i dubbi avanzati dai rimettenti deve essere disatteso.

La finalità di una revisione ed armonizzazione dei tributi locali, nel settore specifico delle tasse per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche di pertinenza dei comuni e delle province, é stata perseguita, da parte del legislatore delegante, attraverso l'enunciazione di una pluralità di principi e criteri direttivi, destinati, come si rende evidente già ad una prima lettura, non ad accomunare tutte le fattispecie sotto una medesima disciplina, ma a trovare distinta considerazione nell’ambito delle diverse disposizioni attuative della delega.

Per la generalità delle fattispecie impositive ¾ variamente riconducibili alla nozione di "tasse" per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, secondo la formulazione che compare nella lettera b) del comma 4 dell’art. 4 della legge n. 421 del 1992 ¾ la legge di delega ha previsto che la rideterminazione delle tariffe debba ispirarsi alla finalità "di una più adeguata rispondenza al beneficio economico ritraibile", osservare il criterio della "ripartizione dei comuni in non più di cinque classi" e non oltrepassare specifici limiti, nelle variazioni in aumento, rappresentati, per le occupazioni permanenti, dal 50 per cento delle misure massime di tassazione vigente.

Alla disciplina di una peculiare tipologia di occupazioni, e cioé quelle degli "spazi soprastanti e sottostanti il suolo con linee elettriche, cavi, condutture e simili", la legge di delega ha ritenuto, invece, di riservare un’apposita disposizione (numero 2 della citata lettera b), ponendo, come riferimento per l’opera del legislatore delegato, il criterio della "determinazione forfetaria" delle tariffe, da conseguire attraverso "parametri significativi", e cioé parametri che ¾ alla luce della ratio ispiratrice del tributo qui considerato ¾ possano reputarsi espressivi della peculiare natura dell’occupazione, tale da richiedere regole particolari di commisurazione della tassa. Le indicazioni così fornite dal legislatore delegante depongono, perciò, per un metodo di determinazione del tributo ispirato a regole di sinteticità e di omnicomprensività, alternative rispetto agli altri criteri formulati in via generale, connotati dalla pluralità e dalla analiticità degli elementi presi a riferimento.

Quanto poi alla scelta della legge delega di riservare autonoma considerazione alla predetta peculiare fattispecie di occupazione, é sufficiente rilevare che ciò risponde ad una tradizione risalente, come detto, alla disciplina dell’"occupazione del sottosuolo stradale con condutture, cavi, ecc.", già regolata dall’art. 197 del testo unico per la finanza locale del 1931, tenendo conto del solo parametro dello sviluppo a metro lineare dell’occupazione (sia pure rapportato al diametro dei cavi e condutture), e prescindendo, invece, dalla graduazione della tassa in funzione dell’importanza della località e dell’area.

Vero é che questi ulteriori criteri assumevano rilievo, come già ricordato, oltre che in via generale, anche per le occupazioni "con condutture elettriche" contemplate dal decreto ministeriale 25 febbraio 1933 (sostitutivo del precedente decreto ministeriale 25 novembre 1931, con il quale si era disciplinata la tassazione delle linee aeree per trasporto di energia elettrica). E’ evidente, tuttavia, che da tale diversità di discipline non si può trarre argomento per sostenere che il legislatore non potesse, restando pur sempre nei limiti della delega, ricondurre a considerazione unitaria le specifiche fattispecie di occupazione del soprassuolo e del sottosuolo oggetto degli artt. 46 e 47 del decreto legislativo n. 507 del 1993.

Considerazione unitaria giustificata, invero, non solo dalla finalità di armonizzazione cui si ispira in generale la delega legislativa concernente i tributi locali, ma anche dalla coerente realizzazione di quell’obiettivo di semplificazione e di razionalizzazione verso il quale si é inteso orientare l’opera del legislatore delegato, attraverso l'adozione del canone di forfetizzazione, da elaborare secondo "parametri significativi", sì da consentire, di per sè, l'abbandono della pluralità dei criteri di commisurazione propri della regolamentazione previgente, non privi di difficoltà e complicazioni applicative.

E ciò, secondo una linea di tendenza che, non a caso, si rinviene, particolarmente per quanto attiene al criterio di forfetizzazione, anche nella legislazione successiva, dovendosi rammentare, infatti, che la TOSAP dopo essere stata abolita dall'art. 51 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 é stata ripristinata dall'art. 31, comma 14, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, sia pure in forma alternativa ed eventuale rispetto ad un canone concessorio che i comuni e le province sono legittimati a prevedere, in via regolamentare, per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche. Canone che, quando si tratta di "occupazioni permanenti realizzate con cavi, condutture, impianti ...", va determinato forfetariamente sulla base di criteri che la disposizione che attualmente li contempla, e cioé l'art. 18 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, considera valevoli anche "per la determinazione della tassa".

8. La sola Commissione tributaria provinciale di Brescia denuncia le disposizioni già scrutinate (art. 47, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 507 del 1993), anche in riferimento all’art. 53 della Costituzione.

A parte la dubbia pertinenza, nel caso di specie, del parametro evocato, avendo la Corte più volte affermato che il principio della capacità contributiva riguarda soltanto le contribuzioni relative a prestazione di servizi il cui costo non si possa determinare divisibilmente (in tal senso, già la sentenza n. 62 del 1977), va in ogni caso rilevato che la doglianza risulta prospettata in termini oltremodo generici, giacchè il rimettente si limita ad assumere la sussistenza di "effetti contributivi perversi" (accomunando, peraltro, tale censura a quella della dedotta lesione dell’art. 76 della Costituzione), ma senza in alcun modo argomentare, nè assolutamente individuare e precisare, in funzione del dubbio addotto, sotto quale profilo l'evocato parametro risulterebbe inciso dalla disciplina concernente la tassa in esame.

Rilievi, questi, che sono, pertanto, sufficienti a far ritenere inammissibile la censura stessa.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 47, commi 1 e 2, del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507 (Revisione ed armonizzazione dell’imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni, della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche dei comuni e delle province nonchè della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani a norma dell’art. 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, concernente il riordino della finanza locale), sollevata, in riferimento all’art. 53 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Brescia, con le ordinanze in epigrafe;

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale del citato art. 47, commi 1 e 2, del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, sollevata, in riferimento all'art. 76 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Cagliari e dalla medesima Commissione tributaria provinciale di Brescia, con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 marzo 2001.

Fernando SANTOSUOSSO, Presidente

Massimo VARI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 4 aprile 2001.