SENTENZA N. 153
ANNO 1986
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
composta dai signori:
Prof. Livio PALADIN, Presidente
Prof. Antonio LAPERGOLA
Prof. Virgilio ANDRIOLI
Prof. Giuseppe FERRARI
Dott. Francesco SAJA
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL’ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA, Giudici,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi promossi con ricorsi delle Regioni
Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Molise e
Puglia, notificati il 9 gennaio 1986, depositati in Cancelleria il 20 e 27
gennaio 1986 ed iscritti rispettivamente ai nn. 7, 9,
10, 11, 12 e 13 del Registro 1986, per conflitti di attribuzione
sorti a seguito della circolare 31 agosto 1985, n. 8, del Ministro per i beni
culturali e ambientali, avente per oggetto: "Applicazione della legge 8
agosto 1985, n. 431 (Tutela delle zone di particolare interesse
ambientale)".
Visti gli atti di costituzione del Presidente del
Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica dell'8 aprile 1986
il giudice relatore Aldo Corasaniti;
uditi l'avv. Valerio Onida
per
Ritenuto in fatto
1. - Con ricorso notificato il 9 gennaio 1986 e
depositato il 20 gennaio 1986 (R. confl. n. 7/1986),
1.1. Osserva la ricorrente che l'art. 1-bis della legge n. 431 del 1985
(di conversione, con modifiche, del d.l. n. 312 del 1985) prevede che, con
riferimento ai beni ed alle aree assoggettate a vincolo paesistico ai sensi del
comma quinto dell'art. 82 del d.P.R.
n. 616 del 1977 (come introdotto dall'art. 1, comma primo, della legge n. 431
del 1985), "le Regioni sottopongono a specifica normativa d'uso e di valorizzazione ambientale il relativo territorio mediante la
redazione di piani paesistici o di piani urbanistico-territoriali
con specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali, da approvarsi
entro il 31 dicembre 1986". Decorso tale termine, prevede il secondo comma
dello stesso art.1- bis che "il Ministro per i beni culturali ed
ambientali esercita i poteri di cui agli artt. 4 e 82 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616".
Sottolineato che la competenza relativa alla
redazione ed approvazione dei piani paesistici é stata trasferita (e non
delegata) alle Regioni dall'art. 1, comma terzo, del d.P.R.
n. 8 del 1972, e che la disposizione contenuta nel citato comma secondo
dell'art. 1-bis non può essere interpretata nel senso che si sia inciso sulla
portata di tale trasferimento o sulla spettanza della pianificazione paesistica
alla competenza propria delle Regioni (interpretazione, quest'ultima, che
condurrebbe alla incostituzionalità, rilevabile
d'ufficio dalla Corte, del comma secondo dell'art. 1-bis), deduce la ricorrente
che fra i poteri previsti dagli artt. 4 e 82 del d.P.R.
n. 616 del 1977, ai quali fa riferimento l'art. 1-bis della legge n. 431, non
sono applicabili nella specie (essendo appunto la materia dei piani paesistici
trasferita) i poteri direttivi e sostitutivi, previsti in
relazione alle sole funzioni delegate.
Ove invece si volesse interpretare l'art. 1-bis
come fonte di un potere sostitutivo in tale materia (trasferita), osserva
La circolare impugnata, invece, in più luoghi afferma o presuppone che il
Ministro sia investito di poteri di sostituzione ai fini della
redazione e approvazione dei piani paesistici. Si sostiene nella circolare che
l'attribuzione del potere sostitutivo al Ministro discenderebbe dalla
disciplina della stessa legge n.
Tale argomento non ha - secondo la ricorrente - alcun pregio: la
redazione dei piani paesistici, infatti, era già prevista dall'art. 5 della
legge n. 1497 del 1939, e l'averne resa obbligatoria la
redazione non muta la struttura e la natura dello strumento. La redazione ed
approvazione dei piani paesistici, sia pur come strumenti di tutela delle
bellezze naturali, sostanzia infatti l'esercizio del
potere di pianificazione del territorio: e questa é competenza attribuita alle
Regioni dall'art. 117 Cost., e alle Regioni trasferita dall'art. 1 del d.P.R. n. 8 del 1972. Questa peculiare collocazione
del piano paesistico é, d'altronde, confermata dalla stessa legge n. 431, che
lo equipara al piano "urbanistico-territoriale
con specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali": il
piano paesistico, infatti, non é che una delle forme possibili per l'esercizio
del potere di pianificazione territoriale e, in quanto tale, rientra nella
sfera di competenza esclusiva della Regione, rispetto alla quale non sono
prefigurabili poteri sostitutivi centrali.
1.2. Secondo la circolare impugnata le autorizzazioni concernenti opere
da eseguirsi da amministrazioni statali potrebbero essere direttamente
richieste al Ministero dei beni culturali, che potrebbe autonomamente
concederle o negarle anche senza che
Assume la ricorrente che tale affermazione, in contrasto con il dettato
della legge n. 431 del 1985, é infondata e lesiva della competenza regionale di
cui all'art. 82 del d.P.R. n. 616 del 1977.
Osserva la ricorrente che ponendo a raffronto i commi
nono e decimo dell'art. 82 del d.P.R. n. 616
del 1977, aggiunti dalla legge n. 431 del
Ma, nonostante questa differenza, l'intervento del Ministro rimane sempre
un intervento di secondo grado, presupponendo una decisione regionale (positiva o negativa che sia) (decimo comma), ovvero
l'inerzia della Regione (nono comma).
