Sentenza n. 201 del 1986

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SENTENZA N. 201

ANNO 1986

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. Livio PALADIN, Presidente 

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 45 della legge 8 gennaio 1952 n. 6 (Istituzione della Cassa Nazionale di previdenza e di assistenza a favore degli avvocati e dei procuratori) nel testo sostituito dall'art. 21 della legge 25 febbraio 1963 n. 289 (Modifiche alla legge 8 gennaio 1952, n. 6 sulla istituzione della Cassa Nazionale di previdenza e assistenza a favore degli avvocati e procuratori) promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 5 luglio 1978 dal Pretore di Napoli nel procedimento civile vertente tra Scarselli Luigi e Cassa Nazionale di previdenza ed assistenza avvocati e procuratori, iscritta al n. 624 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 45 dell'anno 1979;

2) ordinanza emessa il 28 maggio 1979 dal Pretore di Lucca nel procedimento civile vertente tra Frezza Mario e Cassa Nazionale di previdenza ed assistenza avvocati e procuratori, iscritta al n. 666 del registro ordinanze 1979 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 332 dell'anno 1979.

Visti l'atto di costituzione della Cassa Nazionale di previdenza ed assistenza degli avvocati e procuratori e gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 6 maggio 1986 il giudice relatore Francesco Greco;

uditi l'avv. Alessandro Nigro per la Cassa Nazionale previdenza ed assistenza avvocati e procuratori e l'Avvocato dello Stato Paolo D'Amico per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Con nota del 28 settembre 1977 la Cassa Nazionale di previdenza per avvocati e procuratori comunicava all'Avv. Luigi Scarselli che gli era stato riconosciuto il diritto a pensione di anzianità con decorrenza dall'1 giugno 1977, ma che relativi ratei sarebbero stati trattenuti fino ad avvenuta compensazione con il credito di lire 1.453.135, vantato dalla Cassa stessa per contributi omessi nel decennio 1963 - 1973 e relativi interessi.

Con ricorso al Pretore di Napoli l'assicurato lamentava l'illegittimità di tale ultima determinazione della Cassa ed, in particolare, eccepiva, da un lato la prescrizione dei contributi anteriori al 1971 e, dall'altro, la illegittimità costituzionale dell'art. 45 legge 8 gennaio 1952 n. 6, come sostituito dall'art. 21 legge 25 febbraio 1963 n. 289, in relazione all'art. 38 Cost. nella parte in cui prevede che l'iscritto, il quale sia, a qualunque titolo, debitore verso la Cassa, é ammesso al godimento della pensione, ove ne sussistano le condizioni, previa detrazione delle somme dovute e dei relativi interessi.

Il giudice adito, ritenendo la seconda eccezione rilevante e non manifestamente infondata, ne rimetteva l'esame a questa Corte con ordinanza 5 luglio 1978 (R.O. n. 624/78), regolarmente notificata, comunicata e pubblicata con la G. U. n. 45 del 14 febbraio 1979.

Osservava in particolare che l'illimitata possibilità di soddisfazione delle ragioni creditorie dell'ente erogatore sull'importo della pensione, come prevista dalla norma censurata, appariva in contrasto con la garanzia costituzionale di attribuzione al lavoratore, in caso di vecchiaia, di mezzi adeguati alle sue esigenze di vita: essa, invero, si concreta nella possibile soppressione, sia pure temporanea, del trattamento pensionistico, il cui carattere prevalentemente alimentare non può fondatamente revocarsi in dubbio e costituisce anzi il motivo ispiratore di principi generali dell'ordinamento, in forza dei quali si esclude ogni disponibilità del trattamento stesso da parte degli interessati ed ogni soggezione a misure cautelari o espropriative ovvero a compensazione (art. 1246 n. 3 cod. civ.).

In punto di rilevanza della questione, il giudice a quo si limitava, poi, alla mera affermazione di sussistenza della stessa.

