Sentenza n. 465 del 1991

 

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SENTENZA N. 465

ANNO 1991

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Dott. Aldo CORASANITI                                         Presidente

Prof. Giuseppe BORZELLINO                                   Giudice

Dott. Francesco GRECO                                                 “

Prof. Gabriele PESCATORE                                           “

Avv. Ugo SPAGNOLI                                                    “

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA                               “

Prof. Antonio BALDASSARRE                                     “

Prof. Vincenzo CAIANIELLO                                       “

Avv. Mauro FERRI                                                         “

Prof. Luigi MENGONI                                                    “

Prof. Enzo CHELI                                                           “

Dott. Renato GRANATA                                                “

Prof. Giuliano VASSALLI                                              “

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio promosso con ricorso della Regione Liguria notificato il 15 maggio 1991, depositato in cancelleria il 27 maggio successivo, per conflitto di attribuzione sorto a seguito della circolare della Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per la funzione pubblica - n. 72741/7463 del 14 marzo 1991 avente ad oggetto "Legge 7 agosto 1990, n. 241. Procedimento amministrativo. Artt. 19 e 20" ed iscritto al n. 31 del registro conflitti 1991.

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nell'udienza pubblica del 5 novembre 1991 il Giudice relatore Enzo Cheli;

Uditi l'avvocato Giampaolo Zanchini per la Regione Liguria e l'Avvocato dello Stato Sergio Laporta per il Presidente del Consiglio dei ministri;

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con ricorso notificato in data 15 maggio 1991 la Regione Liguria ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione alla circolare n. 72741/7463 del 14 marzo 1991 emanata dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per la funzione pubblica, avente ad oggetto "Legge 7 agosto 1990, n. 241. Procedimento amministrativo. Artt. 19 e 20".

La ricorrente espone che, con la suddetta circolare, la Presidenza del Consiglio dei ministri ha trasmesso a tutte le Regioni tre schemi di regolamento per l'applicazione degli artt. 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241, in tema di procedimento amministrativo, al fine di determinare, rispettivamente, "i casi in cui l'esercizio di un'attività privata subordinato ad autorizzazione, licenza, abilitazione, nulla osta, permesso o altro atto di consenso comunque denominato può essere intrapreso su denuncia dell'interessato all'amministrazione competente" (art. 19), nonché i casi in cui "la domanda di rilascio di una autorizzazione, licenza, abilitazione, nulla osta, permesso, .. si considera accolta qualora non venga comunicato all'interessato il provvedimento di diniego entro il termine fissato" (art. 20).

Secondo la Regione Liguria la circolare in questione sarebbe lesiva delle competenze regionali nella parte in cui obbliga le Regioni ad "inviare elementi utili alla identificazione dei procedimenti oggetto delle rispettive competenze", rientranti nell'ambito di applicazione degli artt. 19 e 20 della citata legge n. 241, e fissa un termine entro cui far pervenire osservazioni e proposte agli schemi di regolamento inviati, scaduto il quale "ciascuna amministrazione .. sarà ritenuta consenziente".

La circolare impugnata - indirizzata a tutti i Ministeri ed a tutte le Regioni - si porrebbe innanzitutto in contrasto con gli artt. 117 e 118 della Costituzione e con l'art. 29 della legge n. 241 del 1990 giacché con essa lo Stato avrebbe preteso identificare e inserire nell'ambito di applicazione dei regolamenti ministeriali di cui agli artt. 19 e 20 della stessa legge anche atti e procedimenti di competenza regionale, relegando le Regioni ad un ruolo di semplice "collaborazione" ai fini della identificazione di tali procedimenti.

Una impostazione, questa, che, ad avviso della ricorrente, risulterebbe gravemente lesiva dell'autonomia regionale in quanto non terrebbe conto dell'esplicito dettato dell'art. 29 della legge n. 241, secondo cui le disposizioni poste da tale legge in materia di procedimento amministrativo costituiscono per le Regioni a statuto ordinario "mere norme di principio".

Di qui l'esigenza che la materia "procedimento amministrativo" debba essere interamente regolata dalle Regioni (con il rispetto del solo limite dei principi fondamentali desumibili dalla legge n. 241), spettando alle stesse Regioni di "determinare autonomamente, per i procedimenti di propria competenza, i casi di cui alle fattispecie previste dagli artt. 19 e 20 della legge n. 241, senza alcuna possibilità da parte statale di porre a carico delle Regioni né un obbligo collaborativo (l'invio di elementi volti all'identificazione dei procedimenti di competenza regionale), né un obbligo di pronunciarsi circa gli schemi di regolamento inviati, estranei agli interessi di pertinenza regionale".

Sotto altro profilo - sempre ad avviso della Regione ricorrente - la pretesa statale di costringere le Regioni ad identificare e comunicare i procedimenti oggetto della propria competenza verrebbe anche a violare il principio di ragionevolezza: e ciò in quanto non vi sarebbe alcun "comprensibile interesse a che compaiano nei medesimi elenchi le attività regionali e le attività di altre amministrazioni di cui agli artt. 19 e 20 della legge n. 241", atteso che le Regioni procedono in piena autonomia a regolare i procedimenti di propria competenza.