Non é dunque fondata l'affermazione contenuta nella circolare impugnata,
secondo cui, per le opere statali, il Ministro potrebbe esercitare il potere di autorizzazione prima ancora che sia decorso il termine
per la decisione regionale: l'autorizzazione va comunque chiesta alla Regione,
e solo dopo la decisione, o l'inerzia, di questa, potrà intervenire il
Ministro, negando o concedendo l'autorizzazione.
Invero, l'interpretazione fatta propria dalla circolare, oltre ad essere
illegittima e lesiva delle competenze regionali, conduce ad una
incongrua sovrapposizione dei poteri della Regione e del Ministero.
1.3. L'art. 1-ter della legge n. 431 prevede che le Regioni possano
individuare, nell'ambito delle zone soggette a vincolo paesistico, le aree in
cui é vietata, fino all'adozione da parte delle Regioni dei piani paesistici,
"ogni modificazione dell'assetto del territorio nonché
qualsiasi opera edilizia". Da questo divieto sono esclusi solo gli
"interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento
statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e
l'aspetto esteriore degli edifici".
Nell'impartire le "istruzioni" per l'applicazione di tali
norme, la circolare impugnata stabilisce ("Tutela, paragrafo III-B,
Vincoli di cui ai beni indicati sub-lettera B, Eccezioni, lettera b") che
il divieto non opera "per le opere pubbliche, in ordine
alle quali si richiamano le circolari della Presidenza del Consiglio dei
ministri 20 aprile 1982, n. 1.2/3763/6 e 24 giugno 1982, n. 3763/6".
Ad avviso della ricorrente, tale presunta esclusione delle opere
pubbliche dal divieto di "ogni modificazione dell'assetto del territorio",
nonché di "qualsiasi opera edilizia", é del
tutto estranea alla disposizione legislativa, sicché la circolare, sottraendo
senza alcuna base legislativa un'intera categoria di opere ai vincoli previsti
dall'art. 1-ter della legge n. 431, lederebbe le competenze spettanti alla
Regione ai sensi degli artt. 80 e 82 del d.P.R. n. 616 del 1977 e dello stesso art. 1-ter della legge n. 431 del 1985.
1.4. L'art. 1-quinquies della legge n. 431 del 1985 stabilisce che fra le
aree e i beni in cui é vietata, fino alla adozione dei
piani regionali, ogni modificazione dell'assetto regionale nonché ogni opera
edilizia, sono inclusi quelli "individuati ai sensi dell'art. 2 del d.m. 21 settembre 1984". Secondo la sent. n. 358 del 1985 della Corte costituzionale, questa
disposizione va interpretata nel senso che l'art. 1-quinquies comporta la
sostituzione di un regime fondato sulla legge a quello precedentemente
disciplinato dal decreto ministeriale per le sole aree contemplate da decreti
ministeriali di attuazione dell'art. 2 d.m. 21
settembre 1984 emanati e pubblicati prima dell'entrata in vigore della l. n.
431 del 1985.
La circolare impugnata afferma invece che i vincoli di inedificabilità temporanea sono anche "quelli
individuati dalle soprintendenze ai sensi del punto 2) dell'art. 1 del decreto
ministeriale 21 settembre 1984, i cui provvedimenti sono in parte già
pubblicati nella Gazzetta Ufficiale e in parte in corso di attuazione e
pubblicazione".
La circolare sembra dunque presupporre che i decreti ministeriali di
vincolo possano essere "attuati" e pubblicati, sulla base della individuazione precedentemente effettuata dalle
soprintendenze, anche dopo l'entrata in vigore della legge n. 431: ma ciò
sarebbe illegittimo e lesivo delle competenze regionali di cui agli artt. 80 e
82 d.P.R. n. 616 del 1977 e all'art. 1-ter della
legge n. 431 del 1985.
1.5. La ricorrente sollecita pertanto
2) e conseguentemente ad annullare la circolare impugnata nelle parti in
cui si esercitano, si rivendicano o si affermano i poteri sopra indicati;
oppure, in subordine, in via preliminare, a sollevare davanti a se stessa la
questione di legittimità costituzionale dell'art. 1-bis, comma secondo, del
d.l. n. 312 del 1985, convertito, con modificazioni, nella legge n. 431 del
1985, ove dovesse intendersi nel senso che esso comporti l'attribuzione al
Ministro per i beni culturali e ambientali di poteri sostitutivi in ordine alla formazione e alla approvazione dei piani
paesistici e dei piani urbanistico-territoriali di
cui all'art. 1-bis medesimo, comma primo, in relazione agli artt. 117, 118 e
125 della Costituzione, nonché in riferimento all'art.
1, comma terzo, d.P.R. n. 8 del 1972 e agli artt. 80
e 82, d.P.R. n. 616 del 1977.
1.6. É intervenuto in giudizio il Presidente del
Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato.
Osserva l'interveniente che la circolare ministeriale impugnata,
indirizzata unicamente ad Uffici interni del Ministero dei beni culturali ed
ambientali, contiene - conformemente alla sua natura, che non viene certo alterata dal fatto della sua pubblicazione in
G.U. - soltanto delle considerazioni di carattere interpretativo della legge n.
431 del 1985 e di previsione di larga massima delle attività amministrative che
dovranno essere svolte per osservarne i dettati.
D'altra parte, secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale
(sent. n. 359 del 1985) l'impugnativa della circolare
non é necessaria per evitare una decadenza dalla tutela contro i provvedimenti
che potranno essere emanati secondo le previsioni della circolare impugnata.