2. - In un giudizio di identico oggetto (riconoscimento del diritto a pensione ad un avvocato con decorrenza dall'1 agosto 1976 e trattenuta integrale dei relativi ratei fino a concorrenza della somma di lire 3.684.200, pretesi dalla Cassa per contributi omessi ed interessi) la stessa questione di legittimità costituzionale veniva sollevata anche dal Pretore di Lucca con ordinanza emessa il 28 maggio 1979 (R.O. n. 666/ 79), ritualmente comunicata, notificata e pubblicata con la G. U.n. 332 del 5 dicembre 1979.

Ai fini della rilevanza della questione, il giudice a quo osservava che non avevano fondamento le eccezioni di decadenze, opposte dal ricorrente alla pretesa della Cassa di compensare il trattamento pensionistico dovuto con il proprio credito per contributi ed interessi e che l'eccezione di prescrizione dei contributi stessi, per essere solo parzialmente fondata, implicava esclusivamente la riduzione e non l'estinzione dell'intero credito opposto in compensazione, onde rimaneva pur sempre pregiudiziale la questione di costituzionalità della norma sopra citata, nella parte in cui legittima la Cassa alla preventiva ed integrale soddisfazione delle proprie ragioni creditorie sull'erogando trattamento pensionistico.

Nel merito di tale questione, oltre a rilevare il contrasto della norma censurata con l'art. 38 Cost. per ragioni sostanzialmente analoghe a quelle già svolte dal Pretore di Napoli, deduceva altresì la violazione dell'art. 3 Cost., per il deteriore trattamento dalla norma stessa riservato ai pensionati della Cassa rispetto a quelli soggetti al regime assicurativo generale.

Infatti, mentre per primi si consente la sospensione della erogazione dell'intera pensione fino al recupero delle somme vantate in credito dall'ente gestore, per secondi l'art. 69 della legge n. 153/69 prevede che crediti dell'I.N.P.S. possono essere soddisfatti sui ratei di pensione soltanto nella misura di un quinto degli stessi.

Né ragionevole giustificazione di siffatta disparità di trattamento può ravvisarsi nella non omogeneità dei sistemi assicurativi posti a confronto poiché, ad onta di questa, la ratio della previsione limitativa posta a fondamento della disposizione del citato art. 69 legge n. 153/69 risulta pienamente valida anche nell'ambito della previdenza forense: tanto più se si considera che appunto tale ratio ispira il disposto dell'art. 22 della stessa legge n. 289/63 (secondo il quale alle pensioni ed agli assegni corrisposti dalla Cassa si applicano, per quanto riguarda il sequestro, il pignoramento e la cessione, le disposizioni vigenti per dipendenti statali), onde risulta avvalorata l'intrinseca irrazionalità della speciale disciplina dettata dalla norma censurata esclusivamente in relazione al debito del professionista verso la Cassa.

3. - In entrambi giudizi é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri a mezzo dell'Avvocatura dello Stato, insistendo per la declaratoria di infondatezza della questione.

L'Avvocatura dello Stato ha, in particolare, osservato che é improprio, nella fattispecie, il richiamo all'art. 38 Cost., trattandosi di una forma previdenziale di categoria. Inoltre, il precetto costituzionale istituisce la garanzia di mezzi adeguati alle esigenze di vita solo in relazione ad eventi che incidono negativamente sulla capacità di lavoro e di guadagno (infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia), determinando così una situazione di bisogno: nella specie, invece, si tratta di una pensione di anzianità, la cui funzione differisce da quella delle forme previdenziali testé ricordate, in quanto la erogazione del relativo trattamento é correlata alla sola circostanza dell'avvenuto versamento di un certo numero di contributi, sicché rispetto ad essa non é dato apprezzare ragioni di intangibilità identiche a quelle che valgono per le forme previdenziali destinate, secondo il precetto costituzionale, a sovvenire in caso di bisogno dell'assicurato.