Sulla base di queste considerazioni la Regione Liguria chiede che la circolare impugnata sia dichiarata invasiva delle competenze regionali e di conseguenza annullata.

2. - Nel giudizio si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, per chiedere il rigetto del ricorso.

La Presidenza del Consiglio ricorda che l'art. 29 della legge n. 241 del 1990 - dopo aver assegnato valore ed efficacia di principi generali dell'ordinamento alle regole desumibili dalle disposizioni della stessa legge - stabilisce anche che le disposizioni stesse "operano direttamente nei riguardi delle Regioni fino a quando esse non avranno legiferato in materia".

Pertanto, senza la sollecita adozione dei regolamenti di cui agli artt. 19 e 20, la disciplina della legge n. 241 resterebbe in larga misura incompleta ed inoperante, venendo così meno anche alla sua funzione di transitoria supplenza delle normative regionali.

In questa prospettiva - secondo la Presidenza del Consiglio - la richiesta di elementi di identificazione dei procedimenti di competenza regionale nonché la richiesta di proposte ed osservazioni agli schemi di regolamento predisposti dal Governo troverebbe la sua razionale giustificazione nell'esigenza di assicurare - fino a che le singole Regioni a statuto ordinario non abbiano provveduto a dotarsi di proprie normative in materia - l'effettiva vigenza di una disciplina generale del procedimento amministrativo, in grado di regolamentare, nel modo più uniforme possibile, i momenti e le forme di condizionamento dell'attività dei privati da parte dei poteri pubblici.

3. - In prossimità dell'udienza la Regione Liguria ha depositato una memoria dove si richiama il fatto che la stessa Regione, dopo la proposizione del conflitto di cui è causa, ha provveduto ad approvare la legge 6 giugno 1991, n. 8, recante "Norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi", ponendo quindi in essere la disciplina regionale richiamata nell'art. 29 della legge n. 241 al fine di limitare l'operatività di tale legge nei confronti delle Regioni ai soli principi desumibili dalle disposizioni in essa contenute.

 

Considerato in diritto

 

1. - Con la circolare n. 72741/7463 del 14 marzo 1991 la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per la funzione pubblica - ha inviato a tutti i Ministeri e a tutte le Regioni tre schemi di regolamento destinati a individuare le attività ed i termini relativi ai procedimenti amministrativi di cui agli artt. 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241, con l'invito a far pervenire, entro un termine prefissato, "eventuali osservazioni e proposte" e con l'avvertimento che, in difetto di risposta entro tale termine, ciascuna amministrazione sarebbe stata ritenuta consenziente alla disciplina proposta.

Nella stessa circolare si ricorda anche che, con una precedente lettera, le Amministrazioni destinatarie erano state già sollecitate "ad inviare elementi utili alla identificazione dei procedimenti oggetto delle rispettive competenze e che possono rientrare nell'ambito di applicazione degli artt. 19 e 20".

Secondo la Regione Liguria la circolare in questione rivelerebbe chiaramente l'intenzione del Governo di includere anche le Regioni tra i soggetti disciplinati dai regolamenti governativi di cui agli artt. 19 e 20 della legge n. 241, così da estendere la normazione che dovrà essere formulata mediante tali regolamenti anche ai procedimenti di competenza regionale, relegandosi le Regioni, ai fini della disciplina di tali procedimenti, ad un ruolo di mera collaborazione con lo Stato.

Da qui - ad avviso della ricorrente - la lesione, oltre che del principio di ragionevolezza, degli artt. 117 e 118 della Costituzione e dell'art. 29 della legge n. 241 del 1990, dove si affida alle Regioni a statuto ordinario la regolazione delle materie toccate dalla stessa legge "nel rispetto dei principi desumibili dalle disposizioni in essa contenute, che costituiscono principi generali dell'ordinamento".

2. - Il ricorso non è fondato nei termini che verranno di seguito precisati.

Gli artt. 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241, si riferiscono alla disciplina, rispettivamente, della "denuncia preventiva" e del "silenzio - assenso" nell'ambito di procedimenti dove l'attività dei privati risulti subordinata ad atti di consenso dell'autorità amministrativa.

In particolare, l'art. 19 richiama la possibilità per il privato di intraprendere un'attività soggetta ad autorizzazione o ad altro atto di consenso denunciandone l'inizio all'amministrazione competente, salva la successiva verifica da parte della stessa amministrazione della effettiva sussistenza dei presupposti e dei requisiti di legge per lo svolgimento di tale attività.

A sua volta, l'art. 20, sempre in tema di attività private sottoposte al consenso della pubblica amministrazione, si riferisce alle ipotesi in cui il decorso di un termine prefissato, senza che sia intervenuto un esplicito provvedimento di diniego dell'atto autorizzatorio richiesto, equivale ad accoglimento della domanda avanzata dal privato.