Non solo quindi vi é carenza di un effettivo
esercizio da parte dello Stato di potestà amministrativa, ma la materia del
contendere portata fin d'ora dalla Regione di fronte alla Corte é imprecisa nei
suoi contorni, indefinita nei suoi contenuti e soprattutto affatto eventuale.
Infatti il ricorso concerne una attività dello
Stato che, come é chiaramente detto nella stessa circolare impugnata, sarà o
potrà essere compiuta solo nel caso di accertata inosservanza, da parte della
Regione, dei doveri funzionali ad essa imposti da una norma di legge (art.
1-bis, legge n. 431 del 1985). Quindi, poiché non vi é
ragione di supporre fin da ora una premeditata volontà della Regione di restare
inadempiente al dettato di legge, il conflitto, quand'anche ammissibile,
é certamente prematuro.
Osserva altresì l'interveniente che la legge 8 agosto 1985, n. 431, che
ha convertito il d.l. n. 312 del 1985, non é stata in alcuna
sua parte impugnata dalla Regione ricorrente, né da altra Regione a statuto
ordinario.
Pertanto, se da un lato é certo che l'Amministrazione statale non può
occuparsi della attuazione di questa legge se non
nelle forme, alle condizioni e con i limiti che essa stessa indica con
riferimento all'assetto istituzionale vigente, é altrettanto certo che
1.7. Nel merito deduce l'Avvocatura erariale che, se vuole darsi un
significato al disposto del secondo comma dell'art. 1-bis della
legge n. 431, occorre cogliere il suo collegamento logico e funzionale con la
previsione del primo comma dello stesso articolo.
L'art. 1-bis, nel suo costrutto unitario, ha come obiettivo la
regolamentazione della tutela paesaggistica da assicurare ai beni protetti ai
sensi del (nuovo) quinto comma dell'art. 82 del d.P.R.
n. 616 del 1977: per garantire tale obiettivo assegna i relativi compiti
dapprima alle Regioni e quindi, in caso di inattività
regionale entro il termine stabilito, all'autorità centrale.
Pur essendo auspicabile che questa seconda fase di pertinenza statale non
abbia ragione di essere attivata, occorre sottolineare
che la legge ha posto a carico dello Stato la responsabilità ultima della
attuazione del progetto descritto nel primo comma dell'art. 1-bis.
Tale sistema é d'altra parte in piena sintonia con la sentenza della
Corte costituzionale n. 359 del 1985 e non sarebbe conforme alla regola
fondamentale enunciata dalla Corte relativamente alla
concorrenza di tutte le pubbliche istituzioni, e particolarmente dello Stato e
delle Regioni, nella configurazione delle competenze tale da precludere
l'apporto dello Stato sì che, per effetto di questa preclusione, sia lasciata
senza rimedio una situazione di carenza nella protezione del paesaggio.
Alla luce di queste considerazioni, l'interveniente ha concluso
richiedendo che
2. - Con ricorso notificato il 9 gennaio 1986, e
depositato il 27 gennaio 1986 (R. confl.
9/1986),
2.1. Osserva la ricorrente che la circolare impugnata, non avendo solo
funzioni interpretative rilevanti verso i soggetti terzi, pubblici e privati,
ma dando precise istruzioni operative ed organizzative sulla
base di rivendicazioni di poteri che non spettano al Ministero dei beni
culturali ed ambientali, bensì alle Regioni, invade la sfera di competenza
regionale in modo pieno ed attuale (in ogni caso per la proposizione del
conflitto sarebbe sufficiente un qualsiasi atto, anche non immediatamente
operativo e non formale: sent. n. 40 del 1977).
2.2. Afferma la circolare impugnata ("Premessa, 1.a") che la
legge n.
A giudizio della ricorrente, già l'affermazione della obbligatorietà
per le Regioni della pianificazione paesistica é parzialmente inesatta. Se si
tiene presente infatti che la nuova regolazione
dettata dalla legge n.
- é obbligatoria, per i beni e le aree di cui all'art. 82, comma quinto,
e cioé per i casi di vincoli per categoria;
- é facoltativa, per tutti gli altri casi di vincoli imposti con
provvedimento amministrativo, prima o dopo l'entrata in vigore della legge n.
431;
- é facoltativa, infine, per i "piani" previsti dall'art. 1-ter
della legge n. 431, nei casi di salvaguardia o
inibitoria (la salvaguardia decade comunque se le Regioni non approvano i piani
di cui all'art. 1-bis entro il 31 dicembre 1986: tale termine, pur se non
richiamato direttamente dall'art. 1-ter, deve ritenersi applicabile, secondo
una interpretazione aderente alla giurisprudenza della Corte costituzionale: sentt. nn. 55
del 1968 e 260 del 1976).
2.3. La circolare afferma altresì che la legge n. 431 avrebbe
innovato al sistema della legge n. 1497 del 1939, equiparando i piani
paesistici, da quest'ultima previsti (art. 5), ai "piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei
valori paesistici e ambientali". In realtà - sostiene la ricorrente - la
legge n. 431 non innova sotto questo profilo, in quanto già da tempo la
legislazione statale aveva sancito l'interconnessione
di tutela paesistica e di regolazione urbanistica nei piani di assetto o di
governo del territorio (o urbanistico-territoriali),
e il piano paesistico era entrato nell'orbita del sistema generale di
pianificazione urbanistica. Questo assorbimento, infine, é
stato sancito dall'art. 1, ultimo comma, del d.P.R. n.
