Sentenza n. 14 del 1996

 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N.14

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 131, comma 10, lettera b), della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 19 novembre 1991, n. 52 (Norme regionali in materia di pianificazione territoriale ed urbanistica), introdotto dall'art. 23, comma 2, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 14 luglio 1992, n. 19, promossi con ordinanze emesse:

1) il 29 aprile 1995 dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Udine nel procedimento penale a carico di Mario De Eccher, iscritta al n. 380 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell'anno 1995;

2) l'8 maggio 1995 dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Udine nel procedimento penale a carico di Pierdomenico Stefanuto ed altro, iscritta al n. 468 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell'anno 1995.

Visti gli atti di intervento della Regione Friuli-Venezia Giulia;

udito nella camera di consiglio del 22 novembre 1995 il Giudice relatore Cesare Mirabelli.

Ritenuto in fatto

1. -- Con due ordinanze di identico contenuto emesse il 29 aprile 1995 (R.O. n. 380 del 1995) e l'8 maggio 1995 (R.O. n. 468 del 1995), il Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Udine ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, e 116 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell'art. 131, comma 10, lettera b), della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 19 novembre 1991, n. 52 (Norme regionali in materia di pianificazione territoriale ed urbanistica), introdotto dall'art. 23, comma 2, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 14 luglio 1992, n. 19. Le questioni sono state sollevate nel corso di due procedimenti penali nei confronti, rispettivamente, di Marco De Eccher e di Pierdomenico Stefanuto ed altro, i quali, avendo effettuato il taglio di alberi in boschi senza l'autorizzazione richiesta in materia di bellezze naturali dall'art. 7 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, erano stati sottoposti ad indagini per il reato previsto dall'art. 1-sexies del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, aggiunto dalla legge di conversione 8 agosto 1985, n. 431.

La disposizione denunciata prevede che, nelle zone sottoposte a vincolo paesaggistico elencate all'art. 82, quinto comma, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, non sono soggette all'autorizzazione richiesta dalle norme di protezione delle bellezze naturali (art. 7 della legge n. 1497 del 1939) le operazioni ammesse dalle vigenti norme ed attinenti all'attività agricola, al taglio colturale del bosco, al taglio di diradamento, all'avviamento del bosco ceduo al governo ad alto fusto, ai tagli di utilizzazione boschiva, alla forestazione, alla riforestazione, agli interventi antincendio e di conservazione, escluse le operazioni di difesa forestale e di sistemazione idraulico-forestale, le piste forestali, le opere di bonifica fondiaria, ivi compresi i riordini fondiari.

Il giudice rimettente ricorda che l'ottavo comma dell'art. 82 del d.P.R. n. 616 del 1977, aggiunto in sede di conversione del decreto-legge n. 312 del 1985, permette nelle foreste e nei boschi, sottoposti a vincolo paesaggistico dal quinto comma, lettera g), dello stesso art. 82, il taglio colturale ed altri interventi autorizzati in base alle norme vigenti in materia. Sarebbero quindi consentite le ordinarie attività di utilizzazione del bosco, svolte rispettando le prescrizioni delle norme forestali, mentre sarebbe vietato qualsiasi intervento diretto alla distruzione anziché alla conservazione del bosco, quale il taglio a raso di piante, che altera in modo permanente lo stato dei luoghi e modifica il sistema ambientale nelle sue componenti estetiche e naturalistiche.

Ad avviso del giudice rimettente, gli interventi di silvicoltura e di taglio colturale sarebbero consentiti, in assenza di autorizzazione paesaggistica ma in base alla sola autorizzazione forestale, esclusivamente per i boschi e le foreste in quanto tali; non quando essi siano compresi in altre zone sottoposte egualmente a vincolo paesaggistico dallo stesso art. 82 del d.P.R. n. 616 del 1977, quali le sponde dei corsi d'acqua per una fascia di 150 metri o le montagne per la parte eccedente i 1600 o i 1200 metri sul livello del mare, rispettivamente nella catena alpina o in quella appenninica. In questi casi il vincolo riguarderebbe una porzione di territorio già autonomamente tutelata anche per la vegetazione esistente, che rappresenta una struttura costitutiva dell'ambiente.

