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SENTENZA N. 335
ANNO 1995
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA
CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Prof.
Antonio BALDASSARRE, Presidente
- Prof.
Vincenzo CAIANIELLO
- Avv.
Mauro FERRI
- Prof.
Luigi MENGONI
- Prof.
Enzo CHELI
- Dott.
Renato GRANATA
- Prof.
Francesco GUIZZI
- Prof.
Cesare MIRABELLI
- Prof.
Fernando SANTOSUOSSO
- Avv.
Massimo VARI
- Dott.
Cesare RUPERTO
- Dott.
Riccardo CHIEPPA
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale
dell'art. 10 della legge della Regione siciliana 25 ottobre 1975, n. 70
(Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 30 luglio 1973, n. 28, recante
provvidenze per la vitivinicoltura), promosso con ordinanza emessa il 26
ottobre 1994 dalla Corte dei conti, Sezione di controllo per la Regione siciliana, negli
atti relativi al decreto n. 3146 del 20 dicembre 1993 dell'Assessore regionale
all'agricoltura e foreste, iscritta al n. 72 del registro ordinanze 1995 e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 7, prima serie speciale, dell'anno
1995; Visto l'atto di costituzione della Regione siciliana; udito nell'udienza
pubblica del 27 giugno 1995 il Giudice relatore Enzo Cheli;
uditi gli avvocati Francesco Castaldi e Giovanni Lo Bue per la Regione siciliana.
Ritenuto in fatto
1.- La Corte
dei conti, Sezione di controllo per la Regione siciliana, con ordinanza emessa il 26
ottobre 1994, in sede di controllo sulla gestione in
relazione al decreto n. 3146 del 20 dicembre 1993 dell'Assessore
regionale all'agricoltura e foreste, ha sollevato questione di legittimità
costituzionale dell'art. 10 della legge regionale siciliana 25 ottobre 1975, n.
70 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 30 luglio 1973, n. 28,
recante provvidenze per la vitivinicoltura), in riferimento all'art. 23 dello
Statuto regionale ed all'art. 4, secondo comma, del decreto legislativo 6
maggio 1948, n. 654 (Norme per l'esercizio nella Regione siciliana delle
funzioni spettanti al Consiglio di Stato). L'ordinanza di rimessione espone che
con foglio di osservazioni n. 188 del 22 marzo 1994 l'Ufficio di controllo
della Corte dei conti, avendo rilevato, tra l'altro, la mancata acquisizione
del parere del Consiglio di giustizia amministrativa, restituiva
all'Assessorato regionale all'agricoltura e foreste il decreto n. 3146 del 1993
con il quale era stata approvata una convenzione con
l'Istituto sperimentale zootecnico per la Sicilia ai fini della realizzazione di un centro
genetico per la valorizzazione e la conservazione di razze bovine autoctone.
Nelle successive controdeduzioni, l'Amministrazione regionale replicava che in
base all'art. 10 della legge regionale n. 70 del 1975
alle convenzioni - quale quella in oggetto - previste dall'art. 16 della legge
regionale 3 giugno 1975, n. 24, doveva applicarsi il disposto dell'art. 2,
secondo comma, della legge regionale 31 marzo 1972, n. 19, modificato dall'art.
2 della legge regionale 26 maggio 1973, n. 21, che esclude l'obbligo di
richiedere il parere del Consiglio di giustizia amministrativa sui progetti di
contratto d'appalto di opere pubbliche di importo inferiore ad un miliardo di
lire, cifra poi elevata a sei miliardi dall'art. 14 della legge regionale 29
aprile 1985, n. 21. Poichè la spesa prevista per la
convenzione in argomento ammontava a lire 2.979.000.000, l'Amministrazione
riteneva, quindi, di non dover acquisire il parere del Consiglio di giustizia
amministrativa. Non considerando risolto il contrasto con l'Amministrazione
regionale, il consigliere delegato al controllo degli atti dell'Assessorato
agricoltura e foreste investiva della questione la Sezione di controllo.