8 del 1972, che, trasferendo alle Regioni le funzioni relative
ai piani paesistici, ha riconosciuto che essi sono piani di assetto del
territorio avvicinabili od omologabili agli altri piani previsti dalla
normazione urbanistica.
Tale trasferimento rappresenta la conclusione di un processo
giurisprudenziale e legislativo, che aveva portato, in un primo tempo, a
permettere che, nella formazione degli strumenti urbanistici, potessero essere imposte ai Comuni le modifiche necessarie
per la tutela dell'ambiente (v. artt. 3, 5 e 12 della legge
n. 765 del 1967), e, in un secondo tempo, a modificare l'art. 7 della legge urb. (con l'art. 1, legge
n. 1187 del 1968) stabilendo che il piano regolatore, nel considerare la
totalità del territorio comunale, deve indicare "i vincoli da osservare
nelle zone a carattere storico, ambientale, paesistico".
L'inscindibilità esistente nella funzione pianificatoria fra attività urbanistica e tutela delle
bellezze naturali é stata infine riconosciuta dalla sent. n. 142 del 1972 della Corte costituzionale.
In questo quadro
2.4. Afferma la ricorrente che l'obbligatorietà, sancita dalla legge n.
431, dei piani paesistici non altera la configurazione della
funzione regionale di pianificazione urbanistico-territoriale
o paesistica, che resta definita come funzione propria o trasferita.
Ora, mentre nel caso delle funzioni delegate al Governo
sono attribuiti i poteri di direttiva e quelli di sostituzione (art. 4, ultimo
comma, d.P.R. n. 616 del 1977), nel caso delle
funzioni trasferite spetta al Governo il solo potere di indirizzo
e coordinamento, mentre il potere sostitutivo é del tutto assente.
Questo quadro - a giudizio della ricorrente - non é
stato modificato dall'art. 1-bis della legge n. 431, il quale solo per quanto
riguarda le competenze di tutela paesistica delegate alle Regioni ha richiamato
i poteri dell'art. 82 del d.P.R. n. 616, nonché quelli sostitutivi sempre spettanti all'apparato
centrale in materia delegata di cui all'art. 4 dello stesso d.P.R.
n. 616 del 1977 (prevedendo però - art. 1-bis, comma secondo - che il potere di
direttiva e quello sostitutivo siano esercitati non dal Consiglio dei ministri
o dal CIPE o dal Presidente del Consiglio insieme con il Ministro competente
come prevede l'art. 2 della legge n. 382 del 1975 -, ma dal solo Ministro per i
beni culturali e ambientali).
La circolare impugnata, invece, afferma che spettano al Ministero i
poteri sostitutivi anche nel caso di inerzia regionale
nella redazione ed approvazione dei piani paesistici. A
giudizio della ricorrente, i principi costituzionali del rapporto tra Stato e
Regioni, quali risultano dalla correlazione fra gli artt. 5, 117, 118,
125, 126 Cost., delineano un compiuto sistema che non
consente una sostituzione nell'attività amministrativa di esercizio di funzioni
proprie. Cosicché non possono essere emanati dal Governo
centrale, e tanto meno dal solo Ministro per i beni culturali e ambientali,
piani urbanistico-territoriali in sostituzione di
quelli che le Regioni avrebbero dovuto approvare e che non hanno approvato.
La pretesa del Ministero dei beni culturali e ambientali scardinerebbe la
struttura delle Regioni, consentendo una sostituzione nell'esercizio di
funzioni proprie, mai ammissibile e tanto meno accettabile nella materia della
pianificazione urbanistico-territoriale, che per sua
natura si sostanzia in atti che non possono essere disaggregati né costruiti in
modo armonico e unitario senza tener conto di una ponderazione di interessi che solo a livello regionale può essere
compiuta.
L'introduzione in simili casi di un potere sostitutivo ripugna al
sistema, e non può essere giustificata dalla necessità di trovare un rimedio
all'omissione regionale. Tanto più che se questa si
verificasse l'autorità centrale avrà, oltre i rimedi che
2.5. Deduce infine la ricorrente che queste considerazioni si estendono
tanto al caso dei piani relativi alle zone vincolate a
norma dell'art. 82, comma quinto, del d.P.R. n. 616
del 1977, quanto a quello dei piani relativi alle aree
per le quali dall'art. 1-ter della legge n. 431 del 1985 é affidata alle Regioni
la più ampia discrezionalità circa l'an e il quantum
della salvaguardia o inibitoria. La mancata approvazione dei piani relativi ad
aree che é discrezione della Regione scegliere non può comportare la
conseguenza che l'atto si converta in atto dovuto, da compiere in un termine
perentorio e con successiva eventuale sostituzione del governo centrale: la
mancata approvazione dei piani farà sì decadere le misure di salvaguardia,
ma non altererà il carattere discrezionale della scelta.
Le implicazioni derivanti dalla mancata approvazione saranno peraltro
diverse a seconda del tipo di vincoli imposti all'area
prescelta: quest'ultima, infatti, può comprendere tanto porzioni vincolate per
categoria per legge ex art. 82, quinto comma, quanto porzioni di aree vincolate
con provvedimenti amministrativi. In quest'ultimo caso la formazione di un
piano rimarrà nell'ambito della piena discrezionalità prevista dalla legge n.
