SENTENZA N. 420
ANNO
1991
REPUBBLICA
ITALIANA
In
nome del Popolo Italiano
composta dai signori:
Dott. Aldo CORASANITI Presidente
Prof. Giuseppe BORZELLINO Giudice
Dott. Francesco GRECO “
Prof. Gabriele PESCATORE “
Avv. Ugo SPAGNOLI “
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA “
Prof. Antonio BALDASSARRE “
Prof. Vincenzo CAIANIELLO “
Avv. Mauro FERRI “
Prof. Luigi MENGONI “
Prof. Enzo CHELI “
Prof. Giuliano VASSALLI “
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità
costituzionale dell'art. 1, comma primo, della legge 22 agosto 1985, n. 450
(Norme relative al risarcimento dovuto dal vettore stradale per perdita o
avaria delle cose trasportate), come integrato dall'art. 10, comma terzo, del d.P.R. 3 gennaio 1976 n. 32 promossi con le seguenti
ordinanze:
1) ordinanza emessa il 23 novembre 1990 dalla Corte d'Appello
di Torino nel procedimento civile vertente tra S.a.S.
Dafne et Cloe e
Autotrasporti Bestiame Melano Antonio e figlio
iscritta al n. 46 del registro ordinanze 1991 e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6, prima serie speciale, dell'anno
1991;
2) ordinanza emessa il 5 dicembre 1990 dal Tribunale di
Ancona nel procedimento civile vertente tra S.a.S. E. Porta e S.n.c. Autotrasporti Fratelli Milletti
iscritta al n. 181 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 13, prima serie speciale, dell'anno 1991;
Visti gli atti di intervento del
Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito nella camera di consiglio del 9 ottobre 1991 il Giudice
relatore Luigi Mengoni;
Ritenuto
in fatto
1. - Nel corso di un giudizio di responsabilità per i danni
conseguenti alla perdita - imputabile a colpa grave di un ausiliare del vettore
- di merci trasportate per conto terzi, la Corte d'appello di Torino, con
ordinanza del 23 novembre
Il dubbio di costituzionalità viene
proposto sotto due profili: a) in riferimento agli artt. 3 e 41 Cost., in
quanto la norma denunciata "non prevede il dolo o la colpa grave quale
eccezione alla limitazione di responsabilità del vettore;" b) in
riferimento all'art. 3 Cost., "in quanto non prevede che la limitazione di
responsabilità si applichi solo nel caso in cui il trasporto sia stato in concreto
sottoposto alla tariffa a forcella", caso non ricorrente nella specie.
Sotto il primo profilo il giudice remittente osserva che in
materia analoga la Convenzione di Ginevra 19 maggio 1956, resa esecutiva in
Italia con legge 6 dicembre 1960, n. 1621, esplicitamente esclude ogni
limitazione di responsabilità del vettore in caso di
dolo o colpa grave. L'assenza di tale eccezione nella
legge impugnata comporta, in contrasto col principio di eguaglianza, una
ingiustificata disparità di trattamento della responsabilità del vettore nel
trasporto nazionale rispetto a quello internazionale, con l'effetto di
determinare costi aggiuntivi a carico degli utenti del primo, il che, in
definitiva, si traduce per essi in un limite della libertà di iniziativa
economica risultandone aggravato il rapporto costi-benefici nelle rispettive
imprese.
Sotto il secondo profilo il giudice
a quo rileva che la limitazione di responsabilità, essendo una conseguenza
logica dell'intero sistema della c.d. "tariffa a forcella", fondato
sul duplice presupposto della predeterminazione pubblica delle tariffe e
dell'obbligatorietà dell'assicurazione delle merci trasportate secondo
massimali normativamente predeterminati, non può operare in difetto di quei
presupposti, allorché di fatto il regime tariffario non ha avuto applicazione
per inosservanza da parte del vettore. Nella mancata discriminazione tra
vettori osservanti e vettori inosservanti della tariffa viene
ravvisata un'altra violazione del principio di cui all'art. 3 Cost.
2. - Nel giudizio davanti alla Corte è intervenuto il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello
Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili o comunque
infondate.
