Sentenza n. 267/98

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SENTENZA N.267

ANNO 1998

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Francesco GUIZZI

- Prof.    Cesare MIRABELLI

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO 

- Avv.    Massimo VARI         

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA  

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Avv.    Fernanda CONTRI   

- Prof.    Guido NEPPI MODONA    

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof.    Annibale MARINI    

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'allegato I, punto 8.6, della legge della Regione Piemonte 23 aprile 1990, n. 37 (Norme per la programmazione socio-sanitaria regionale e per il Piano socio-sanitario regionale per il triennio 1990-92), promosso con ordinanza emessa il 21 maggio 1997 dal Pretore di Alba sul ricorso proposto da Severina Boschis contro Unità sanitaria locale (Usl) n. 18 di Alba, iscritta al n. 721 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell'anno 1997.

Visto l'atto di intervento della Regione Piemonte;

udito nella camera di consiglio del 25 marzo 1998 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti.

Ritenuto in fatto

 

1. Il Pretore del lavoro di Alba, nel corso di un processo instaurato da una assistita del servizio sanitario nazionale, proseguito dai suoi eredi, nei confronti dell’Unità sanitaria locale (Usl) n.18 di detto centro, onde ottenerne la condanna al rimborso delle spese sostenute per un intervento chirurgico in una casa di cura privata, con ordinanza del 21 maggio 1997, ha sollevato, d’ufficio, questione di legittimità costituzionale del paragrafo 8.6 dell’allegato I della legge della Regione Piemonte 23 aprile 1990, n. 37 (Norme per la programmazione socio-sanitaria regionale e per il Piano socio-sanitario regionale per il triennio 1990-92), in riferimento agli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione.

2. La ricorrente, a conforto della domanda, aveva eccepito l’illegittimità del provvedimento di diniego del rimborso delle spese, in quanto l’assoluta urgenza dell’intervento non le aveva reso possibile richiedere la preventiva autorizzazione al ricorso all’assistenza indiretta.

La convenuta, costituitasi in giudizio, aveva eccepito il difetto di giurisdizione, in quanto era stata richiesta la liquidazione di una somma eccedente il limite massimo stabilito per il rimborso; nel merito, aveva dedotto che il provvedimento censurato era conforme alle disposizioni che disciplinano le modalità dell’accesso alla assistenza indiretta.

Il Pretore, rigettata l’eccezione di difetto di giurisdizione a seguito della riduzione della domanda di rimborso, ha denunziato la norma regionale dianzi indicata.

3. Il giudice a quo premette che l’art. 3, secondo e terzo comma, della legge n. 595 del 1985, attribuisce alle regioni ed alle province autonome il potere di stabilire anzitutto quali prestazioni sanitarie sono fruibili anche in forma indiretta, qualora le strutture pubbliche o convenzionate non possano garantirne la tempestiva prestazione, ed inoltre di disciplinare le modalità < < per ottenere il concorso nella spesa sostenuta>>. L’allegato I, paragrafo 8.6, della legge della Regione Piemonte 23 aprile 1990, n. 37 condiziona il rimborso, totale o parziale, delle spese erogate per fruire di tale tipo di assistenza alla preventiva autorizzazione da parte dei sanitari della Usl, rilasciata su proposta del medico di base prescelto ovvero dello specialista ospedaliero nel caso di pazienti trasferiti direttamente da ospedali pubblici.

La Usl convenuta in giudizio, ad avviso del Pretore, ha dato corretta applicazione alla norma che, però, vulnera gli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione.

3.1 Secondo il giudice a quo, la disposizione regionale viola anzitutto l’art. 3 della Costituzione, in quanto realizza una ingiustificata disparità di trattamento tra coloro che versano in imminente pericolo di vita non eliminabile presso strutture pubbliche e coloro i quali necessitano, invece, di una prestazione sanitaria non urgente. Infatti, soltanto i primi, pur in presenza di tutte le condizioni previste per beneficiare dell’assistenza indiretta, non possono ottenere il rimborso delle spese, dato che l’urgenza dell’intervento non consente di dar corso alla procedura di autorizzazione. La disparità sarebbe tanto più ingiustificata, in quanto un trattamento deteriore é previsto proprio per quei casi i quali, per la gravità della patologia, richiedono una più intensa tutela.