1497 del 1939, fermo restando il venir meno del divieto assoluto di alterazione dell'assetto e la conseguente ripresa
dell'efficacia delle norme sul regime autorizzatorio
poste dall'art. 7 della legge 1497 del 1939, con le modifiche e integrazioni ad
esso apportate dall'art. 82 d.P.R. n. 616 del 1977 nel nuovo testo risultante dalla legge n. 431 del 1985.
2.6. La ricorrente sollecita pertanto
3. - La medesima circolare 31 agosto 1985, n. 8, del Ministero per i beni
culturali e ambientali é impugnata altresì dalle
Regioni Toscana, Umbria, Molise e Puglia (con ricorsi tutti notificati il 9
gennaio 1986 e depositati il 27 gennaio 1986, R. confl.
nn. 10, 11, 12 e 13 del 1986), che svolgono
considerazioni sostanzialmente coincidenti con quelle esposte nel precedente n.
2.
In particolare, nel ricorso n. 11/1986,
Osserva
Anche nel ricorso n. 13/1986,
4. - In tutti i giudizi sui quali si é riferito ai precedenti nn. 2 e 3 é intervenuto il Presidente del
Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, svolgendo
considerazioni coincidenti con quelle esposte nei precedenti nn. 1.6 e 1.7.
5. - Le Regioni Emilia-Romagna (ricorso n.
9/86), Toscana (n. 10/86), Umbria (n. 11/86), Molise (n. 12/86) e Puglia (n.
13/86) hanno depositato memorie, nelle quali svolgono osservazioni
sostanzialmente conformi, relativamente alla ammissibilità
dell'impugnazione della circolare ed alla illegittimità della pretesa dello
Stato di esercitare poteri sostitutivi nel caso di mancata redazione dei piani
paesistici.
6. - Il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato memoria nei
conflitti n. 7/86 e n. 9/86. Secondo l'interveniente, si é
ritenuto insufficiente, per la gestione del vincolo, il solo strumento,
episodico e frammentario, dell'autorizzazione di cui all'art. 7 della legge n.
1497 del 1939, ed é stata considerata indispensabile la predeterminazione
pianificata delle condizioni e dei limiti entro i quali il territorio vincolato
può essere modificato (art. 1-bis della legge n. 431 del 1985). Per assicurare
l'efficacia di tale regolamentazione organica sono inoltre previste
"misure di salvaguardia" consistenti nel
divieto assoluto di modificazione dei beni vincolati, da adottarsi ad opera
delle Regioni (art. 1-ter), ovvero già adottato dallo Stato (art. 1-quinquies),
sino alla formazione dei piani ex art. 1-bis. A conferma dell'essenzialità di
questi ultimi mezzi di regolazione degli effetti del vincolo, il secondo comma
dell'art. 1-bis dispone, infine, che, nel caso di inerzia
delle Regioni, dovrà agire lo Stato.
Tale azione, in ragione dell'inscindibile collegamento tra primo e
secondo comma dell'art. 1-bis, non può consistere che nell'adozione di una
normativa di uso e di valorizzazione dei beni
vincolati, da realizzarsi con gli strumenti dei quali lo Stato può disporre
senza invadere la sfera di competenza costituzionalmente garantita alle
Regioni. Gli strumenti in questione non possono quindi identificarsi con il
piano urbanistico-territoriale, poiché la materia
dell'urbanistica é stata trasferita alle Regioni, né con il piano territoriale
paesistico, poiché quest'ultimo, originariamente non concepito come piano
urbanistico dalla legge n. 1497 del 1939, é stato indubbiamente qualificato
come tale dal d.P.R. n. 8 del 1972, con conseguente
trasferimento delle competenze relative alle Regioni.
Va tuttavia considerato che il piano territoriale paesistico svolgeva,
nel sistema della legge n. 1497 del 1939, una funzione essenziale, consistente
nella determinazione delle concrete limitazioni derivanti dal vincolo. Mentre,
infatti, per le bellezze individue, le limitazioni
sono contenute, per quanto é possibile, nello stesso provvedimento di vincolo
(art. 11 del regolamento), per le bellezze d'insieme alla regolazione degli
effetti del vincolo provvede il piano territoriale paesistico autonomo rispetto
al provvedimento di individuazione della bellezza
naturale e di imposizione del vincolo (anche se, di norma, contestuale ad esso:
art. 5 della legge), ma pur sempre inerente alla tutela paesistica.
Si pone quindi il quesito se la enucleazione del
piano territoriale paesistico dall'apparato di tutela paesistica delineato
dalla legge n. 1497 del 1939, compiuta con il d.P.R.
n. 8 del 1972, mediante il trasferimento della redazione e dell'approvazione di
detti piani alle Regioni, abbia lasciato priva di mezzi, e quindi inattuabile,
la funzione di regolazione degli effetti del vincolo, ovvero
se tale funzione sia ancora esercitabile dallo Stato
con lo strumento più analogo al piano paesistico, ormai indisponibile, e cioé in sede di formazione degli elenchi delle bellezze
naturali.
Quest'ultima ipotesi appare preferibile, in quanto,
diversamente, sorgerebbero dubbi sulla legittimità costituzionale del d.P.R. n. 8 del 1972, per contrasto con gli artt. 9, 97 e
117 Cost., essendo stato sottratto allo Stato, le cui
attribuzioni in tema di tutela del paesaggio sono indeclinabili, ogni potere di
intervento su di un aspetto essenziale della tutela paesistica, qual é la
regolamentazione degli effetti del vincolo, anche nel caso di inerzia delle
Regioni, che, non esercitando le proprie competenze urbanistiche, impedirebbero
la compiuta realizzazione della protezione del paesaggio, con conseguente
subordinazione di quest'ultima materia a quella urbanistica.