In relazione alla prima questione
l'interveniente obietta che la normativa impugnata non può essere messa a
confronto con la disciplina del trasporto internazionale prevista dalla
Convenzione di Ginevra, trattandosi di due sistemi disomogenei, fondati su
principi diversi e quindi retti da logiche diverse. Il limite di responsabilità
stabilito dalla disciplina internazionale è disponibile dall'autonomia privata
mediante la dichiarazione di valore o di speciale interesse da parte del
mittente, la quale assoggetta il rapporto di
corrispettività tra le prestazioni contrattuali alla regola del mercato. La
disciplina nazionale, invece, è inderogabile, così che eccezioni al limite di responsabilità del vettore, come quelle
prospettate dalla Corte remittente in caso di dolo o colpa grave, non
potrebbero essere riequilibrate da una maggiorazione del prezzo del trasporto.
Di tale limite si tiene conto in sede di fissazione della forcella tariffaria.
Circa la seconda questione, l'Avvocatura ne eccepisce
l'irrilevanza, essendo fondata su una differenziazione di ipotesi
che è di mero fatto. Nel caso di stipulazione di un prezzo del trasporto
eccedente l'uno o l'altro dei limiti di tariffa, la relativa clausola è nulla
e, a norma degli artt. 1339 e 1419, secondo comma, cod.
civ., automaticamente sostituita dal minimo o, rispettivamente, dal massimo
legale, così che pure questa ipotesi viene de iure ricondotta in concreto sotto
il regime tariffario.
Ad avviso dell'interveniente l'accennata ragione di inammissibilità si rifletterebbe anche sulla prima
questione, in quanto formulata in termini alternativi e paritetici rispetto
alla seconda.
3. - Sotto altri profili la medesima norma
è impugnata, sempre per contrasto col principio di cui all'art. 3 Cost., anche
dal Tribunale di Ancona, e precisamente perché: a) non prevede un meccanismo di
determinazione dei limiti di responsabilità del vettore idoneo a garantire un
adeguato ristoro del danno, tenuto conto anche dell'entità e della qualità del
carico, e non soltanto della portata utile del veicolo impiegato per il
trasporto; b) attribuisce al sistema legale di tariffe a forcella carattere
cogente, comprimendo senza ragione l'autonomia privata degli operatori
economici nel settore del trasporto su strada.
4. - È intervenuto il Presidente del Consiglio, rappresentato
dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate
inammissibili o, in subordine, infondate.
L'inammissibilità è eccepita sul rilievo che il giudice
remittente ha omesso di accertare se l'avvenuto pagamento da parte del vettore,
a titolo di risarcimento, di una somma superiore al limite massimo legale di
responsabilità non implichi rinunzia a far valere tale limite, e anche perché
la rilevanza della questione è affermata in base alla sola domanda di
liquidazione di un quantum superiore, senza alcuna delibazione al riguardo,
sebbene tale pretesa risulti contraddetta da una
perizia di parte.
Nel merito l'Avvocatura svolge argomenti analoghi a quelli
esposti nell'atto di intervento nella causa
precedente, aggiungendo, per quanto riguarda la lamentata inadeguatezza del
massimale di responsabilità, che essa, in ipotesi, non è imputabile alla legge
impugnata, ma a disfunzioni applicative, cioè a vizi della funzione
amministrativa inerente al mancato aggiornamento dei limiti fissati nel
regolamento di esecuzione del 1976.
Con riguardo a un ulteriore tertium comparationis
introdotto dal Tribunale di Ancona, si osserva, infine, che nessun confronto
può essere proposto tra autotrasportatori iscritti e non iscritti all'Albo
nazionale della categoria, posto che l'attività degli autotrasportatori non
iscritti è illegittima e pertanto dà luogo a mere prestazioni di fatto.
Considerato
in diritto
1. - L'art. 1, comma 1, della legge
22 agosto 1985, n.
a) in riferimento agli artt. 3 e 41,
primo e secondo comma, Cost., in quanto "non prevede il dolo e la colpa
grave quale eccezione alla limitazione di responsabilità del vettore";
b) in riferimento all'art. 3 Cost.,
"in quanto non prevede che la limitazione di responsabilità si applichi
solo nel caso in cui il trasporto sia stato in concreto sottoposto alla tariffa
a forcella".
Sotto altri due profili, entrambi in
riferimento all'art. 3 Cost., la medesima norma è impugnata anche dal Tribunale
di Ancona:
c) in quanto stabilisce
"criteri certamente inidonei ad assicurare l'adeguatezza del ristoro del
danno da avaria o perdita della merce trasportata, determinando in misura fissa
la prestazione risarcitoria dovuta, con esclusivo riferimento alla portata
utile del mezzo impiegato e senza considerare in alcun modo l'entità e la
qualità del carico, non prevedendo peraltro un periodico aggiornamento ovvero
un meccanismo di adeguamento dei limiti così individuati";
d) in quanto non ammette, in favore
dell'utente, la derogabilità del limite di responsabilità del vettore.