In base a questa interpretazione dell'art. 82 del d.P.R. n. 616 del 1977, quale risulta integrato dalla legge di conversione del decreto-legge n. 312 del 1985, il taglio colturale in foreste o boschi compresi topograficamente in altre aree protette dalla stessa disposizione richiederebbe l'autorizzazione paesaggistica, prevista dall'art. 7 della legge n. 1497 del 1939 per le bellezze naturali. In mancanza di essa, sarebbe configurabile un reato, secondo quanto stabilisce l'art. 1-sexies del decreto-legge n. 312 del 1985.

L'art. 131, comma 10, lettera b), della legge regionale n. 52 del 1991, discostandosi da queste prescrizioni della legge statale, qualificate come norme fondamentali di riforma economico-sociale (art. 2 della legge n. 431 del 1985), consentirebbe il taglio colturale ed altri interventi boschivi eseguiti nel rispetto della normativa forestale, senza la necessità di autorizzazione ambientale, anche per le foreste ed i boschi siti in zone che ad altro titolo sono sottoposte dall'art. 82 del d.P.R. n. 616 del 1977 a vincolo paesaggistico.

Ad avviso del giudice rimettente, la norma regionale denunciata contrasterebbe con l'art. 25, secondo comma, della Costituzione, incidendo sul principio di riserva di legge e sull'esclusiva potestà sanzionatoria penale dello Stato. La Regione Friuli-Venezia Giulia vi avrebbe indirettamente interferito, rendendo lecita una condotta altrimenti considerata illecita e penalmente sanzionata dalle norme statali. La legge regionale avrebbe anche violato l'art. 116 della Costituzione, dettando una disciplina in contrasto con norme fondamentali di riforma economico-sociale. Inoltre, in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, coloro che attuano interventi di ceduazione nell'ambito del territorio regionale sarebbero privilegiati rispetto a quanti operano gli stessi interventi nel restante territorio nazionale, perché non sarebbero soggetti a sanzioni penali.

Il giudice rimettente motiva, in entrambi i giudizi, la rilevanza della questione di legittimità costituzionale, affermando che dalla soluzione di essa dipendono le ragioni dell'archiviazione. Essendo stati eseguiti, in conformità alle norme vigenti in materia di polizia forestale, tagli colturali in boschi siti in prossimità di corsi d'acqua, gli atti dei procedimenti penali dovrebbero essere archiviati, ma con motivazioni diverse: per l'assenza di un fatto penalmente rilevante, in caso di non fondatezza del dubbio di legittimità costituzionale; per carenza dell'elemento psicologico del reato nella persona sottoposta ad indagini, in caso di dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma regionale denunciata.

2. -- La Regione Friuli-Venezia Giulia è intervenuta nei due giudizi, chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili o, comunque, infondate.

La Regione ritiene che la soluzione del dubbio di legittimità costituzionale sia irrilevante nei giudizi principali, nei quali in ogni caso la condotta degli indagati non potrebbe essere perseguita penalmente.

Nel merito la Regione rileva che la ceduazione non comporta la distruzione del bosco. Un intervento di ordinario prelievo di massa legnosa da aree destinate a boschi cedui, che rimangono tali ed in tempi medio-brevi vedranno ricrescere le piante originarie, non determina un'alterazione permanente del paesaggio.

Ad avviso della Regione, il presupposto interpretativo da cui muove il giudice rimettente sarebbe inesatto ed una corretta interpretazione dell'art. 82, ottavo comma, del d.P.R. n. 616 del 1977 porterebbe ad escludere che la norma regionale contrasti con la disciplina statale, giacché entrambe esentano dall'autorizzazione paesaggistica le stesse operazioni. L'art. 82, ottavo comma, del d.P.R. n. 616 del 1977 stabilisce che non è necessaria l'autorizzazione paesaggistica per specifici interventi da attuare in "territori coperti da foreste e da boschi". La norma indica senza incertezze l'oggetto dell'esenzione, individuando i beni ed i tipi di intervento per i quali non è richiesta l'autorizzazione paesaggistica. Sarebbe una forzatura interpretativa ritenere che il legislatore statale consenta in via generale il taglio colturale soltanto in boschi e foreste che insistono in aree non vincolate, quando proprio foreste e boschi sono compresi nell'elenco delle aree vincolate.