La norma, prosegue il Pretore di Alba, vulnera altresì gli artt. 2 e 32 della Costituzione, dato che impedisce, nei casi di necessità ed urgenza, la tutela del bene primario della vita. Inoltre, fa sì che colui il quale é privo dei mezzi economici per accedere all’assistenza indiretta, e non può richiedere preventivamente l’autorizzazione, versa nell’impossibilità di ottenere tempestivamente le cure indispensabili, con rischio per la sua stessa vita.

4. Nel giudizio innanzi a questa Corte é intervenuto il Presidente della Regione Piemonte, che ha eccepito l’inammissibilità e comunque l’infondatezza della questione.

L’interveniente sostiene preliminarmente che l’art. 8, commi 5 e 7, del d. lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, stabilisce che le Unità sanitarie locali devono assicurare ai cittadini l’erogazione delle prestazioni specialistiche, avvalendosi, tra l’altro, anche delle strutture private sulla base di rapporti fondati sull’erogazione di un corrispettivo predeterminato, ed ha fissato al 30 giugno 1994 il termine entro il quale le regioni e le province autonome devono adottare i provvedimenti necessari per l’accreditamento delle strutture. Per tale disposizione, il servizio sanitario nazionale eroga l’assistenza avvalendosi anche di soggetti privati, purchè accreditati dall’amministrazione e le prestazioni fruite presso case di cura private sono rimborsabili soltanto qualora non siano erogabili presso tutte le strutture, pubbliche o private, accredidate. Pertanto, a suo avviso, il pretore avrebbe dovuto anzitutto chiarire se la prestazione in oggetto fosse o meno tempestivamente erogabile da una struttura convenzionata.

4.1 Nel merito, la Regione deduce che, secondo la giurisprudenza costituzionale, il diritto alla salute é pieno ed incondizionato nei limiti in cui il legislatore, attraverso un ragionevole bilanciamento fra i valori costituzionali e la commisurazione degli obiettivi alle risorse disponibili, predisponga adeguate possibilità di fruizione delle prestazioni sanitarie.

Le norme che disciplinano la materia attuano appunto il principio del concorso dello Stato nella spesa per le prestazioni sanitarie e consentono di fruirne anche presso strutture private ma, ragionevolmente, condizionano tale facoltà alla verifica dell’impossibilità della loro erogazione da parte di quelle pubbliche o convenzionate. E’ inesatto, conclude infine l’interveniente, che l’autorizzazione preventiva realizzi una disparità di trattamento, in quanto non permetterebbe l’accesso all’assistenza indiretta da parte degli assistiti che versano in situazione di difficoltà economica. Infatti, il rimborso non é erogato anticipatamente, ma soltanto dopo la fruizione della prestazione, cosicchè l’autorizzazione preventiva é inidonea a determinare ex se la disparità eccepita dal giudice a quo.

Considerato in diritto

 

1. La questione di legittimità costituzionale sollevata dal Pretore di Alba con l'ordinanza indicata in epigrafe riguarda il paragrafo 8.6 dell'allegato I della legge della Regione Piemonte 23 aprile 1990, n. 37 (Norme per la programmazione socio-sanitaria regionale e per il Piano socio-sanitario regionale per il triennio 1990-92), nella parte in cui stabilisce che il rimborso delle spese erogate per le prestazioni sanitarie ricevute presso case di cura private é condizionato dalla preventiva autorizzazione della Usl competente anche nei casi nei quali la gravità delle condizioni dell'assistito e l'indifferibilità dell'intervento, non fruibile presso strutture sanitarie pubbliche, non permettono di richiederla in tempo.

Il giudice a quo dubita che tale disposizione violi, innanzi tutto, l'art. 3 della Costituzione, poichè determina un'ingiustificata disparità di trattamento tra coloro che versano in imminente pericolo di vita e non possono ottenere le cure necessarie presso le strutture pubbliche e coloro che necessitano di analoghe cure, ma non con carattere di urgenza, dato che soltanto ai primi, benchè meritevoli di più intensa tutela, non é accordato il diritto al rimborso delle spese sostenute, anche se sussistono tutte le altre condizioni previste dalla norma.

Secondo il giudice a quo, la disposizione in esame viola altresì gli artt. 2 e 32 della Costituzione, dato che l'onere della preventiva autorizzazione, anche nei casi di necessità ed urgenza della prestazione sanitaria, lede il diritto alla tutela della salute e, in certi casi, addirittura il diritto alla vita, con evidente disparità di trattamento "con i cittadini più abbienti che potrebbero comunque far fronte alla spesa sanitaria in caso di mancato rimborso da parte dello Stato".