Nell'adunanza del 26 ottobre 1994 la
Sezione di controllo, pur constatando
il superamento del termine posto dall'art. 3, comma 2, della legge 14 gennaio
1994, n. 20, per l'esercizio del controllo preventivo di legittimità, riteneva
tuttavia, ai sensi del comma 4 dello stesso art. 3, di esaminare gli atti in
questione in virtù del generale potere di controllo successivo sulla gestione e
della facoltà di pronunciarsi, in questa sede, anche sulla legittimità dei
singoli atti. A tal fine, la
Sezione richiamava il potere di integrare, ai sensi del comma
12 dello stesso articolo, il programma di controllo
sulla gestione definito annualmente, integrazione prevista in relazione a
situazioni e provvedimenti che richiedano - come ritenuto nella fattispecie -
tempestivi accertamenti e verifiche. Nel corso del procedimento di controllo
sulla gestione così instaurato, la
Sezione di controllo sollevava, quindi, la questione di
legittimità costituzionale di cui è causa.
2.- La Sezione
remittente ritiene la questione non manifestamente infondata in quanto, a suo
giudizio, il progetto di convenzione avrebbe dovuto
essere sottoposto al parere del Consiglio di giustizia amministrativa ai sensi
dell'art. 6 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440, che prevede detto
parere per tutti i contratti di importo superiore ai 18 milioni. La Regione ha, invece,
ritenuto di applicare l'art. 10 della legge regionale
25 ottobre 1975, n. 70, che, eliminando l'obbligo della richiesta di parere del
Consiglio di giustizia amministrativa per le convenzioni comportanti una spesa
inferiore a 6 miliardi, violerebbe il principio di cui all'art. 23 dello Statuto
regionale ed all'art. 4, secondo comma, del decreto legislativo n. 654 del
1948, secondo cui il legislatore regionale non potrebbe escludere dalla
richiesta di parere del Consiglio di giustizia amministrativa i provvedimenti
per i quali analoga richiesta risulta prevista, con riferimento al Consiglio di
Stato, da leggi statali. A sostegno di tali argomentazioni, la Sezione di controllo
richiama la sentenza di questa Corte n. 991 del 1988,
che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 13 della legge
regionale n. 1 del 1980 nella parte in cui prevedeva che le convenzioni
stipulate dall'Assessore regionale per la cooperazione dovessero essere
assistite da un parere preventivo della competente commissione dell'Assemblea
regionale siciliana, prescindendo dal parere del Consiglio di giustizia
amministrativa. La sollevata questione di legittimità costituzionale è ritenuta
dalla stessa Sezione rilevante, in quanto il suo
accoglimento verrebbe a viziare il procedimento di formazione dell'atto
regionale sottoposto a controllo, comportando la sua dichiarazione di non
conformità a legge. In punto di ammissibilità la Corte remittente richiama,
infine, la sentenza di questa Corte n. 226 del 1976,
che ha riconosciuto alla Sezione di controllo della Corte dei conti, in sede di
controllo preventivo di legittimità, la legittimazione a proporre in via
incidentale questioni di costituzionalità.
3.- Si è costituita nel giudizio la Regione siciliana, per chiedere che la questione
sia dichiarata inammissibile o, comunque, infondata. Secondo la resistente la
questione sollevata sarebbe pregiudizialmente inammissibile per difetto di legittimazione
della Sezione di controllo della Corte dei conti a proporre questioni di
legittimità costituzionale in sede di controllo successivo sulla gestione, ai
sensi dell'art. 3, comma 4, della legge 14 gennaio
1994, n. 20. Nel controllo sulla gestione, infatti, non sarebbero riscontrabili
i requisiti necessari per l'individuazione di un "giudice" e di un
"giudizio" ai fini della promozione di un incidente di legittimità
costituzionale, requisiti posti in luce nella sentenza n. 226 del
1976, proprio in relazione alla riconosciuta legittimazione della Corte dei
conti a sollevare questioni di costituzionalità in sede di controllo preventivo
di legittimità. A questo riguardo la
Regione richiama ampiamente anche la sentenza n. 29 del
1995 per sottolineare la differenza sostanziale tra i controlli di
legittimità e contabilità ed il controllo sulla gestione nel quale la Corte dei conti accerta la
rispondenza dei risultati dell'attività amministrativa agli obiettivi stabiliti
dalla legge, valutando comparativamente costi, modi e tempi dello svolgimento
di tale azione e confrontando ex-post la situazione effettivamente realizzata
con la situazione ipotizzata dal legislatore come obiettivo da realizzare. La
resistente ricorda, in particolare, l'affermazione contenuta nella citata
sentenza secondo cui l'art. 3, comma 4, della legge n.