La Regione ricorda, inoltre, che non è richiesta l'autorizzazione paesaggistica per le attività agro-silvo-pastorali, che non comportino alterazione permanente dello stato dei luoghi (art. 82, dodicesimo comma, del d.P.R. n. 616 del 1977). Tra queste rientrerebbero gli interventi specificati nella disposizione regionale denunciata.

Considerato in diritto

1. -- Il dubbio di legittimità costituzionale investe l'art. 131, comma 10, lettera b), della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 19 novembre 1991, n. 52, aggiunto dall'art. 23, comma 2, della legge regionale 14 luglio 1992, n. 19, che, tra le disposizioni di protezione delle bellezze naturali, inserite nel contesto delle norme regionali in materia di pianificazione territoriale ed urbanistica, prevede che non siano soggette all'autorizzazione richiesta nelle zone sottoposte a vincolo paesaggistico (art. 82 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 in relazione all'art. 7 della legge 29 giugno 1939, n. 1497) le operazioni ammesse dalle vigenti norme ed attinenti all'attività agricola, al taglio colturale del bosco, al taglio di diradamento, all'avviamento del bosco ceduo al governo ad alto fusto, ai tagli di utilizzazione boschiva.

Il Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Udine ritiene che l'art. 82 del d.P.R. n. 616 del 1977 (quale risulta a seguito delle integrazioni introdotte con il decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito in legge, con modificazioni, con la legge 8 agosto 1985, n. 431) -- consentendo il taglio colturale nei boschi e nelle foreste sottoposti a vincolo paesaggistico dalla stessa disposizione, purché il taglio sia autorizzato in base alle norme in materia forestale -- limiti questa regola ai soli territori coperti da foreste e da boschi che non insistono in zone che lo stesso art. 82 sottopone ad altro titolo a vincolo paesaggistico. Per l'intervento in tali zone sarebbe sempre richiesta l'autorizzazione prevista dalle norme di tutela delle bellezze naturali (art. 7 della legge n. 1497 del 1939).

Queste norme statali sono qualificate come fondamentali di riforma economico-sociale (art. 2 della legge n. 431 del 1985) ed in quanto tali vincolanti anche per la legislazione della Regione Friuli-Venezia Giulia. Ad avviso del giudice rimettente, la norma regionale denunciata, discostandosi da esse, contrasterebbe con l'art. 116 della Costituzione.

Il divieto di interventi in zone sottoposte a vincolo paesaggistico è anche assistito da sanzioni penali (art. 1-sexies del decreto-legge n. 312 del 1985), sicché la norma denunciata, rendendo lecite nel territorio della Regione Friuli-Venezia Giulia condotte altrimenti sanzionate penalmente, sarebbe in contrasto con gli artt. 25, secondo comma, e 3 della Costituzione.

2. -- I due giudizi hanno ad oggetto la stessa disposizione legislativa e pongono questioni identiche. Essi vanno pertanto riuniti per essere decisi con unica sentenza.

3. -- L'eccezione d'inammissibilità per irrilevanza, proposta dalla Regione Friuli-Venezia Giulia, deve essere disattesa.

Il giudice rimettente ha motivato, con argomentazioni adeguate e non censurabili in questa sede, la rilevanza costituzionale della questione di legittimità sull'esito dei giudizi sottoposti al suo esame. Per procedere all'archiviazione degli atti, egli ritiene di dovere preliminarmente valutare se, applicando la norma regionale della cui legittimità costituzionale dubita, la condotta degli indagati non costituisca illecito penale, oppure se, dichiarata l'illegittimità costituzionale della norma che consente nella Regione quella condotta che in ipotesi configura un reato secondo la legge statale, manchi nelle persone sottoposte ad indagini preliminari l'elemento psicologico del reato.