D'altra parte, anche l'intangibilità dei trattamenti assicurati attraverso tale forma di previdenza é soltanto parziale e non assoluta; e lo stesso principio di automaticità delle prestazioni, sebbene sia venuto generalizzandosi nel nostro ordinamento, da un lato non ha rilievo costituzionale e dall'altro risponde ad una linea di tendenza, attuabile con la gradualità consentita dalla particolare struttura e funzione delle varie forme di previdenza e dalle caratteristiche proprie delle rispettive fonti di finanziamento: si spiega perciò che ordinamenti previdenziali di categoria, come quello forense, finanziati essenzialmente attraverso contributi degli appartenenti alla categoria stessa, possono prevedere eccezioni a quel principio, specie quando, come nella fattispecie, il credito il cui recupero comporta la temporanea sospensione del trattamento pensionistico, avendo natura contributiva, attiene esso stesso alle fonti di finanziamento ed ha, perciò, un rilievo tutto interno al rapporto assicurativo.

Tale rilievo rende anche ragione all'impossibilità di porre a confronto, per giudicare della legittimità del regime di intangibilità o meno del trattamento pensionistico, il caso riconducibile a detta fattispecie con altri in cui le posizioni contrapposte di debito o di credito attengono a vicende estranee al rapporto assicurativo, anche se, in ipotesi, intercorrenti fra le parti di questo.

Ne deriva che é mal posto il riferimento all'art. 69 della legge n. 153 del 1969, afferente ad un sistema pensionistico diversamente strutturato: la norma censurata, invece, ha lo scopo di assicurare alla Cassa mezzi finanziari necessari all'erogazione delle prestazioni e costituisce l'implicazione del fatto che all'iscritto viene assicurata anche la computabilità di periodi in relazione ai quali risulti moroso nel versamento dei contributi.

Ugualmente improprio é il riferimento all'art. 22 della legge n. 289/63 che garantisce l'intangibilità del trattamento pensionistico erogato dalla Cassa soltanto rispetto a vicende estranee al rapporto assicurativo e non interno ad esso, come la suddetta morosità.

4. - Nel giudizio promosso con l'ordinanza del Pretore di Napoli si é costituita la Cassa Nazionale di previdenza degli avvocati e procuratori prospettando preliminarmente l'inammissibilità della questione.

Deduce al riguardo la difesa della Cassa che, nel corso del giudizio a quo era stata prospettata l'eccezione di improcedibilità della domanda per mancato esperimento preventivo della procedura amministrativa di cui all'art. 12 della legge 8 gennaio 1952 n. 6, talché il giudice adito avrebbe dovuto, prima di ogni altro provvedimento, adottare quelli di cui all'art. 443 cod. proc. civ. onde consentire detto esperimento. Inoltre, essendo stata dal ricorrente sollevata eccezione di prescrizione estintiva dei contributi afferenti al periodo 1963 1971, l'esame di questa doveva necessariamente precedere la deliberazione della questione di costituzionalità, essendo evidente che, nell'ipotesi di accertata insussistenza del credito opposto in compensazione dalla Cassa, non vi sarebbe stato luogo all'applicazione della norma censurata.

Tali omissioni, ad avviso della Cassa, rendono detta questione meramente eventuale e perciò priva dei requisiti richiesti dall'art. 23 della legge n. 87/53.

Nel merito, secondo la difesa della Cassa, la questione non ha fondamento.

L'art. 38 Cost. non può essere utilmente richiamato a proposito della previdenza dei professionisti forensi per quali non esistono tutte quelle forme di protezione sociale che detto precetto prevede per "lavoratori" a nell'accezione usuale e più ristretta di lavoratori subordinati ".