In conclusione, quindi, la circolare ministeriale non lede le competenze
proprie delle Regioni, atteso che l'emanazione di una normativa d'uso e di
valorizzazione, che definisca i contenuti protettivi
del vincolo paesistico, é funzione inerente alla tutela del paesaggio, esercitabile con i poteri di cui alla legge n. 1497 del
1939, ed in particolare con quello di approvazione degli elenchi delle bellezze
naturali. Ne deriva che tale potere può essere
esercitato dallo Stato, secondo il regime del rapporto di delega ex art. 82 d.P.R. n. 616 del 1977, sia in via di sostituzione ai sensi
dell'art. 4 del citato d.P.R.,
sia in forza della potestà concorrente di integrazione degli elenchi.
7. -
Considerato in diritto
1. - I ricorsi per conflitto di attribuzione in
epigrafe, proposti contro lo Stato da altrettante Regioni ordinarie, sono
rivolti contro la stessa parte della circolare 31 agosto 1985, n. 8 del
Ministero per i beni culturali e ambientali, pubblicata sulla Gazzetta
Ufficiale n. 266 del 12 novembre 1985, concernente l'applicazione della legge 8
agosto 1985, n. 431 (Tutela delle zone di particolare interesse ambientale),
prospettando identiche o analoghe ragioni; uno di essi é diretto contro altre
parti della stessa circolare e prospetta ragioni connesse alle prime.
I relativi giudizi possono pertanto essere riuniti e decisi
con unica sentenza.
2. - In ordine ai detti ricorsi l'intervenuta
Presidenza del Consiglio dei ministri nega l'idoneità dell'atto impugnato a dar
luogo a un conflitto attuale di attribuzione. E ciò in quanto: a) la lamentata
violazione di competenze discenderebbe direttamente dalla legge, non impugnata
dalle ricorrenti in via diretta; b) la circolare impugnata, indirizzata
unicamente ad uffici interni del Ministero, conterrebbe, conformemente alla sua
natura, non alterata dalla sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, soltanto
delle considerazioni di carattere integrativo della legge n. 431 del 1985 e una
previsione di larga massima delle attività amministrative necessarie per
eseguirne il dettato; c) le dette attività amministrative si realizzerebbero
solo in caso di inosservanza da parte delle Regioni di
adempimenti ad esse imposti dalla legge, né d'altronde sarebbe necessario
impugnare la circolare al fine di censurare in prosieguo gli atti dei quali si
componessero le temute attività.
A tutto ciò é sufficiente opporre: a) che l'impugnazione ex art. 39 della
legge 11 marzo 1953, n. 87 può ben essere proposta contro l'interpretazione o
l'applicazione, che si assumono invasive, di una legge non ritenuta invasiva se rettamente interpretata ed applicata, e pertanto
non impugnata ex art. 2 legge cost. 9 febbraio 1948, n. 1; b) che, secondo la
giurisprudenza di questa Corte (sent. n. 187 del 1984 ed altre da essa richiamate), ricorre
l'attualità del conflitto quando l'atto impugnata consista in una chiara
manifestazione di volontà dell'autorità emittente in ordine all'affermazione
della propria competenza relativa a date attività o a dati atti e che, nelle
parti della circolare impugnata, ad eccezione di una della quale sarà detto in
prosieguo, tale chiara manifestazione é ravvisabile; c) che dalla
considerazione ora svolta rimane assorbita l'obbiezione concernente il
carattere meramente eventuale delle attività amministrative previste dalla
circolare come necessarie per eseguire la legge (l'impugnazione non si rivolge
contro le dette attività, o contro gli atti di cui esse si componessero, bensì
contro la manifestazione della volontà di compiere le une o gli altri sulla
base della propria ritenuta competenza).
3. - La parte della circolare che tutti i ricorsi impugnano contiene
l'affermazione secondo la quale, nel caso che le Regioni non sottopongano - ai
sensi dell'art. 1-bis, comma primo, del decreto legge n. 312 del 1985, aggiunto,
in sede di conversione, dalla legge n. 431 del 1985, entro il termine ivi
stabilito del 31 dicembre 1986 - il territorio relativo alle
località e ai beni protetti con vincolo paesistico per effetto del precedente
art. 1, ad una specifica normativa d'uso e di valorizzazione ambientale
mediante la redazione di piani paesistici o di piani urbanistico-territoriali
con specifica considerazione dei valori paesistici e ambientali, alla
formazione dei piani potrà e dovrà provvedere il Ministero dei beni culturali e
ambientali ("Tutela; Strumenti di tutela, lett. c", e
"Pianificazione paesistica").
Tale in effetti é l'interpretazione che la
circolare impugnata dà all'art. 1-bis, comma secondo, dello stesso decreto
legge n. 312 del 1985, come sopra aggiunto, ove é testualmente prescritto che,
nell'eventualità ora indicata, il Ministero esercita i poteri di cui agli artt.
4 e 82 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.
E di tale interpretazione la ricorrente Regione Lombardia, contestata in
primo luogo l'esattezza, deduce comunque la lesività nei confronti di proprie competenze
costituzionalmente garantite. Analogamente ne lamentano l'invasività
le altre Regioni ricorrenti.