20 del 1994, laddove ammette che la
Corte dei conti possa incidentalmente esprimersi sulla
legittimità di singoli atti, non ha inteso confondere due forme di controllo
che restano diverse o stabilire surrettiziamente un potere generale di
vigilanza e di controllo diretto a sovrapporsi a quelli disciplinati da altre
norme di legge. A giudizio della Regione, la questione sarebbe altresì
inammissibile per irrilevanza, in quanto l'impugnato
art. 10, correttamente interpretato, operando un rinvio recettizio
(e non formale) alla legge regionale n. 21 del 1973, limiterebbe l'esonero
dall'obbligo del parere del Consiglio di giustizia amministrativa alle sole
convenzioni relative a programmi di ricerca di importo inferiore ad un miliardo
di lire, non applicandosi a tali fattispecie l'elevazione del limite a sei
miliardi disposta per i controlli di appalto di opere pubbliche da una norma
successiva, non recepita dal rinvio. La convenzione in esame avrebbe dovuto,
pertanto, essere rinviata dalla Corte dei conti, in sede di controllo
preventivo di legittimità, per l'acquisizione del parere del Consiglio di
giustizia amministrativa, proprio in attuazione dell'art. 10
della legge regionale n. 70 del 1975. La questione sarebbe, comunque, infondata
nel merito in quanto la norma impugnata non
interferirebbe con la disciplina delle attribuzioni del Consiglio di giustizia
amministrativa, limitandosi ad introdurre una deroga all'acquisizione del
parere dell'organo consultivo per le convenzioni di minore importo, in armonia
con il principio di snellimento e di accelerazione delle procedure
amministrative affermato in più occasioni nella legislazione nazionale.
Considerato in diritto
1.- La Corte
dei conti, Sezione di controllo per la Regione siciliana, dubita della legittimità
costituzionale dell'art. 10 della legge della Regione
siciliana 25 ottobre 1975, n. 70 (Modifiche ed integrazioni alla legge
regionale 30 luglio 1973, n. 28, recante provvidenze per la vitivinicoltura),
che ha sottratto al parere del Consiglio di giustizia amministrativa le
convenzioni stipulate dall'Assessore regionale all'agricoltura e foreste con
vari istituti di diritto pubblico (e, in particolare, con l'Istituto
sperimentale zootecnico per la
Sicilia), ove tali convenzioni presentino un importo
inferiore ad un miliardo di lire (art. 2 della legge regionale 26 maggio 1973,
n. 21), importo successivamente elevato (dall'art. 14 della legge regionale 29
aprile 1985, n. 21) a sei miliardi. Ad avviso dell'organo remittente la
disposizione impugnata verrebbe a contrastare con l'art. 23
dello Statuto della Regione siciliana nonchè con
l'art. 4, secondo comma, delle norme di attuazione per l'esercizio nella
Regione siciliana delle funzioni spettanti al Consiglio di Stato (decreto
legislativo 6 maggio 1948, n. 654), dove si stabilisce che "gli atti per i
quali le leggi vigenti richiedono il parere del Consiglio di Stato, qualora
siano emanati dall'Amministrazione regionale, sono sottoposti al parere del
Consiglio di giustizia amministrativa".