Entrambe le disposizioni stabiliscono poi che i casi di applicazione degli istituti della "denuncia preventiva" e del "silenzio-assenso" all'esercizio di attività private subordinate a consenso della pubblica amministrazione devono essere individuati mediante regolamenti adottati ai sensi dell'art. 17, secondo comma, della legge 23 agosto 1988, n. 400, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari.

Ora, ai fini della soluzione della controversia in esame, la premessa da cui occorre muovere è che i regolamenti governativi in questione - quand'anche caratterizzati dalla speciale efficacia propria dei regolamenti c.d. "delegati" - non risultano legittimati a disciplinare, per la naturale distribuzione delle competenze normative tra Stato e Regioni desumibile dall'art. 117 della Costituzione, le materie di spettanza regionale e, conseguentemente, neppure i procedimenti amministrativi attinenti a tali materie.

Se è vero, infatti, che il procedimento amministrativo non coincide con uno specifico ambito materiale di competenza, in quanto modo di esercizio delle diverse competenze, è anche vero che la disciplina dei vari procedimenti dovrà essere affidata a fonti statali o a fonti regionali, a seconda che gli stessi attengano all'esercizio di competenze materiali proprie dello Stato o delle Regioni. E questo tanto più ove si consideri la connessione naturale esistente tra la disciplina del procedimento e la materia dell'organizzazione, connessione che conduce a individuare nella regolamentazione ad opera della Regione dei procedimenti amministrativi di propria spettanza un corollario della competenza regionale, richiamata nell'art. 117 della Costituzione, concernente l'"ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalle Regioni".

Queste considerazioni trovano, del resto, piena conferma nella stessa legge n. 241 del 1990, che, all'art. 29, affida alle Regioni a statuto ordinario il potere di regolare gli oggetti investiti da tale legge "nel rispetto dei principi desumibili dalle disposizioni in essa contenute, che costituiscono principi generali dell'ordinamento giuridico". Né la previsione, espressa nello stesso art. 29, di un'operatività in via suppletiva di tutte le disposizioni contenute nella legge n. 241 nei confronti delle Regioni che non abbiano ancora legiferato in materia, può spostare i termini del problema, dal momento che tale operatività risulta pur sempre limitata alle sole disposizioni contenute nella legge n. 241, né può estendere la sua efficacia fino a legittimare l'incidenza nell'ambito della sfera di competenza regionale di fonti statali di livello secondario, quali quelle espresse nei regolamenti governativi di cui agli artt. 19 e 20 della legge n. 241. La possibilità per tali regolamenti di svolgere la loro efficacia anche nella sfera regionale verrebbe, infatti, a contrastare non solo con l'art. 29 della legge n. 241, ma anche con la disciplina formulata, in tema di regolamenti, dalla legge 23 agosto 1988, n. 400, dove espressamente si esclude che i regolamenti governativi destinati a disciplinare l'attuazione e l'integrazione delle leggi recanti norme di principio possano incidere su materie riservate alla competenza regionale (art. 17, primo comma, lett. b).

3. - Quanto precede non conduce, d'altro canto, ad affermare anche l'esistenza della lesione che, con riferimento alla circolare di cui è causa, la Regione Liguria lamenta.

Dalla circolare in questione non risulta, infatti, possibile dedurre con certezza l'intenzione dello Stato di voler provvedere all'adozione di una disciplina regolamentare, ai sensi degli artt. 19 e 20 della legge n. 241, comprensiva anche dei procedimenti amministrativi di competenza regionale. Al contrario, il fine che la circolare dichiara esplicitamente di voler perseguire riguarda soltanto l'assunzione di informazioni relative ai procedimenti di competenza delle varie amministrazioni, statali e regionali, nonché l'eventuale formulazione da parte delle stesse amministrazioni di osservazioni e proposte relative agli schemi di regolamento già predisposti dall'amministrazione statale con riferimento all'esercizio di proprie competenze.

La richiesta espressa dalla circolare in esame non mira, pertanto, a intaccare una sfera di competenza regionale, quanto a favorire, attraverso uno scambio di informazioni e valutazioni, un rapporto collaborativo tra le varie amministrazioni, centrali e periferiche, anche ai fini dell'adozione di modelli procedurali non dissonanti: rapporto particolarmente giustificato nell'attuale fase di avvio di una disciplina fortemente innovativa e di grande rilievo istituzionale quale quella espressa dalla legge n. 241 del 1990.

 

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

Dichiara che spetta allo Stato, in relazione alla circolare della Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per la funzione pubblica - n. 72741/7463 del 14 marzo 1991, concernente l'attuazione degli artt. 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241, chiedere alla Regione Liguria, a fini informativi e di apporto collaborativo, elementi utili alla identificazione dei procedimenti amministrativi di competenza regionale nonché osservazioni e proposte relative agli schemi di regolamenti governativi in corso di adozione per i procedimenti amministrativi di competenza statale.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 dicembre 1991.

 

CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA - Giuliano VASSALLI.

 

Depositata in cancelleria il 13 dicembre 1991.