Ordinanza n. 425 del 1992

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ORDINANZA N. 425

ANNO 1992

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-          Dott. Aldo CORASANITI, Presidente

-          Prof. Giuseppe BORZELLINO

-          Dott. Francesco GRECO

-          Prof. Gabriele PESCATORE

-          Avv. Ugo SPAGNOLI

-          Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

-          Prof. Antonio BALDASSARRE

-          Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-          Avv. Mauro FERRI

-          Prof. Luigi MENGONI

-          Prof. Enzo CHELI

-          Dott. Renato GRANATA

-          Prof. Giuliano VASSALLI

-          Prof. Cesare MIRABELLI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 29, primo comma, della legge 16 giugno 1927, n. 1766 (Conversione in legge del r.d.22 maggio 1924, n. 751, riguardante il riordinamento degli usi civici nel Regno, del r.d. 28 agosto 1924, n. 1484, che modifica l'art. 26 del r.d. 22 maggio 1924, n. 751, e del r.d. 16 maggio 1926, n. 895, che proroga i termini assegnati dall'art. 2 del r.d.l. 22 maggio 1924, n. 751), promosso con ordinanza emessa il 27 marzo 1992 dal Commissario aggiunto agli usi civici per il Lazio, l'Umbria e la Toscana nel procedimento demaniale tra Ronzetti Sesto, in proprio e nella qualità di presidente della coop.

"Valle del Sorbo", ed altri e il Comune di Formello, iscritta al n.282 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell'anno 1992.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 21 ottobre 1992 il Giudice relatore Luigi Mengoni.

RITENUTO che, con decreto 7 maggio 1984, il Commissario agli usi civici per il Lazio, l'Umbria e la Toscana, avvalendosi del potere di procedere ex officio previsto dall'art. 29, primo comma, della legge 16 giugno 1927, n.1766, ha ordinato il sequestro giudiziario di un manufatto ritenuto abusivamente costruito su un terreno di demanio civico;

che, nel corso del giudizio di convalida il Commissario aggiunto - venuto a conoscenza dell'ordinanza 20 settembre 1991 della Corte di cassazione, a sezioni unite, che ha sollevato questione di legittimità costituzionale della norma attributiva del potere sopra richiamato - con ordinanza del 27 marzo 1992 ha sollevato d'ufficio la medesima questione in riferimento agli artt. 3, 24, primo e secondo comma, 101, 118, primo e secondo comma, Cost.;

che, ad avviso del giudice remittente, "l'opinione della Suprema Corte è fondata su una ricostruzione sommaria e insufficiente della normativa impugnata e delle sue ragioni", posto che l'anomalia del giudice-parte non è semplicemente il riflesso dell'anomalia del giudice-amministratore, definitivamente cessata col d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, ma si giustifica come "riflesso processuale e strumento indispensabile per realizzare l'imprescrittibilità e l'indisponibilità dei diritti civici, solo l'iniziativa di un organo di giustizia essendo in grado di assicurare quella indefettibilità della tutela che è esigita dalle connotazioni pubblicistiche di tali diritti";

che peraltro, nonostante le argomentazioni contrarie da lui ampiamente svolte, il giudice a quo non ritiene di poter esprimere una valutazione di manifesta infondatezza della questione, stante "l'obiettiva eccezionalità della norma impugnata e il fatto che la questione è già stata sollevata da così autorevole consesso";

che nel giudizio davanti alla Corte è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.

CONSIDERATO che la motivazione dell'ordinanza dimostra che il giudice remittente non dubita della legittimità costituzionale della norma denunciata, ma, al contrario, è fermamente persuaso dell'infondatezza della questione, almeno nei termini radicali in cui è formulata nel dispositivo conformemente alla citata ordinanza della Corte di cassazione;

che, pertanto, tra il dispositivo dell'ordinanza e la motivazione sussiste un'incongruenza che rende perplessa la valutazione del fondamento giuridico della questione e lascia trasparire un uso distorto dell'incidente di costituzionalità.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

Visti gli art. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 29, primo comma, della legge 16 giugno 1927, n.1766 (Conversione in legge del r.d. 22 maggio 1924, n. 751, riguardante il riordinamento degli usi civici nel Regno, del r.d. 28 agosto 1924, n. 1484, che modifica l'art. 26 del r.d. 22 maggio 1924, n. 751, e del r.d.16 maggio 1926, n. 895, che proroga i termini assegnati dall'art. 2 del r.d.l.22 maggio 1924, n. 751), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, primo e secondo comma, 101, 118, primo e secondo comma, della Costituzione, dal Commissario aggiunto agli usi civici per il Lazio, l'Umbria e la Toscana con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22/10/92.

Aldo CORASANITI, Presidente

Luigi MENGONI, Redattore

Depositata in cancelleria il 09/11/92.