2. - I giudizi di legittimità costituzionale promossi dalle
due ordinanze vertono su questioni tra loro connesse, concernenti la medesima
disposizione di legge, e pertanto vanno riuniti per essere decisi con unica
sentenza.
3. - Occorre preliminarmente respingere un'eccezione di inammissibilità opposta dall'Avvocatura dello Stato
contro l'ordinanza del Tribunale di Ancona. Ad avviso dell'interveniente, il
giudice a quo avrebbe dovuto chiarire se l'avvenuto pagamento al danneggiato di
una somma (assicurata con polizza volontaria) superiore al
limite legale di responsabilità implichi rinunzia del vettore a far
valere tale limite; inoltre avrebbe dovuto delibare l'attendibilità della
perizia di parte attestante che la detta somma coprirebbe integralmente il
danno.
Sul primo punto va osservato in contrario che il
comportamento del vettore è indice per se stesso solo della volontà di non far
valere il limite legale del risarcimento fino a concorrenza con la somma
garantita dalla polizza volontaria, integrativa di quella obbligatoria. Anche
sul secondo punto il giudice a quo ha sufficientemente valutato la rilevanza
della questione: a tal fine basta la sussistenza di un nesso di pregiudizialità
rispetto alla pretesa dedotta nel giudizio principale, senza bisogno che siano previamente accertati i fatti (nella specie l'ammontare
effettivo del danno) su cui la pretesa si fonda.
4. - La prima questione, sopra elencata al punto 1, sub a), è fondata.
Da un insieme di norme, disseminate nel codice civile (artt.
1229, primo comma, 1713, secondo comma, ecc.), nel codice della navigazione
(art. 952) e in leggi speciali (in particolare art. 29,
primo comma, della Convenzione di Ginevra sul trasporto internazionale di merci
su strada, resa esecutiva in Italia dalla legge 6 dicembre 1960, n. 1621), si
ricava un principio generale, conforme alla tradizione giuridica europea, che
non ammette il debitore ad avvalersi di limitazioni convenzionali o legali di
responsabilità quando l'inadempimento dipende da dolo o colpa grave. Tale
principio, mentre vincola inderogabilmente l'autonomia privata, non vincola il legislatore, non essendo coperto da garanzia
costituzionale. Né occorrono formule esplicite per escluderlo, ben potendo
l'invalicabilità in ogni caso del limite essere argomentata, in conformità del
dato testuale che non distingue, dalla ratio legis o dal contesto normativo. In
questo senso è oggi interpretato dalla giurisprudenza prevalente l'art. 423 cod. nav. in tema di responsabilità del vettore marittimo,
il quale, a differenza dell'art. 952 relativo al vettore aereo, non riserva il
caso di dolo o colpa grave. Analogamente orientata è
la giurisprudenza in materia di responsabilità risarcitoria degli autotrasportatori
di merci su strada: il silenzio dell'art. 1 della legge n. 450 è ritenuto
qualificato come indice di operatività del limite in ogni caso.
Contrariamente a quanto sostiene il giudice a quo, non si può
argomentare dal confronto col citato art. 29 della
Convenzione di Ginevra un vizio di legittimità costituzionale della norma
denunciata per violazione del principio di eguaglianza. Il confronto non è
ammissibile, data la disomogeneità dei sistemi di responsabilità adottati dalla
Convenzione per i trasporti internazionali e dalla legge n. 450 per i trasporti
interni soggetti alle tariffe obbligatorie a forcella. Nel sistema della
Convenzione il limite di responsabilità del vettore può essere derogato
mediante dichiarazione del valore della merce o dichiarazione di speciale
interesse alla consegna, sicché il diniego del beneficio sancito dall'art. 29 quando sia provato il dolo o (se equivalente secondo la
giurisdizione adita) la colpa grave del vettore o dei suoi ausiliari, si
inserisce nella logica della non assolutezza del limite. Nel sistema della
legge nazionale, invece, la limitazione legale del risarcimento è inderogabile
anche in favore dell'utente, e poiché l'inderogabilità è correlata alla cogenza
delle tariffe a forcella, non sarebbe di per sé ingiustificata l'estensione del
limite a tutti i casi di responsabilità, incluso il caso
di dolo o colpa grave.
