Sentenza n. 136 del 1991

 

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SENTENZA N. 136

ANNO 1991

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Dott. Aldo CORASANITI                                         Presidente

Prof. Giuseppe BORZELLINO                                  Giudice

Dott. Francesco GRECO                                                 “

Avv. Ugo SPAGNOLI                                                    “

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA                               “

Prof. Antonio BALDASSARRE                                     “

Prof. Vincenzo CAIANIELLO                                       “

Avv. Mauro FERRI                                                         “

Prof. Luigi MENGONI                                                    “

Prof. Enzo CHELI                                                           “

Dott. Renato GRANATA                                                “

Prof. Giuliano VASSALLI                                              “

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 30 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 272 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, recante disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni), promosso con ordinanza emessa l'11 ottobre 1990 dal Tribunale per i minorenni di Salerno nel procedimento penale a carico di Guzzo Carlo ed altro, iscritta al n. 720 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 49, prima serie speciale, dell'anno 1990;

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nella camera di consiglio del 27 febbraio 1991 il Giudice relatore Mauro Ferri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Nel corso del procedimento penale a carico di Guzzo Carlo ed altri, il Tribunale per i minorenni di Salerno ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 30 del testo delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, recante disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni (testo approvato con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 272), nella parte in cui non prevede l'applicabilità, nei procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del detto d.P.R. n. 448 del 1988 i quali proseguono con il vecchio rito, dell'art. 10 delle nuove disposizioni, che sancisce l'inammissibilità dell'azione civile per le restituzioni e il risarcimento del danno cagionato dal reato.

Premesso che nel processo a quo, in presenza delle condizioni di cui all'art. 242 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale (approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271), si continuano ad applicare le norme del codice di procedura penale abrogato, il giudice remittente rileva che le nuove disposizioni sul processo penale minorile escludono, all'art. 10, l'ammissibilità della costituzione di parte civile sul presupposto della prevalenza data alla personalità ed alle esigenze educative del minorenne (principio del resto già sancito nell'art. 3 della legge-delega n. 81 del 1987).

Ciò posto, la norma transitoria di cui al censurato art. 30, mentre dispone l'immediata applicabilità nei procedimenti che proseguono con il rito abrogato di alcuni istituti nuovi, quali la sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto e la messa alla prova (che pur comportano il sacrificio degli interessi della persona offesa dal reato rispetto alla tutela prioritaria del minorenne), esclude la medesima immediata applicabilità del principio dell'inammissibilità dell'azione civile.

Ad avviso del giudice remittente, tale disciplina (inammissibilità della costituzione di parte civile nel nuovo procedimento, ammissibilità della stessa nel vecchio, nei casi in cui sia tuttora applicabile), viola l'art. 3 della Costituzione, per ingiustificata disparità di trattamento di situazioni identiche.

La rilevanza della questione, infine, sussiste, conclude il giudice a quo, in quanto l'eventuale suo accoglimento renderebbe inammissibile la costituzione di parte civile fatta da tale Mastrogiovanni Pasqualina nell'interesse proprio e dei figli minori.

2. - È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, concludendo per l'infondatezza della questione.

Rileva l'Avvocatura Generale dello Stato che la doglianza, nei termini in cui è formulata, potrebbe riguardare tutte le norme transitorie del nuovo codice di procedura penale, nella misura in cui dalle stesse discende l'applicazione per un certo lasso di tempo di un doppio regime processuale. La ratio di tali norme, in genere, è quella di contemperare esigenze diverse e di assicurare il passaggio graduale dalla vecchia alla nuova disciplina. Nella specie, pur in presenza dell'esigenza di preservare la delicata personalità del minore dalle tensioni derivanti dalla partecipazione del danneggiato al processo, sembra ragionevole, conclude l'Avvocatura, la scelta del legislatore di non estendere l'applicazione dell'art. 10 del d.P.R. n. 448 del 1988 all'ambito di ultrattività del vecchio rito, tanto più ove si consideri che, per evidenti motivi di economia processuale, la norma suddetta non avrebbe comunque potuto trovare applicazione nella ipotesi in cui la costituzione di parte civile fosse già avvenuta anteriormente alla entrata in vigore del nuovo processo.