In particolare, osserva
Non diversamente argomentano, quanto all'invasività
della impugnata affermazione della circolare, le altre
Regioni ricorrenti (Emilia-Romagna, Toscana, Umbria,
Molise, Puglia), le quali sottolineano: a) la parziale inesattezza dell'assunto
(contenuto nelle parti della circolare sopra indicata e costituente il
presupposto degli asseriti poteri sostitutivi) circa l'obbligatorietà della
pianificazione territoriale e/o paesistica entro il termine stabilito dall'art.
1-bis, comma primo, del decreto legge n. 312 del 1985, come sopra aggiunto,
obbligatorietà che ricorrerebbe soltanto relativamente al territorio relativo
alle zone protette per effetto del vincolo posto con l'art. 1 del decreto legge
stesso, come sostituito con l'art. 1 della legge n. 431 del 1985; b) il
carattere della detta legge, in quanto prevede la formazione di piani
paesistici e di piani urbanistico-territoriali con
specifica considerazione dei valori paesistici e ambientali, confermativo e
conclusivo di una linea di tendenza della legislazione statale nel senso
dell'interconnessione fra tutela paesistica e regolazione urbanistica (artt.
3,5 e 12, legge n. 765 del 1967; art. 1, legge n. 1187 del 1968); c) la
realizzazione e l'ulteriore sviluppo della detta
tendenza già operati da parte di esse Regioni - ed in particolare della Puglia
e dell'Umbria (il cui Statuto già conteneva la nozione di piano urbanistico -
territoriale) - con la previsione legislativa e con l'adozione di strumenti di
pianificazione territoriale provvisti di valore di piani paesistici.
4. - Le censure, a giudizio della Corte, non sono fondate, e ciò per
considerazioni che in parte si identificano con quelle
espresse nella sentenza
n. 151 del 1986, e in parte costituiscono lo svolgimento di esse.
L'innegabile obbligatorietà della formazione da parte della Regione degli
strumenti urbanistici in funzione di tutela paesistica entro il termine fissato
dalla legge - almeno per il territorio relativo alle
zone protette ai sensi dell'art. 82 comma quinto, d.P.R.
n. 616 del 1977, aggiunto dall'art. 1 del decreto-legge n. 312 del 1985, quale
sostituito dall'art. 1 della legge n. 431 del 1985 - e la stessa sancita
obbligatorietà degli interventi statali previsti per la mancata formazione dei
detti strumenti inducono
L'interpretazione trae argomento dalla valutazione dei caratteri della
tutela paesistica introdotta con la legge, così come descritti nella sentenza
di questa Corte n.
151 del 1986 e in particolare, dal rilievo che nella detta tutela assume il
momento dinamico, momento costituito dalla proiezione
urbanistica secondo il detto art. 1-bis, comma primo.
Tenuto conto di ciò, e dell'esigenza, fortemente
avvertita e chiaramente espressa dalla legge, che la tutela così come da essa
congegnata - in relazione alla primarietà ed
essenzialità del valore che ne é oggetto - trovi pronta e piena realizzazione,
Ma il necessario riferimento al principio di leale cooperazione, che
informa la normativa relativamente al raccordo fra
competenze regionali e competenze statali, esige che, ai fini della legittimità
del proprio intervento, lo Stato si faccia preventivamente carico nei confronti
della Regione delle informazioni (passive e attive) e delle sollecitazioni,
che, per i momenti, i livelli, le modalità, siano idonee, nel concreto, a qualificare
l'intervento stesso per un verso come necessitato dall'inerzia regionale, per
altro verso pur sempre come improntato alla detta leale cooperazione e non ad emulatività o a prevaricazione.
Quanto all'adozione asseritamente già avvenuta,
ad opera delle Regioni ricorrenti, di strumenti urbanistico-territoriali muniti di adeguate valenze
paesistiche, é appena il caso di osservare che la compatibilità delle scelte
regionali anzidette con i fini e con le caratteristiche essenziali della nuova
normativa preserva le scelte stesse dalle temute conseguenze tanto
perturbatrici quanto caducatorie.
5. -
Osserva al riguardo la ricorrente che il
Ministro non ha il potere di pronunciarsi in via alternativa rispetto alla
Regione, ma solo quello di intervenire dopo la scadenza del termine in caso di
inerzia della medesima, ovvero, oltre al potere di annullare le autorizzazioni
regionali, come per le altre opere, quello di autorizzare le dette opere
statali malgrado il diniego opposto dalla Regione. L'attribuzione al Ministro
del potere di pronunciarsi in via alternativa lederebbe, sempre secondo
Tali censure sono inammissibili sotto il profilo della ricorrenza dei
presupposti di sperimentabilità del conflitto di attribuzione, in quanto dirette a far valere la lesione
di una competenza meramente delegata alla Regione. Infatti, questa Corte ha
espressamente statuito che le attribuzioni soltanto delegate alla Regione non
sono, in linea di principio, difendibili col rimedio del conflitto di attribuzione (cfr. sent. n. 97 del 1977), e che, in particolare, non lo sono le
attribuzioni devolute alla Regione dall'art. 82 del d.P.R.
n. 616 del
6. -
Secondo la ricorrente, l'atto impugnato affermerebbe l'inoperatività del divieto per le opere pubbliche. E siffatta eccezione lederebbe, sempre secondo la
ricorrente, competenze spettanti alla Regione ai sensi degli artt. 80 e 82 del d.P.R. n. 616 del 1977 (il secondo come
sopra integrato), e dell'art. 1-ter suindicato.
