Ordinanza n. 512/2000

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ORDINANZA N. 512

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Francesco GUIZZI

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI

- Cesare RUPERTO

- Riccardo CHIEPPA

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 16, quarto comma, e 87 del d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361 (Testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati), in combinato disposto tra loro, promosso con ordinanza emessa l’11 gennaio 1996 dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, iscritta al n. 403 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 29, prima serie speciale, dell’anno 1999.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 24 maggio 2000 il Giudice relatore Carlo Mezzanotte.

Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, nel corso di un procedimento promosso per l’annullamento del provvedimento del Ministero dell’interno in data 15 febbraio 1994, con il quale non era stato accettato il simbolo presentato per le elezioni politiche dal ricorrente, nonchè della decisione di rigetto dell’opposizione, adottata il 19 febbraio 1994 dall’Ufficio centrale nazionale presso la Corte di cassazione, con ordinanza in data 11 gennaio 1996 (pervenuta alla Corte il 30 giugno 1999), ha sollevato, in riferimento agli articoli 25 (recte: 24), 113 e 66 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli articoli 16, quarto comma, e 87 del d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361 (Testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati), in combinato disposto tra loro;

che, ad avviso del giudice a quo, le citate disposizioni non prevederebbero la possibilità di azione giudiziaria nei confronti della decisione emessa dall’Ufficio centrale nazionale sull’opposizione proposta contro il provvedimento del Ministero dell’interno di ricusazione di un contrassegno elettorale presentato per le elezioni politiche, ma solo la competenza della Camera dei deputati per tutte le controversie attinenti alle operazioni elettorali;

che il remittente, muovendo dalla duplice premessa che deve escludersi che l’Ufficio centrale nazionale, pur se composto da magistrati, e la Camera dei deputati, in sede di valutazione dei titoli di ammissione dei propri componenti, siano organi giurisdizionali, e che, ove si escludano gli atti e i rapporti di natura politica e costituzionale, non dovrebbero esservene altri nell’ordinamento, e soprattutto nel procedimento elettorale, la cui legittimità non possa essere verificata da un giudice, ritiene che le disposizioni censurate violino il diritto alla tutela giurisdizionale desumibile dagli articoli 24 e 113 della Costituzione;

che le medesime disposizioni, sempre ad avviso del giudice a quo, violerebbero anche l’art. 66 della Costituzione, in quanto estenderebbero indebitamente la competenza della Camera dei deputati a tutte le controversie attinenti alle operazioni elettorali, ivi comprese quelle che possono insorgere nel corso del procedimento preparatorio, che ancora non riguarda singoli componenti della Camera stessa;

che, quanto alla rilevanza della questione, il remittente afferma che la mancata attribuzione della giurisdizione "a questo (o ad altro) giudice" non gli consentirebbe di scendere nel merito della vicenda sottoposta alla sua cognizione, nè di spogliarsene a favore di altra autorità giurisdizionale;

che é intervenuto nel presente giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la infondatezza della questione in relazione a tutti i parametri evocati.

Considerato che la questione, nei termini in cui é prospettata, deve essere risolta in limine con una pronuncia di manifesta inammissibilità;

che il giudice a quo non indica la giurisdizione alla quale dovrebbe essere devoluta, con sentenza di accoglimento, la cognizione delle controversie di cui si tratta, ritenendo addirittura indifferente che la giurisdizione sia affidata a sè medesimo o ad altro giudice, nè identifica le norme procedimentali concernenti i tempi e i modi della invocata tutela giurisdizionale;

che di una questione di legittimità costituzionale vi é, nella specie, soltanto una parvenza, poichè nella sostanza si sollecita una radicale riforma legislativa, che eccede i compiti di questa Corte.

Visti gli articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi dinanzi alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli articoli 16, quarto comma, e 87 del d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361 (Testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati), sollevata, in riferimento agli articoli 24, 66 e 113 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 novembre 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Carlo MEZZANOTTE, Redattore

Depositata in cancelleria il 20 novembre 2000.