D'altra parte quella previdenza, come riconosciuto anche da questa Corte (sent. n. 62/77), é imperniata su di una esasperata applicazione del principio di solidarietà, in quanto implica l'erogazione di trattamenti minimi uguali per tutti, quale che sia l'onere contributivo gravante su ciascuno; né ha senso commisurarne singoli istituti al principio dell'adeguatezza alle esigenze di vita dell'assicurato, quando é notorio che siffatti trattamenti sono nel loro complesso largamente inadeguati a tali esigenze.

Inoltre, lo stesso principio di intangibilità dei trattamenti pensionistici, anche a volerlo configurare come un principio generale dell'ordinamento, non é privo di eccezioni talora disposte dal legislatore in considerazione della particolare natura o finalità dei crediti che su di essi possono trovare soddisfazione; e nessuna eccezione appare più giustificata di quella che, come nella fattispecie, é strumentale al recupero, da parte della Cassa, dei finanziamenti sui quali si impernia il sistema previdenziale da essa gestito.

Infine, non sono, nel caso in esame, applicabili principi in base ai quali questa Corte (sent. n. 22/69) ebbe a dichiarare l'illegittimità dell'art. 128, secondo comma, R.D.L. n. 1827 del 1935 nella parte in cui attribuiva all'I.N.P.S. il diritto di trattenere sulle pensioni l'ammontare delle somme dovutegli in forza di provvedimenti dell'autorità giudiziaria: tale declaratoria presupponeva il riconoscimento che la ritenuta a soddisfacimento di crediti dell'ente erogatore estranei al rapporto contributi - pensione introduceva nel rapporto stesso un elemento abnorme e con esso incompatibile; nel caso in esame, invece, la ritenuta é appunto funzionale al ripristino della normalità di quel rapporto.

Nell'imminenza dell'udienza la Cassa Nazionale di previdenza ed assistenza a favore degli avvocati e procuratori ha depositato una memoria con la quale insiste nella già eccepita inammissibilità della questione e, comunque, nella deduzione di infondatezza della medesima.

Per quanto concerne il primo profilo, ribadisce che il giudice a quo, con l'ordinanza di rimessione, non ha adeguatamente esaminato la rilevanza della questione, in relazione alle proposte eccezioni di improcedibilità della domanda, per mancato preventivo esperimento della procedura amministrativa, e di prescrizione dei contributi pretesi dalla Cassa.

Nel merito rileva che la pensione sulla quale erano state effettuate le contestate ritenute é una pensione di anzianità, la cui erogazione é correlata alla sola sussistenza di una certa anzianità non anagrafica, ma contributiva, sicché essa non può ritenersi funzionale, come quella di vecchiaia. alla liberazione dell'assicurato dallo stato di bisogno, con la conseguenza che non può essere ricompresa fra trattamenti previdenziali relativamente ai quali opera la garanzia dell'art. 38 Cost..

Quest'ultimo precetto, poi, non può essere inteso come idoneo a porre una regola rigorosa di assoluta intangibilità di detti trattamenti, dei quali, in effetti, il legislatore ha sovente previsto, sia pure entro limiti variamente fissati, la possibilità di assoggettamento a misure cautelari, espropriative o a compensazione, anche in favore di creditori estranei al rapporto assicurativo.

Tale possibilità, prevista per lavoratori dipendenti, deve a fortiori ritenersi sussistente riguardo ai trattamenti propri dei lavoratori autonomi.

Per costoro, invero, il regime previdenziale (nonostante il contrario avviso talora espresso da questa Corte: sentt. n. 62 del 1977 e nn. 132 e 133/84, rese peraltro con riferimento a normative posteriori a quella denunciata) presenta rilevanti caratteri di mutualità e non solo di solidarietà, sicché, se pure non può istituirsi uno stretto nesso di sinallagmaticità fra contribuzione e prestazioni assicurative, resta pur sempre il fatto che l'una é condizione delle altre, come é reso palese dalla circostanza che nessun trattamento previdenziale é dovuto se non si é raggiunto un minimo di anzianità contributiva; che le pensioni sono commisurate, almeno fino ad un certo ammontare, ai contributi versati nell'ultimo periodo; che, in caso di mancato raggiungimento del minimo contributivo, contributi vengono restituiti.

