Ordinanza n. 251 del 1994

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ORDINANZA N. 251

ANNO 1994

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Presidente

Prof. Gabriele PESCATORE Giudice

Giudici

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

Avv. Massimo VARI

Dott. Cesare RUPERTO

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

 nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 30, terzo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, concernente la revisione del contenzioso tributario, e 12, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, recante disposizioni sul processo tributario, come modificato dal decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, in legge 29 ottobre 1993, n. 427, promosso con ordinanza emessa il 18 novembre 1993 dalla Commissione tributaria di primo grado di Verbania sul ricorso proposto da AMBROSO Vincenzo contro l'Ufficio Imposte Dirette di Arona, iscritta al n. 15 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nel la Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.6, prima serie speciale, dell'anno 1994.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 25 maggio 1994 il Giudice relatore Cesare Ruperto.

Ritenuto che la Commissione tributaria di primo grado di Verbania ha sollevato, con riferimento agli artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 30, terzo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, e 12, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, come modificato dal decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, in legge 29 ottobre 1993, n. 427, nella parte in cui dette norme non riservano esclusivamente agli avvocati e ai procuratori legali "l'assistenza tecnica" davanti alle Commissioni tributarie;

che a parere del giudice a quo i soggetti abilitati all'assistenza e rappresentanza nel giudizio in argomento, appartenendo a categorie professionali eterogenee e potendo anche non essere iscritti ad alcun albo o ruolo, non garantirebbero la preparazione giuridica necessaria per osservare le regole del processo;

che tale estensione dell'àmbito dei difensori svelerebbe un vizio di ragionevolezza, confermato dalla più recente normativa impugnata, concretando altresì una disparità di trattamento rispetto ad altri organi di giurisdizione speciale e sacrificando il diritto di difesa;

che nel giudizio dinanzi a questa Corte è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, che ha concluso per l'inammissibilità ovvero per l'infondatezza della questione.

Considerato che, à termini dell'art. 80, comma 2, del citato decreto legislativo n. 546 del 1992, come modificato dall'art. 69 del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, nella legge 29 ottobre 1993, n.427, le nuove disposizioni sul processo tributario avranno effetto dalla data d'insediamento dei nuovi organi giurisdizionali, e cioé dal Io ottobre 1994, come già rilevato da questa Corte (cfr. ordinanza n. 502 del 1993 e sentenza n. 107 del 1994);

che pertanto la remittente Commissione non può allo stato applicare l'art.12 del decreto legislativo n. 546 del 1993, e dunque la relativa questione è manifestamente inammissibile per irrilevanza;

che, con riguardo all'art. 30 del d.P.R. n. 636 del 1972, questa Corte, sulla base del più volte affermato principio, secondo cui il diritto di difesa è diversamente modulabile dal legislatore nel rispetto delle garanzie fondamentali (cfr. sentenza n. 188 del 1980 e ordinanza n. 48 del 1988), ha ritenuto non irragionevole la facoltà, attribuita dal primo comma della norma de qua al contribuente, di difendersi personalmente "in un procedimento ...vertente prevalentemente su fatti" ed altresì "caratterizzato da forme semplificate" (v. ordinanza n. 685 del 1988);

che a fortiori non può ritenersi irragionevole la facoltà, prevista dal successivo terzo comma, di farsi "assistere e rappresentare in giudizio" da altri soggetti (come nella specie i ragionieri) dotati di cognizioni tecniche per la loro qualità professionale;

che, pertanto, la prospettata questione è manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 12, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione, dalla Commissione tributaria di primo grado di Verbania con l'ordinanza in epigrafe;

2) dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 30, terzo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, sollevata dalla Commissione stessa con la medesima ordinanza.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 09/06/94.

Gabriele PESCATORE, Presidente

Cesare RUPERTO, Redattore

Depositata in cancelleria il 16/06/94.