2.- Risulta pregiudiziale l'esame dell'eccezione
di inammissibilità prospettata dalla Regione siciliana, in relazione
all'asserito difetto di legittimazione dell'autorità remittente. Tale eccezione
viene fondata sul fatto che la Corte dei conti, Sezione di
controllo per la Regione
siciliana, ha sollevato la questione di cui è causa non in sede di controllo
preventivo di legittimità sul decreto dell'Assessore regionale all'agricoltura
e foreste n. 3146 del 1993, bensì in sede di controllo successivo sulla
gestione, esercitato ai sensi dell'art. 3, comma 4, della legge 14 gennaio
1994, n. 20. L'eccezione merita di essere accolta.
3.- In proposito va innanzitutto ricordato che questa Corte, con la sentenza n. 226 del
1976, ha riconosciuto alla Sezione di controllo della Corte dei conti,
nell'esercizio del controllo preventivo di legittimità sugli atti del Governo,
la legittimazione a sollevare questioni di costituzionalità ai sensi dell'art.
1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e dell'art. 23 della legge
11 marzo 1953, n. 87, dovendosi riferire al controllo in questione la natura di
un "giudizio". Tale riconoscimento, nella richiamata sentenza, veniva fondato sul fatto che "anche se il procedimento svolgentesi davanti alla Sezione di controllo non è un
giudizio in senso tecnico - processuale, è certo tuttavia che, ai limitati fini
dell'art. 1 della legge costituzionale n. 1 del 1948 e dell'art. 23 della legge
n. 87 del 1953, la funzione in quella sede svolta dalla Corte dei conti è,
sotto molteplici aspetti, analoga alla funzione giurisdizionale, piuttosto che
assimilabile a quella amministrativa, risolvendosi nel valutare la conformità
degli atti che ne formano oggetto alle norme del diritto oggettivo, ad
esclusione di qualsiasi apprezzamento che non sia di ordine strettamente
giuridico". E questo tanto più ove si consideri che nel procedimento relativo al controllo preventivo di legittimità ricorrono
"elementi, formali e sostanziali, riconducibili alla figura del
contraddittorio" (deferimento delle pronunce alla Sezione di controllo da
parte del consigliere delegato; comunicazione tempestiva del deferimento alle
amministrazioni interessate, che possono presentare deduzioni e farsi
rappresentare; motivazione della decisione etc.) e, pertanto, assimilabili ai
caratteri propri del procedimento giurisdizionale.
4.- I profili così evidenziati con riferimento al controllo preventivo di
legittimità - e suscettibili di ricondurre lo stesso ai termini di un
"giudizio" - non si riscontrano nel controllo successivo sulla
gestione del bilancio e del patrimonio delle amministrazioni pubbliche di cui
all'art. 3, comma 4, della legge 14 gennaio 1994, n.
20. Tale tipo di controllo ha formato di recente oggetto di esame da parte di
questa Corte con la sentenza n. 29 del
1995, che ha messo in luce le radicali diversità che vengono a contrapporre
il controllo in questione a quello preventivo di legittimità, oggi disciplinato
dall'art. 3, commi 1 e 2, della legge n. 20 del 1994. In questa sentenza è
stato sottolineato come il controllo successivo sulla
gestione "debba essere eseguito, non già in rapporto a parametri di
stretta legalità, ma in riferimento ai risultati effettivamente raggiunti
collegati agli obbiettivi programmati nelle leggi e nel bilancio, tenuto conto
delle procedure e dei mezzi utilizzati per il loro raggiungimento",
dovendosi il fine ultimo di tale controllo identificare in quello "di
favorire una maggiore funzionalità nella pubblica amministrazione attraverso la
valutazione complessiva della economicità/efficienza dell'azione amministrativa
e dell'efficacia dei servizi erogati" (par. 9.1). Da qui la diversità del
controllo successivo sulla gestione dai controlli di legittimità e contabili,
diversità che "non sta soltanto nel fatto, pur rilevante....