Ciò giustifica la disposizione sospettata di incostituzionalità, la quale ha appunto lo scopo di ripristinare la funzionalità del rapporto assicurativo con riferimento ad evenienze non estranee ad esso, ma collocabili al suo interno: tanto é vero che, ove si tratti di soddisfare crediti estranei al detto rapporto, l'art. 22 della stessa legge del 1963 prevede una sorta di intangibilità dei trattamenti previdenziali dei professionisti forensi assoggettandoli, in parte qua, allo stesso regime che vale per pubblici dipendenti.

In quest'ordine di idee, si comprende anche la non pertinenza al caso in esame dei principi sanciti da questa Corte con sentenza n. 22/69 che, appunto, concerneva la declaratoria di illegittimità di norme che consentivano all'I.N.P.S. di soddisfare, sui trattamenti corrisposti, crediti estranei al rapporto contributi - pensione.

Considerato in diritto

1. - I due giudizi, che prospettano la stessa questione, possono essere esaminati congiuntamente e decisi con un'unica sentenza.

2. - I Pretori di Napoli (R.O. n. 624/78 e di Lucca (R.O. n. 666/79) sollevano questione di legittimità costituzionale dell'art. 45 legge 8 gennaio 1952 n. 6, come modificato dall'art. 21 legge 25 febbraio 1963 n. 289, nella parte in cui prevede che l'iscritto alla Cassa Nazionale di previdenza avvocati il quale, a qualunque titolo risulti debitore della detta Cassa, é ammesso al godimento della pensione, ove ne sussistano le condizioni, previa detrazione delle somme dovute e dei relativi interessi.

Entrambi rilevano il contrasto con l'art. 38 Cost. in quanto la norma impugnata effettua una possibile soppressione, sia pure temporanea, del trattamento pensionistico che, per il suo carattere prevalentemente alimentare, non é soggetto a misure espropriative ovvero a compensazione (art. 1246 n. 3 cod. civ.).

Il Pretore di Lucca rileva anche il contrasto con l'art. 3 Cost. perché pensionati della Cassa hanno un trattamento deteriore rispetto a quelli soggetti al regime assicurativo generale. Infatti, mentre per gli uni l'erogazione della intera pensione é sospesa fino al recupero delle somme vantate a credito dall'ente gestore, per gli altri l'art. 69 della legge n. 153 del 1969 prevede che crediti dell'I.N.P.S. possono essere soddisfatti sui ratei di pensione solo nella misura di un quinto degli stessi.

Il giudice a quo rileva che la ratio della norma posta in raffronto risulta pienamente valida anche per la previdenza forense, tanto più che l'art. 22 della legge n. 289/63 prevede l'applicazione alle pensioni ed agli assegni corrisposti dalla Cassa, delle disposizioni vigenti per dipendenti dello Stato per quanto riguarda il sequestro, il pignoramento e la cessione.

3. - In punto di rilevanza, il Pretore di Napoli si é limitato ad affermarne la sussistenza nonostante che l'istante avesse eccepito la prescrizione dei contributi omessi dal 1963 al 1971, pur rimanendo dovuti quelli per il 1972 ed il 1973, e la Cassa Nazionale forense avesse eccepito l'improcedibilità della domanda per il mancato preventivo esperimento della procedura amministrativa di cui all'art. 12 della legge 8 gennaio 1952 n. 6 per cui trovava applicazione l'art. 443 cod. proc. civ. (sospensione del giudizio e rimessione in termini dell'istante per la proposizione del reclamo amministrativo).

Il Pretore di Lucca ha, invece, osservato che l'eventuale accoglimento dell'eccezione di prescrizione, sollevata anche - nel giudizio proposto dinanzi a lui, siccome riferentesi ad una parte soltanto del credito, lasciava impregiudicata la questione di costituzionalità della norma citata.

