Sentenza n. 560 del 1989

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SENTENZA N.560

ANNO 1989

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Giovanni CONSO, Presidente

Prof. Ettore GALLO

Prof. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 35 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (Revisione della disciplina del contenzioso tributario) promosso con ordinanza emessa il 27 gennaio 1989 dalla Commissione tributaria di 2° grado di Lucca sul ricorso proposto dall'Ufficio I.V.A. di Lucca contro Fabbri M. Teresa ed altri nella qualità di soci <Zoccolificio Cerri di Cerri Ugo e C. s.n.c.>, iscritta al n. 138 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13, prima serie speciale, dell'anno 1989.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 4 ottobre 1989 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello.

 

Considerato in diritto

 

1.-E' stata sollevata questione di legittimità costituzionale dell'art. 35, terzo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, nella parte in cui non consente al giudice tributario di disporre di ufficio consulenza tecnica, potendo egli richiedere soltanto <relazioni agli organi tecnici della amministrazione dello Stato>.

Tale mancata previsione contrasterebbe, ad avviso del giudice a quo, con l'art. 24 della Costituzione in quanto limiterebbe il potere di accertamento, da parte del giudice, della verità dei fatti tramite la nomina di un esperto estraneo all'amministrazione.

Altra questione é stata sollevata nei confronti dello stesso art. 35, quarto comma, nella parte in cui non prevederebbe che, una volta nominato il consulente tecnico di ufficio ad istanza di parte, questa possa farsi assistere da un proprio consulente, nel che dovrebbe ravvisarsi un contrasto con l'art. 24 della Costituzione, impedendosi di fatto alla parte ed al giudice di giovarsi di una corretta tecnica processuale.

2. - Entrambe le questioni non sono fondate.

Per quel che riguarda l'art. 35, terzo comma, del d.P.R. n. 636 del 1972, va premesso che, in ordine al regime probatorio, questa Corte ha affermato (sent. n. 251 del 1989) che spetta al legislatore stabilire, con riferimento a ciascun tipo di processo, i mezzi di prova esperibili e le modalità per la loro assunzione.

Ciò vale anche per quel che riguarda il maggiore o minor grado dei poteri ufficiosi da attribuire al giudice, ben potendo il legislatore limitarli ove reputi di dare più largo spazio all'impulso processuale delle parti. Ciò che conta, ai fini della conformità della disciplina ai principi costituzionali in tema di tutela giurisdizionale, e che vengano rispettate l'essenza e la funzione propria del processo in quello di volta in volta p reso in considerazione.

Per il processo tributario non appare in contrasto con tali principi che la relativa disciplina preveda che, ai fini dell'accertamento dei fatti, in mancanza di richiesta delle parti, il giudice tributario possa avvalersi solo della collaborazione tecnica degli organi statali, non potendo negarsi che il loro apporto sia tale da assicurare quella perizia ed imparzialità che, secondo la prospettazione del giudice a quo, dovrebbe invece ravvisarsi solo nei confronti di consulenti processuali privati.

Oltre a questa possibilità la legge consente pero l'accesso anche alle consulenze tecniche del tipo di quelle previste nel processo civile ed in quello penale, purché sia una delle parti del processo tributario a richiederla. Previsione, questa, che pone tutte le parti in posizione di parità processuale, potendo entrambe chiedere che venga esperito quel mezzo, rimanendo però pur sempre affidato al giudice, come negli altri processi in cui esso e previsto, il potere di ammetterlo o meno.

Né può ritenersi costituire un ingiustificato ostacolo al diritto di difesa la circostanza che la p arte che avanzi la richiesta, essendo tenuta ad anticipare le spese, finisca per sopportarne definitivamente l'onere. Come ha già esattamente osservato nella memoria difensiva l'Avvocatura generale dello Stato, ciò costituisce diretta conseguenza del regime delle spese, comune ad entrambe le parti nel processo tributario, in quanto, non essendo prevista in tale giudizio la soccombenza, entrambe sono soggette all’eventualità di dover sopportare l'onere delle spese sostenute anche in caso di vittoria.

Si é dunque in presenza di una peculiarità che riguarda l'intera disciplina che il legislatore ha ritenuto di imprimere al processo tributario e che, non discriminando nella sua previsione una delle parti rispetto all'altra, appare rispettosa dei principi costituzionali in tema di diritto alla difesa in giudizio.

3. - Per quel che concerne l'art. 35, quarto comma, del d.P.R. n. 636 del 1972, diversamente da quanto sostiene il giudice a quo, il fatto che espressamente tale disposizione preveda solo <la nomina di un consulente tecnico di ufficio> non esclude che, una volta ammesso tale mezzo di prova, non debba applicarsi, per assicurare nel modo migliore il diritto di difesa, la medesima disciplina prevista ai fini dell'esperibilità dello stesso mezzo nei processi da cui esso é mutuato, purché questa disciplina risulti compatibile con il processo preso in considerazione.

Relativamente al processo tributario, non appare affatto incompatibile con la sua peculiare disciplina che, ove la consulenza tecnica venga ammessa su richiesta di una delle parti, entrambe possano chiedere di affiancare al consulente di ufficio quello di parte, per meglio esplicare la propria difesa tecnica.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

1) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 35, terzo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (Revisione della disciplina del contenzioso tributario), sollevata, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, dalla Commissione tributaria di secondo grado di Lucca, con l'ordinanza indicata in epigrafe;

2) dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 35 citato, quarto comma, sollevata, in riferimento all’'art. 24 della Costituzione, con la medesima ordinanza.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12/12/89.

 

Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL'ANDRO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI.

 

Depositata in cancelleria il 20/12/89.

 

Giovanni CONSO, PRESIDENTE

Vincenzo CAIANIELLO, REDATTORE