Ordinanza n. 436 del 1994

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ORDINANZA N. 436

ANNO 1994

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Giudici

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

Avv. Massimo VARI

Dott. Cesare RUPERTO

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 5 bis della legge 8 agosto 1992, n. 359 (Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica), promosso con ordinanza emessa il 4 giugno 1993 dal Giudice istruttore presso il Tribunale di Gela nel procedimento civile vertente tra Cordaro Paolo ed altri ed il Comune di Gela ed altri iscritta al n.254 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell'anno 1994;

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 26 ottobre 1994 il Giudice relatore Renato Granata;

Ritenuto che, in una controversia (promossa con atto di citazione in riassunzione notificato il 12 giugno 1991) avente ad oggetto la determinazione dell'indennità di esproprio, il giudice istruttore presso il Tribunale di Gela con ordinanza del 4 giugno 1993 ha sollevato questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 5 bis decreto legge 11 luglio 1992, n. 333, convertito nella legge 8 agosto 1992, n.359 (Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica) per contrasto con gli artt. 3 e 42, comma 3, Cost.;

che - ad avviso del giudice rimettente -la competenza a sollevare detta questione spetta anche al giudice istruttore in quanto si tratta di disposizioni di legge che il medesimo deve applicare per provvedimenti di competenza sua propria, dovendo egli conferire un nuovo incarico al consulente tecnico d'ufficio in base alla normativa di cui si assume l'illegittimità costituzionale e quindi tenendo conto dei nuovi criteri di determinazione dell'indennità di esproprio;

che l'indennizzo assicurato all'espropriato dall'art. 42, terzo comma Cost., deve costituire un serio ristoro e non può essere fissato in una misura irrisoria o meramente simbolica;

che in base all'art. 5 bis cit. l'indennità di espropriazione per le aree edificabili è determinata a norma dell'art. 13, terzo comma, della legge 15 gennaio 1885, n.2892, sostituendo ai fitti coacervati dell'ultimo decennio il reddito dominicale rivalutato; l'importo così determinato è ulteriormente ridotto del 40%, salvo che il soggetto espropriato aderisca alla cessione volontaria del bene;

che in tal modo, seppur la media tra valore venale e reddito dominicale rivalutato dà un importo equo, la sua riduzione in misura del 40% fa scendere l'indennità di espropriazione al di sotto del livello di congruità, riducendo il valore del terreno a circa il 30% del valore di mercato;

che inoltre - conclude il giudice rimettente - vi sarebbe una disparità di trattamento tra chi al momento della sua entrata in vigore ha già subito l'esproprio e non può più convenire la cessione volontaria del bene e chi ancora non è colpito dal provvedimento ablativo e può cedere le aree volontariamente senza subire la riduzione del 40%;

che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o comunque infondata.

Considerato che la legittimazione del giudice istruttore a sollevare incidente di costituzionalità può essere affermata unicamente con riferimento a questioni concernenti disposizioni di legge che tale giudice deve applicare per provvedimenti di competenza sua propria sicchè i poteri attribuiti al giudice medesimo per l'esercizio delle funzioni e competenze sue tipiche devono risultare condizionati dalla norma sospettata d'incostituzionalità;

che invece la legittimazione del giudice istruttore non sussiste <<quando la norma impugnata assume rilevanza per la risoluzione nel merito della causa, in quanto in tal caso la competenza spetta al collegio>> (ordd.n.215 del 1992, n.147 del 1992, n.199 del 1990, sent. 1104 del 1988);

che nella fattispecie si ha che da una parte spetta al giudice istruttore il potere di disporre consulenza tecnica, potere che certo non dipende dall'art. 5 bis cit., ancorchè tale norma possa essere indicata nella formulazione dei quesiti come contenente i criteri di calcolo per l'indagine demandata al consulente tecnico d'ufficio e segnatamente per la quantificazione dell'indennità di esproprio;

che d'altra parte spetta al Collegio l'applicazione di tale norma di legge in quanto destinata a rappresentare il criterio legale di valutazione dell'esattezza dell'indagine peritale;

che è quindi il Collegio - e non già il giudice istruttore - che può sollevare questione di legittimità costituzionale della disposizione citata prima di applicarla;

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.87 e 29, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 5 bis, decreto legge 11 luglio 1992, n. 333 (Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica), convertito nella legge 8 agosto 1992, n.359 sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 42, comma 3, della Costituzione, dal giudice istruttore presso il Tribunale di Gela con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 06/12/94.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Renato GRANATA, Redattore

Depositata in cancelleria il 20/12/94.