4. -- Il giudice rimettente fonda il dubbio di legittimità costituzionale, con riferimento a tutti i parametri indicati, sulla premessa di un asserito contrasto tra la disciplina posta dalla legge statale, contenente norme qualificate come di riforma economico-sociale, e la regolamentazione dettata, per il territorio del Friuli-Venezia Giulia, dalla norma regionale denunciata. L'art. 82 del d.P.R. n. 616 del 1977 consentirebbe il taglio colturale dei boschi, in quanto tali sottoposti a vincolo paesaggistico, purché esso avvenga in conformità alla disciplina forestale e solo se i boschi non insistano su territori egualmente sottoposti al medesimo vincolo. Diversa, ad avviso del giudice rimettente, sarebbe la disciplina dettata dall'art. 131, comma 10, lettera b), della legge regionale n. 52 del 1991, che permetterebbe in ogni caso il taglio colturale con l'autorizzazione forestale, senza che sia necessaria l'autorizzazione paesaggistica prevista nell'ambito della protezione delle bellezze naturali dall'art. 7 della legge n. 1497 del 1939.

Questo presupposto interpretativo non può essere condiviso. Esso vede del tutto differenziati l'interesse forestale e quello paesaggistico, i quali, invece, nel sistema della generale protezione di intere categorie di beni ambientali previsto dall'art. 82 del d.P.R. n. 616 del 1977, si implicano e si integrano reciprocamente. L'interesse paesaggistico richiede che i territori coperti da foreste e da boschi rimangano tali. L'interesse forestale tende, proteggendo l'ambiente, a preservare nel tempo il bosco, la sua vita e la sua consistenza, mediante l'adozione di tecniche appropriate, elaborate dalle scienze forestali e non di rado recepite in atti normativi. Per raggiungere questo scopo sono opportuni, e talvolta necessari, interventi di silvicoltura e di appropriato taglio che, con la utilizzazione, permettono anche di perseguire la finalità di protezione del bosco, considerato nel suo insieme permanente e non nei singoli alberi che concorrono a comporlo.

L'art. 82 del d.P.R. n. 616 del 1977, in un contesto di vincolo paesaggistico generale per determinati territori, permette sempre l'attività agro-silvo-pastorale che non comporti alterazioni permanenti dello stato dei luoghi. In questo ambito deve essere collocato il taglio degli alberi, quando sia eseguito nel rispetto delle prescrizioni forestali e rientri nel normale governo del bosco. Questo intervento è già sottoposto a vigilanza e controllo, essendo per esso previsto l'obbligo di denuncia all'autorità forestale.

La preservazione nel tempo di boschi e foreste nella loro complessiva integrità costituisce lo scopo sia della protezione forestale che di quella paesaggistica generale. In vista di questo obiettivo, la legge statale, sottoponendo a vincolo tutti i boschi, prevede che il taglio colturale e le altre operazioni ammesse possano essere compiute con autorizzazione forestale, senza che sia necessaria anche l'autorizzazione paesaggistica, che verrebbe a sovrapporsi e ad iterare il contenuto della prima. La finalità generale di conservazione dei boschi nel tempo, che caratterizza la norma di protezione, non muta e non può operare diversamente a seconda del territorio sul quale il bosco stesso insiste.

Così delineato il contenuto prescrittivo dell'art. 82 del d.P.R. n. 616 del 1977, non risulta configurabile l'asserito contrasto con tale disposizione della norma regionale denunciata, la quale, consentendo il taglio colturale del bosco senza autorizzazione paesaggistica, rispecchia sostanzialmente il contenuto della disciplina statale e si sottrae alle ipotesi di illegittimità costituzionale prefigurate dalle ordinanze di rimessione.

Rimane estranea alla valutazione di legittimità costituzionale della norma, essendo affidata alla competenza del giudice rimettente, la verifica delle concrete caratteristiche del taglio eseguito nella specie, dovendo tale operazione essere conforme, per il bosco ceduo, alle prescrizioni delle norme vigenti in materia forestale al fine di permettere il mantenimento e la conservazione nel tempo del bosco.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 131, comma 10, lettera b), della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 19 novembre 1991, n. 52 (Norme regionali in materia di pianificazione territoriale ed urbanistica), aggiunto dall'art. 23, comma 2, della legge regionale 14 luglio 1992, n. 19, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, e 116 della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Udine con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 gennaio 1996.

Mauro FERRI, Presidente

Cesare MIRABELLI, Redattore

Depositata in cancelleria il 29 gennaio 1996.