2. In via preliminare va esaminata l'eccezione di inammissibilità della questione, per difetto di motivazione sulla rilevanza, sollevata dalla Regione Piemonte.

L'eccezione non può essere accolta, giacchè il Pretore di Alba, nel libero apprezzamento dei fatti oggetto del giudizio, ha congruamente indicato, nell'ordinanza di rimessione, i termini della fattispecie, precisando, in particolare, che l'assistita versava in condizioni di salute tali da rendere indifferibile l'intervento chirurgico, che peraltro poteva essere effettuato solo nella struttura sanitaria, in cui fu appunto eseguito. Le considerazioni del giudice rimettente appaiono dunque sufficienti a rendere ammissibile, sotto il profilo della rilevanza della questione, il presente giudizio di costituzionalità, tanto più che, per consolidata giurisprudenza di questa Corte, la valutazione sulla rilevanza compiuta dal giudice a quo può essere disattesa solo quando appaia del tutto implausibile (tra le tante, sentenza n. 286 del 1997).

3. Nel merito, la questione é fondata.

Va preliminarmente rilevato che la disposizione espressamente censurata -e sulla quale pertanto si deve esercitare lo scrutinio da parte di questa Corte- é quella della legge regionale n. 37 del 1990, la quale dà attuazione all'art. 3, secondo e terzo comma, della legge 23 ottobre 1985, n. 595 (Norme per la programmazione sanitaria e per il piano sanitario triennale 1986-88). Questa ultima norma dispone che le leggi regionali e provinciali stabiliscono quali prestazioni sanitarie possono "essere erogate anche in forma indiretta nel caso in cui le strutture pubbliche o convenzionate siano nell'impossibilità di erogarle tempestivamente in forma diretta", nonchè le modalità per accedere alle prestazioni e "per ottenere il concorso nella spesa sostenuta".

Si tratta dunque di una norma che non dà luogo, secondo la giurisprudenza costituzionale, ad una soluzione univoca in ordine ai modi, ai tempi, alla misura ed ai controlli relativi ai rimborsi. Essa prevede, invero, la possibilità di soluzioni differenziate, riservate alla discrezionalità del legislatore regionale, le cui scelte sono peraltro soggette allo scrutinio di ragionevolezza da parte della Corte costituzionale in riferimento alla tutela del diritto alla salute, compatibilmente con la protezione da accordare agli altri valori costituzionali rilevanti (sentenza n. 304 del 1994).

4. Il paragrafo 8.6 dell'allegato I della legge della Regione Piemonte n. 37 del 1990, nel disciplinare le modalità di accesso all'assistenza indiretta, dispone che, al fine del concorso nella spesa sostenuta dall'assistito, "la prestazione dovrà essere preventivamente autorizzata". La chiara lettera della disposizione e la mancata previsione di qualunque deroga confortano l'interpretazione del giudice rimettente, secondo cui é proprio tale disposizione, per il suo carattere di assolutezza, e non già gli atti regionali amministrativi attuativi, a fare escludere il diritto al rimborso delle spese, anche nei casi nei quali l'assistito non abbia potuto richiedere preventivamente l'autorizzazione stessa, a causa dell'urgenza ed indifferibilità della prestazione sanitaria, pur sussistendo tutti i presupposti sostanziali richiesti.

Così interpretata, la disposizione denunciata appare, in parte qua, lesiva degli artt. 3 e 32 della Costituzione. Questa Corte, con giurisprudenza consolidata, ha infatti ripetutamente affermato che il diritto alla salute, previsto dall'art. 32, implica il diritto ai trattamenti sanitari necessari per la sua tutela ed é "garantito ad ogni persona come un diritto costituzionalmente condizionato all'attuazione che il legislatore ne dà attraverso il bilanciamento dell'interesse tutelato da quel diritto con gli altri interessi costituzionalmente protetti" (ex plurimis, sentenze n. 304 del 1994, n. 218 del 1994, n. 247 del 1992, n. 455 del 1990). In questa ottica, l'ammissione all'assistenza indiretta -come il diritto alla scelta del medico e del luogo di cura- deve essere quindi contemperata con gli altri interessi costituzionalmente protetti, tenuto conto dei limiti oggettivi che lo stesso legislatore incontra in relazione alle risorse organizzative e finanziarie, di cui dispone (sentenza n. 247 del 1992).