secondo il quale, mentre i controlli da ultimo menzionati concernono singoli
atti, quello sulla gestione riguarda invece l'attività considerata nell'insieme
dei suoi effetti operativi e sociali, ma risiede soprattutto nella struttura
stessa della funzione di controllo". Con il controllo sulla gestione la Corte dei conti è tenuta,
infatti, ad accertare, secondo l'espressa previsione dell'art. 3, comma 4, della legge n. 20 del 1994, "la rispondenza
dei risultati dell'attività amministrativa agli obbiettivi stabiliti dalla
legge, valutando comparativamente costi, modi e tempi dello svolgimento
dell'azione amministrativa" e ad operare ex post il confronto "tra la
situazione effettivamente realizzata con l'attività amministrativa e la
situazione ipotizzata dal legislatore come obbiettivo da realizzare, in modo da
verificare, ai fini della valutazione del conseguimento dei risultati, se le
procedure ed i mezzi utilizzati, esaminati in comparazione con quelli
apprestati in situazioni omogenee, siano stati frutto di scelte ottimali dal
punto di vista dei costi economici, della speditezza dell'esecuzione e
dell'efficienza organizzativa, nonchè dell'efficacia
dal punto di vista dei risultati". E se è vero - come precisa la stessa
sentenza - che l'art. 3, comma 4, consente alla Corte
dei conti, in sede di controllo sulla gestione, di verificare "la
legittimità e la regolarità delle gestioni" e di pronunciarsi
incidentalmente "sulla legittimità dei singoli atti delle amministrazioni
dello Stato", è anche vero che la norma in questione non ha inteso
"minimamente confondere due forme di controllo radicalmente diverse o
stabilire surrettiziamente un potere generale di vigilanza o di controllo
diretto a sovrapporsi a quelli disciplinati da altre norme di legge", ma
soltanto affermare che "la rilevazione di eventuali illegittimità, di
scorrettezze contabili o di cattivo funzionamento dei controlli interni può
essere assunta a elemento o a indizio per la distinta valutazione complessiva
connessa all'esercizio del controllo di gestione" (par. 11.1). Dal
complesso di tali rilievi emerge, dunque, evidente la conclusione che il
controllo successivo sulla gestione, così come risulta
oggi positivamente configurato, non è tale da poter assumere le connotazioni di
un controllo assimilabile alla funzione giurisdizionale, cioè preordinato alla
tutela del diritto oggettivo con "esclusione di qualsiasi apprezzamento
che non sia di ordine strettamente giuridico": e questo quand'anche il
controllo stesso venga, incidentalmente od occasionalmente, a comportare un
giudizio sulla legittimità di singoli atti. Il fatto è che il controllo sulla
gestione - per i suoi scopi, per i suoi effetti e per le sue modalità di
esercizio - viene a configurarsi essenzialmente come un controllo di carattere
empirico ispirato, più che a precisi parametri normativi, a canoni di comune
esperienza che trovano la loro razionalizzazione nelle conoscenze
tecnico-scientifiche proprie delle varie discipline utilizzabili ai fini della
valutazione dei risultati dell'azione amministrativa (v. ancora sentenza n. 29 del
1995, par. 11.2). La natura di tale controllo si presenta, pertanto,
estranea ai caratteri di un "giudizio" nel cui ambito risulti possibile sollevare - alla luce delle precisazioni
offerte dalla giurisprudenza di questa Corte - questioni di costituzionalità.
Va, di conseguenza, esclusa la legittimazione della Corte dei conti, Sezione di
controllo per la Regione
siciliana, a sollevare la questione di cui è causa.
PER QUESTI MOTIVI
LA
CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di
legittimità costituzionale sollevata dalla Corte dei conti, Sezione di
controllo per la Regione
siciliana, nei confronti dell'art. 10 della legge della Regione siciliana 25
ottobre 1975, n. 70 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 30 luglio
1973, n. 28, recante provvidenze per la vitivinicoltura), in relazione all'art
23 dello Statuto della Regione siciliana ed all'art. 4, secondo comma, del
decreto legislativo 6 maggio 1948, n. 654.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte
costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 luglio 1995.
Antonio BALDASSARRE, Presidente
Enzo CHELI, Redattore
Depositata in cancelleria il 20 luglio 1995.