4. - La Cassa Nazionale di previdenza, costituitasi in questo giudizio, per entrambi le ragioni suddette (eccezioni di prescrizione e di mancato esperimento della procedura amministrativa), ha eccepito l'inammissibilità della questione.

Nel merito ha dedotto l'inapplicabilità dell'art. 38 Cost. non trattandosi di lavoratori subordinati e non ricorrendo il principio di solidarietà. Ha poi sostenuto che trattamenti pensionistici de quibus non potevano ritenersi intangibili nell'ipotesi di recupero del finanziamento delle pensioni essendo la trattenuta funzionale al ripristino della normalità del rapporto (fattispecie estranea a quella di cui alla sent. Corte Cost. n. 22 del 1969).

L'Avvocatura dello Stato ha condiviso l'inapplicabilità dell'art. 38 Cost. in quanto si tratterebbe di pensione di anzianità; la relatività del principio dell'intangibilità delle pensioni anche perché il credito da recuperare ha rilievo interno al rapporto assicurativo. Ha poi affermato la irrilevanza del richiamo all'art. 69 della legge n. 153/69 trattandosi di un regime pensionistico diversamente strutturato e del principio di automaticità delle prestazioni non di rango costituzionale.

5. - La Corte ritiene fondata l'eccezione di inammissibilità della questione sollevata dal Pretore di Napoli, mancando qualsiasi motivazione sulla sua rilevanza pur in presenza di apposita contestazione delle parti.

6. - La Corte ritiene fondata nel merito la questione sollevata dal Pretore di Lucca.

Rileva che essa ha ripetutamente affermato (sentt. nn. 62/ 77; 132 e 133/84) che la pensione erogata dalla Cassa di Previdenza degli avvocati e procuratori, pur essendo una pensione di categoria, rientra, nel fine e nei mezzi, nel quadro generale dell'adempimento dei doveri di solidarietà sociale di cui agli artt. 2 e 38 Cost..

Ha altresì escluso che sia una pensione di tipo mutualistico in quanto la Cassa, pur nell'ambito della categoria degli avvocati e procuratori, risponde ai fini generali della previdenza ed assistenza.

Non é una pensione di tipo contributivo, non essendovi stretta relazione tra contributi e suo ammontare. É attuata una collaborazione per la difesa contro l'invalidità e la vecchiaia ed il contributo va a favore di tutti gli iscritti.

É una pensione di tipo "retributivo" cioé commisurata a una certa media dell'ammontare degli ultimi redditi professionali; invero, con tale criterio la pensione non é resa proporzionale né tanto meno corrispettiva ai contributi ma é adeguata allo stato di bisogno (sentt. nn. 132 e 133/84).

Si ha una gestione collettiva del fondo alla cui costituzione concorrono apporti anche estranei all'ordine forense.

Secondo le leggi del tempo (nn. 6/52; 96/58; 289/63; 991/69; 319/75), le fonti di finanziamento erano:

1) contributi personali annui da corrispondersi dagli iscritti per scaglioni di reddito professionale;

2) contributi da corrispondersi da ogni avvocato o procuratore in relazione all'esercizio del proprio ministero in qualunque procedimento giurisdizionale;

3) contributi (c.d. oggettivi) ripetibili nei confronti della parte soccombente, dovuti in relazione a qualsiasi provvedimento giurisdizionale;

4) contributi (c.d. oggettivi) dovuti in relazione al rilascio di certificati penali in carta bollata;

5) contributi relativi ad incarichi retribuiti conferiti dall'autorità giudiziaria.