Nel quadro di tali principi, il bilanciamento tra valori costituzionalmente rilevanti ha indotto questa Corte ad affermare in particolare che il nucleo essenziale del diritto alla salute deve ritenersi salvaguardato da quelle disposizioni di legge -come l'art. 3 della legge n. 595 del 1985- che legittimano il ricorso a forme di assistenza indiretta nelle ipotesi in cui le strutture del servizio sanitario -incluse quelle convenzionate ed oggi quelle accreditate- non fossero in grado di assicurare un tempestivo intervento sanitario, reso peraltro indifferibile dalle condizioni di salute della persona bisognosa di prestazioni di cura (sentenza n. 304 del 1994). Ed é proprio il citato art. 3 della legge n. 595 del 1985 a demandare, nella specie, al legislatore regionale di stabilire i casi di ammissione, con certe modalità, a questa particolare forma di assistenza e di stabilire altresì il relativo concorso nella spesa, quando le strutture sanitarie, attraverso le quali é erogata l'assistenza diretta, non siano in grado di assicurare la tempestiva prestazione delle cure necessarie, impedendo così che siano configurabili situazioni prive di tutela e garantendo in tal modo la compiuta attuazione del diritto alla salute.

La norma legislativa regionale censurata, invece, escludendo, senza giustificazione, in modo assoluto ed indifferenziato ogni ristoro delle spese in tutti i casi nei quali l'assistito non abbia preventivamente chiesto l'autorizzazione per accedere all'assistenza indiretta, senza contemplare alcuna deroga, neppure qualora ricorrano particolari condizioni di indispensabilità, di gravità ed urgenza non altrimenti sopperibili, non assicura l'effettiva tutela della salute e vulnera la garanzia dell'art. 32 della Costituzione, ponendosi altresì in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, perchè realizza una soluzione intrinsecamente non ragionevole. La previsione legislativa del sistema autorizzatorio attua infatti un equilibrato contemperamento tra le esigenze di natura finanziaria ed organizzativa -che giustificano il carattere eccezionale dell'assistenza indiretta- e la necessità di assicurare piena ed effettiva tutela della salute nei casi nei quali le strutture sanitarie preposte all'assistenza diretta non siano in grado di erogare le cure indispensabili. Ma l'assolutezza del carattere preventivo del provvedimento autorizzatorio determina un vuoto di tutela proprio nei casi nei quali la gravità delle condizioni dell'assistito non consente di adempiere a tale modalità temporale di espletamento della domanda di autorizzazione, senza peraltro che la soluzione legislativamente prescritta appaia imposta da ragioni plausibili.

In effetti, la soluzione costituzionalmente corretta é quella che prevede, limitatamente a queste ipotesi, il differimento della verifica sui presupposti sostanziali, nonchè di gravità ed urgenza che hanno impedito la preventiva richiesta di autorizzazione alla prestazione sanitaria, ad un momento successivo all'erogazione della prestazione stessa. In questo modo si permette egualmente un adeguato bilanciamento dei valori costituzionali coinvolti, evitando, da un lato, carenza di tutela proprio nei casi in cui appare più grave il rischio per il bene primario della salute e non alterando, dall'altro lato, i criteri di fondo che regolano il riparto tra regime di assistenza diretta e regime di assistenza indiretta.

Va pertanto dichiarata l'illegittimità costituzionale della norma censurata nella parte in cui non prevede il concorso nelle spese per l'assistenza indiretta per le prestazioni di comprovata gravità ed urgenza, limitatamente a quelle ipotesi per le quali non sia stato possibile ottenere la preventiva autorizzazione, ferme le ulteriori condizioni necessarie per il rimborso.

Resta di conseguenza assorbito ogni altro profilo di censura.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale del paragrafo 8.6 dell'allegato I della legge della Regione Piemonte 23 aprile 1990, n. 37 (Norme per la programmazione socio-sanitaria regionale e per il Piano socio-sanitario regionale per il triennio 1990-92), nella parte in cui non prevede il concorso nelle spese per l'assistenza indiretta per le prestazioni di comprovata gravità ed urgenza, quando non sia stato possibile ottenere la preventiva autorizzazione e sussistano le altre condizioni necessarie per il rimborso.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 luglio 1998.

Presidente: Renato GRANATA

Relatore: Piero Alberto CAPOTOSTI

Depositata in cancelleria il 17 luglio 1998.