Le censure sono inammissibili sotto il profilo dell'idoneità dell'atto
impugnato a dar luogo a un conflitto di attribuzione.
E vero, infatti, che la circolare, nel punto richiamato, eccettua
dall'operatività del divieto di edificazione di cui
all'art. 1-ter suindicato le opere pubbliche. Ma
subito dopo aggiunge testualmente: "Per tali opere é però necessario un
riesame alla luce della legge suddetta e secondo la procedura di cui all'art. 1
della legge medesima onde stabilire se l'entità, la natura ecc. possano
consentire l'attuazione o se, invece, per esse debba
vigere il divieto sospensivo fino all'entrata in vigore del piano
paesistico".
In relazione a ciò, ritiene
7. -
Sostiene la ricorrente che l'estensione, così disposta, dell'operatività
del detto art. 1-quinquies - concernente i soli provvedimenti delle
sopraintendenze pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale prima dell'entrata in
vigore della legge stessa ai provvedimenti in corso di pubblicazione, e quindi
pubblicati o da pubblicare dopo tale data, lede la competenza regionale in tema
di vincoli di salvaguardia, istituita con carattere di
esclusività dall'art. 1-ter in riferimento agli artt. 80 e 82 del d.P.R. n. 616 del 1977.
La censura é fondata.
Questa Corte (sent. n. 358 del 1985) ha ritenuto che con l'art. 1-ter é
stato introdotto un nuovo procedimento per la costituzione dei vincoli di inedificabilità su aree assistite da protezione paesistica
già previsti dal d.m. 21 settembre 1984 e che tale
procedimento é stato affidato alle Regioni, mentre con l'art. 1-quinquies é
stato operato (mediante sostituzione di un meccanismo produttivo ex lege a quello per atto amministrativo previsto con il d.m. 21 settembre 1984) soltanto il recupero degli effetti
degli atti amministrativi emanati in attuazione del cennato
decreto, limitatamente agli effetti prodottisi, mediante pubblicazione degli
atti stessi nella Gazzetta Ufficiale, anteriormente all'entrata in vigore della
legge n. 431 del 1985.
Spetta dunque in via esclusiva alla Regione imporre i detti vincoli di inedificabilità successivamente
alla data ora indicata, restando preclusa allo Stato, dalla detta data, analoga
imposizione, anche mediante la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale di
provvedimenti amministrativi ex decreto 21 settembre 1984 adottati
anteriormente.
PER QUESTI MOTIVI
riuniti i giudizi,
dichiara - in relazione ai conflitti di
attribuzione sollevati rispettivamente dalla Regione Lombardia (R.C. n.
7/1986), dalla Regione Emilia-Romagna (R.C. n. 9/1986), dalla Regione Toscana (R.C. n. 10/1986), dalla
Regione Umbria (R.C. n. 11/1986), dalla Regione Molise (R.C.
n. 12/1986), e dalla Regione Puglia (R.C. n. 13/1986), con ricorsi
notificati tutti il 9 gennaio 1986, nei confronti dello Stato, avverso la circolare
del Ministero dei beni culturali e ambientali 31 agosto 1985, n. 8, nella parte
concernente la formazione dei piani di cui all'art. 1-bis, comma primo, del
decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, aggiunto dalla l. 8 agosto 1985, n. 431 -
che spetta allo Stato, in caso di mancata redazione dei medesimi entro il 31
dicembre 1986 da parte delle Regioni, provvedere, sollecitate e sentite le
Regioni stesse, all'adozione, in ordine al territorio
di cui all'art. 82, comma quinto, d.P.R. 24 luglio
1977, n. 616, aggiunto dall'art. 1 del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312,
quale sostituito dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, dei piani paesistici o
degli altri interventi previsti dall'art. 1-bis, come sopra indicato, comma
secondo;
dichiara inammissibile il conflitto di
attribuzione sollevato con il ricorso della Regione Lombardia (R.C. n. 7/1986)
avverso la circolare ministeriale suindicata, nella
parte concernente la competenza a provvedere in tema di autorizzazione
ex art. 7 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, ai sensi dell'art. 82, comma
decimo, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, aggiunto
dall'art. 1 del decreto legge 27 giugno 1985, n. 312, quale sostituito
dall'art. 1 della legge 8 agosto 1985, n. 431;
dichiara inammissibile il conflitto di
attribuzione sollevato con il ricorso della Regione Lombardia (R.C. n. 7/1986)
avverso la circolare ministeriale suindicata, nella
parte concernente la competenza in tema di vincoli di inedificabilità ai sensi dell'art. 1-ter del decreto legge
27 giugno 1985, n. 312, aggiunto dalla legge 8 agosto 1985, n. 431,
relativamente alle opere pubbliche;
dichiara, in relazione al conflitto di
attribuzione sollevato col ricorso della Regione Lombardia (R.C. n. 7/1986)
avverso la circolare suindicata, nella parte
concernente la competenza in tema di vincoli di inedificabilità ai sensi degli artt. 1 - ter e 1-quinquies del decreto legge 27 giugno 1985, n. 312,
aggiunti dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, che spetta
in via esclusiva alla Regione individuare aree coperte dai detti vincoli di inedificabilità successivamente all'entrata in vigore della
legge 8 agosto 1985, n. 431.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 giugno 1986.
Livio PALADIN - Antonio LAPERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL’ANDRO – Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA
Depositata in cancelleria il 27 giugno 1986.