Dal fatto che il finanziamento del trattamento previdenziale non é a carico dei soli iscritti e dalla mancanza di una netta e precisa corrispondenza tra l'ammontare della contribuzione e l'ammontare della pensione, consegue anzitutto l'infondatezza della tesi dell'Avvocatura secondo cui il recupero dei contributi omessi attiene in via esclusiva alla fonte di finanziamento; consegue, altresì, l'insussistenza della necessità dell'ente assicuratore di recuperare, sulla pensione che eroga, contributi omessi e del paventato pericolo che, in caso di diffusa morosità, si turbi l'equilibrio finanziario dell'ente con il possibile pregiudizio di tutti gli iscritti alla Cassa.

Tanto più che un particolare rimedio per il recupero dei contributi omessi é previsto dall'art. 52 della legge n. 6/52, e confermato dalle leggi successive, secondo cui si applicano le norme di legge sulla riscossione delle imposte dirette, osservati termini e le forme stabiliti, escluso l'obbligo del non riscosso come riscosso.

Anzi, proprio sulla possibile riscossione coattiva dei contributi con gli strumenti tipici dell'esazione tributaria, é fondata l'opinione, diffusa in dottrina ed in giurisprudenza, secondo cui anche ai regimi di previdenza degli avvocati e procuratori trova applicazione, analogicamente, il principio della automaticità delle prestazioni.

La Corte ritiene anche che non sia ragione di esclusione dell'applicabilità dell'art. 38 Cost. la qualifica della pensione di cui trattasi, come di anzianità. Invero, le pensioni all'epoca erogate dal fondo di previdenza, al quale erano obbligatoriamente iscritti gli esercenti la professione forense, istituito dal loro ordinamento particolare, realizzavano una forma previdenziale analoga a quella dell'assicurazione generale dell'invalidità e vecchiaia gestita dall'I.N.P.S., in via ordinaria per lavoratori subordinati e con gestione speciale per lavoratori autonomi, richiedendosi identici requisiti e, cioé, l'età e l'anzianità retributiva (art. 8 legge n. 319/75).

Ed é analoga la funzione assolta dalle due pensioni, anche se allora diversamente denominate, con una disciplina, però, sostanzialmente identica.

Essendo due trattamenti sostanzialmente omogenei, non é razionale e non trova adeguata giustificazione la norma denunciata che consente all'ente erogatore di detrarre dall'importo della pensione, tutto in una volta, l'ammontare dei contributi omessi o di altri crediti da esso vantati, con possibilità che la pensione rimanga trattenuta integralmente, o quasi, per lungo tempo, anziché prevedere il recupero del debito sui ratei di pensione al massimo in ragione di un quinto del loro ammontare, così come stabilito dall'art. 69 della legge n. 153 del 1969 per le pensioni ordinarie, per crediti verso l'I.N.P.S., anche per contributi omessi, con l'esclusione delle somme dovute per interessi e sanzioni amministrative.

Del resto, anche alle pensioni di cui trattasi é prevista, dalle norme che le disciplinano (art. 22 legge 289/63), l'applicabilità delle limitazioni del sequestro, del pignoramento e della cessione stabilite per le pensioni erogate ai dipendenti pubblici e che trova puntuale applicazione per tutte le pensioni (sent. n. 22/69) ed ha una ratio analoga a quella che si rinviene nella fattispecie.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

a) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 45 legge 8 gennaio 1952 n. 6, nel testo sostituito dall'art. 21 legge 25 febbraio 1963 n. 289, sollevata dal Pretore di Napoli (RO. n. 624/78), in riferimento all'art. 38 Cost.;

b) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 45 della legge 8 gennaio 1952 n. 6 nel testo sostituito dell'art. 21 della legge 25 febbraio 1963 n. 289, nella parte in cui prevede la detrazione delle somme dovute dall'iscritto e dei relativi interessi per contributi omessi, sull'ammontare della pensione nella totalità anziché nel limite massimo di un quinto sui ratei di pensione e con esclusione degli interessi.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 1 luglio 1986.

 

Livio PALADIN - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA

 

Depositata in cancelleria il 18 luglio 1986.