 

Considerato in diritto

 

1. - Il Tribunale per i minorenni di Salerno solleva questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dell'art. 30 del testo delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, recante disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni (testo approvato con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 272), nella parte in cui esclude l'applicabilità dell'art. 10 di tali nuove disposizioni nei procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore delle stesse e destinati a proseguire con le norme del codice abrogato.

Il menzionato art. 10 prescrive - per quanto qui interessa (primo comma) - l'inammissibilità, nel procedimento penale davanti al tribunale per i minorenni, dell'esercizio dell'azione civile per le restituzioni e il risarcimento del danno cagionato dal reato. L'impugnato art. 30, nel dettare le disposizioni transitorie del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, dispone l'applicabilità ai procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore di quest'ultimo degli artt. 27 ("sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto"), 28 ("sospensione del processo e messa alla prova"), 29 ("dichiarazione di estinzione del reato per esito positivo della prova") e 30 ("sanzioni sostitutive") del medesimo d.P.R.

Ad avviso del giudice remittente, la mancata previsione, tra le norme di immediata applicazione nei processi in corso, dell'art. 10 (anch'esso, fra l'altro, ispirato, al pari degli istituti di cui agli articoli citati, dalle esigenze educative del minorenne), viola il principio di eguaglianza per ingiustificata disparità di trattamento di situazioni identiche: disparità consistente nel fatto che, mentre nei nuovi procedimenti la costituzione di parte civile è inammissibile, in quelli già pendenti e destinati - come nella fattispecie - a proseguire con le norme del codice abrogato tale costituzione continua ad essere ammissibile.

2. - La questione non è fondata.

Questa Corte ha costantemente affermato - anche recentemente proprio in relazione a norme transitorie del nuovo codice di procedura penale - che rientra nella discrezionalità del legislatore regolare, in ordine ai fini che intende perseguire, il passaggio da una vecchia ad una nuova disciplina (salvo il divieto di cui all'art. 25, secondo comma, della Costituzione), dettando norme transitorie intese a mantenere ferme tutte o alcune delle disposizioni abrogate per situazioni pendenti alla data di entrata in vigore delle disposizioni nuove e, in particolare, a stabilire la sorte dei processi in corso a tale data e i limiti della applicabilità ad essi delle sopravvenute norme processuali (cfr. sentt. nn. 301 del 1986, 190 del 1988, 277 del 1990; ordd. nn. 180 e 419 del 1990).

Nel caso di specie, deve, poi, certamente escludersi che la discrezionalità legislativa sia stata esercitata in modo irragionevole.

Nell'intento di assicurare una graduale sostituzione della nuova normativa a quella abrogata, mediante appunto l'emanazione di disposizioni di carattere transitorio (secondo quanto previsto, del resto, dall'art. 6 della legge-delega n. 81 del 1987), il legislatore delegato ha stabilito, con la norma censurata, di assicurare l'immediata operatività, anche nei procedimenti pendenti destinati a proseguire con l'applicazione delle norme anteriormente vigenti, dei soli istituti in precedenza citati, da esso evidentemente ritenuti particolarmente qualificanti il nuovo processo minorile.

Il fatto di non aver compreso, in tale previsione derogatoria, la norma relativa all'inammissibilità dell'azione civile è scelta che, pertanto, non può in alcun modo ritenersi viziata da irragionevolezza.

 

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 30 del testo delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, recante disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni (testo approvato con il decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 272), sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Tribunale per i minorenni di Salerno con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 marzo 1991.

 

Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA - Giuliano VASSALLI.

 

Depositata in cancelleria il 29 marzo 1991.