Il parametro dell'art. 3 Cost. viene piuttosto in
considerazione sotto l'aspetto del principio di ragionevolezza e della connessa
esigenza di equo contemperamento dell'interesse degli autotrasportatori con
l'interesse delle imprese utenti tutelato dall'art. 41
Cost. Il limite di responsabilità del vettore, specialmente quando è
configurato come invalicabile anche nell'ipotesi di dolo o colpa grave, deve
essere compensato da idonee garanzie di adeguatezza del risarcimento del danno. A questa esigenza di ragionevole bilanciamento
degli interessi in gioco si dimostra sensibile, in una certa misura che qui non
occorre valutare, l'art. 52 del d.P.R.
30 marzo 1961, n. 197, relativo al trasporto di cose sulle ferrovie dello
Stato, che nel caso di dolo o colpa grave, pur senza rimuovere il limite di
responsabilità del vettore, dispone però il raddoppio del massimale.
Se è vero, infatti, che la limitazione di responsabilità del
vettore (la quale trasforma il rischio delle imprese di autotrasporto per la
perdita o avaria delle merci in costi assicurativi) comporta un contenimento
dei prezzi del servizio, con benefica ricaduta sui prezzi di mercato delle
merci trasportate e quindi sull'interesse generale, è vero altresì che, ove la
somma-limite non rappresenti un risarcimento adeguato
(seppure non integrale), il detto vantaggio è annullato dal costo supplementare
che l'impresa utente deve accollarsi per assicurare per proprio conto il carico
almeno nella misura occorrente per garantirsi un congruo indennizzo in caso di
perdita o di avaria delle merci. Questo costo assicurativo, aggravato
dall'estensione del limite di responsabilità del vettore all'ipotesi di dolo o
colpa grave, incide sulla programmazione dei costi delle imprese utenti e sulla
correlativa politica dei prezzi, comprimendo la libertà di organizzazione e di
gestione dell'impresa secondo criteri di economicità, la quale è un elemento
della libertà di iniziativa economica tutelata
dall'art. 41 Cost. Ne risultano in pari tempo compromessi gli scopi di utilità
sociale che la legge si propone in termini di contenimento dei prezzi di
mercato attraverso il calmieramento dei costi di trasporto delle merci.
4.1. - L'Avvocatura dello Stato obietta che l'inadeguatezza
della somma-limite determinata dall'art. 10 del
regolamento di esecuzione della legge n. 298 del 1974 (approvato con d.P.R. n. 32 del 1976) è imputabile a "disfunzioni
applicative della legge, cioè a vizi della funzione amministrativa", che
non possono formare materia di censura davanti a questa Corte. Ma va osservato
in contrario che l'art. 1, comma 1, della legge n. 450
del 1985 è impugnato non tanto per l'esiguità della somma-limite fissata dal regolamento
da esso richiamato, quanto perché il limite di responsabilità del vettore non
trova compenso nella predisposizione, nella stessa legge, di garanzie idonee ad
assicurare l'adeguatezza del risarcimento, di guisa che, alla stregua del
criterio sopra enunciato, il limite non appare giustificato, specialmente
nell'ipotesi di dolo o colpa grave.
5. - Alla stregua del medesimo criterio è fondata anche la
questione indicata al punto 1 sub c), limitatamente
alla censura rivolta alla norma impugnata di non prevedere un meccanismo di
aggiornamento del massimale cui è commisurato il limite di responsabilità del
vettore, massimale che dal 1976 è rimasto finora invariato. La prescrizione del
periodico aggiornamento del limite di responsabilità (cui ha provveduto, per
esempio, l'art. 19 della legge 13 maggio 1983, n.
La questione è, invece, infondata nella parte in cui contesta
la legittimità del metodo di determinazione della somma-limite prescelto dalla
norma impugnata attraverso il rinvio all'art. 13, n. 4
della legge n. 298 del 1976 e al suo regolamento di esecuzione, il quale
commisura il massimale alla portata lorda del mezzo impiegato, senza riguardo
alla natura e al valore delle cose da trasportare. Di per sé, considerato
indipendentemente dal coefficiente monetario con cui viene
applicato, questo metodo non può dirsi irragionevole e inidoneo a garantire un
congruo ristoro del danno, specialmente se interpretato in un certo senso tra i
vari possibili, tenuto conto anche della possibilità offerta al mittente, per
le merci di valore elevato, di sottrarsi al vincolo delle tariffe a forcella
ripartendo il trasporto in carichi non superiori alle cinque tonnellate (art.
59, lett. a) della legge n. 298 del 1974).
6. - Non sono fondate le questioni di cui al punto 1, lett. b) e d).
La prima, sollevata dalla Corte d'appello di Torino, censura
la norma sotto esame perché non distingue tra vettori che rispettano le tariffe
e stipulano l'assicurazione obbligatoria per la responsabilità per i danni alle
cose da trasportare, e vettori che non osservano le tariffe e/o non stipulano
l'assicurazione, ammettendo anche i secondi al beneficio della limitazione di
responsabilità e così trattando in modo eguale situazioni disuguali.
Per quanto concerne l'osservanza delle tariffe obbligatorie, la
distinzione prospettata dal giudice remittente è giuridicamente inconsistente
sul piano del rapporto di trasporto: l'imperatività del sistema delle tariffe a
forcella comporta nei contratti ad esso soggetti la
sostituzione automatica delle clausole difformi con il minimo o il massimo di
tariffa, a seconda che la deroga sia stata pattuita in diminuzione rispetto
all'uno o in aumento rispetto all'altro (artt. 1339 e 1419, secondo comma, cod.
civ.).
Nel caso di inosservanza
dell'obbligo di assicurazione della responsabilità per danni alle cose da
trasportare non può trattarsi se non di un vettore abusivo, dal momento che la
stipulazione del contratto di assicurazione è una condizione dell'iscrizione
all'albo degli autotrasportatori e questa, a sua volta, è condizione necessaria
per l'esercizio dell'autotrasporto per conto terzi (rispettivamente artt. 13,
n. 4, e 1, terzo comma, della legge n. 298 del 1974). Il contratto di trasporto
stipulato con un vettore abusivo è nullo, e quindi manca il presupposto di fondo per l'applicabilità del limite di responsabilità di
cui si discute.
7. La questione sub d), sollevata dal Tribunale di Ancona,
contesta la legittimità del carattere di inderogabilità
della norma impugnata, in quanto produrrebbe una ingiustificata disparità di
trattamento, da una parte, "fra autotrasportatori iscritti e non iscritti
(rectius: che non abbiano titolo all'iscrizione) al
relativo albo", dall'altra, "fra utenti di servizi di trasporto
stradale di merci e utenti di analoghi servizi resi da vettori marittimi o
aerei".
Quelli che il giudice a quo chiama autotrasportatori
non aventi titolo all'iscrizione all'albo sono gli
spedizionieri-vettori, i quali non hanno la qualità di autotrasportatori nel
senso della legge n. 298 del 1974, cioè stipulano inizialmente non un contratto
di trasporto, ma un contratto di spedizione assumendo la qualità di
spedizionieri, e successivamente "entrano" (come si suol dire) nel contratto di trasporto ai sensi dell'art.
1741 cod. civ. La diversità tra le due figure non consente di metterle a
confronto ai fini dell'art. 3 Cost.
Quanto all'altro aspetto della pretesa violazione del
principio di eguaglianza, va osservato che nei sistemi indicati nell'ordinanza
come termini di paragone, i quali consentono la deroga
al limite di responsabilità del vettore in favore dell'utente, all'aumento
della somma-limite è corrispettivo un aumento del prezzo del trasporto, il che
non è possibile nel sistema delle tariffe a forcella, data appunto la rigidità
della forcella (art. 51, terzo comma, legge n. 298 del 1974), onde si
giustifica qui l'inderogabilità del massimale di responsabilità del vettore.
per
questi motivi
LA
CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi,
dichiara l'illegittimità
costituzionale dell'art. 1, comma 1, della legge 22 agosto 1985, n. 450 (Norme
relative al risarcimento dovuto dal vettore stradale per perdita o avaria delle
cose trasportate), nella parte in cui non eccettua dalla limitazione della
responsabilità del vettore per i danni derivanti da perdita o avaria delle cose
trasportate il caso di dolo o colpa grave;
dichiara l'illegittimità
costituzionale della medesima norma nella parte in cui non prevede un
meccanismo di aggiornamento del massimale prescritto per l'ammontare del
risarcimento;
dichiara non fondate le altre
questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, della legge 22
agosto 1985, n. 450, sollevate, in riferimento all'art. 3 della Costituzione,
dalla Corte d'appello di Torino e dal Tribunale di Ancona con le ordinanze
indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte
costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 novembre 1991.
Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO -
Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA
- Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi
MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA - Giuliano VASSALLI.
Depositata in cancelleria il 22 novembre 1991.